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Un laico e un credente in Unione Sovietica: Saragat e La Pira in URSS

Nel clima di distensione internazionale che si era venuto a creare dopo la convocazione della Conferenza di Ginevra (anche se ne era già constatato il fallimento), soprattutto in seguito alla notizia che Chruščëv era stato invitato dal presidente americano in visita ufficiale negli Stati Uniti, maturarono nell’estate del ’59 alcune iniziative di personalità politiche italiane che, pur senza un peso determinante nelle relazioni bilaterali Italia-URSS, contribuirono a comporre quel tessuto di rapporti personali tra esponenti italiani e sovietici che si sarebbero sviluppati con maggiore regolarità nei mesi successivi. Tali iniziative venivano considerate dai sovietici percorsi “alternativi” o “paralleli” ai canali istituzionali di governo, anche perché, come si è visto, l’intransigente linea di politica estera del gabinetto Segni non lasciava spazio a grandi aspettative.

166 Nenni annotò il 12 giugno nei suoi diari: “Mi sono intrattenuto con Vecchietti e Lizzardi che sono stati nei giorni

scorsi a Mosca. […] Hanno avuto conversazioni con Suslov, Ponomarov e Scevliaghin. Non ho l’ingenuità di credere che mi abbiano detto tutto dei loro incontri. La verità è che hanno ormai creato un partito nel partito col rischio di una scissione che li porterà nel partito comunista”, in P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra, cit., p. 63.

167 Si veda la relazione di Saragat durante la Commissione Esteri del 14/4/1959 in ASCD, Commissione Affari Esteri

(III) in sede referente, seduta del 14/4/1959, p. 1.

168 Si veda, a questo proposito, un’analisi sulla situazione italiana nell’articolo di V. Ermakov, Italija boretsja

[L’Italia combatte] in “Pravda”, 8/6/1959. In esso l’articolista rilevava che il governo Segni aveva ormai assunto una posizione contro il popolo e si era alleato esclusivamente con i circoli monopolistici.

Fra l’altro, poiché non si era ancora concretizzata la possibilità di realizzare la visita a Mosca del comitato parlamentare italo-sovietico169, ostacolata da questioni di politica interna, si optò per facilitare l’arrivo in URSS di singoli esponenti politici dei partiti della maggioranza. Lo scopo, è chiaro, era di allargare i contatti, verificare nuove possibilità di azione, esercitare una qualche influenza sui partiti di governo. Mosca vagliava tutte le proposte di viaggio dei politici italiani, previa una approvazione del PCI e una valutazione dei benefici dell’eventuale visita170.

Come era stato previsto nella programmazione dei piani sovietici per il 1959, nei mesi estivi l’ambasciata sovietica organizzò la visita ufficiale di alcuni parlamentari italiani in Unione Sovietica. Le visite rispondevano all’interesse verso l’URSS maturato da vari politici, e cresciuto anche grazie al lavoro portato avanti dall’ambasciatore Kozyrev: all’ambasciata russa, infatti, si registravano colloqui con esponenti democristiani, socialdemocratici e anche repubblicani.

Il primo viaggio fu quello del segretario del PSDI Saragat dal 29 luglio al 10 agosto 1959. La visita del parlamentare italiano era finalizzata alla conoscenza della realtà sovietica: Saragat avrebbe svolto un’inchiesta sul tenore di vita, sull’economia, sull’istruzione pubblica e sull’assistenza sociale del paese171. Si trattava di una missione esplorativa, più che di un viaggio a scopi politici. Nel programma organizzatogli dalle autorità sovietiche erano state incluse visite ai

sovchozy e ai kolchozy, incontri con professori e studenti nelle università di Mosca e Leningrado,

colloqui con funzionari statali del settore della sanità pubblica e dell’economia. Sebbene il Comitato centrale del PCUS avesse approvato la visita, sostenendo l’importanza di un avvicinamento al leader del PSDI per l’ influenza che avrebbe potuto esercitare su Nenni172, tuttavia non fu accordata a Saragat l’udienza che aveva chiesto con Chruščëv.

L’impressione riportata da Saragat sull’Unione Sovietica fu piuttosto negativa, anche se al regime sovietico il segretario del PSDI riconosceva il merito di aver realizzato un eccellente sistema sanitario, d’istruzione e di produzione industriale. La questione più drammatica, a suo parere, era proprio la condizione dei cittadini. Dalle indagini effettuate, i salari reali, pur integrati dai vantaggi assistenziali, risultavano tra i più bassi del mondo. Egli aveva potuto verificare che

169 Nell’incontro tra i deputati e i senatori del Comitato parlamentare italo-sovietico con l’ambasciatore Kozyrev, che

si svolse il 16 luglio 1959, il presidente del comitato, Giuseppe Codacci Pisanelli, aveva assicurato che la visita si sarebbe svolta entro la fine dell’anno. In realtà la delegazione parlamentare italiana visitò l’URSS solamente nell’ottobre del 1960.

170 Si veda, ad esempio, la lettera rigorosamente segreta del direttore del Dipartimento per i rapporti internazionali

del CC del PCUS B. Ponomarev al CC del PCUS, 24/4/1959, dove si legge che Togliatti consigliò di accettare la richiesta di una visita in URSS avanzata da Saragat e dall’esponente dell’ala destra del PSDI, Paolo Rossi. La visita, secondo il segretario del PCI, avrebbe potuto giovare ai rapporti con il PSDI ed esercitare un’influenza su Nenni. In RGANI, F. 3, op. 12, d. 509, l. 127.

