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democrazia: partecipazione e politica ai tempi dell’anti-politica

3. uniti per che cosa? Le dimensioni culturali dell’esperienza associativa

3.4 Il mutualismo debole

Un numero molto cospicuo di intervistati (39,0% - tab. 3.6) si considerano dei semplici tesserati che sostengono dall’esterno l’associazione (75,6%, +15,4%). Per costoro le APS sono soprattutto un luogo dove svolgere attività ricreative e frequentare persone (72%, +19,9%). Si entra, quindi, a far parte di un’organizzazione di base per svagarsi o per socializzare, soprattutto nel settore sportivo (49,7%, +33,5% rispetto al totale del campione).

Tab. 3.6 Il mutualismo debole (39,0%): l’esperienza associativa

Variabile Modalità % nel

gruppo % nel campione

Ambito in cui opera l’associazione Sportivo 49,7 16,2

Durata dell’iscrizione all’associazione Meno di un anno 21,4 12,6

1-5 anni 53,3 39,8

Devoluzione del cinque per mille ad

Onlus o ricerca medico-scientifica No (ultimi 12 mesi) 72,9 59,2 Acquisto di prodotti del commercio

equo e solidale No (ultimi 12 mesi) 70,8 62,2

Consumo critico No (ultimi 12 mesi) 76,8 71,1

Donazioni a scopo benefico No (ultimi 12 mesi) 81,0 62,0

Adozioni a distanza a favore di bambini che vivono nei paesi in via di sviluppo

No (ultimi 12 mesi) 93,6 82,7

Temi fondamentali per un’eventuale campagna di informazione della pro-pria associazione

La precarietà dei giovani 19,9 14,6 Le sicurezza dei cittadini e la

lotta alla criminalità 19,3 12,6

Forme di partecipazione politica

convenzionale No 66,0 62,0

Fonte: Isfol 2008

Queste persone non sembrano molto coinvolte nella vita delle APS, anche perché si sono iscritte da meno di un anno il 21,4% (+8,8%) o tutt’al più da 2-5 anni (53,3%, +13,5%).

Un lasso di tempo che non è stato verosimilmente sufficiente per sviluppare un senso di appartenenza nei confronti dell’associazione. Vi è tuttavia un altro aspetto sul quale è necessario riflettere. Questi cittadini non fanno volontariato, né elargiscono denaro a scopo benefico, senza contare la scarsa attitudine verso il consumo responsabile83. Si nota, pertanto, un’estraneità nei riguardi di questi comportamenti pro-sociali. Eppure, tali gesti solidali sono in genere diffusi tra coloro che gravitano nelle realtà associative.

L’altruismo o la filantropia sono quasi una consuetudine per chi aderisce al terzo setto-re. Ma questo è vero solo fino ad un certo punto: la generosità sociale presuppone una qualche forma di identificazione con gli obiettivi di fondo dell’associazionismo. Proprio quello che sembra difettare a questo gruppo di intervistati. Si sentono, infatti, degli out-sider rispetto alle APS; hanno preso una tessera per assicurarsi alcune risorse intangibili:

passare del tempo, fare conoscenze o magari curare la propria forma fisica. Non si va molto oltre questo rapporto estemporaneo. Il che non impedisce di credere che un’as-sociazione dovrebbe, in primo luogo, soddisfare le esigenze dei propri soci e, solo dopo, dare un sostegno ai non iscritti (29,5%, +7,3%). Dunque, i benefit dovrebbero essere concessi essenzialmente ai titolari del contratto associativo; verso gli “altri”, che non hanno sottoscritto questo patto, si nutrono, invece, sentimenti residuali di comunanza:

vale a dire “prima noi e poi loro”. Nulla di male; non si vuole certo qui stigmatizzare un modo di pensare che rientra legittimamente nell’alveo della democrazia rappresenta-tiva. In fin dei conti ci si arruola nei corpi intermedi della società proprio perché si può ottenere qualche beneficio o tutela personale: la difesa del proprio lavoro; la possibilità di conquistare agevolazioni per la propria impresa o categoria professionale; l’accesso alla politica per condizionarne gli esiti; e, in ultima analisi, il vantaggio non seconda-rio di migliorare la qualità del tempo libero. L’unione fa la forza di tutti i portatori di interesse: questi ultimi rivendicano alcuni diritti in virtù della propria partecipazione ad un determinato gruppo sociale. Non si può trascurare però un fattore basilare in qualsiasi processo di rappresentanza: l’esistenza di una relazione di reciprocità più o meno strutturata con i membri della propria organizzazione. Senza questo legame è difficile far sentire la propria voce o rivendicare alcunché. Pur facendo formalmente parte di un’entità organizzata, si rischia sempre l’isolamento (o l’anonimato) se non si è disposti a condividere qualcosa con qualcuno. La tessera è in definitiva solo un titolo sulla carta; per diventare membro effettivo di una comunità di pari ci vuole ben altro:

