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La leadership nel non profit

un focus sullA leAdersHip

1. La leadership: una panoramica sugli stili

1.2 La leadership nel non profit

1.2.1 Valori, obiettivi e comportamenti

Come evidenzia Jeavons172, le non profit sono organizzazioni espressive di valori, il che vuol dire che il modo in cui operano e il tipo di relazioni che veicolano diventano

as-168 Op. cit. (1989)

169 A. zaleznik, Executive guide to motivating people. How Freudian theory can turn good executives into better leaders, bonus books (1990)

170 Op Cit. (1990)

171 L. Gentili, Risorse umane. Strategia & management, Cierre Gruppo Editoriale,Verona (2006)

172 T.H. Jeavons, When Management Is The Message: Relating Values To Management Practice In Nonprofit Organizations, in Nonprofit Management and Leadership, n. 2, (1992); Jeavons T.H., “Ethical Nonprofit Management” in Herman R.D. & Associates (a cura di), The Jossey-Bass Handbook Of Nonprofit Leadership &

Management, San Francisco, Jossey-bass, (2005)

sunti inequivocabili dei valori che tali organizzazioni rappresentano. Proprio per i valori che sono alla base dell’organizzazione ci si aspetta che esse operino in modo diverso dal profit e dall’amministrazione pubblica sia nella gestione dei servizi sia nella gestio-ne interna dell’organizzaziogestio-ne. “L’ambiente esterno non sembra più dare per scontata l’intrinseca bontà delle esperienze di solidarietà organizzata e richiede adeguamenti espliciti a pressioni verso una più elevata qualificazione dei servizi e una maggiore trasparenza e apertura nei confronti dei portatori di interesse”173. Le organizzazioni non profit infatti sono soggette a influenze e controlli del proprio operato da parte di au-torità pubbliche ma allo stesso tempo devono render conto della propria azione alla comunità in generale174.

Come l’organizzazione definisce i propri obiettivi e come agisce per raggiungerli è im-portante quanto gli obiettivi in sé; le modalità con cui l’organizzazione opera (cioè gestisce le proprie risorse, si rapporta con la comunità, ecc.) sono importanti quanto i servizi che eroga perché mostrano come l’organizzazione concretizza i valori che sono la sua ragion d’essere. Sotto questo aspetto, la leadership è chiamata in causa a pieno titolo, poiché risponde, in ultima analisi, dello stile di vita dell’organizzazione. Tre sono, secondo Jeavons175, gli ambiti su cui porre particolare attenzione: l’integrità dell’orga-nizzazione, la capacità di risposta alla domanda espressa dalla comunità, la capacità di promuovere il benessere delle persone che operano con l’organizzazione.

Diversi autori hanno cercato di sintetizzare delle linee-guida per la leadership nel non profit, delineandone gli ambiti di azione, le funzioni e gli stili più idonei, oppure eviden-ziandone i tipici punti di debolezza. In ogni caso, tuttavia, tutti concordano sull’impos-sibilità di definire un modello di leadership efficace valido in assoluto.

Ad esempio, Nanus e Dobbs176 descrivono, in relazione a due dimensioni quali l’ambito d’azione (verso l’interno o verso l’esterno dell’organizzazione) e il tempo (presente e futuro), quattro profili di leadership: il politico/fundraiser (azioni rivolte verso l’esterno e centrate sul presente), il visionario/stratega (azioni rivolte verso l’esterno e proiettate verso il futuro), il coach (azioni rivolte all’interno e centrate sul presente) e il change agent (azioni rivolte all’esterno e proiettate verso il futuro).

Più recentemente, uno studio di Schmid177 sostituisce alla dimensione-tempo il tipo di orientamento (al compito o alle persone), mettendo anche in relazione i diversi profili con la tipologia delle organizzazioni e con il loro stadio di sviluppo.

