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Lo sviluppo dell’interscambio nel 1960, la conclusione delle trattative ENI, e la firma dell’accordo commerciale a lungo termine

D AL GOVERNO T AMBRONI ALLA CRISI DI C UBA

2.3 Lo sviluppo dell’interscambio nel 1960, la conclusione delle trattative ENI, e la firma dell’accordo commerciale a lungo termine

Nella primavera del 1961 il capo del Servizio accordi bilaterali del ministero degli Affari Esteri, Pierluigi Alverà, tracciando un’analisi sugli ultimi dodici mesi di trattative commerciali con i paesi socialisti, scriveva:

“Su un piano politico vengono messi spesso in rilievo gli svantaggi ed i pericoli che deriverebbero da un eccessivo intensificarsi del commercio est-ovest. […] Premetto che, per quanto noi si voglia limitare i nostri rapporti con i Paesi socialisti, non riusciremo mai a recedere il cordone ombelicale che lega Mosca con le Botteghe Oscure, non riusciremo mai ad impedire i contatti dei nostri gerarchi rossi con l’oltrecortina e continueremo comunque a subire la

377 Cfr. AVP RF, F. 098, op. 43, d. 12, ll. 34-35 e d. 6, ll. 21-22, citato in I.A. Chormač, SSSR - Italija i blokovoe protivostojanie v Evrope, cit., pp. 702-703.

propaganda di Mosca e satelliti, alla quale non abbiamo finora nemmeno tentato di replicare. Potremo continuare, se lo vorremo, a stare sulla difensiva. Ma non mi sembra questa una posizione ideale per vincere la battaglia. […] Se invece ci metteremo anche con l’URSS su un piano di sempre più vasti scambi economici e, perché no, culturali, le correnti non andranno più, come la propaganda, in una direzione sola. […] Bisognerebbe convincere gli americani ed altri che nei nostri scambi con la Russia non vi è nulla di antioccidentale. Noi forse contribuiremo a rafforzare l’economia sovietica, ma nel contempo rafforziamo anche la nostra. Anche per quanto riguarda il petrolio, nessuno deve drammatizzare la portata della nostra collaborazione con l’URSS. […] Comunque gli affari, lo ripeto, ed una certa collaborazione economica, mi sembrano il modo migliore per avviare un dialogo che sul terreno politico si annuncia scabroso”378.

L’analisi del diplomatico coglieva in pieno la fase in cui si trovavano gli accordi commerciali con l’Unione Sovietica, ancora troppo influenzati dalle eventuali ricadute sul piano politico. Nei mesi che andarono dalla visita di Gronchi a Mosca sino alla fine del 1960, nonostante l’andamento non lineare dei rapporti politici, a ragione si può affermare che si registrò una crescita significativa degli scambi economici fino a raggiungere eccellenti risultati con la firma dell’accordo tra l’ENI e l’ente petrolifero di Mosca, nel mese di ottobre. Così come negli anni precedenti lo sviluppo dell’interscambio aveva rappresentato una base utile per l’avvio di rapporti politici più costruttivi, così nel corso del 1960, quando le relazioni interstatuali apparivano per molti versi incerte, il terreno economico parve tornare ad essere quel campo, privo di ostacoli, lungo il quale mantenere aperto il canale di dialogo tra i due governi.

Come ha giustamente rilevato Bruna Bagnato, un punto di svolta nell’interscambio bilaterale si ebbe quando, nel febbraio del 1960, il governo di Roma decise di scommettere sulla solvibilità del sistema economico dell’URSS, concedendo all’Unione Sovietica l’assicurazione dei crediti all’esportazione a lungo termine379. L’accordo fu raggiunto nei giorni immediatamente precedenti all’arrivo di Gronchi in URSS380. Il governo italiano, tenuto conto dell’aumento dell’interscambio bilaterale, in particolare delle forniture di beni strumentali all’URSS, e nell’intenzione di ampliare ulteriormente tali forniture, confermava che durante il periodo di validità dell’accordo a lungo termine, firmato dai due paesi il 28 dicembre 1957, sarebbe stata

378 Cfr. Appunto del Capo del Servizio accordi bilaterali del ministero degli Affari Esteri, Alverà, 2/3/1961 in ACS,

Fondo P.C.M. – Ufficio del Consigliere Diplomatico, Busta 39, fascicolo M45 “Accordi commerciali con la Russia 1960-1963”.