è necessario contribuire ad un progetto comune riconoscendosi in esso (perlomeno in parte). Questo è il quid che manca agli intervistati di questo gruppo. Il loro mutualismo è perciò debole; non solo nelle APS per la verità. Anche in altri contesti democratici essi appaiono assai passivi: il loro livello di impegno in attività politiche convenzionali è alquanto basso (“nessuna negli ultimi dodici mesi” 66,0%, +4,0%), così come la

pro-83 I dati riportati nella tabella 3.5 sono, sotto questo profilo, molto evidenti: il 60,2% di questi intervistati non svolge attività di volontariato, con circa venti punti percentuali di scarto positivo rispetto alla totalità del campione; inoltre, la propensione a donare risulta pressoché assente: l’81% dichiara di non aver fatto libere elargizioni negli ultimi 12 mesi; il 72,9% non ha devoluto il cinque per mille alle Onlus o alla ricerca medico-scientifica; il 93,6% non ha dato denaro per adozioni a distanza. Infine, anche il consumo critico non viene praticato nel 76,8% dei casi, così come l’acquisto di prodotti del commercio equo e solidale (70,8%).

pensione ad iscriversi ai partiti o ai sindacati, oltre che a scendere in piazza durante le manifestazioni di protesta (dati fuori tabella). Malgrado ciò, sarebbero contenti se la loro associazione promuovesse una campagna di informazione sulla precarietà dei giovani (19,9%, +5,3%) o sulla sicurezza dei cittadini e la lotta alla criminalità (19,3%, +6,7%). Due temi molto politicizzati, che non rientrano propriamente nelle prerogative dell’associazionismo sportivo o ricreativo. Questi cittadini farebbero pertanto sconfinare le APS nelle acque agitate della politica, sebbene sul piano personale si tengano a debita distanza dalla polis.

Per spiegare questo risultato, a prima vista ambivalente, può essere utile soffermarsi sul-la composizione sociale di questo raggruppamento di associati (tab. 3.7). L’insicurezza economica è la nota dominante: il 52,8% (+9,1%) dichiara di aver vissuto qualche volta o spesso momenti di difficoltà nella gestione dei consumi primari (acquisto di generi ali-mentari, bollette, affitto). In non poche circostanze, sono under 40 (18-41 anni 48,8%, +8,5%), che abitano ancora con i propri genitori (25,3%, +6,1%) a trovarsi in questa condizione disagevole. Si tratta, inoltre, di persone che navigano solo sporadicamente su Internet (41,0%, +13,6%) e con un livello di informazione medio (36,3%, +6,8%).

Non risultano, infine, particolarmente istruiti: la maggior parte ha il diploma superiore, ma più di un quarto arriva appena alla licenza media (dati fuori tabella). Quindi il loro capitale culturale è tutt’altro che elevato, benché siano giovani.

Tab. 3.7 Il mutualismo debole: visione della società e profilo socio-anagrafico

Variabile Modalità % nel

gruppo

% nel campione La visione della società

Occorre dare il diritto di voto agli immigrati regolari nelle elezioni comunali

Poco/Per niente d’accordo 41,9 30,2

Opinioni sul libero mercato E’ un sistema con cui poche per-sone ottengono il potere

sfruttan-do i più deboli 21,4 15,3

Gli immigrati che vengono nel

nostro paese… Sono una minaccia per l’ordine

pubblico 19,0 15,0

Fiducia nei confronti della gente Poca/per niente fiducia 60,3 43,9 Fiducia nei confronti degli

stra-nieri Poca/per niente fiducia 55,4 42,2

Atteggiamento nei confronti dei

colleghi di lavoro E’ meglio diffidare 42,5 30,7

La società deve essere cambiata

azioni radicali Molto/abbastanza d’accordo 73,9 66,0

Valori messi al primo posto nella

vita Un lavoro sicuro 40,3 35,3

Orientamento politico Di Destra 10,5 7,6

Il Profilo socio-anagrafico

Condizione familiare Vive con i genitori 25,3 19,2

Momenti di difficoltà nei consumi

primari Qualche volta/spesso (ultimi

do-dici mesi) 52,8 43,7

Età 18-41 anni 48,8 40,3

Frequenza d’uso di Internet Sporadica 41,0 28,2

Livello di informazione Medio 36,3 29,5

Fonte: Isfol 2008

Il mutualismo debole sembra essere diffuso in quegli strati della popolazione che soffro-no per la crisi della terza o quarta settimana. Pur nella estrema varietà delle situazioni individuali, i “nuovi ceti popolari” sono oggi rappresentati da coloro che non dispongono di risorse materiali e cognitive sufficienti per far fronte ad una situazione di crescente incertezza84. Una condizione che affiora con chiarezza dal vissuto di questi intervistati:

la vulnerabilità economica è legata a doppio filo col il loro disorientamento sociale. Lo si capisce dal modo con cui guardano alla realtà che li circonda. La società è perico-losa: gli immigrati sono una minaccia per l’ordine pubblico (19,0%, +4,0%) e destano