Riguardo ai diversi stadi di sviluppo o fasi del ciclo di vita delle organizzazioni, secondo Anheier178 uno stile di leadership carismatico sarebbe più funzionale nelle fasi di trasfor-mazione e di incertezza organizzativa, mentre nelle fasi di stabilità sarebbe preferibile uno stile transazionale, e nelle organizzazioni allo stato nascente o in fase di rifonda-zione lo stile più adatto sarebbe quello trasformazionale.

173 L.Fazzi, Sviluppo del terzo settore e formazione: sfide e prospettive in PROFESSIONALITÀ, (2008) 174 P.C. Nutt, R.W. backoff, Strategic Management of Public and Third sector Organizations: a Handbook for Leaders, Jossey-bass Publishers, San Francisco, (1992)

175 Op. Cit. (1992); (2005)

176 b. Nanus, S.M Dobbs, Leaders Who Makes a Difference. Josseybass, San Francisco, (1999)

177 H. Schmid, Leadership Styles And Leadership Change In Human And Community Service Organizations in Nonprofit management and leadership, vol. 17, n. 2, (2006)

178 H.K. Anheier, Nonprofit Organizations, London, Routledge, (2005)

Per quanto riguarda il non profit italiano, Crescenzi179, partendo dagli studi di Parker180, propone una classificazione degli stili di leadership in base al focus principale dell’azio-ne: missione, organizzazione, partecipazione e innovazione. Le peculiarità associate ai diversi focus vengono analizzate rispetto ad alcuni ambiti di responsabilità del leader:

pianificazione, comunicazione, gestione del rischio, problem solving e presa di decisioni.

Acler181 ripropone, invece, una classificazione basata sul comportamento, descrivendo le caratteristiche salienti degli stili autocratico/autoritario, laissez-faire, democratico/par-tecipativo e carismatico, evidenziandone i punti di forza e di debolezza e la maggiore o minore funzionalità rispetto ai diversi stadi evolutivi dell’organizzazione. Secondo l’au-trice, comunque, lo stile democratico è, in generale, il più appropriato alla conduzione delle imprese sociali per tre ragioni: la tipologia dei problemi affrontati, la congruenza con l’ideologia di fondo, la necessità di sostenere la motivazione degli operatori.

Atzei182, presentando il cooperative learning come metodo per la gestione dei grup-pi nelle organizzazioni non profit, sottolinea l’importanza della leadership distribuita:

maggiore è la condivisione della responsabilità, maggiori saranno l’impegno e l’atten-zione da parte di tutti. Una leadership distribuita, inoltre, facilita nell’organizzal’atten-zione lo sviluppo e l’avvicendamento dei leader, moltiplicando le occasioni di apprendimento e di crescita per gli operatori.

Un recente studio di Colozzi e Prandini183 ha invece indagato il ruolo del leader nella produzione di capitale sociale. Secondo gli autori, la scelta di uno stile di leadership implica l’assunzione di diverse “modalità relazionali, compatibili o meno con la produ-zione di fiducia e di reciprocità”, elementi che sono alla base dello sviluppo di capitale sociale.

Anche i lavori di Schein184, pur non riferendosi specificamente alle organizzazioni non profit, costituisce un utile riferimento per comprendere il ruolo del leader nelle varie fasi dello sviluppo di un’organizzazione: egli sostiene che, al suo costituirsi, l’organizzazione ha bisogno di un leader “animatore”, la cui funzione principale è motivare i partecipanti per mobilitare le energie necessarie per affrontare le sfide iniziali che ogni organizza-zione incontra sul nascere. Quando l’organizzaorganizza-zione ha consolidato le premesse che ne possano garantire la sopravvivenza, il leader assume il ruolo di “creatore” della cultura organizzativa, promuovendo azioni che favoriscono la piena condivisione dei valori e dei comportamenti organizzativi funzionali. Successivamente l’organizzazione cerca di ot-tenere stabilità e continuità, migliorando l’efficienza e l’efficacia dei processi e dell’im-piego delle risorse: in questa fase per così dire di “istituzionalizzazione”, il leader deve essere un “sostenitore” della cultura organizzativa individuando i fattori di successo su cui investire e cui dare stabilità. I rapidi cambiamenti dell’ambiente esterno portano a cambiamenti interni e quindi l’organizzazione attraversa fasi di transizioni in cui il