379 Cfr. B. Bagnato, Prove di Ostpolitik, cit., p. 294.

380 Cfr. Telespresso n. 371/82 del 6/2/1960 da ambasciata d’Italia a Mosca a ministero Affari Esteri e ministero del

Commercio Estero, in ACS, Fondo Mincomes, Gabinetto 1960-1965, Busta 2, Fasc. “Russia – Rinnovo accordo commerciale”.

concessa, alle ditte italiane che ne avessero fatto domanda, l’autorizzazione per la fornitura di beni strumentali all’URSS con pagamenti dilazionati. Si trattava di una svolta sensibile nella politica economica dell’Italia, che avrebbe influenzato le trattative commerciali che di lì in poi sarebbero state portate avanti.

L’accordo raggiunto sui crediti di lunga durata fu accolto molto positivamente dai sovietici. Del resto, in più occasioni, i dirigenti del Cremlino avevano chiesto agli interlocutori italiani la rimozione di questo ostacolo per incrementare gli scambi381. Piero Savoretti, conversando con il direttore generale per gli scambi con i paesi occidentali, Vinogradov, a poche settimane dalla firma dell’accordo, aveva assicurato l’interlocutore che anche il governatore della Banca d’Italia Carli aveva dato il suo appoggio all’operazione e che sia il presidente della Repubblica Gronchi, sia il ministro del Commercio Estero Del Bo, si sarebbero adoperati in questa direzione382.

Se la questione dei crediti a lungo termine preoccupava la dirigenza sovietica, desiderosa di allargare l’interscambio con l’Italia, in modo speculare la svolta di Roma suscitò accese reazioni tra i paesi dell’Alleanza atlantica. Nella metà del febbraio 1960 l’ambasciatore d’Italia a Washington comunicava al ministero degli Esteri:

“Di sua iniziativa Cohler mi ha espresso vive preoccupazioni e sorpresa per la nota giuntagli telegraficamente da Zellerbach relativa all’imminente annuncio garanzia credito 100 milioni di dollari all’Unione Sovietica. Mi ha dichiarato che il Dipartimento era sorpreso sia per ammontare crediti e carattere sua destinazione, sia per rovesciamento atteggiamento dell’Italia dopo che l’anno scorso in Consiglio atlantico si era presa ferma decisione in materia di crediti all’URSS. Recente decisione andava oltre ogni previsione e concedeva aiuti considerevoli per attuazione di uno dei principali programmi del Piano settennale sovietico, cioè la costruzione di un grande oleodotto fino al centro dell’Europa ed importante non solo usi civili”383.

La preoccupazione americana, in questo caso, si riferiva in particolare all’espansione dell’ENI in URSS, la cui avanzata veniva in ogni modo ostacolata dai gruppi petroliferi degli Stati Uniti. La questione dei crediti, tuttavia, riguardava tutti i settori dell’interscambio. La delegazione italiana alla NATO, nel marzo del 1959, presentò una nota in cui veniva chiesto con energia che il tema dei crediti all’esportazione a Mosca venisse affrontato al più alto livello e con

381 Si veda, ad esempio, il resoconto della conversazione tra il ministro del Commercio Estero dell’URSS, Patoličev e

l’ambasciatore italiano in URSS, Pietromarchi, 13/1/1960, in RGAE, F. 413, op. 13, d. 8744, ll. 185-188.

382 Cfr. Resoconto del colloquio tra il direttore generale per gli scambi con i paesi occidentali Vinogradov e il

presidente della ditta “Novosider” Savoretti, 15/1/1960, in RGAE, F. 413, op. 13, d. 8744, ll. 179-180.

