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I potenziali benefici per l’impresa

Il co-branding: un approccio strategico per creare valore

4.3 I benefici e i rischi derivanti dagli accordi di co-branding nell’ottica d’impresa

4.3.1 I potenziali benefici per l’impresa

L’impresa che decide di adottare una strategia di co-branding deve essere consapevole della sua potenziale complessità, che deriva principalmente dalla combinazione di due elementi: l’implicazione della marca, che è l’asset intangibile più prezioso per le organizzazioni, e la collaborazione con altre imprese, che potrebbe avere importanti riflessi non solo nelle attività di marketing, ma anche in altri campi dell’agire aziendale.

Ciò premesso, l’adozione di strategie di co-branding è in grado di apportare, alle aziende coinvolte, un’ampia gamma di benefici che differiscono in base ai diversi ambiti di applicazione e alla tipologia di attività di marketing realizzate in sinergia.

I vantaggi ottenibili dalla collaborazione attengono, sia alla sfera economico-finanziaria, che a quella intangibile, anche se le imprese tendono generalmente a focalizzare l’attenzione più sui benefici economici a breve termine che su quelli immateriali di lungo periodo.

In linea generale, lo sviluppo di una strategia di co-branding di successo deve essere in grado di

“accrescere il patrimonio delle risorse immateriali e materiali in maniera superiore ai costi sostenuti”

e incrementare la capacità competitiva delle imprese coinvolte (Iasevoli, 2004, p 85).

Come si è ampiamente argomentato, per realizzare un’alleanza efficace, è necessario combinare marche dotate di un buon livello di consapevolezza e di associazioni forti, favorevoli e

uniche, nonché di giudizi e sensazioni positive. Pertanto, condizione necessaria ma non sufficiente per il successo dell'iniziativa è che i brand interessati siano di per sé dotati di valore.

Uno dei requisiti primari per realizzare una partnership tra due o più brand riguarda i fattori di compatibilità e coerenza (product fit e brand fit), i quali consentono di massimizzare i vantaggi e

minimizzare i rischi per le singole marche (Keller 2005).

Checcinato (2007) distingue i vantaggi connessi alle strategie di co-branding sulla base degli effetti da esse prodotti nei confronti dell’impresa, del consumatore e della società. Essendo la presente ricerca focalizzata sull’impresa, si è ritenuto opportuno analizzare nel dettaglio i vantaggi da essa ottenibili e i rischi a essa associati, mentre quelli attinenti alla sfera del consumatore saranno affrontati in altra sede81.

81 Negli ultimi anni, l'impatto generato dalle brand alliances sui consumatori è stato ampiamente studiato (vedi Helmig

et al., 2008). La letteratura suggerisce che siffatti accordi possono aumentare la rilevanza dei marchi partners (Samu et al., 1999; Rao, Qu e Ruekert 1994), migliorare le prestazioni percepite del prodotto (Washburn et al., 2004; Levin e Levin 2000), ed espandere la portata di una strategia di brand extension (Desai e Keller, 2002).

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Identificare tutte le tipologie di co-branding adottabili dalle imprese non è naturalmente possibile, poiché dipendono in buona parte dalla creatività delle stesse; è però possibile associare le principali fattispecie a benefici specifici.

I benefici che l’impresa può cogliere dall’adozione di una strategia di co-branding sono distinguibili sulla base degli effetti (diretti o indiretti) che essa produce su alcune variabili, che sono legate al mercato e alla gestione aziendale.

Alla luce di tali precisazioni è possibile individuare:  benefici per le strategie di marketing;

 benefici sulla marca;  benefici sull’assortimento;

 benefici sulle attività di comunicazione;  benefici sulla distribuzione;

 benefici economico finanziari.

Il co-branding può giocare un ruolo chiave nel supportare il processo di attuazione delle

strategie di marketing programmate dall’impresa. Queste alleanze, infatti, possono essere un

