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I colloqui di Gronchi e Segni a Mosca e le valutazioni sovietiche della visita

Gronchi arrivò a Mosca il 6 febbraio. Dai giorni precedenti la stampa sovietica aveva dedicato al viaggio articoli ed editoriali256. A Mosca si voleva dare risalto alla visita dell’autorevole ospite. La maggior parte dei giornali sottolineava come l’obiettivo principale del viaggio del presidente italiano fosse di compiere un passo avanti verso la pace e contribuire al processo di distensione internazionale. Non mancavano interviste a politici italiani di diversi schieramenti che ne evidenziavano all’unisono l’importanza257. La rivista “Novoe Vremja” precisò che le posizioni di Fanfani verso un’apertura all’Unione Sovietica erano adesso appoggiate anche da molti esponenti della Democrazia cristiana258. Si guardava con grande

attenzione al positivo sviluppo dei rapporti di interscambio commerciale259. Sulla “Pravda” del 5

febbraio fu pubblicata un’intervista a Chruščëv in cui egli affermava che “un esempio evidente del positivo sviluppo dello scambio commerciale sulla base della uguaglianza e del reciproco vantaggio, soprattutto negli ultimi due anni, è il commercio dell’Unione Sovietica con uno dei più potenti stati dell’Europa occidentale – l’Italia”260. Anche Pietromarchi, alla vigilia del viaggio, aveva rilasciato delle dichiarazioni ottimistiche alla stampa locale: data l’autorevolezza di Gronchi e di Chruščëv, il loro incontro avrebbe potuto dare buoni frutti. Le relazioni tra Italia e Unione Sovietica, secondo l’ambasciatore, avrebbero potuto essere “ottime, anzi eccezionali”261.

Gronchi e Pella furono accolti il 6 febbraio all’aeroporto di Mosca dal presidente del Presidium del Consiglio Supremo dell’URSS, Kliment Vorošilov, e dal segretario del PCUS, Chruščëv. Dopo i saluti previsti dal protocollo si spostarono al Cremlino per il primo scambio di opinioni. Gli ospiti ebbero un primo breve colloquio con Vorošilov. Gronchi disse al dirigente sovietico che l’Italia e l’URSS, uscite entrambe dalle immense rovine della guerra, erano assetate di pace. Peraltro la prospettiva di un conflitto, secondo il presidente italiano, incuteva paura ai

256 Si veda, ad esempio, l’analisi del positivo sviluppo dei rapporti tra Italia ed URSS: Sovetskij Sojuz i Italija mogut imet’ chorošie otnošenija, [L’Unione Sovietica e l’Italia possono avere buoni rapporti], in “Meždunarodnaja Žizn”,

n. 1/1960, pp. 95-99.

257 Si veda, ad esempio, l’articolo Italii nužen mir [All’Italia serve la pace], in “Izvestija”, 6/1/1960. Nel testo sono

riportate le interviste a politici italiani di differenti partiti: Amendola – PCI; Codacci Pisanelli – DC; De Martino – PSI; Saragat – PSDI; Mazza - DC, Valori - PSI, Orlandi – PSDI; Melloni – indipendente; D’Onofrio – PCI.

258 Cfr. I. Trofimova, Sovetskij Sojuz i Italija [L’Unione Sovietica e l’Italia], in “Novoe Vremja”, n.3/1960, pp. 6-7.

Sulla stessa rivista, n. 2/1960, pp. 2-3, si veda anche l’editoriale senza firma K priezdu prezidenta Gronki [Verso l’arrivo del presidente Gronchi].

259 Cfr. L. Kolosov, Sovetsko-Ital’janskaja torgovlja [Commercio italo-sovietico], in “Vnešnjaja Torgovlja”, n.

1/1960, pp. 9-11.