383 Telespresso segreto n. 63793/72 del 22/2/1960 da ministero degli Affari Esteri, D.G.A.E. – Uff. III a ministero del

Commercio Estero – Gabinetto, in ACS, Fondo Mincomes, Gabinetto 1960-1965, Busta 2, Fasc. “Russia – Rinnovo accordo commerciale”.

la necessaria attenzione. Le avances sovietiche, infatti, non erano state rivolte solo all’Italia e, per mettersi al riparo da una pericolosa competizione tra i paesi occidentali per aumentare le esportazioni verso l’URSS, Roma chiese che i problemi sollevati dalle richieste sovietiche e la concessione di crediti fossero esaminati “urgentemente” e seguiti “regolarmente” in ambito NATO per evitare qualsiasi presa di posizione unilaterale. Le posizioni all’interno dell’Alleanza furono molto divergenti, ed oscillarono tra quelle di chi reputava che la concessione di crediti all’Unione Sovietica fosse una normale pratica del commercio estero, a quelle di chi sosteneva che l’apertura di crediti a medio o lungo termine all’URSS fosse pericolosa per la stabilità del blocco occidentale. Il Comitato Economico che si occupò di tracciare delle linee operative comuni approvò una risoluzione che impegnava i paesi membri a far conoscere ogni sei mesi al Comitato l’ammontare totale dei crediti superiori a 180 giorni in favore del blocco sovietico, e a comunicare agli altri paesi l’eventuale modificazione delle proprie politiche a riguardo384.

In relazione alla crescita dell’interscambio registrato nel primo trimestre del 1960, l’ambasciatore Kozyrev, durante un colloquio con il segretario generale della Farnesina, Grazzi, gli propose la possibilità dell’apertura di una rappresentanza commerciale sovietica a Milano, con tutti i diritti e i benefici di cui godeva quella di Roma (status di extraterritorialità dei locali, autorizzazione all’utilizzo delle comunicazioni cifrate, ecc.). I due interlocutori convenirono che tale possibilità sarebbe stata vagliata attraverso uno scambio di note tra i due ministeri degli Esteri. Durante la stessa conversazione l’ambasciatore sovietico sollevò anche la questione della visita che il ministro Patoličev avrebbe dovuto compiere in Italia, in occasione della Fiera di Milano, come restituzione della visita di Del Bo in URSS dell’anno precedente. Grazzi spiegò a Kozyrev che i preparativi della visita si erano “rallentati” a causa della crisi governativa del gabinetto Tambroni, ma che il viaggio di Patoličev avrebbe potuto aver luogo lo stesso, non su invito ufficiale del governo italiano, ma in via “ufficiosa”, su invito della Fiera di Milano385. Il 12 aprile, quando ancora da parte sovietica non era stata data alcuna risposta definitiva, il capo del Dipartimento per l’Europa sud-occidentale della Direzione per il commercio con i paesi occidentali, O. Koževnikov, comunicò all’addetto commerciale dell’ambasciata italiana a Mosca, Spinelli, che Patoličev avrebbe effettuato la visita in Italia solo come ospite del governo italiano, così come Del Bo era stato in URSS su invito ufficiale del governo sovietico386. Nonostante il tentativo di Pietromarchi di convincere le autorità di Mosca a non rimandare la visita, visto che

384 Le varie fasi del dibattito in ambito NATO sono ricostruite da B. Bagnato, Prove di Ostpolitik, cit., pp. 294-297. 385 Cfr. AVP RF, F. 098, op. 43, d. 5, ll. 110-119, citato in I.A. Chormač SSSR – Italija i blokovoe protivostojanie v Evrope, cit., pp. 690-691.

386 Cfr. Memorandum stilato dal direttore del Dipartimento per l’Europa sud-occidentale della Direzione per il

ne avrebbe risentito la sua reputazione personale di fronte al ministero degli Esteri e alle ditte italiane, al Cremlino si decise definitivamente di rinunciare alla missione387.