prezioso strumento volto ad agevolare il perseguimento, sia delle strategie di crescita dell’impresa, sia di quelle che mirano alla difesa e al mantenimento della posizione competitiva. Rientrano nel primo caso i benefici connessi all’adozione di una strategia di penetrazione dei mercati, realizzata più facilmente e velocemente con l’ausilio di una seconda marca con elevata awareness (Panda 2001). Tra di essi si annoverano: la possibilità di entrare in contatto con nuovi consumatori, l’incremento delle vendite dovuto all’acquisizione di nuovi clienti, e l’aumento della frequenza d’uso dei prodotti venduti. Sempre con riferimento alle strategie di crescita, i benefici del co-branding possono essere ottenuti anche nello sviluppo di nuovi prodotti rivolti a mercati già serviti. In questa circostanza, il supporto di una seconda marca può facilitare notevolmente lo sviluppo di innovazioni di prodotto, grazie al know how e alla tecnologia, posseduti dalla marca invitata; ciò potrebbe consentire all’impresa ospitante di ampliare la gamma delle combinazioni prodotto/tecnologia, aumentare le vendite e i ricavi. Inoltre, spesso, le imprese realizzano cambiamenti relativi solo all’immagine del prodotto o le associazioni simboliche, come nel caso della Fiat 500 by Gucci o in quello della bottiglia della Coca Cola firmata Roberto Cavalli.

Situazione analoga alla precedente è quella che prevede la collaborazione tra due marche, per la realizzazione di un prodotto limited edition o one shot, in cui l’esecuzione dell’iniziativa richiede il sostenimento di costi inferiori rispetto allo sviluppo di un prodotto ex-novo; per cui si potrà beneficiare di una riduzione dei costi ed ottenere simili benefici.

Le strategie di co-branding aventi per oggetto lo sviluppo di prodotti, siano essi destinati a mercati già presidiati o del tutto nuovi, apportano benefici legati alla riduzione dei rischi di fallimento dell’iniziativa; mediante la creazione di una value proposition distintiva (Aaker e Joachimsthaler 2001), e la riduzione del time to market, che deriva dalla sinergia delle competenze

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di due o più organizzazioni. La strategia di co-branding che mira alla differenziazione dell’offerta consente alle imprese di “fronteggiare una curva di domanda parzialmente irrigidita dagli sforzi di

differenziazione sostenuti dalle singole marche nei rispettivi ambiti di attività, e quindi disposta ad accettare politiche di prezzo più remunerative per l’impresa” (Busacca e Bertoli 2003, 11)82.

La strategia di crescita più articolata e rischiosa da realizzare in co-branding è sicuramente quella che prevede il lancio di un nuovo prodotto destinato ad un nuovo mercato, che viene indicata in letteratura con il termine “diversificazione” (Keller 2003). Siffatta strategia, adottata in collaborazione con un’altra marca, può facilitare l’ingresso ai canali distributivi ed aumentare il potere dell’offerta all’interno del canale (Norris 1992). In numerosi casi i brand di successo forti della loro notorietà e immagine, decidono di entrare in mercati distanti per caratteristiche da quelli originari attraverso operazioni di brand extension o acquisizioni e fusioni.

Un ulteriore vantaggio che deriva da tale tipologia di co-branding consiste nella condivisione

dei rischi (Rodrigues, Souza, e Leitão 2011), ed è connesso ad una maggiore conoscenza del mercato

da parte della marca invitata, spesso selezionata per tale caratteristica. Un’esaustiva conoscenza del mercato di riferimento, sia dal lato della domanda (caratteristiche dei clienti), che dal lato dell’offerta (dinamiche competitive), rappresenta un vantaggio competitivo notevole per la marca (Keller 2008), la quale è sottoposta ad un rischio di fallimento minore. Inoltre, grazie allo sviluppo congiunto della nuova offerta co-branded, si potrebbero ottenere delle economie di costo e di

condivisione. Nel primo caso, oltre ad un incremento delle vendite e dei volumi produttivi, le

strategie solide possono restituire ottimi risultati in termini di economie di scala, nelle diverse attività della catena del valore delle imprese coinvolte (Bertoli e Busacca 2003). Nel secondo caso, invece, la cooperazione gioca un ruolo importante nel favorire la crescita sinergica delle competenze possedute dalle due marche, in “virtù del fatto che tutti i partners coinvolti utilizzano le proprie

risorse nel perseguimento degli obiettivi”, e in questo modo “ricercano le migliori condizioni e trasferiscono agli altri partners le modalità con cui individuarle” (13).

Per quanto concerne invece il mantenimento della posizione competitiva, le imprese implicate nell’alleanza attraverso la creazione di un’offerta co-branded possono erigere barriere all’entrata per nuovi potenziali entranti, rafforzando le capacità difensive dell’impresa ospitante nel settore di appartenenza. In questo caso, il co-branding funge da scudo, agevolando il mantenimento della fedeltà dei clienti e la difesa del posizionamento occupato. Solitamente l’impresa ospitante introduce una novità con il supporto della marca invitata, con l’obiettivo di incrementare il livello di soddisfazione dei propri clienti, ed evitare che essi possano manifestare il desiderio di provare prodotti alternativi offerti dalle marche concorrenti.

