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Classificazione delle principali strategie di co-branding

Il co-branding: un approccio strategico per creare valore

4.2 Classificazione delle principali strategie di co-branding

Come si è appena illustrato, la proliferazione di definizioni proposte in letteratura, ha dato vita a numerose classificazioni, distinguibili sulla base di variabili eterogenee. Seppur divergenti in alcuni punti, tutte le tipologie che verranno discusse, convergono su un punto focale: indipendentemente dagli strumenti utilizzati, l’obiettivo è quello di aumentare il valore o l’appeal di un prodotto o

servizio, agendo sulla percezione del consumatore70.

Una prima classificazione, condivisa da numerosi esponenti della letteratura, si fonda sulla possibilità delle imprese di attivare, contemporaneamente, una o più strategie con imprese operative nella medesima categoria merceologica. Nello specifico, è possibile distinguere due strategie di co-branding:

 Esclusive, nelle quali le marche coinvolte non possono stipulare accordi di marketing con altre marche appartenenti a prodotti della stessa categoria o similari. È il caso, ad esempio, dell’alleanza realizzata tra Google e Smasung, per produrre il nuovo Tablet “Google Next Nexsus” o l’alleanza stipulata tra la Nokia e la Microsoft per dare vita a un’offerta più competitiva agli occhi del consumatore, come risposta alle recenti innovazioni sviluppate in casa Apple. Solitamente il co-branding, così descritto, denota un’offerta di qualità superiore o di posizionamento unico. Questa tipologia di cooperazione ha l’obiettivo di realizzare un prodotto qualitativamente migliore a quelli offerti dal mercato. Il carattere di esclusività dell’accordo consente ai partners di beneficiare vicendevolmente ed univocamente del trasferimento di valenze positive (Blackett e Boad, 1999).

 Non esclusive, in cui la marca invitata è libera di concepire altre collaborazioni con imprese appartenenti alla stessa categoria di prodotti. Come è da esempio il caso dei T.O. (p.e. Top cruises, Eden Viaggi e Alpitour) e gli operatori croceristi (p.e. Costa Crociere, Msc, Norwegian Cruise Line e Royal Caribbean) per la creazione di pacchetti congiunti. Altro caso risaputo è quello che vede coinvolti i brand: Teflon, nel settore degli utensili da cucina e Tetra Pak nel settore del confezionamento e trattamento degli alimenti. In alcuni casi, la marca può essere considerata dai consumatori una caratteristica comune a tutti i prodotti di una determinata categoria. Per cui l’accordo generalmente apporta benefici di modesta entità per la marca ospitante, altresì può essere una scelta obbligata da parte delle imprese, se manifestano la volontà di continuare a essere competitivi in uno specifico settore di mercato.

Una seconda classificazione, accolta da numerosi autori (Bertoli e Busacca 2003, Iasevoli 2003; Carrega e Michel 2001), individua due varianti strategiche di co-branding, in relazione al tipo di attributi o benefici generati (Checchinato 2007):

 Funzionale, che prevede l’indicazione sul prodotto di due o più marche coinvolte per la sua

70 Sul tema della percezione del valore da parte dei consumatori si vedano, tra gli altri: Singh 2014; Keller 2009, 2003;

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realizzazione, rendendo esplicita la collaborazione fra di esse mediante la co-definizione degli attributi tangibili del prodotto. In altri termini, siffatta alleanza si ha quando entrambe le imprese contribuiscono, a vario titolo, alla realizzazione fisica del prodotto e il consumatore percepisce l’unione delle marche attraverso gli attributi tangibili, presenti nell’offerta. Solitamente questa tipologia di collaborazione, su base funzionale, sfocia nell’ingredient branding, che si ha quando una marca ne ospita un’altra al suo interno (ne costituisce un ingrediente a volte significativo), sotto forma di componente71 o materiale (Desai e Keller 2002). Un’ulteriore dimostrazione, nel settore dell’alta tecnologia è quella che vede coinvolta la marca di fama mondiale Intel, che fornisce da anni i microprocessori Pentium alle imprese produttrici di computer (Ibm, Hp, Dell, Compaq e altri.), concedendo alle stesse il diritto di utilizzare il marchio Intel Inside sui loro prodotti e nella comunicazione72.