179 M. Crescenzi, Manager & Management nonprofit, ASVI Roma (2002)

180 G.M. Parker, Team Players And Team Work. The New Competitive Business Strategy, San Francisco, Jossey-bass,1990

181 M.C. Acler , La leadership, in borzaga C., Fazzi L. (a cura di) Governo e organizzazione per l’impresa sociale, Roma, Carocci, (2008)

182 P. Atzei, La gestione dei gruppi nel Terzo settore, Carocci, Roma (2004)

183 I. Colozzi, R. Prandini, I leader del terzo settore .Percorsi biografici, culture e stili di leadership. Franco Angeli, Milano, (2008)

184 Op. Cit. (1985), (1996)

leader diventa “agente di cambiamento”. Per assolvere a tale ruolo egli deve possedere, secondo l’autore, due particolari caratteristiche: la forza emotiva di essere di sostegno all’organizzazione mentre vive l’ansietà di un cambiamento e una attenta conoscenza e comprensione della nuova cultura organizzativa che si sta formando. Egli deve saper cambiare con l’organizzazione e guidare verso il nuovo pur garantendo continuità ai core values della cultura organizzativa.

La letteratura ha, dunque, individuato diversi stili di leadership che si differenziano nella distribuzione del potere, nella modalità di presa di decisione, nelle relazioni tra i diversi soggetti dell’organizzazione. Ciascun stile presenta punti di forza e di debolezza di cui un leader deve essere consapevole e nessuno è preferibile in assoluto. L’efficacia della leadership dipende, infatti, essenzialmente dai diversi fattori che entrano in campo nelle diverse situazioni e che richiedono azioni e stili diversificati185. Lo stile di leader-ship più adatto dipende dalla dimensione organizzativa, dal settore di attività, dalla tipologia dei servizi/interventi, dalle caratteristiche delle risorse umane (competenze, capacità, conoscenze, motivazioni, ecc.) e degli stakeholder, dalla storia e dalla cultura dell’organizzazione e dal suo stadio di sviluppo. Inoltre, sebbene esista un comune de-nominatore nell’esercizio della leadership nel settore non profit, esistono indubbiamente delle specificità riferibili alle diverse tipologie organizzative: il ruolo e le funzioni svolte dalla leadership di una cooperativa sociale possono essere in parte diverse, ad esempio, rispetto a quelle di un’associazione di promozione sociale e alla leadership di un’orga-nizzazione di volontariato si richiedono compiti e attenzioni diversi da quelli richiesti per la conduzione di una fondazione. Il confronto tra le diverse componenti del settore non profit sotto il profilo della leadership, tuttavia, deve ancora essere oggetto di uno studio approfondito.

Infine, è bene sottolineare che, soprattutto nelle organizzazioni più grandi e complesse, diverse forme di leadership di norma sono agite contemporaneamente da più persone, che ricoprono ruoli diversi e non si trovano necessariamente ai vertici della gerarchia organizzativa. Un ruolo-chiave, anzi, è spesso giocato in questo campo da figure inter-medie che svolgono una funzione essenziale di collegamento fra il vertice dell’organiz-zazione e la sua base (si pensi, ad esempio, ai capisquadra nelle associazioni di pubblica assistenza o di protezione civile). Quando si parla di leadership, dunque, ci si può riferire a un ruolo-guida svolto nei confronti dell’intera organizzazione o nei confronti di un suo, anche minimo, sottoinsieme. Del resto, in un’organizzazione con un minimo di articolazione, l’accentramento di tutta la responsabilità della leadership su una sola persona si può ritenere, in linea di principio, una situazione tutt’altro che ottimale.

