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Il valore del brand

3.2 L’importanza del brand nella prospettiva di creazione del valore

3.2.4 La Customer-based brand equity

La Customer-based brand equity può essere definita come “l'effetto differenziale che la

conoscenza del brand determina sulla risposta dei consumatori al marketing del brand” (Keller 1993,

2). Il modello CBBE affronta il valore del brand dal punto di vista del consumatore, sia esso un individuo o un’organizzazione, partendo dal presupposto che per avere successo nel mercato, è indispensabile comprendere i bisogni e i desideri dei consumatori e realizzare prodotti e programmi di marketing in grado di soddisfarli.

Le misurazioni del valore della marca in questo filone di studi si basano su:  la percezione del brand che hanno i consumatori;

 il comportamento dei consumatori conseguente al cambiamento del marketing mix, realizzato sui prodotti immessi nel mercato.

Secondo tale criterio di misurazione, Il valore di una marca, e quindi il suo capitale, è derivato dalle parole e le azioni dei consumatori che decidono con i loro acquisti, in base a fattori che essi ritengono importanti, attribuendo maggior o minor valore ad alcuni elementi rispetto ad altri (Villas- Boas 2004). Il potere di un brand, dunque, risiede nella mente dei consumatori, i quali hanno maturato verso di esso un’idea positiva o negativa, attraverso esperienze dirette e indirette.

Il brand aggiunge valore per il cliente, dando segnali circa l'offerta (Chernatony e McDonald 1992). Questi segnali sono spesso interpretati in termini di riduzione del rischio e una maggiore soddisfazione. Nell’ottica del consumatore dunque, il valore di una marca dipende dalla valutazione di due indicatori. Il primo è costituito dal “valore-utilità” (Fornari 2011), che consiste nella differenza

58 Nel dettaglio i driver sono (Guatri e Bini 2007): posizionamento competitivo (leadership), stabilità (longevità, coerenza

della brand identity), settore/mercato di riferimento (dinamiche, dimensioni, ecc,.), internazionalità, trend, marketing, protezione legale.

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tra l’utilità (attributi e benefici) e la disutilità (costi, monetari e non, sostenuti per l’acquisto), legate all’acquisto di un prodotto di marca. Il secondo indicatore è invece composto dal “valore-equità”, a sua volta costituito dall’equità diadica (che si esplicita nella comparazione tra risorse investite nell’acquisto della marca e risultati ottenuti dallo stesso) e dall’equità seriale (con cui si allude alla capacità della marca di mantenere e incrementare i benefici per cui è stata scelta) (Busacca, 2002). Secondo questa impostazione, l’impresa, per creare valore, deve sviluppare e gestire un forte legame relazionale con il consumatore, al fine di massimizzare la sua percezione del valore-utilità e del valore-equità per la marca. Considerando questa prospettiva, la brand equity è rappresentata dal valore aggiunto apportato dalla marca al prodotto, espressa in termini di utilità generata per i consumatori/turisti, attraverso la risposta positiva agli investimenti di marketing. A questo proposito, potremmo identificare la brand equity del Tour operator Eden Viaggi con l’immagine di

qualità del servizio offerto (figura del controller), l’esclusività (offerta con i brand Eden Resort e

Premium), l’emozionalità (claim: esperti in emozioni) e la personalizzazione (garantita dal marchio Eden made). Tutto ciò, in linea con la filosofia del brand, garantisce al turista di vivere un’esperienza

unica, in resort esclusivi e con itinerari “su misura”, nei luoghi più nascosti e lontani del pianeta. Il

brand viene avvolto di significati legati al mondo emozionale, valoriale ed esperienziale dei consumatori, con l’obiettivo di costruire nella loro mente una proposta unica e di valore.

Con riferimento al brand di destinazione turistica, il valore che esso genera dipende dalla capacità di alimentare ed accrescere il differenziale positivo percepito tra benefici (funzionali, esperienziali, simbolici relazionali, emozionali e psicologici) e sacrifici del cliente (Pencarelli 2015). Il brand di destinazione genera valore anche nel periodo post acquisto ed è fortemente collegato alla brand awareness dei consumatori. La creazione di valore per i consumatori “diviene fattore

determinante primario per la creazione di valore territoriale” (37).

Aaker (1991) è stato il primo autore a proporre un modello concettuale del valore del brand nella prospettiva del consumatore59. Il modello, a cui si fa riferimento, si fonda su cinque fattori che determinano la brand equity:

1. la fedeltà alla marca (brand loyalty); 2. la notorietà del nome (brand awareness); 3. la qualità percepita;

4. i valori associati alla marca;

5. la proprietà intellettuale (brevetti, marchi registrati, canali distributivi esclusivi, ecc,.).