La marca rappresenta l’elemento focale di qualsiasi strategia di co-branding e come tale subisce un notevole impatto in termini di valori, associazioni e atteggiamenti, che la caratterizzano (Keller

82 Per esempio, inserire il marchio Nividia Geforce o intel in un pc assemblato e commercializzato da una marca poco

nota consente a quest’ultima di commercializzare il prodotto a un premium price, rispetto a prodotti simili che non posseggono la scheda video o il processore citati, incorporati nel dispositivo.

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2009). L’asset strategico, a cui si fa riferimento, trae vantaggio dall’adozione del co-branding attraverso il rafforzamento o l’acquisizione delle risorse immateriali ad essa legate. Uno dei principali benefici per la marca, derivante da un accordo di co-branding, consiste nella possibilità di ottenere un posizionamento unico e convincente del prodotto, grazie alla pluralità di marche implicate83. Si concorda con Busacca (1994) nell’affermare che “un accordo di co-branding efficace,

migliorando l’immagine di marca, accresce la fedeltà e consolida le relazioni con i clienti” (12). Le

risorse del valore della marca citate sono collegate reciprocamente da “relazioni circolari di

causalità, che attivano un processo di reciproca alimentazione” (Bertoli e Busacca, 2003, 13).

Alla luce di queste considerazioni, uno dei più importanti benefici per il brand, conseguibile attraverso una strategia di co-branding, consiste nel supporto che la marca invitata può fornire,

all’immagine di qualità e al know how della marca ospitante; l’attività di supporto avviene per mezzo

del trasferimento di associazioni positive che rinforzano i valori, principali e periferici a essa associati. Le imprese sovente ricorrono a siffatta alternativa strategica per rivitalizzare la propria marca che si trova in fase di declino. In altre circostanze, invece, la marca necessita di associazioni e valori che non possiede e non riuscirebbe a ottenere, se non attraverso elevati investimenti in attività di marketing, volti al riposizionamento del brand nella mente dei consumatori84. In questa situazione, i benefici per la marca sono strategici poiché consentono all’impresa di intervenire direttamente sullo stile del brand modificandone i connotati principali, ciò comporta un’accurata analisi dei rischi a essa associati.

Un ulteriore beneficio di elevata entità, già in parte discusso con riferimento alle strategie di crescita, è legato all’ingresso della marca principale in nuovi mercati. In alcuni casi, la brand

exstension diretta è la soluzione migliore; si pensi, ad esempio, ad un Tour Operator storico come

TUI che ha deciso di entrare nel comparto del trasporto aereo con il brand TUIfly; o, ancora, a Eden Viaggi che ha creato il brand Eden Hotels + Resorts per presidiare il comparto ricettivo, riscuotendo notevole successo. La strategia di estensione diretta da parte di una marca non è, però, sempre possibile, soprattutto nelle circostanze in cui essa non ha potenza sufficiente per conseguire un vantaggio competitivo sulla concorrenza già presente nel mercato. Il beneficio ottenibile da tale alleanza consiste quindi nella possibilità per l’impresa, di eludere le barriere all’entrata connesse alla diffidenza della domanda nell’accettare che la marca possegga le caratteristiche necessarie per operare in categorie di prodotto, anche distanti dal suo core business. Per ottenere questo risultato, le marche coinvolte dovranno lavorare in sinergia, combinando nel migliore dei modi: l’immagine, i valori, le associazioni, i sentimenti e la credibilità, possedute da ognuna di esse (Checchinato 2007; Levin e Levin 2000).

83 Sul tema del posizionamento competitivo ottenuto attraverso un accordo di co-branding, e in particolare sulla

“matrice di posizionamento” si vedano: Singh, J., P. Kalafatis, S., & Ledden, L. (2014)

84 Diversi sono i casi di T.O che diversificano l’offerta o riposizionano il brand attraverso la vendita di differenti categorie

di prodotto, come ad esempio il passaggio dalla Formula Village al viaggio Taylor made, che può essere realizzato in autonomia dalle singole imprese o attraverso accordi di collaborazione con catene alberghiere, compagnie aeree o altri T.O (vedi la crescente nascita di network di T.O).