1.2.2 Principali funzioni della leadership

Tra le varie funzioni che una leadership efficace dovrebbe esercitare, quattro ci sembra-no particolarmente rilevanti per le organizzazioni sembra-non profit:

• comporre, veicolare e presidiare la mission e la vision dell’organizzazione;

185 Y. Hersey , K. blanchard., Leadership situazionale: come valutare e migliorare le capacità di gestione e guida degli uomini, Sperling & Kupfer, Milano (1984)

• promuovere, sostenere e guidare il cambiamento;

• favorire la partecipazione e sostenere il senso di appartenenza;

• promuovere l’empowerment e la crescita delle persone.

Comporre, veicolare e presidiare mission e vision dell’organizzazione

La mission e la vision di un’organizzazione mostrano, insieme, in quale direzione e su quali obiettivi deve convergere lo sforzo di tutti, ma tale convergenza può verificarsi soltanto se esse sono state “costruite” attraverso il consenso interno, ottenendo l’ade-sione motivata e il coinvolgimento di tutte le parti interessate186. Il punto di partenza per questa costruzione sono i core values, cioè i valori fondamentali dell’organizzazione, con i quali la leadership e il management devono essere coerenti. Il leader può essere l’autore di questa costruzione, quando è il fondatore dell’organizzazione, ma può anche essere colui che si fa carico di modificarla o rifondarla per adattare l’organizzazione all’evoluzione del suo contesto di riferimento. In ogni caso, il leader è colui che si inca-rica di “delineare il futuro dell’organizzazione, stabilendone la rotta (missione), il faro di riferimento (i valori), il porto di arrivo (visione)”187. In tal senso, il leader diventa il “il ponte che connette le persone al futuro”188.

La vision, portata ed espressa dal leader, è un “sogno” in equilibrio tra realtà e fantasia, che tiene unite le persone e il loro lavoro in vista di una meta. Essa rappresenta il col-lante dell’organizzazione ed è un potente fattore di coordinamento, di rafforzamento della motivazione e dell’impegno delle persone che a diverso titolo partecipano alla vita dell’organizzazione. La vision deve essere realistica, credibile e attraente: un’immagine

“chiara e trascinante”189, la cui efficacia dipende essenzialmente dalla capacità del lea-der di comunicarla e di interpretarla attraverso la coerenza del proprio comportamen-to190. In questo senso, “presidiare” la vision è uno dei principali compiti del leader, che non è necessariamente il suo autore (cioè il fondatore dell’organizzazione), ma ne di-venta il responsabile nel momento in cui assume il proprio ruolo. Questa responsabilità può essere interpretata come un ruolo di garanzia, svolto sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. All’interno, il leader garantisce che i valori dell’organizzazione “vi-vono” nel processo decisionale e nella prassi organizzativa, e all’esterno che le attività e la modalità di gestione dell’organizzazione rispetteranno tali valori191.

Promuovere e guidare il cambiamento

La complessità e la dinamicità delle problematiche sociali con cui le organizzazioni non profit si confrontano richiedono flessibilità, capacità di interpretazione e di sviluppo organizzativo. Un’organizzazione che funziona è una realtà in movimento che – proprio per questo – corre continuamente il rischio di smarrire o indebolire la propria identità.

Una leadership efficace non deve opporsi al cambiamento ma promuoverlo e guidarlo,

186 S.barbè, G. Maino, “Mission”, in Fazzi L. (a cura di), Cultura organizzativa del nonprofit, Franco Angeli, Milano, (2000)

187 F. Sangalli, S. zamagni, La cooperativa sociale, Il Sole 24 Ore, Milano, (1999)

188 Farren C., Kaye b.L., New skills for new leadership roles. Jossey bass, San Francisco (1996) 189 W.G bennis., b. Nanus, Leaders Harper and Row (1986)

190 G.P. Quaglino, C. Ghisleri, Avere leadership, Raffaello Cortina Editore, Milano, (2004); H. Schmid, Leadership Styles And Leadership Change In Human And Community Service Organizations in Nonprofit management and leadership, vol. 17, n. 2, (2006)

191 P.F. Drucker, Managing the nonprofit. Principlesa and practies, Harper Collins, New York (1990)

individuando di volta in volta nuovi obiettivi organizzativi e nuove modalità di azione che, senza “tradire” i valori dell’organizzazione, le consentano di adattarsi all’evoluzio-ne del suo contesto di riferimento e di rispondere al meglio alle all’evoluzio-necessità dei soggetti interessati.