59 Numerosi sono I modelli presenti in letteratura che, si basano sulla prospettiva customer based, vedi tra gli altri:

Equity Builder (Ipsos Asi, 2008); Equity EngineSM; "BrandAsset Valuator". Uno dei più utilizzati e riconosciuti a livello

internazionale è il BrandAsset Valuator, il quale è stato progettato dalla società di marketing e comunicazione di fama mondiale "Young & Rubicam". Il modello si fonda sulla valutazione di quattro attributi chiave: la differenziazione del

marchio, la rilevanza del marchio, la stima del marchio e la conoscenza del marchio. Il punto di forza di questo modello

è la versatilità di impiego. L’obiettivo dello strumento è quello di individuare il posizionamento del marchio attuale e potenziale nel mercato; si utilizza una matrice di mercato per stabilire la forza e la debolezza del brand di un’organizzazione, nonché si cerca di individuare la sua posizione sul mercato e lo stadio di sviluppo successivo.

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I fattori sopra citati sono identificati dall’autore come le “fondamenta del valore della marca” (Aaker 1997, 34) e generano un valore aggiunto al prodotto, attraverso molteplici modalità, sia per l’impresa produttrice che per il consumatore60. Per l’autore, la brand equity è il valore che la marca aggiunge o sottrae al valore di base del prodotto o servizio offerto. Tale modello consente di ottenere informazioni in merito alla relazione esistente tra le diverse componenti del valore della marca e le performance future del marchio. Oltre alle cinque componenti, il modello riflette anche alcuni indicatori della politica di branding perseguita. In linea generale, la brand equity aumenterà all'aumentare delle determinanti del valore; maggiore dunque sarà la fedeltà, la notorietà, la qualità percepita, la proprietà intellettuale e la forza dei valori associati alla marca dai consumatori, maggiore sarà il suo valore.

La forza di questo modello risiede nell’ integrazione di entrambe le dimensioni consumer based:

percettiva e comportamentale. Il consumatore svolge sempre un ruolo attivo, deve riconoscere e

ricordare il prodotto contrassegnato dal brand, deve provarlo, valutare l’effettiva qualità, misurare la propria soddisfazione e decidere se rimanere fedele a esso o no. I comportamenti del consumatore riferiti al brand dipendono da un set di conoscenze e dal vissuto che risiedono nella sua mente. La debolezza del modello riguarda la sua superficialità non ci sono, infatti, indicazioni di legami diretti tra gli attributi e il loro peso individuale nel patrimonio generale del marchio. In conclusione, tutte le determinanti incidono allo stesso modo sulla creazione e valutazione del valore.

Keller (1993) affronta il tema della brand equity e lo approfondisce, focalizzandosi sulle componenti cognitive della marca e, a differenza di Aaker, individua nella brand knowledge l’elemento chiave su cui costruire il valore ad esso associato, in quanto determina l’effetto

differenziale che è all’origine della marca. L’autore definisce la CBBE come “l’effetto differenziale che la conoscenza della marca esercita sulla risposta del consumatore alle azioni di marketing attuate della marca stessa” (p.53). L’effetto a cui si sottintende è positivo se i consumatori

reagiscono in modo più favorevole alle azioni di marketing del prodotto, quando ne identificano il brand, rispetto a quando non lo riconoscono. Al contrario, l’effetto è negativo se l’attività di marketing di un brand determina nei consumatori una reazione di eguale misura o meno favorevole, rispetto a quella suscitata da un prodotto equivalente ma anonimo.

60 La brand awareness indica quanto un brand sia presente nella mente del consumatore. La brand loyalty è la volontà

del cliente di comprare di nuovo lo stesso prodotto/brand, è una misura dell’attaccamento del cliente alla marca. La

qualità percepita del prodotto è la motivazione che spinge i consumatori a comprare un prodotto, pagandolo un dato

prezzo. La brand association, consiste nella gamma di attributi che i consumatori associano a un brand. Si pensi ad esempio ai consumatori di Ryanair, i quali identificano il brand come un’offerta low fares-no frills; ed ancora ai clienti- turisti di Francorosso, che associano al brand un’offerta sinonimo di comfort ed esclusività (il claim del T.O è: Feel

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Le conoscenze dei consumatori, dunque, sono all’origine delle differenze che si manifestano in merito al valore del brand. Keller (1998) sostiene che la conoscenza della marca si costituisce di due elementi principali:

1. consapevolezza di marca (brand awareness), che è determinata dall’abilità del

consumatore di riconoscere la marca e richiamarla alla memoria61.

2. Immagine della marca (brand Immage), è un costrutto percettivo che sintetizza un insieme di associazioni impresse nella memoria dei consumatori nei confronti del brand (Busacca 2000). Queste associazioni racchiudono il significato che la marca ha per il consumatore e, come già illustrato, sono costituite da: attributi (relativi al prodotto o non), benefici (funzionali, simbolici e esperienziali) e atteggiamenti nei confronti del brand.