Il nuovo invito giunse da Roma il 21 maggio e proponeva al ministro del Commercio Estero dell’URSS di recarsi in visita in Italia nella seconda decade del mese di luglio. Nel colloquio tra l’ambasciatore sovietico e il ministro per il Commercio Estero Martinelli furono messe a punto le tematiche che sarebbero state dibattute. Kozyrev accennò a due temi in particolare: la fissazione di criteri di massima per l’impostazione di negoziati commerciali in vista di un accordo pluriennale quadriennale o quinquennale; e un nuovo accordo per le forniture speciali (beni strumentali, impianti, ecc.) che prevedesse un termine di credito per un periodo minimo di almeno dieci anni. Il ministro Martinelli si espresse a favore dell’impostazione di un nuovo accordo pluriennale al fine di portare l’interscambio italo-sovietico al livello massimo consentito dalle esigenze delle due economie e, per quanto concerneva il secondo punto, confermò che esisteva secondo la legislazione italiana la possibilità di concedere in via straordinaria crediti superiori ai quattro anni, anche se nella pratica erano stati dilazionati al massimo fino a sette, previa autorizzazione dei ministeri del Tesoro e degli Affari Esteri. Per rafforzare le posizioni sovietiche il diplomatico del Cremlino ricordò a Martinelli che in più occasioni il ministro degli Esteri Segni si era espresso in questa direzione e disse che, come ambasciatore in Italia, avrebbe preferito che gli acquisti di forniture chimiche e tubi per gli oleodotti fossero effettuati dall’URSS in Italia, anziché in paesi occidentali concorrenti, come ad esempio in Inghilterra388, che garantivano termini di credito più favorevoli all’URSS389.

Alla vigilia della partenza per l’Italia Patoličev si ammalò e l’occasione del viaggio ufficiale in Italia sfumò per la terza volta390. La sua missione sarebbe stata un momento determinante per la valutazione, al più alto livello, delle potenzialità, e quindi dei realistici obiettivi di crescita di volume, dell’interscambio italo-sovietico391.

Durante l’incontro del ministro con l’ambasciatore Pietromarchi prima di rimandare la partenza, il diplomatico lo aveva messo a conoscenza dell’importante valore anche politico che in

387 Cfr. Resoconto del colloquio tra il direttore generale per gli scambi con i paesi occidentali Vinogradov e

l’ambasciatore d’Italia Pietromarchi, 15/4/1960, in RGAE, F. 413, op. 13, d. 8744, ll. 105-107.

388 La Gran Bretagna deteneva il primo posto tra i paesi occidentali per il volume di interscambio con l’Unione

Sovietica grazie un’ingente e pressoché illimitata concessione di crediti a media e lunga scadenza (revolving credit).

389 Cfr. Appunto relativo all’incontro tra l’ambasciatore dell’URSS, sig. Kozyrev, e l’on. ministro Martinelli,

10/6/1960, in ACS, Fondo Mincomes, Gabinetto 1960-1965, Busta 2.

390 La delegazione sovietica alla Fiera di Milano fu alla fine guidata dal presidente della Techmašimport, Klencov. I

sovietici ebbero l’occasione di prendere contatti con imprenditori italiani e di visitare alcune industrie, come gli stabilimenti della Montecatini e della Edison. Al ministero del Commercio Estero sovietico si valutò positivamente questo evento. Si veda l’articolo Milanskaja Jarmarka [La Fiera di Milano], in “Promyšlenno-Ekonomičeskaja Gazeta”, 10/4/1960.