260 Cfr. O. Koževnikov e L. Kolosov, Torgovlja – put’ k družbe [Il commercio è la via dell’amicizia], in “Pravda”,

5/2/1960. Nel mese precedente al viaggio di Gronchi, fra l’altro, ci furono numerosi incontri bilaterali per definire l’aumento degli scambi italo-sovietici in previsione del rinnovo dell’accordo commerciale. Si veda a tale proposito il resoconto della conversazione tra il ministro del Commercio Estero dell’URSS, N. Patoličev, e l’ambasciatore italiano, L. Pietromarchi, 13/1/1960, in RGAE, F. 413, op. 13, d. 8744, ll. 185-188.

261 Cfr. My dolzhny ponimat’ drug druga [Dobbiamo comprenderci l’un l’altro], intervista all’ambasciatore Luca

paesi meno forti che, verosimilmente, sarebbero stati coinvolti senza essere in grado di far valere le loro opposizioni o riserve. Vorošilov rispose che l’ipotesi di una guerra era temuta da tutti, non solo dalle piccole potenze, perché una sola bomba avrebbe potuto distruggere il Cremlino o Roma. E concludeva: “Vogliamo che ogni paese viva come vuole. Possiamo risolvere tutte le questioni. Per delle sciocchezze non ci si può permettere di far sorgere dei pericoli”262.

La delegazione italiana fu poi ricevuta da Chruščëv. Nel corso del colloquio il leader sovietico, ben disposto verso gli ospiti, non mancò di polemizzare e di porre alcune questioni spinose sul banco della discussione. Dopo aver precisato che l’URSS si impegnava per avere con l’Italia relazioni soddisfacenti sia politiche che economiche, considerando che la collaborazione nel settore economico fosse la premessa di quella in campo politico, Chruščëv puntualizzò con sarcasmo che era inutile stare ad aspettare la caduta del regime sovietico, perché la sua nascita, sviluppo e morte non sarebbero mai dipesi dall’opera di una singola persona. Alla reazione stizzita di Gronchi, che ricordava all’interlocutore come probabilmente questi alludesse a qualcun altro, non al presidente della Repubblica italiana, l’esuberante segretario del PCUS rispose:

“Vorrei che anche tutti voi e il vostro governo agissero e parlassero così. Ma so purtroppo anche quel che i vostri ministri si raccontano nella NATO coi loro colleghi stranieri. Pella mi guarda con l’aria sorpresa”.

La conversazione continuò su questo tono, senza tralasciare riferimenti polemici al Cristianesimo - che pur parlando di pace, aveva generato le Crociate – e all’arretratezza del sistema economico occidentale. Il carattere ironico del colloquio divenne teso quando Chruščëv accennò alla questione delle basi missilistiche e ricordò che “il fiammifero” era in Italia ma al contempo “non dipendeva dal governo italiano farne scoccare la scintilla”. Da parte sovietica, quindi, si ringraziava vivamente Gronchi, perché aveva deciso di venire in URSS, secondo il principio che “è sempre meglio decidere da se stessi, piuttosto che rimettersi in tutto ai consigli degli altri”263.

Il giorno seguente, su invito di Chruščëv, Gronchi e Pella furono ospiti nella sua dacia. In realtà, come era stato concordato tra Kozyrev e Folchi in dicembre, l’invito era stato presentato come una iniziativa personale rivolta solo al presidente. Su insistenza di Pella, però, Pietromarchi aveva interessato il capo del cerimoniale del Cremlino affinché fossero invitati anche i ministri

262 Cfr. Conversazione durante la visita al maresciallo Voroscilov, 6/2/1960, segreto, in ACS, Fondo PCM – Ufficio

del consigliere diplomatico, busta 36.

263 Conversazione durante la visita al signor Krusciov, 6/2/1960, segreto, in ACS, Fondo PCM – Ufficio del

consigliere diplomatico, busta 36, fascicolo L26 “Viaggio del presidente Gronchi in URSS, 6-11 febbraio 1960”. Un ampio resoconto del colloquio è presente nei diari di Pietromarchi.

degli Esteri e i rispettivi ambasciatori. Durante la giornata non ci furono colloqui ufficiali. Stando ai diari di Pietromarchi, Chruščëv approfittò del clima informale per “punzecchiare” Pella264.