Secondo il modello di Keller (1993), la brand awareness è legata alla forza delle informazioni presenti nella mente del consumatore. Come illustrato in figura 3.1, un brand per avere successo e ottenere il livello di conoscenza adeguato, deve sfruttare le risorse di marketing per creare delle associazioni di valore agli occhi del consumatore e generare un’immagine: forte, favorevole e unica. Le

associazioni forti sono legate alla profondità con cui il consumatore associa le informazioni al brand.

Le associazioni favorevoli indicano la capacità dell’impresa di convincere i consumatori che la marca possa soddisfare i loro bisogni e desideri. Le associazioni uniche si riferiscono alla capacità dell’impresa di stimolare associazioni esclusive e non possedute da altre marche; le quali, solitamente, rappresentano la fonte di vantaggio competitivo sostenibile per l’impresa.

Il modello proposto da Keller è incentrato sulla “quantificazione delle fonti del valore della

marca e dei risultati economici e competitivi che ne conseguono” (Busacca e Bertoli, 2002, 2). In

merito alla quantificazione delle fonti del valore, l’enfasi è posta sulla brand awareness e sulla brand image. Per quanto attiene ai risultati, invece, assumono particolare rilievo la fedeltà dei clienti, la vulnerabilità alle azioni competitive, il livello dei margini di profitto, l’elasticità della domanda a riduzioni e incrementi di prezzo, l’efficacia e l’efficienza delle politiche di comunicazione e le opportunità di brand extension.

Con particolare riferimento al comparto turistico, per Bruni (2015), il patrimonio di marca è funzione delle “due dimensioni antecedenti del valore” (brand awareness e brand image), che sono orientate a creare appeal nel target audience, “producendo effetti sul comportamento dei consumatori turisti

che si manifestano attraverso: intension to buy, revenue, loyalty, market share, complaints (94).

61 La brand awareness è articolata nelle due dimensioni di brand recognition e brand recall. Il riconoscimento, fa

riferimento alla capacità del consumatore di confermare una precedente esposizione al brand, attraverso il suo nome. Il richiamo della marca, invece, si riferisce all’abilità del consumatore di riconoscere spontaneamente la marca, sentendo citare la categoria di prodotti a cui appartiene o pensando ai bisogni che esso soddisfa. La consapevolezza del consumatore riguardante il brand, indipendentemente da come sia stata acquisita, determina le differenze in termini di brand equity (Keller 2003).

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L’autore sottolinea che la consapevolezza di marca è misurabile in termini quantitativi per mezzo di una survey campionaria, attraverso cui è possibile conoscere il livello di notorietà del brand.

Figura 3.1 - Gli elementi principali della conoscenza della marca

Fonte: Adattato da Keller, 1993.

Da una ricerca condotta recentemente attraverso l’utilizzo di questo metodo, si è stimato che tra gli Italiani il livello di awareness (sollecitata) della marca Alpitour è pari al 93%, e tra questi il livello top of mind raggiunge il 43%; mentre la marca Franco Rosso figura in seconda posizione con

Brand Knowledge Brand awareness Brand immage Brand recall Brand recognition Tipologie di associazioni Forza delle associazioni Vantaggiosità delleassociazioni Unicità delle associazioni

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rispettivamente il 78% e 8%, e a seguire in terza posizione troviamo Eden Viaggi, con una brand awareness del 68% e un livello top of mind del 9%62

Per quanto concerne la brand image è difficile riproporre l’utilizzo dello stesso metodo di analisi, data la sua complessità e la natura qualitativa delle informazioni. Una delle tecniche che può essere utilizzata per identificare siffatto valore (i significati associati alla marca) è il laddering.63

Premesso che il contenuto e la struttura della memoria per il marchio influenzerà l'efficacia delle strategie future di marca, è fondamentale che i manager capiscano come le politiche di marketing, da loro sviluppate, andranno a influenzare l'apprendimento dei consumatori e quindi, le azioni successive che assolvono la funzione di richiamo informativo per la marca (Keller, Busacca e Ostillio, 2005). In altre parole, i marketing manager hanno il difficile compito di fare in modo che i

consumatori, attraverso le esperienze dirette e indirette, associno la marca a idee, sensazioni, immagini, convinzioni, percezioni, che l’impresa vuole suscitare per contraddistinguerne il suo posizionamento competitivo.

62 Ricerca di marketing condotta dall’istituto di ricerca Sigma consulting, nel mese di marzo 2016.

63 Il laddering è un metodo di intervista qualitativa in profondità (Reynolds e Gutman 1988), utilizzata per analizzare i

driver del comportamento di acquisto e consumo, mediante la ricostruzione delle relazioni casuali tra attributi di prodotto, benefici e valori ricercati dal consumatore.

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CAPITOLO TERZO

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