Italia si dava alla visita., e gli aveva dettato alcuni consigli per i colloqui con gli imprenditori. L’ambasciatore assicurò il ministro che gli imprenditori italiani concordavano sul fatto che l’interscambio dovesse avere un notevole incremento, anche del doppio, in tutti i settori. Tale incremento avrebbe migliorato, in modo indiretto, i rapporti politici: “Lei si è fatto in Italia molti amici e questo è molto importante, perché proprio i grandi imprenditori influiscono sulla politica del governo”. Secondo Pietromarchi, Patoličev avrebbe dovuto incontrare Valletta, “il patriarca dell’industria italiana”, i dirigenti del gruppo Olivetti, dell’azienda Necchi e, ovviamente, Mattei all’ENI. Il ministro rivelò all’ambasciatore che a Mosca si attendevano con interesse questi colloqui, in particolare con Mattei, dal momento che era in via di conclusione l’accordo con l’ENI. Circa il tema delle “delicate questioni petrolifere”, Pietromarchi consigliò a Patoličev di affrontarlo solo con Mattei, evitando di sollevarlo con Gronchi e Tambroni. “Il problema è che sugli scambi italo-sovietici, e in particolare sulle forniture di petrolio, si parla troppo. In Italia c’è un proverbio: ‘quando si parla meno gli affari riescono meglio’ – aveva affermato Pietromarchi. Circa i rapporti interstatali, l’ambasciatore italiano faceva sapere a Patoličev che anche il presidente del Presidium del Consiglio Superiore dell’URSS, Leonid Brežnev, nel corso di un recente incontro, lo aveva messo al corrente che al Cremlino si attendevano dalla visita significativi risultati politici. Il diplomatico non mancò di dispensare al ministro anche alcuni consigli sull’atteggiamento da tenere con i rappresentanti delle istituzioni italiane. Se con Gronchi - secondo Pietromarchi - sarebbe stato possibile affrontare apertamente qualsiasi tema, con Tambroni sarebbe stato meglio non toccare aspetti che avrebbero complicato le relazioni italo-sovietiche, soffermandosi di più sulle prospettive di sviluppo degli scambi commerciali. Pietromarchi consigliava che “con il ministro degli Esteri Segni sarebbe [stato] meglio affrontare le questioni in forma generica”, mentre con il ministro per il Commercio Estero – “persona simpatica ed esperta in questioni economiche” – sarebbe stato meglio affrontare le sole problematiche tecniche. Alla fine del colloquio Patoličev ringraziò l’ambasciatore per tutti gli sforzi intrapresi per migliorare le relazioni italo-sovietiche, e ribadì che il Cremlino non intendeva compiere passi che fossero considerati a Roma come un peggioramento dei rapporti bilaterali392.

Ulteriori rassicurazioni furono fornite alle autorità moscovite dal presidente della Novosider, Piero Savoretti, il quale, nel corso di un colloquio con il viceministro del Commercio Estero, rese noto che Gronchi e Tambroni erano ben disposti verso la visita di Patoličev, anche perché in seguito all’abbassamento della tassa sul carburante operata dal governo, si prevedeva

392 Cfr. Resoconto del colloquio tra il ministro del Commercio Estero Patoličev e l’ambasciatore d’Italia

un incremento delle importazioni di petrolio, probabilmente aumentando quelle sovietiche393. Durante l’incontro, Savoretti consegnò al viceministro un appunto sulle principali questioni emerse durante i colloqui con Gronchi, con Tambroni e con i maggiori imprenditori italiani. Il documento riassumeva con precisione che cosa in Italia ci si aspettasse dai colloqui con Patoličev e come si valutava a Roma le politica di Chruščëv. Nell’appunto emergeva che l’Italia considerava la propensione di Chruščëv ad allargare gli scambi con i paesi industrializzati come una precisa strategia per aumentare l’influenza sovietica in Occidente. Il viaggio del ministro del Commercio Estero, pertanto, sarebbe servito al Cremlino per constatare fino a che punto il governo di Roma fosse pronto ad accogliere le iniziative commerciali sovietiche e a sostenere le trattative già in corso con le imprese italiane394.