 Simbolico, che consiste nell’associare alla marca ospitante degli attributi simbolici-affettivi di tipo psico-sociale o esperienziale addizionali. Questa pratica è un paradigma tipico del settore automobilistico e dell’elettronica di consumo, ed è spesso utilizzata per il restyling dei prodotti esistenti o per creare modelli ex-novo. Ne sono un esempio: Fiat 500 by Diesel, Bentley e Breitling, Lamborghini e TecknoMonsterI, Citroen Berlingò Fiorucci, Ferrari e Acer. Del resto, anche nel settore del turismo vi sono alcuni esempi, come l’associazione del marchio “Made in Italy” a quello di alcuni Tour operator (vedi ad esempio, Veratour e Settemari), per evocare nella mente del consumatore il concetto di qualità ed i valori ad esso associati; oppure Il co-branding realizzato fra Tag Aviation e Armani, il noto stilista Milanese ha curato il design degli interni per il leader mondiale nel settore dei servizi di trasporto aereo privati e commerciali di lusso (In questo caso il co-branding è di tipo funzionale e simbolico). Siffatta collaborazione mira, dunque, a raggiungere il segmento di clientela particolarmente sensibile al brand invitato.

La suddivisione riportata, tra co-branding funzionale e simbolico, restringe eccessivamente l’ambito di applicazione, poiché utilizzabile principalmente con riferimento al prodotto materiale. Nel nostro caso specifico, tale tipologia di alleanza trova difficile applicazione, poiché, facendo riferimento ai servizi (prodotti ad alto contenuto immateriale), si restringerebbe ulteriormente la possibilità di individuare una categoria specifica di appartenenza.

71 Un esempio interessante in merito è il co-branding sviluppato di recente tra, MSC Crociere e il Network Bluvacanze.

La sinergia avviata nel luglio 2015, ha come obiettivo: ampliare il target dei clienti croceristi, attraverso la realizzazione di un’offerta integrata (pacchetti vacanza) che presenta elementi di maggiore valore per il cliente finale (formula: soggiorno in villaggio + crociera).

72 Numerosi sono gli esempi di co-branding funzionale, anche nel settore dell’alimentare: Bauli e Stock (il prodotto

Limoncè, come componente del croissant), Fabbri e Cremeria Motta, Lavazza e Sperlari, Coca-Cola e NutraSweet, HagenDazs e Baileys, Yoplait e Côte d’Or, Oreo e Dairy Queen, e molti altri.

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Alcuni autori (Bertoli e Busacca 2003; Cegarra e Michel 2001) hanno proposto una classificazione più completa, che incrocia le due distinzioni appena descritte, e individua quattro varianti della strategia di co-branding (Figura 4.1)

Figura 4.1 – Tassonomia che incrocia gli obiettivi e le tipologie di co-branding

CO-BRANDING FUNZIONALE SIMBOLICO

ESCLUSIVO

Risponde alla volontà di comunicare l’associazione di due benefici ben definiti che rendono unica l’offerta.

Es. Rayanair/Samsonite (American Tourister);

Adidas/Polar Electro

Una marca di una categoria diversa appare sul prodotto di quella ospitata al fine di

trasferirne l’immagine. Solitamente ha breve durata

ed è mirata a un segmento. Es. THAI Smile Airways/ Cartoon

Network Amazone

NON ESCLUSIVO

Strategia che determina maggiori benefici per la marca invitata rispetto alla ospitante, la marca invitata

è spesso vista come caratteristica comune di una categoria di prodotti.

Es. Rayanair/hetrz; Intel/Microsoft;

L’impatto dell’alleanza è ridotto e, se la marca invitata

ha un valore nettamente superiore, è rischioso.

Es. Ikea/Nescafè Walt Disney/Nestlè FONTE: Adattato da Cegarra & Michel, 2001, p. 61.

Le classificazioni sinora analizzate, si focalizzano sugli obiettivi connessi alle differenti tipologie di co-branding senza però mettere in luce le implicazioni gestionali e strategiche che derivano dall’utilizzo di ognuna di esse.

Una classificazione interessante presente in letteratura, che consente di superare questo limite, è quella proposta da Checchinato 2007; l’approccio in questione, si fonda sul parametro

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dell’intensità dell’alleanza, inteso come: “un concetto che rappresenta il livello di sforzo richiesto

alle imprese per attuare l’iniziativa e la profondità della relazione che si instaura tra i partner” (17).

Questa classificazione consente di ordinare le differenti tipologie di co-branding sulla base della crescente intensità che caratterizza la relazione tra i brand, a cui si associa un basso-alto livello di complessità.