L’8 febbraio si aprirono i colloqui politici veri e propri. Gronchi introdusse la discussione richiamando la posizione italiana nella situazione internazionale e aggiungendo, per mettere subito in chiaro l’orientamento della politica estera italiana, che “evidentemente noi non possiamo pensare di essere un elemento determinante nella situazione, perché i gravi problemi quali disarmo e sicurezza e Germania dipendono, evidentemente, in Occidente, almeno in primo luogo dalla volontà degli Stati Uniti”265. Era tuttavia sua convinzione che l’Italia dovesse adoperarsi per influire sulla situazione internazionale in modo che, anche in previsione della Conferenza al vertice, tali incontri non si caratterizzassero alla stregua del Congresso di Vienna, dove i popoli maggiori avevano stabilito il futuro del mondo senza consultarsi con i paesi minori. Da parte italiana - era evidente – con l’argomento trovava spiegazione l’insistenza manifestata dal governo di Roma per l’ammissione alla Conferenza al vertice. Con queste premesse Gronchi propose a Chruščëv uno scambio di opinioni sulla questione del disarmo e, su quella della distensione.

Dopo la breve replica di Vorošilov in cui questi notava che, nonostante tutto, l’Italia per fattori legati alla sua posizione e alla sua storia non era affatto ininfluente anzi, determinante, Chruščëv prese la parola per spostare la conversazione sul tema della liquidazione dei problemi irrisolti della seconda guerra mondiale, quindi la questione di Berlino e della Germania, presupposti per il disarmo. Il capo sovietico ripeté le proposte che l’URSS aveva avanzato durante la Conferenza dei ministri degli Esteri a Ginevra. L’Unione Sovietica ribadiva l’urgenza di definire le questioni pendenti dal periodo bellico attraverso la firma di un Trattato di pace con i due stati tedeschi e la determinazione dei confini orientali della Germania. Nel caso in cui la Germania Federale non avesse voluto firmare il trattato, l’URSS avrebbe proceduto a concludere l’accordo con la Germania Orientale riconoscendola ufficialmente come uno stato sovrano. Per quanto riguardava Berlino, situata nei territori della Germania Orientale, la soluzione ideale sarebbe stata la riunificazione e la proclamazione a capitale della RDT, ma l’URSS era anche pronta ad arrivare ad un compromesso, concedendo a Berlino lo status di città libera. Tale accordo tra URSS e RDT avrebbe sancito la fine della responsabilità quadripartita di Berlino e le

264 Cfr. I diari di Luca Pietromarchi, ambasciatore italiano a Mosca (1958-1961), cit., 7 febbraio 1960, pp. 289-291.

Ci fu un momento in cui Gronchi e il leader sovietico ebbero l’occasione di parlare in privato, così come aveva desiderato il presidente italiano, ma la documentazione al momento disponibile non permette di conoscere i temi della loro conversazione.

265 Cfr. Primo colloquio signor Presidente coi dirigenti sovietici, segreto, 8/2/1960, in ACS, PCM – Ufficio del

consigliere diplomatico, busta 36, fascicolo L26 “Viaggio del presidente Gronchi in URSS, 6-11 febbraio 1960”. Un ampio resoconto del colloquio è presente nei diari di Pietromarchi.

potenze occidentali avrebbero dovuto negoziare la loro permanenza nella città con i dirigenti del nuovo stato.

Gronchi rispose a Chruščëv sottolineando a parere suo e del suo governo che il pericolo maggiore stesse proprio nella divisione del territorio tedesco e pertanto il miglior modo per giungere ad un accordo sarebbe stata la consultazione della popolazione di entrambe le Germanie. La posizione italiana, molto vicina a quella della Germania, era secondo Chruščëv, non consequenziale:

“La questione della riunificazione è già stata posta, e io ho già detto il nostro punto di vista. In Germania orientale abbiamo un parlamento e un governo, il quale fa una politica consona all’interesse della popolazione. Perché riconoscete tutte queste prerogative a Adenauer e non a Grotewhol? Questa vostra è solo una posizione subiettiva [sic]”.