Nonostante il rinvio della visita di Patoličev l’interscambio commerciale tra Italia ed URSS aveva preso vigore, e in entrambi i paesi si analizzavano gli esiti del primo semestre di scambi nel 1960. A Mosca era diffusa la percezione che gli scambi andassero aumentati. Il 7 luglio il Presidium del Comitato centrale del PCUS approvò la risoluzione 290/XXI su “sviluppo del commercio con l’Italia”, con la quale si incaricava il ministero del Commercio Estero dell’URSS di trovare i canali per portare avanti ed incrementare le trattative commerciali con l’Italia395. È presumibile che questa risoluzione corrispondeva ad una precisa strategia politica, che vedeva nella crescita dell’interscambio una vantaggiosa possibilità economica, ma allo stesso tempo il modo per influire con più efficacia nella situazione del paese attraverso la fornitura di risorse energetiche vitali per la produzione nazionale.

Nella metà di luglio l’ambasciatore Kozyrev comunicò al ministro degli Esteri Gromyko che il 1960 era stato un anno particolarmente favorevole per il commercio italo-sovietico, perché il volume degli scambi era cresciuto del 50% rispetto a quello del 1959. Una significativa percentuale degli acquisti dell’import sovietico era rappresentata da macchinari. Già alla metà dell’anno erano stati collocati gli ordini per forniture di macchinari per l’industria chimica nel 1960-1962 per un valore di 250 milioni di rubli. Il diplomatico informava il ministro che a Roma si erano svolte trattative con le principali imprese italiane (Montecatini, Pirelli, Snia Viscosa,

393 Cfr. Resoconto del colloquio tra il viceministro Smeljakov e il presidente della ditta italiana “Novosider”,

Savoretti, 7/7/1960, in RGAE, F. 413, op. 13, d. 8744, ll. 64-65.

394 Cfr. Appunto consegnato dal presidente della ditta italiana “Novosider”, Piero Savoretti, al compagno Smeljakov,

durante la conversazione del 7/7/1960, in RGAE, F. 413, op. 13, d. 8744, ll. 72-73.

395 Cfr. Risoluzione rigorosamente segreta 290/XXI del Presidium del CC del PCUS del 7/7/1960 su “Sviluppo del

commercio con l’Italia”, in RGANI, F. 3, op. 14, d. 404, l. 7 e F. 3, op. 12, d. 735, l. 128. Si vedano anche i documenti allegati alla risoluzione: 1) Proposta del ministero per il Commercio Estero dell’URSS sullo sviluppo del interscambio tra URSS ed Italia nel 1961 e sulla conclusione dell’accordo per le rispettive forniture di merci nel periodo 1962-165, ll. 129-133; 2) Progetto di risoluzione del Consiglio dei Ministri, l. 134; 3) Proposte sullo sviluppo del commercio italo-sovietico, ll. 135-137; 4) Lista delle merci per le forniture annuali dall’URSS all’Italia nel periodo 1961-1965, ll. 138-139; 5) Lista delle merci per le forniture dall’Italia all’URSS nel periodo 1961-1965.

FIAT, Olivetti, ENI) e i vari dirigenti avevano espresso il desiderio di visitare l’URSS per concludere nuovi contratti396.

Dello stesso tenore erano le valutazioni sull’interscambio italo-sovietico che l’ambasciatore Pietromarchi aveva redatto per la Farnesina e per il ministero del Commercio Estero all’inizio di giugno. Nella relazione si legge:

“Gli scambi commerciali italo-sovietici, nei primi cinque mesi del corrente anno, sembra abbiano assunto un andamento assai soddisfacente e abbastanza regolare. […] D’altra parte tale impressione viene confermata da questi dirigenti economici, compreso il Ministro del Commercio Patolicev, che considerano il nostro Paese come uno dei più apprezzati e regolari fornitori, specie nel settore degli impianti e del macchinario in genere. L’andamento favorevole degli scambi fra l’URSS e l’Italia è soprattutto dovuto al grande interesse che i nostri ambienti economici ripongono nelle loro relazioni d’affari con questo mercato e, secondo quanto risulta a questa Ambasciata, sta fiorendo fra i nostri più qualificati industriali una serie di interessanti iniziative”.

Pietromarchi non nascondeva alle autorità italiane che si era però presentato un problema