Il leader deve saper trovare un punto di equilibrio tra continuità e innovazione, ma sempre guardando al futuro: in tal senso, egli è colui che sa assumere decisioni anche ri-schiose di trasformazione/evoluzione dell’organizzazione e sa gestire le incertezze insite nei cambiamenti e le ansie e le paure che ne derivano fra i membri del gruppo. Svolgere questo compito richiede una notevole apertura, sia verso l’esterno (è fondamentale, in-fatti, essere attenti e aggiornati sull’evoluzione del contesto in cui opera l’organizzazio-ne, a tutti i livelli) sia verso l’interno (per recepire osservazioni e proposte che emergono dalla base e per captarne gli umori, soprattutto nelle fasi di cambiamento). In questo senso, il leader deve essere lo stimolatore e il punto di riferimento di una continua ri-flessione collettiva sull’operato dell’organizzazione e sulla sua storia, attraverso la quale l’organizzazione realizza il suo “apprendimento”, cioè impara a valorizzare l’esperienza e ad elaborare i cambiamenti in innovazioni di processo, cambiando le proprie percezioni e modificando i comportamenti192.

Promuovere e sostenere la partecipazione e il senso di appartenenza

Un’organizzazione non profit non è soltanto un ente che eroga servizi, ma uno strumen-to di partecipazione attiva dei cittadini alla vita della società – più precisamente, un progetto di cambiamento che fa appello alla partecipazione dei cittadini per la propria realizzazione. Per qualsiasi organizzazione, questo “appello” è parte integrante della mission: coinvolgere nuove persone nel progetto significa assicurare il suo sviluppo e, dunque, il futuro stesso dell’organizzazione, perseguendo, al tempo stesso, un fine etico più generale, che è quello di diffondere la pratica della “cittadinanza attiva” e la cultura della partecipazione. Un leader deve porre particolare attenzione al people raising e non sottovalutare la profondità del suo significato: coinvolgere nuove risorse, alimentare la loro voglia di fare e di appartenere all’organizzazione è tra i suoi compiti precipui193. Assolvere questo compito vuol dire lavorare su due fronti: verso l’esterno, promuovendo la causa dell’organizzazione, curandone l’immagine e facendo attività di reclutamen-to, e verso l’interno, attuando una gestione delle risorse coerente con i valori di base dell’organizzazione e promuovendo una comunicazione interna diffusa ed efficace, che permetta ad ognuno di sentirsi pienamente coinvolto nella vita dell’organizzazione. La percezione positiva dell’organizzazione da parte della comunità (per la rilevanza della causa e per l’approccio ad essa, ma anche per le modalità di gestione delle risorse) non solo rende più desiderabile entrare a farne parte ma rafforza anche il senso di apparte-nenza di chi ne è già membro. Il senso di apparteapparte-nenza è un aspetto dinamico della rela-zione tra persone e organizzarela-zione, la quale si basa, soprattutto nel caso dei volontari su una libera scelta, continuamente rinnovata. Esso, dunque, dipende fondamentalmente dalle attese della persona nei confronti dell’organizzazione e dalla relazione tra tali

at-192 D.A. Schön, The Riflective Practitioner: How Professionals Think in Action, basic books, New York, (1983) 193 C.G. Cortese, Motivare, Raffaello Cortina Editore, Milano (2005)

tese e le sue percezioni194. Confermare la motivazione, favorendo i processi di identifica-zione fra le persone e l’organizzaidentifica-zione, è un altro principale compito del leader, che “fa bene il suo lavoro” quando nel suo operato si concretizza un forte e credibile richiamo alle finalità dell’organizzazione, quando riconosce il contributo di ciascuno alla causa comune, quando riesce – attraverso la comunicazione interna – a stabilire un rapporto di fiducia e condivisione tra livello decisionale e livello operativo.