E, al termine del ragionamento sulla necessità di eliminare lo stato di occupazione della Germania e di firmare il trattato, affermava:

“Noi non minacciamo nessuno, perché – e qui dico, nel nostro gergo, che ciò corrisponde a una… logica di cavallo – il minacciare sarebbe suicidio. Vogliamo la pace e vogliamo firmarla, ma gli altri non lo vogliono, e minacciano invece la guerra in nome della pace. Per una mente sana tutto ciò è incomprensibile”266.

Poiché le posizioni dei due interlocutori erano inconciliabili, Vorošilov suggerì di passare a temi che toccavano più da vicino l’URSS e l’Italia, come il Patto di non aggressione proposto all’Italia nel maggio 1958 o il disarmo.

Il segretario del PCUS, però, non diede seguito all’offerta del collega, e continuò a discutere animatamente sul problema di Berlino Ovest. Gronchi spiegò a Chruščëv che la questione tedesca si sarebbe risolta solo quando, con l’avvio dei negoziati per il disarmo, la situazione internazionale si fosse stabilizzata. Il presidente italiano espose a Chruščëv una “posizione alquanto nuova rispetto a quella finora assunta dagli occidentali” che per il Cremlino sarebbe stata sin da subito accolta: l’Italia consigliava di condurre parallelamente le trattative sugli armamenti atomici e su quelli convenzionali, in modo da procedere alla riduzione contemporanea degli uni e degli altri. Inoltre proponeva la creazione di zone sperimentali per testare l’efficacia delle misure stabilite267. Come specificato da Pella, non si trattava del concetto di zone neutrali, ma di influire in modo positivo circa l’accordo sul disarmo.

266 Ibidem

267 Nel resoconto sovietico stilato alla fine del viaggio di Gronchi si notava che effettivamente la proposta di Gronchi

La prima conversazione della mattina si era chiusa dunque con il tema del disarmo lasciato in sospeso e con un’evidente inconciliabilità delle rispettive posizioni sulla questione tedesca e su Berlino. Del resto né a Mosca né a Roma ci si aspettava altrimenti. Anzi, in un resoconto dei colloqui, i sovietici avevano osservato:

“Durante le conversazioni la controparte italiana ha cercato di porre in primo piano i problemi generali della situazione internazionale. Era chiaro che i rappresentanti italiani si erano posti l’obiettivo di sondare se l’atteggiamento sovietico sulla questione tedesca e di Berlino Ovest fosse cambiato o rimasto invariato. Questo, senza dubbio, è avvenuto su accordo con le altre potenze occidentali in previsione della visita del compagno Chruščëv in Francia e della imminente Conferenza al vertice”268.

Il comportamento del leader sovietico, fu “oscillante” nel corso di tutta la visita. Se da un lato, infatti, Chruščëv nei colloqui aveva ribadito i sentimenti di stima per l’illustre ospite, dall’altro tentava di mettere a disagio l’interlocutore. L’esito delle conversazioni era molto delicato per la situazione politica interna dell’Italia. Un insuccesso della trasferta non solo avrebbe compromesso le aspettative politiche di Gronchi, ma avrebbe dato ragione a chi, nella penisola, aveva scongiurato il viaggio o lo aveva giudicato una sconfitta sin dall’inizio. Gronchi, in ogni caso, reagì con decisione agli attacchi del segretario comunista probabilmente più di quanto ci si aspettasse a Mosca. Il presidente, del resto, alla vigilia del viaggio era cosciente che tale visita “di buona volontà” avrebbe incontrato molti ostacoli. Il primo era proprio quello di superare l’incomprensione e la diffidenza dei sovietici. “Esprimo l’augurio che la continuazione di questo nostro contatto, anche se esso è stato di una certa asprezza e vivacità, servirà a farci diffidare un po’ meno gli uni dagli altri, ed è questo che è fondamentale”269. Con tali parole pronunciate da Gronchi si era concluso il primo colloquio.