Si ritiene opportuno integrare questa tassonomia con un ulteriore elemento rilevante nella scelta della tipologia di alleanza da adottare, ossia la natura strategica o tattica dell’iniziativa di co- branding. Nel primo caso, si tratta di iniziative con valenza strategica prolungate nel tempo, i cui effetti sono determinanti per il successo delle attività principali svolte dai partner nei business di appartenenza. Questo tipo di azioni, in alcuni casi, sono per loro natura caratterizzate da un forte impatto sulla struttura organizzativa e produttiva dell’attività; rientrano in questa categoria gli accordi il cui ambito di applicazione è quello del marketing strategico. Nel secondo caso, invece, si fa riferimento a quelle iniziative circoscritte nel tempo, il cui impatto sulla struttura aziendale è sempre modesto o nullo, ma sono caratterizzate da effetti rapidi e incisivi; si collocano in questa categoria le alleanze che hanno come oggetto attività di marketing analitico e operativo.

Sulla base di tale approccio, è possibile distinguere due macro categorie di co-branding: product-

based e comunication-based (Jobber 2010, 330), che si posizionano ai due estremi della categoria.

L’impatto strategico e le implicazioni manageriali per le marche e le imprese coinvolte, differiscono in base alla configurazione adottata. Le forme collaborative che si trovano in vetta, sono caratterizzate da un’elevata connotazione strategica, pertanto le decisioni da prendere in sinergia diventano numerose, di conseguenza aumenterà anche l’intensità relazionale tra i partners. Inoltre, si presuppone che la realizzazione di una strategia di product-based-co-branding implichi anche l’adozione di una strategia comunication-based, che va, dunque, a sommarsi allo sviluppo del prodotto, generando un aumento di complessità dell’alleanza.

A livello più basso di intensità figura il co-branding di tipo comunicativo, che prevede l’associazione di due o più marche, nell’ambito di iniziative pubblicitarie e/o promozionali congiunte tra due o più imprese (Samu et al., 1999). Le iniziative a cui si allude sono generalmente caratterizzate da una breve durata e dal fatto che, attraverso di esse, si combinano normalmente marche di settori differenti, anche se spesso tra loro legati da elementi di complementarietà73.

Bertoli e Busacca (2003), sebbene non ritengono che la sola comunicazione realizzata in collaborazione fra marche possa essere sufficiente per includerla nelle strategie di co-branding, affrontano il tema e ne distinguono due specie: la joint advertising e la joint promotion.

73 Numerose sono le brand alliances di tipo comunication-based, realizzate da parteners operanti in settori diversi e a

diversi livelli della catena del valore (alleanze laterali). Si pensi, ad esempio, agli accordi sviluppati dal T.O Eden Viaggi, con alcuni importanti player che operano nel settore dell’abbigliamento, la cui complementarietà è relativa al target audience attuale e potenziale (es. Liu jo; Ovs; Triumph; Yamamay; Cisalfa; Scorpion Bay; Tom Caruso).

99 Figura 4.2 - Le principali strategie di co-branding, distinte in base alla loro natura e

intensità relazionale

Fonte: Adattato da Checchinato, 2007, p.18.

La joint advertising consiste nell’affiancare due o più marche a livello pubblicitario ai fini di ottenere benefici sinergici dalla collaborazione, in genere riconducibili a un aumento della visibilità delle marche coinvolte o al rafforzamento del messaggio pubblicitario, reso ancor più credibile dalla presenza della seconda marca. All’interno di questa categoria d’iniziative, sulla base delle implicazioni gestionali che da esse derivano, è possibile effettuare un’ulteriore suddivisione, dalla quale si ottengono due diverse sottocategorie di alleanza: pubblicità congiunta e comunicazione

potenziata. Nella prima rientrano tutte le campagne pubblicitarie, in cui i partner coinvolti

partecipano congiuntamente alla fase di pianificazione degli obiettivi, del messaggio, dei mezzi e degli indicatori di controllo da utilizzare. Nel secondo caso, invece, non vi è una collaborazione nella

Valenza Tattica

Valenza Strategica

Inte

nsità

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fase di pianificazione e gestione dell’attività di comunicazione, un’impresa realizza la campagna pubblicitaria avente per oggetto la propria marca, e utilizza una seconda marca a supporto della sua

promise. In tale circostanza, l’intensità relazionale fra i partners, sarà minore rispetto a un’iniziativa

di pubblicità congiunta, come del resto il potere decisionale spettante alla marca invitata. Quest’ultima, non collaborando attivamente allo sviluppo della campagna, assumerà un ruolo di secondo piano. Esempi del primo tipo sono la campagna di comunicazione che ha visto protagoniste il T.O. Eden Viaggi e l’Ente del Turismo Cubano, per la promozione della destinazione turistica; o, ancora, alla joint promotion realizzata daFiat e Universal Pictures, che hanno recentemente