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Un ultimo beneficio che si ritiene opportuno citare è legato al know how della gestione del brand. La collaborazione che prevede una pianificazione articolata e complessa delle attività, soprattutto se una delle due marche ha un livello di esperienza elevato, consente all’altra di venire a contatto con nuove modalità di gestione della marca; tale pratica denominata learning by

cooperating, potrebbe rappresentare un’ottima opportunità di apprendimento, volta al miglioramento dell’efficienza delle attività di brand management. In alcuni casi, infatti, una marca

poco nota potrebbe trovarsi a cooperare con un’altra che presenta invece un’elevata brand equity o brand awareness di livello mondiale; è evidente che un’alleanza di questo tipo potrebbe generare notevoli vantaggi per la marca meno nota. Risulta importante sottolineare che i benefici per le imprese coinvolte, differiscono in relazione agli obiettivi ed al ruolo ricoperto da ognuno di essi. Alcune ricerche hanno dimostrato che i vantaggi ottenibili dalle marche attraverso il co-branding sono differenti tra loro, in virtù della loro equity. Secondo Washburn et al. (2000), la marca con il

minor livello di equity è infatti, quella che ottiene i maggiori benefici dal co-branding, anche se la

marca high equity non viene comunque danneggiata dal legame con un partner di livello inferiore; specialmente se la marca più debole opera in una specifica nicchia di mercato, la marca più forte potrebbe beneficiarne attraverso la facilitazione d’ingresso nel medesimo, difficilmente raggiungibile in altro modo (Washburn et al.2004). Nella prospettiva dei brand con elevata equity, infatti, l’alleanza potrebbe offrire l'opportunità di creare un nuovo flusso di reddito o di aumentare le vendite di prodotti esistenti acquisendo nuovi clienti. I valori, la qualità e le associazioni della marca che presenta un valore più elevato vengono trasferiti alla marca meno nota, che accrescerà il livello di equity agli occhi del consumatore (Cunha, Forehand, Angle 2015; Levin and Levin 2000; Aaker and Keller 1990).

Hillyer e Tikoo (1995) hanno dimostrato che forti associazioni di marca (alta brand equity) sono in grado di apportare più credibilità al brand, agendo da “catalizzatore” nei confronti delle valutazioni positive dei consumatori. Nella medesima prospettiva, uno studio condotto da Mc- Carty e Norris (1999) sugli effetti prodotti da un ingrediente di marca, ha dimostrato come siano le marche di media qualità a beneficiare maggiormente di un ingrediente famoso, mentre quelle di alta qualità ne traggono solo un modesto vantaggio85.

In linea generale, si può affermare che: quanto più la strategia raggiunge intensità elevate,

come ad esempio lo sviluppo di nuovi prodotti per nuovi mercati, tanto più i benefici per i partners derivanti dall’accordo di co-branding sono amplificati.

Il co-branding può rappresentare un eccellente strumento in grado di apportare numerosi benefici anche nella gestione dell’assortimento, poiché come già accennato in merito agli spill over

85 Un recente studio condotto da Kalafatis, Remizova, Riley, e Singh (2012), sulle strategie di co-branding nel mercato

B2B, ha evidenziato che: le marche con livelli di capitale equivalenti condividono allo stesso modo i vantaggi del co- branding, mentre i marchi con capitale inferiore ottengono benefici superiori dall'alleanza. I risultati suggeriscono anche che, i partner dominanti guadagnano una maggiore percentuale sui vantaggi funzionali (come ad esempio competenza tecnica) rispetto alle imprese con minore brand equity.

110 effect sulla strategia di marketing, grazie al supporto di un’altra marca è possibile creare un

posizionamento unico per la nuova offerta co-branded.

Uno dei principali benefici sull’assortimento consiste nell’incrementare la possibilità di successo nell’attuazione di una strategia di line extension86, mediante la creazione di prodotti che presentano una value proposition distintiva. Il trasferimento delle associazioni e dei valori legati all’immagine di un’altra marca facilitano la differenziazione del nuovo prodotto rispetto all’offerta preesistente. il nuovo prodotto viene sostanzialmente identificato con la marca ospitante, della

quale è percepito come un'estensione (Keller 2003). Essa assume un ruolo guida nell'accordo e

risulta quindi determinante ai fini del giudizio formulato dai consumatori sulla nuova offerta, ma è

anche la più esposta alle eventuali conseguenze negative (Baumgarth, 2000). Numerose imprese