Alla fine della prima giornata di conversazioni ufficiali, l’ambasciata italiana ospitò un ricevimento in onore del presidente Vorošilov e delle più alte autorità sovietiche. Il duro discorso improvvisato da Chruščëv rischiò di compromettere i risultati del viaggio a favore di quanti ne avevano sostenuto il rischio. Dopo aver inveito contro lo situazione creata dalla potenze occidentali a Berlino, e ricordato che in URSS ancora ci si ricordava dei soldati italiani giunti in terra sovietica come nemici, il leader sovietico aveva chiesto a Gronchi di osservare i successi del

segreta sulla visita del presidente italiano Gronchi in Unione Sovietica (Per i paesi socialisti e gli amici italiani), in RGANI, F. 3, op. 14, d. 366, l. 64.

268 Cfr. Informativa segreta sulla visita del presidente italiano Gronchi in Unione Sovietica (Per i paesi socialisti e gli

amici italiani), in RGANI, F. 3, op. 14, d. 366, l. 62.

269 Cfr. Primo colloquio signor Presidente coi dirigenti sovietici, segreto, 8/2/1960, in ACS, PCM – Ufficio del

socialismo e di iscriversi al partito comunista270. Giulio Andreotti, all’epoca ministro della Difesa, sostiene che l’attacco in ambasciata coincise con il momento più rilevante del viaggio dal punto di vista politico271. L’episodio, infatti, suscitò roventi polemiche sia in Italia che all’estero. Gronchi convocò in fretta una conferenza stampa con i giornalisti italiani per spiegare loro che il gesto di Chruščëv era dovuto alla fermezza dimostrata dalla delegazione italiana durante i colloqui della mattina272. Secondo Pietromarchi, buona parte della responsabilità dello scandalo mediatico era riconducibile a Pella, che aveva incontrato separatamente i giornalisti italiani e li aveva esortati a drammatizzare l’episodio al fine di renderne responsabile anche l’ambasciatore italiano per non avere informato Roma del pericolo a cui la delegazione italiana andava incontro273.

Nonostante la gravità delle frasi pronunciate da Chruščëv all’indirizzo del presidente, dalla documentazione sovietica finora disponibile nulla induce a sospettare che l’attacco fosse stato preparato in anticipo. Nei materiali preparatori ai colloqui, infatti, era stato previsto di far notare che in URSS i soldati italiani erano ancora ricordati come gli alleati dei tedeschi solo se Gronchi avesse sollevato la questione dei prigionieri di guerra, ma l’argomento non era stato toccato dal presidente italiano274. Nel resoconto sovietico di valutazione del viaggio di Gronchi non si trovano accenni all’episodio del ricevimento all’ambasciata italiana275. Ciò, dunque, avvalora l’ipotesi che la genesi della mossa di Chruščëv era da ricercarsi nella sua estemporaneità, della quale i leader occidentali erano già stati testimoni. Anche all’ambasciata italiana a Mosca, infatti, l’imprevedibilità di Chruščëv era stata registrata più di una volta276.

270 Cfr. Discorso pronunciato dal primo ministro N.S. Krusciov l’8 febbraio al ricevimento nell’ambasciata d’Italia,

segreto, in ACS, Fondo PCM – Ufficio del consigliere diplomatico, busta 36, Fasc. L26 “Viaggio del presidente Gronchi in URSS, 6-11 febbraio 1960”. L’episodio del brindisi è riportato in numerosi saggi. Tra gli altri, si veda S. Romano, Guida alla politica estera italiana, cit., p. 114.

271 Cfr. G. Andreotti, L’URSS vista da vicino, Milano, Rizzoli, 1988, p. 36.

272 Cfr. Rapporto rigorosamente segreto del direttore del KGB, A.N. Šelepin, al Comitato centrale del PCUS su

“Incontro di Gronchi con i giornalisti italiani”, 9/2/1960, in RGANI, F. 5, op. 30, d. 332, ll. 7-10.