collaborato per promuovere la nuova Fiat “Bravo”, avvalendosi di alcune scene del famoso film “Biancaneve e il Cacciatore”. Esempi del secondo tipo sono la campagna di comunicazione realizzata da Bilboa e l’Ente del Turismo delle Bahamas per il lancio nel mercato della nuova linea Solari Bilboa. Da evidenziare che le iniziative di joint advertising possono essere adottate dall’impresa, sia con l’obiettivo di creare atteggiamenti favorevoli verso la propria marca - generare nuovi significati o rafforzare quelli esistenti - sia con lo scopo di minimizzare le spese di comunicazione (ridurre gli investimenti per i singoli partners) e incrementare la brand exposure.

La joint promotion, diversamente, si verifica quando due o più marche, note al consumatore,

collaborano per un periodo di tempo limitato nelle attività inerenti alla sfera promozionale per aumentare il volume delle vendite, attraverso il potenziale di richiamo generato dalle marche coinvolte. Questa tipologia di co-branding, si caratterizza per la breve durata dell’iniziativa (in genere fino ad un massimo di un anno commerciale) e per l’elevato numero di collaborazioni spesso attivate tra imprese che operano in settori differenti (Blackett e Boad 1999), dando vita, dunque, a un’alleanza di tipo laterale. Il target a cui si rivolgono le marche implicate è di comune interesse e in genere le imprese coinvolte non sono in competizione tra loro, per cui la sinergia derivante dall’unione dei loro brand potrà generare un incremento dell’audience a costi ridotti. Un esempio a riguardo è la collaborazione sviluppata da Nivea con il vettore aero Volagratis74. Altri esempi che vedono coinvolti operatori del settore di intermediazione turistica, sono la campagna promozionale realizzata in collaborazione tra le marche: Doria e Alpitour, Eden Viaggi e OVS, Veratour e Nikon, Disney con la British Airwais.

Alla luce di quanto argomentato, si evidenzia un infinito numero di combinazioni tra i potenziali brand interessati a utilizzare siffatta strategia, come leva per incrementare le vendite e la visibilità dei prodotti offerti; spesso, infatti, le piccole marche, a rotazione, si alleano con le grandi marche internazionali per dare più visibilità alla brand identity e alla brand immage posseduta.

La joint promotion, sia nella fase iniziale di selezione dei possibili partner, che nella fase di gestione dell’alleanza, richiede un livello di complessità inferiore rispetto alla joint advertisinig, poiché lo sforzo richiesto alle imprese, in termini di risorse e competenze, è più limitato; inoltre, le

74 Per ogni prodotto solare acquistato in regalo un voucher sconto da spendere sull’acquisto di un viaggio aereo, e la

possibilità di vincere attraverso un’estrazione finale, tre vacanze premio nelle più famose destinazioni internazionali. In questo caso ciò che lega i due brand, apparentemente distanti, è la similarità del target a cui si rivolge la singola offerta delle due imprese.

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relazioni che intercorrono tra le organizzazioni implicate sovente non sono continuative e i legami che si creano tra le marche sono limitati a un breve periodo di tempo (a volte anche un solo mese). La presenza di più marche, proposte congiuntamente al consumatore, può avvenire anche nel caso della sponsorizzazione, che tipicamente coinvolge un'organizzazione no profit (spesso un ente di beneficenza), la quale finanzia la realizzazione di una campagna o di un evento in collaborazione con una o più organizzazioni (profit o no-profit), al fine di costruire un rapporto con il medesimo pubblico, sfruttando l’immagine di una società socialmente responsabile (Dickinson e Barker 2007). L’impresa sponsorizzatrice (sponsee), in genere, dispone di un'immagine forte e ha stretto un legame di fiducia con un particolare pubblico, in alcuni casi difficilmente raggiungibile in autonomia dallo sponsor.

In letteratura, alcuni autori (Zickermann 2014, Motion et al 2003, Aaker e Joachimsthaler 2000, Schmitt 1999) includono la sponsorizzazione nelle alternative tattiche di co-branding, mentre altri (Bertoli e Busacca 2003, Blackett e Boad 1999), la considerano al di fuori della gamma che racchiude le diverse fattispecie, poiché viene intesa come: “un puro scambio economico-finanziario”. Da uno noto studio di Motion et al. (2003) basato sull’analisi della collaborazione realizzata tra Adidas e la squadra di rugby All Blacks è emerso che la sponsorizzazione in alcuni casi può divenire un prezioso strumento per accrescere il valore delle marche coinvolte e persino creare nuovi prodotti o marche in co-branded75.