adottano tale strategia per attuare interventi di restyling di prodotti già esistenti, oppure per lanciare sul mercato offerte mirate a uno specifico target, che può essere differente a quello abitualmente servito. Si pensi all’inserimento di singoli prodotti dedicati a target specifici, come nel caso della collaborazione tra il brand Margò di Eden Viaggi (brand dedicato al target giovane di Eden) e Skuola.net, per la creazione di pacchetti di offerta su misura per i viaggi di maturità87. Inoltre, l’impresa per mezzo della strategia di co-branding potrebbe anche superare i suoi confini di azione, introducendo dei nuovi prodotti in categorie apparentemente lontane dal proprio business, ampliando in questo modo l’assortimento dei prodotti esistenti. La marca principale ottiene dalla suddetta strategia maggiore flessibilità di azione, che in assenza della seconda marca difficilmente potrebbe ottenere, se non con elevati investimenti di marketing.

Il co-branding apporta benefici anche per quanto riguarda l’adozione di un’altra strategia denominata Tading up, che consiste nell’allungamento della linea in una fascia di prezzo più elevata (Checchinato 2007). In questo caso, attraverso il trasferimento dell’immagine e dei valori di marche che posseggono un elevato posizionamento, per l’impresa ospitante sarà più semplice effettuare questa manovra. La marca invitata potrà supportare l’operazione sia trasferendo attributi tangibili (presenza fisica nel prodotto) che intangibili (presenza simbolica), alla nuova offerta co-branded. Nel primo caso si pensi ad esempio alla collaborazione tra Nescafé e BMW nella realizzazione di una nuova macchina per il caffè dotata di tecnologia ingegneristica all’avanguardia. Un ottimo esempio del secondo caso invece è la collaborazione realizzata di recente tra Magnum e D&G, per rafforzare l’immagine del brand Unilever come un luxury object88.

86Con il termine line extension, ci si riferisce alla strategia che prevede l’inserimento di nuovi prodotti o linee all’interno

di una determinata categoria in cui la marca è già presente (Kapferer 1997); la marca fa quindi leva sull’ utilizzo dei suoi elementi distintivi e la sua forza nel settore di appartenenza per affermarsi in un nuovo contesto.

86 Altri esempi sono rappresentati dalla Renault Twingo Miss Sixty, dedicata all’universo femminile amante della moda;

o, ancora, la nuova linea di moda H&M per i ciclisti urbani, realizzata in collaborazione con la nota marca londinese Brick Lane Bikes.

87 Per quanto riguarda i core values, la strategia di co-branding sembra essere studiata nei minimi dettagli, dal momento

che non sembra esserci casa di moda che più rappresenti la sensualità e l’eleganza ricercata dalla marca ospitante. Il management della marca Magnum, già lo scorso anno aveva riposizionato la propria immagine su un livello più alto, entrando tra la schiera dei luxury objects, utilizzando una campagna indoor e outdoor molto suggestiva (riproduzioni del Magnum tempestate di diamanti e pietre preziose esposte nei Magnum Pleasure store in tutto il mondo).

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Le attività di comunicazione sono il principale mezzo che consente alle imprese di instaurare un dialogo e un rapporto diretto o indiretto con i consumatori, al fine di informarli e persuaderli; in un certo senso siffatte attività possono essere considerate come la “voce della marca” (Kotler 2007). L’assenza di questi strumenti comprometterebbe l’esistenza della marca poiché l’identità dell’impresa non verrebbe trasformata in immagine e quindi resterebbe sconosciuta ai consumatori.

Pertanto possiamo affermare che le attività di comunicazione contribuiscono a generare il valore della marca, attraverso la creazione di un’immagine e fissando il ricordo nella mente dei consumatori89.

In considerazione di ciò, emerge l’importanza di sottolineare i potenziali benefici derivanti da una strategia di co-branding con riferimento alla comunicazione di marketing, i quali, da un lato intervengono sull’efficacia delle campagne di comunicazione e dall’altro agiscono sulla loro efficienza.

Nel primo caso, l’alleanza può generare un incremento dell’efficacia attraverso le seguenti manovre:  un aumento della brand exposition (Iasevoli 2004; Panda 2001; Blackett e Boad 1999);  la possibilità di rivolgersi a un target di consumatori differente, anche attraverso nuove

modalità di comunicazione;

 un maggior stimolo dell'attenzione del consumatore verso la comunicazione (mediante la

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