84 Cfr. Mauro Magatti, Mauro De benedittis, I nuovi ceti popolari. Chi ha preso il posto della classe operaia?, Milano, Feltrinelli, 2006.

apprensione (“poca/per niente fiducia”, 55,4%, +13,2%); di conseguenza, non si ritiene giusto farli votare alle comunali neanche se soggiornano regolarmente nel nostro paese (poco/per niente d’accordo” 41,9%, +11,7%). E’ bene poi diffidare dei colleghi di lavoro (42,5%, +11,8%) e della gente in generale (“poca/per niente fiducia” 60,3%, +16,4%).

Si ha dunque paura degli altri: il problema non sono solo gli stranieri che delinquono.

Anche verso le persone con cui si lavora si ha un atteggiamento spontaneo di sospetto;

analogo discorso per il passante, per lo sconosciuto incontrato per strada o in un pub, che inquieta non poco. Senza sottacere il fatto che gli stessi amici o abitanti del quar-tiere non vengono considerati affidabili85. Si è di fronte ad una disposizione d’animo complessiva: un “panico morale” che investe tutto e tutti. Pure il libero mercato, che viene visto come un sistema con cui i potenti sfruttano le persone più fragili (21,4%, +6,1%). Con questa sfiducia cronica diventa pressoché impossibile cooperare con gli altri nella sfera pubblica: questi associati sembrano spaventarsi alla sola eventualità di doversi aprire al mondo, coltivando nuove relazioni sociali. Non deve essere agevole sentirsi spaesati, privi di un ancoraggio nella società86: il meno che può capitare è di volerla sovvertire con azioni radicali (molto/abbastanza d’accordo 73,9%, +7,9%). Tal-volta, questo radicalismo spinge a schierarsi con l’estrema destra, ma solo in casi spora-dici (10,5%, +2,9%). Il senso di smarrimento di questi cittadini non può essere, quindi, etichettato con le usuali categorie della politica. Piuttosto bisogna scavare nella loro vita privata per individuare le ragioni del malessere sociale che li pervade: essi aspirano a trovare un lavoro sicuro (40,3%, +5%) e l’amicizia (17,3%, +5,9%). Due traguardi che non sono ancora riusciti a raggiungere. Come si è detto, stentano infatti ad arrivare alla fine del mese; dal che se ne deduce che la loro posizione lavorativa è quanto mai instabile; accanto a ciò, tendono a sfuggire dai legami interpersonali poiché gli altri vengono a tutti gli effetti considerati un’incognita. Questa sfiducia, a tratti ossessiva, è un ostacolo serio se si vogliono allacciare dei legami amicali autentici. Le cose che con-tano davvero nell’esistenza rischiano così di diventare un sogno infranto: l’insicurezza è un muro invalicabile, un orizzonte esistenziale dinnanzi al quale si frantumano i desideri coltivati nell’intimità. La sicurezza economica e l’affettività appaiono mete distanti; per questo rimangono dei bisogni inappagati. C’è da augurarsi che le APS possano aiutare a riempire questo vuoto sociale. Certo, non è con il mutualismo debole che si può sperare di dare un significato alla propria vita. Ci vorrebbe un surplus di partecipazione per valorizzare appieno un’esperienza associativa. Ma non è mai troppo tardi. Non si deve dimenticare che questi italiani solo di recente hanno preso una tessera. C’è tempo per acquisire familiarità con le pratiche delle APS. In un non lontano futuro, potrebbero scoprire che l’associazionismo può essere una bussola per muoversi in un mondo sempre più indecifrabile.

85 Nel 28,0% dei casi dichiarano di avere poca/per niente fiducia nei confronti dei vicini, con uno scarto positivo di 6 punti percentuali rispetto al totale del campione; mentre nei confronti degli abitanti del proprio quartiere la diffidenza è ancora maggiore: “poca/per niente fiducia” 46,1%, +11,6%).

86 Come ha sottolineato zygmunt bauman, nella società contemporanea si rischia di perdere tutti i punti di riferimento dovendo affrontare una realtà in costante movimento, soprattutto se si vive in una condizione di precarietà sociale; cfr. bauman, op. cit., 2001).