Nella prospettiva adottata dal presente lavoro, si ritiene che la sponsorizzazione possa essere considerata una tipologia di co-branding, se e solo se entrambe le organizzazioni coinvolte sono marche note al consumatore e la cooperazione produce effetti per entrambe.

Una particolare forma di co-branding, non configurabile all’interno di una precisa categoria di comunication-based, ma che rappresenta una pratica molto diffusa nel mercato è la strategia di

product palacement. Essa consiste nel collocamento di un prodotto o di una marca all’interno delle

scene di un film, con l’obiettivo di caratterizzare situazioni o personaggi attraverso i suoi valori e i suoi significati; si pensi, ad esempio, all’accordo di collaborazione recentemente siglato tra il T.O. Eden Viaggi e la società di produzione cinematografica Wildside srl, per la realizzazione del nuovo film diretto da Neri Parenti: “Vacanze di Natale ai Caraibi”, uscito nelle sale cinematografiche a Natale 201676.

75 Si pensi ad esempio alla sponsorizzazione di Acer per Ferrari, che ha dato vita ad una nuova linea di notebook co-

branded o alla Lamborghini con TecknoMonsterI che attraverso la cooperazione, hanno realizzato una nuova linea di alta valigeria “co-firmata”.

76 Eden Viaggi ha creato offerte ad hoc per il mese di settembre (periodo in cui svolgeranno le riprese del film),

stimolando sia i clienti finali, che gli agenti di viaggio a cogliere quest’occasione per vivere un’esperienza in più all’interno dei loro viaggi caraibici; come ad esempio la possibilità di osservare le riprese dal vivo, o perfino di partecipare al set del film come comparsa, con la meravigliosa spiaggia di Bayahibe che farà da sfondo. il noto Tour Operator figurerà come organizzatore di viaggi in Repubblica Dominicana, destinazione in cui è leader di mercato.

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Le tipologie di co-branding, fin qui analizzate, presentano un modesto grado di intensità relazionale tra i partner, nonché una valenza prevalentemente tattica77. Il livello successivo alla sponsorizzazione, come mostrato in figura 4.2, presenta caratteristiche più complesse di quelle in precedenza analizzate, di conseguenza implica lo sviluppo di una relazione più stabile e intensa tra le imprese. Per quanto riguarda il Product based co-branding, Jobber (2010) individua due macro categorie: ingredient co-branding e parallel co-branding.

Il primo caso si verifica quando un brand, noto al pubblico per una determinata caratteristica di eccellenza, viene utilizzato come “ingrediente” di un prodotto o linea, che è realizzato da un’altra marca nota; si pone in evidenza la presenza della componente aggiuntiva, che fornisce alla marca ospitante un’efficace leva di differenziazione e posizionamento, volta ad aumentare il valore dell’offerta. L’ingredient co-branding si verifica, dunque, nelle iniziative in cui il centro dell’attività collaborativa consiste nell’innovazione di prodotto (bene o servizio). Entrambe le marche sono visibili nel prodotto e non possono essere utilizzate l’una senza l’altra (Simonin e Ruth 1999, James 2005). Per ottenere un incremento di competitività dell’offerta complessiva, il componente della marca invitata dovrà però possedere caratteristiche ben definite in termini di qualità e notorietà. La qualità del prodotto della seconda marca assume particolare rilevanza giacché ha il compito di differenziare il prodotto, rendendolo più appetibile agli occhi del mercato. Questa tipologia di co- branding risulta essere una delle alleanze più ricercate dalle organizzazioni (Keller, 2003), poiché consente loro di ottenere innumerevoli benefici - ma anche rischi elevati - in un’ottica di medio- lungo termine78. Un esempio a riguardo è la collaborazione esistente da anni tra i produttori di biciclette e i fornitori di componenti, come le marche Cannondale e Bianchi che utilizzano gli ingranaggi e il cambio firmati Shimano (marca ingrediente). Quest’ultima aggiunge valore, affidabilità al prodotto principale (Uggla e Filipsson, 2008) e rende la qualità percepita dai consumatori più elevata.

Blackett e Boad (1999), sulla base del modello di business utilizzato dalla marca ingrediente, distinguono tre forme di ingredient branding:

77 In rari casi, anche un cobranding di tipo comunication-based può essere considerato strategico per le marche

coinvolte; come nel caso di più iniziative realizzate in parallelo al fine di raggiungere un obiettivo di medio-ungo termine che ha una valenza strategica per la competitività d’impresa.

77 Se ben fatta, la strategia può generare awareness e fedeltà verso la marca ingrediente, modificando il potere di

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