Promuovere l’empowerment e la crescita delle persone

È ormai comune, quando si parla di gestione delle risorse nel settore non profit, parlare di persone anziché di risorse umane. È un modo per sottolineare la dimensione relazio-nale e fiduciaria dell’agire organizzativo nonché la necessità di un approccio coerente con il compito di guida dei comportamenti individuali verso obiettivi comuni e condivisi, non solo di sviluppo delle competenze ma anche di crescita personale e valoriale di ciascun membro delle organizzazioni. A questo proposito, Drucker195 sottolinea che il vero prodotto delle organizzazioni non profit è il cambiamento delle persone e questo vale non solo per i destinatari degli interventi ma anche per i soggetti che a diverso titolo operano nelle organizzazioni. Ciò non toglie che la capacità delle organizzazioni non profit di raggiungere i propri obiettivi dipenda essenzialmente dalle competenze degli operatori, dal modo in cui essi operano e dal tipo di relazioni che instaurano. Le organizzazioni con un ampio patrimonio di competenze ed esperienze si trovano nella miglior posizione per offrire servizi di alta qualità, rispondenti alle reali esigenze della domanda, e hanno, di conseguenza, maggiori opportunità di ottenere finanziamenti, sia tramite la raccolta di fondi sia tramite la stipula di convenzioni o contratti. A sua volta, la qualità del personale (retribuito o volontario) dipende essenzialmente dalla capacità dell’organizzazione di investire sullo sviluppo delle sue competenze, attraverso la for-mazione, la supervisione e la valutazione. Investire tempo e risorse nella crescita delle persone è dunque cruciale, anche perché serve a rafforzare le capacità di leadership e di management a tutti i livelli dell’organizzazione. Le organizzazioni che non investono in questo ambito mettono a repentaglio la motivazione dei propri collaboratori e corrono un rischio più alto di turn-over, con tutte le diseconomie che ne derivano196.

Il ruolo della leadership nel sostegno alla crescita personale, attraverso la partecipazione alla vita associativa e all’apprendimento individuale o organizzativo, è stato esplicitato da diversi autori tra cui Senge197 che declina la leadership come insegnamento. Un’orga-nizzazione che apprende è un contesto organizzativo, un gruppo in cui gli individui sono sempre tesi a imparare come apprendere, e lavorano insieme valorizzando le capacità e le potenzialità individuali, allo scopo di ottenere risultati che considerano rilevanti e la leadership, attraverso il suo stile e gli strumenti di lavoro che adotta, è protagonista e responsabile di questo processo.

194 L. Solari “Appartenenze” in Fazzi L., Cultura organizzativa del nonprofit, Milano, Franco Angeli (2000) 195 Op. cit. (1992)

196 M.Hudson, The Handbook of Coaching: A Comprehensive Resource Guide for Managers, Executives, Consultants, and Human Resource Professionals (Hardcover), Jossey bass, San Francisco, (1999).

197 P. Senge, The Fifth Discipline: the Art and Practice of the Learning Organization. Doubleday/Currency, New York, (1990)

1.2.3 Le sfide attuali

Guidare e governare un’organizzazione non profit significa confrontarsi continuamente, nella routine del processo decisionale come nelle grandi scelte strategiche, con alcuni dilemmi apparentemente irrisolvibili. Essi derivano dalla natura “ibrida” di queste or-ganizzazioni, a cavallo fra pubblico e privato, e si presentano con particolare urgenza nell’attuale fase evolutiva del non profit italiano. Fra queste “sfide”, segnaliamo quelle che ci sembrano più rilevanti in relazione al tema della leadership:

Guidare e governare un’organizzazione non profit significa confrontarsi continuamente, nella routine del processo decisionale come nelle grandi scelte strategiche, con alcuni dilemmi apparentemente irrisolvibili. Essi derivano dalla natura “ibrida” di queste or-ganizzazioni, a cavallo fra pubblico e privato, e si presentano con particolare urgenza nell’attuale fase evolutiva del non profit italiano. Fra queste “sfide”, segnaliamo quelle che ci sembrano più rilevanti in relazione al tema della leadership: