• Non ci sono risultati.

Dallo Stato liberale al Fascismo: devianza e penalità tra le Grandi Guerre

2.4 Il codice Rocco

Non molto tempo dopo la presentazione del disegno di legge da parte di Alfredo Rocco venne istituita una nuova Commissione di cui fecero parte Arturo Rocco, Vincenzo Manzini ed Enrico Ferri. Il nuovo codice era condizionato dall'indirizzo tecnico giuridico di cui Arturo Rocco e Vincenzo Manzini erano i massimi esponenti e proprio per questo, anche se non mancarono le influenze socialiste, appare fortemente condizionato dall'indirizzo politico del Fascismo. Il diritto penale diviene strumento di protezione della Nazione: ‹‹ un

160

sistema pensato esclusivamente contra reum, denso ampio, articolato, ossessionato dal "nemico dello Stato", timoroso di non essere abbastanza occhiuto, abbastanza severo ››.201

La legislazione fascista doveva rappresentare lo Stato, fondersi con esso divenendo esso stesso uno strumento di politica rappresentante in pieno le nuove idee. Si dovevano pertanto mettere in risalto le differenze con il vecchio Stato liberale: il diritto non doveva essere solo garante dell'ordine costituito a tutela soprattutto del ceto borghese ma doveva tutelare lo Stato e pertanto combattere tutti coloro che lo avrebbero potuto indebolire. La nozione di delinquente e di nemico vengono a combaciare ed il criminale più pericoloso non è più il delinquente comune ma quello politico perché in grado di minare con le sue idee sovversive la stabilità dalla Nazione. Le idee e i principi del Fascismo furono sapientemente tradotti in norme dai giuristi del tempo. La parte generale del codice vide introdotta una grossa novità rispetto al codice Zanardelli: la previsione delle misure di sicurezza. Questo sistema, definito

doppio binario era fortemente lesivo del principio di

161 legalità poiché era sufficiente la presunzione di pericolosità sociale per comportare sia l'applicazione di misure penali che di sicurezza.202 Il doppio binario può forse apparire come l'espressione più chiara della fusione tra le idee della Scuola classica e della Scuola positiva ma quello che ne risultò fu un fraintendimento di entrambe. Il codice Rocco secondo i principi della Scuola classica infatti cristallizzò in una norma l'applicabilità delle misure di sicurezza ma poi, ancorandole ad un parametro relativo come la pericolosità sociale, le affiancò alle pene raddoppiando l'apparato sanzionatorio; dall'altro lato la stessa previsione dell'applicabilità delle misure di sicurezza ai soggetti ritenuti pericolosi è sicuramente un punto focale della Scuola positiva ma questa non si affiancava alle pene: il criminale era classificato in base alla sua pericolosità ed in base ad essa veniva scelta la misura più efficace a neutralizzarlo che era comunque una solamente.

Questo sistema vede scindere la responsabilità del delinquente in una responsabilità personale alla quale è

202 Neppi Modona G. Principio di legalità e giustizia penale nel periodo fascista, in ‹‹ Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno ››, 36, Giuffrè, Milano, 2007, pagg. 990-991.

162 collegata la sanzione determinata della pena e la responsabilità sociale arginata con le misure di sicurezza aventi una durata indeterminata.203 Nel discorso al Senato del Regno il Guardasigilli Alfredo Rocco affermò che ‹‹ pena e misure di sicurezza debbono

coesistere come due diverse forme di difesa dello Stato nella sua lotta contro la criminalità ››.204La misura di sicurezza verrebbe applicata qualora sussistano due presupposti, come disciplinato dall'odierno art. 202: la commissione di un fatto previsto dalla legge come reato e la pericolosità sociale dell'autore dello stesso. Questo sistema comporterebbe che un soggetto qualora venisse dichiarato imputabile ma non pericoloso vedrebbe inflitta una pena,205 e all'estremo opposto, i soggetti non imputabili vedrebbero assegnata nei loro confronti la sola misura di sicurezza. Tra i due estremi vi era una vasta zona grigia all'interno della quale rientravano tutti quei soggetti la cui capacità di volere era limitata come i

203 Le misure di sicurezza, afferma Ferrajoli, sarebbero più simili alle misure di prevenzione che alle pene in quanto danno rilevanza alla natura del soggetto pericoloso piuttosto che al fatto commesso. Ferrajoli L. Diritto e ragione. Teoria del

garantismo penale, Laterza, Roma, 1989, pag. 811.

204 Rocco A. La trasformazione dello Stato, La Voce, Roma, 1927, cit. pag. 293.

205 Alfredo Rocco nel distinguere i soggetti cui applicare la pena o la misura di sicurezza afferma che ‹‹ la pena presuppone la capacità di volere ››, di cui sarebbero sforniti i minorenni e gli infermi di mente, mentre per i semi-infermi di mente ed i delinquenti abituali,la pena non sarebbe sufficiente così come la misura di sicurezza, pertanto diventava necessario che ‹‹ quando la pena è espiata, si applichi la misura di sicurezza ››. Rocco A. La trasformazione dello Stato, La Voce, Roma, 1927, pagg. 304-305.

163 semi-infermi di mente o coloro che erano imputabili ma la cui pericolosità veniva reputata tanto elevata, come nel caso dei delinquenti abituali, da non ritenere sufficiente l'applicazione della sola pena. Tutte le misure di sicurezza vengono irrogate sulla base di una pericolosità sociale, anche presunta,206 attestata dal giudice: è questo un ulteriore punto di distacco dalle idee della Scuola positiva in quanto la pericolosità del soggetto, veniva determinata solamente su basi concrete, benché talora assurde, come la misurazione del cranio o la sua forma, la storia del criminale, la sua devianza psicologica: il codice Rocco avrebbe strumentalizzato il concetto di pericolosità per poterlo utilizzare come uno strumento politico ed eliminare tutti quei soggetti che si fossero qualificati pericolosi per la stabilità della Nazione: il nemico dello Stato diviene un criminale.

Ferrajoli207 mette in evidenza come le misure di sicurezza siano una vera e propria lesione al principio di stretta legalità. Il fatto che siano irrogate solamente nei casi previsti dalla legge esigerebbe che questi fossero

206 L'articolo 204 c.p. riguardante la pericolosità presunta è stato abrogato dall'art.3 della legge n. 663 del 1986.

207 Ferrajoli L. Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Laterza, Roma, 1989, pagg. 815. e seguenti.

164 rigidamente predeterminati e chiaramente disciplinati dalla legge, senza così dare origine a dubbi, cosa che invece non avviene perché la valutazione della pericolosità sarebbe sottoposta al solo parere discrezionale del giudice. A tutto ciò si aggiunge che la durata di tali misure non sarebbe predeterminata se non in quella minima, di modo che mancherebbe del tutto la certezza riguardo al momento della loro cessazione. L'indeterminatezza della sanzione potrebbe comportare la segregazione a vita per determinati soggetti, come i semi-infermi di mente208 per i quali era prevista sia la misura di sicurezza che la pena, quest'ultima da espiare al termine della misura di sicurezza. La neutralizzazione sociale di tali individui veniva giustificata principalmente con la necessità di fornire loro tutte le cure di cui avevano bisogno e ciò non escludeva alcun mezzo, compresa la cintura di sicurezza, con la precisazione comunque ‹‹ che dal carattere di questi mezzi di rigore è

esclusa l'afflittività come finalità giuridica ››.209

Un'ulteriore novità, introdotta già nel 1926, fu la reintegrazione della pena di morte. La necessità della

208 L'articolo 148 c.p. riguardante la sospensione della pena in caso di infermità psichica sopraggiunta è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con una sentenza del 1975.

209 Ferrajoli L. Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Laterza, Roma, 1989, cit. pag. 817.

165 sua previsione fu portata avanti, con successo dalla Commissione senatoria guidata da Raffaele Garofalo mentre le argomentazioni del senatore Di Blasio, portavoce di un indirizzo classico, furono ritenute poco convincenti per continuare a considerare la pena capitale inutile. Alfredo Rocco riteneva infatti insufficiente l'ergastolo di fronte ad alcuni crimini che mettevano in grave pericolo la società e giudicava la pena di morte come ‹‹ la più perfetta delle pene. Essa

infatti realizza al massimo grado la funzione intimidatrice e quella eliminativa della pena ››.210 Il Guardasigilli, nella

Relazione al I libro del nuovo codice, tornò ad illustrare i

vantaggi della pena capitale e l'irrazionalità con cui questa veniva avversata da chi la riteneva uno strumento repressivo barbaro e crudele. Il ministro, sosteneva che la torpida sensibilità giuridica di questa visione teneva conto solamente del colpevole e non del grave pericolo che la condotta e lo stesso delinquente rappresentavano per la solidità dello Stato, poiché mettevano in dubbio, con il comportamento criminale, tutti i principi che il Fascismo incarnava. Lo stesso dissenso si sarebbe mostrato inconcepibile considerando

166 che ‹‹ i valori individuali, anziché trasformarsi in

coefficienti di dissoluzione e disgregamento, debbono costituirsi in un saldo organismo di sane energie, atte a plasmare l'anima della Nazione ››.211

Mario Sbriccoli212 mette in risalto come la reintroduzione della pena di morte già prima della riforma del codice rispondesse ad un progetto di

annientamento di tutti quei soggetti che avessero

rappresentato un pericolo per lo Stato fascista. La pena di morte viene ristabilita per difendere lo Stato da tutti quei crimini che lo avrebbero potuto indebolire come : la rivelazione di segreti, l'insorgere in armi contro i poteri pubblici e la commissione di un fatto diretto a provocare la strage, la devastazione o il saccheggio per attentare alla vita dello Stato.213 La modalità con cui veniva eseguita la stessa pena, cioè la fucilazione, rappresenterebbe l'emblema di come lo Stato considerasse tali soggetti: dei nemici e verso di loro era in corso una guerra ‹‹ Cade il condannato quasi come in

una battaglia: la battaglia della vita, comunque vissuta e

211 Rocco A. Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale. Relazione sul Libro I del Progetto, Tipografia delle Mantellate, Roma, 1929, cit. pag. 68.

212 Sbriccoli M. Le mani nella pasta e gli occhi al cielo, in ‹‹ Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno ››, 28, Giuffrè, Milano, 1999, pagg. 831 e seguenti. 213 Tutte queste norme sono poi entrate a far parte del codice penale Rocco, nel primo Titolo.

167

combattuta ››.214 Accanto alla pena di morte venne introdotto il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, unico organo competente infatti ad irrogare la pena capitale. L'esigenza di istituire un corpo apposito cui riservare tale compito, metterebbe in luce la duplicità di funzioni alle quali questo avrebbe dovuto rispondere: innanzitutto sarebbe servito come strumento per fronteggiare le diverse situazioni ritenute fonte di pericolo per lo Stato che necessitavano di leggi speciali e mezzi repressivi ma, soprattutto, si sarebbe dimostrato uno strumento efficiente per eliminare definitivamente tutti quei soggetti ritenuti nemici del regime.