273 Cfr. I diari di Luca Pietromarchi, ambasciatore italiano a Mosca (1958-1961), cit., 8 febbraio 1960, p. 304. 274 Cfr. Materiali preparatori ai colloqui con il presidente d’Italia Gronchi e il ministro degli Affari Esteri Pella,

rigorosamente segreto, in RGANI, F. 3, op. 14, d. 344, ll. 38-48.

275 Cfr. Informativa segreta sulla visita del presidente italiano Gronchi in Unione Sovietica (Per i paesi socialisti e gli

amici italiani), in RGANI, F. 3, op. 14, d. 366, l. 62.

276 Nell’agosto del 1959, analizzando gli orientamenti e i metodi della politica estera sovietica, Pietromarchi aveva

scritto: “La politica estera dell’Unione Sovietica è personalmente e potrebbe forse aggiungersi esclusivamente concepita e diretta da Krusciov. […] Oggi il Ministero degli Esteri è normalmente tagliato fuori della preparazione delle iniziative in corso ch’esso a volte apprende al momento in cui sono pubblicamente enunciate dallo stesso Krusciov. […] Gromyko è per Krusciov un mero esecutore, che non può permettersi alcune iniziativa né variante. […] L’accentramento della politica estera nella persona di Krusciov è causa della sua frequente improvvisazione. La mente di quest’uomo è in continua effervescenza”. Cfr. Telespresso n. 14/1334/c del 28/9/1959 da MAE – D.G.A.P. – Uff. IV a Presidenza Consiglio dei Ministri, Ministero della Difesa e varie ambasciate italiane, su “direttive e metodi della politica sovietica”, in riferimento al rapporto n. 3212/1396 dell’ambasciatore Pietromarchi, in ACS, Fondo PCM, Serie 1959-1961, busta 15.2.37389.

Il giorno seguente, il 9 febbraio, ripresero i colloqui ufficiali. Gronchi aprì la conversazione con la stessa fermezza dimostrata il giorno precedente e ribadì l’ambizione italiana ad un ruolo autonomo nella politica internazionale:

“Ci siamo più volte sentiti dire da voi che noi ubbidiamo a un dogma altrui, e cioè a quello dei nostri alleati. Saremmo cioè dei portavoce senza pensiero autonomo. Ora questo è assolutamente inesatto. E se lo credete, allora è evidente che i nostri discorsi non potrebbero condurre ad alcun risultato”277.

Secondo il presidente, affinché i colloqui di Mosca pervenissero a un esito concreto, sarebbe stato utile esaminare in quali termini si intendesse raggiungere la coesistenza pacifica e la distensione internazionale. La loro premessa, per Gronchi, consisteva nella fine della lotta ideologica su tutti i piani e dell’ingerenza dell’Unione Sovietica negli affari interni dei paesi occidentali attraverso il movimento comunista.

L’attacco di Gronchi a Chruščëv, anche secondo quanto emerge dai resoconti sovietici del colloquio, fu percepito come una pressione eccessiva sul governo di Mosca278. La battaglia ideologica, per il leader sovietico, non esisteva solo tra stati ma anche all’interno della società italiana. Come era possibile, infatti, chiedere all’URSS di liquidare una questione di politica interna italiana? L’unica via sarebbe stata una riforma radicale della società capitalistica, che non dipendeva certo dall’Unione Sovietica.

Sfruttando una domanda di Gronchi riguardo all’attività di Radio Praga, Chruščëv agitò il problema delle basi americane in Italia. La proposta di Mosca, presentata in altre situazioni, era di ritirare le truppe straniere dall’Italia in cambio del ritiro delle truppe sovietiche dall’Ungheria. Tale eventualità, secondo Gronchi, non era assolutamente da prendere in considerazione vista la differenza strategica dell’Italia e dell’Ungheria nel sistema dei blocchi279. L’argomentazione, per i sovietici, mostrava l’incapacità del governo italiano di risolvere in modo autonomo e nell’interesse della nazione le questioni importanti per il raggiungimento della distensione280.

In ogni caso il presidente italiano fece notare a Chruščëv che il nodo principale era il