171 Si veda G. Saragat, Sguardi sull’URSS, Cassino, La Smit, 1959.

172 Cfr. Lettera rigorosamente segreta del direttore del Dipartimento per i rapporti internazionali del CC del PCUS B.

nelle città, e soprattutto nelle campagne, i salari decrescevano a dispetto dell’aumento del costo della vita. E la cosa più sorprendente era che le risorse sottratte ai consumi della popolazione venivano convogliate per massima parte a coprire le spese militari e lo sforzo bellico che l’URSS stava compiendo per raggiungere e superare l’Occidente nella corsa agli armamenti. La conclusione alla quale giunse Saragat era che il capitalismo di stato instaurato dal comunismo sfruttava il lavoro umano fino a un limite che nessun popolo occidentale avrebbe tollerato e riduceva il livello di vita del popolo sovietico alla mera soddisfazione delle esigenze elementari. “Un tale sistema poteva definirsi ‘schiavista’, perché ricordava la politica di sfruttamento dei faraoni e degli antichi imperi orientali”173. Tuttavia, nonostante queste convinzioni, Saragat

riteneva che nel nuovo clima internazionale gli europei non potessero non collaborare con l’URSS, attraverso intensi rapporti commerciali, culturali, turistici e di coesistenza. La formula che l’esponente socialdemocratico considerava vincente era “alleanza con l’America e amicizia con l’URSS”174. Nel breve opuscolo sulle impressioni avute durante il viaggio Saragat affermava: “L’Occidente, ripeto, può fare molto per aiutare il popolo sovietico a trovare quella dimensione umana che oscuramente, ma sicuramente cerca. Le implacabili barriere ideologiche che ci separano non possono rompere il patto che lega tutti a un comune destino”175.

Tornato a Roma, il segretario del PSDI affidò le considerazioni sul viaggio a una serie di articoli per il quotidiano romano “Il Messaggero” poi aspramente criticati sulle “Izvestija” da uno sprezzante editoriale dal titolo Kuchonnaja Soziologija gospodina Saragata [ La sociologia maccheronica del Signor Saragat].176.

Di altro profilo e con esiti differenti fu il viaggio in URSS di Giorgio La Pira compiuto dal 14 al 26 agosto 1959. Numerose sono state le ricostruzioni storiografiche di questo “pellegrinaggio di pace”, basate principalmente su quanto scritto e detto in seguito da La Pira e dal suo accompagnatore, il cronista del “Giornale del Mattino” Vittorio Citterich177. Gli studiosi

173 Cfr. Telespresso riservato n. 14/1317/C del 25/08/1959 da Dipartimento Generale Affari Politici - IV uff. del

MAE a Presidenza del Consiglio dei Ministri – Gabinetto, in ACS, Fondo PCM, Serie 1959-1961, busta 15.2.37389, sottofascicolo “Russia-notiziario”. Si veda anche l’intervento dell’on. Saragat alla seduta della Commissione affari esteri del 19/09/1959, dove Saragat riportò le sue impressioni sul viaggio in URSS e sulle questioni di politica internazionale, in Atti Parlamentari Camera dei Deputati (in seguito APCD), Commissione Affari Esteri (III) in sede referente, seduta del 19/9/1959, p. 5.

174 Cfr. I diari di Luca Pietromarchi, ambasciatore italiano a Mosca (1958-1961), cit., 30 luglio 1959, p. 238. 175 Si veda G. Saragat, Sguardi sull’URSS, cit., p. 30.

176 Si veda M. Sturua, Kuchonnaja Soziologija gospodina Saragata. Po povodu klevetniceskich antisovetskich statej sekretarja ISDP, opublikovannych v gazete “Messaggero” [La sociologia maccheronica del signor Saragat. Sugli

articoli diffamatori antisovietici del segretario del PSDI pubblicati sul giornale “Il Messaggero”], in “Izvestija” 6/9/1959.

177 Nella variegata letteratura su Giorgio La Pira, si vedano a questo proposito: M. Coppetti – F. Vaselli, Giorgio La Pira, Agente d’Iddio, Feltrinelli, Milano 1978; V. Citterich, Un santo al Cremlino: Giorgio la Pira, Milano, Edizioni

Paoline, 1986; R. Doni, Giorgio La Pira. Profeta di dialogo e di pace, Milano, San Paolo, 2004; AA.VV, Giorgio La

italiani, più o meno all’unanimità, hanno attribuito grande valore al viaggio, sottolineando in particolare la calda accoglienza che l’esponente democristiano ebbe in URSS. In questa sede, dunque, ci si limiterà a mettere in evidenza quali furono le valutazioni della dirigenza sovietica e quale rilevanza ebbe la visita nello sviluppo delle relazioni tra Italia e URSS.

Il viaggio di La Pira si realizzò dopo vari anni in cui il sindaco di Firenze aveva tessuto rapporti personali con esponenti sovietici, tra cui l’ambasciatore dell’URSS a Roma, Aleksandr Bogomolov178. L’organizzazione dei convegni per la Pace e la Civiltà Cristiana a Firenze aveva agevolato lo sviluppo di relazioni di reciproca stima tra i sovietici e La Pira, tanto che nel 1955 avevano partecipato al simposio fiorentino anche il sindaco di Mosca Michail Jasnov e i rappresentanti di numerose città capitali d’oltrecortina: Tirana, Praga, Belgrado, Varsavia, Bucarest, Budapest e Pechino. La Pira godeva di una certa stima al Cremlino, sia per le sue posizioni a favore della pace, sia per la sua vicinanza a Fanfani e al nuovo pontefice Giovanni XXIII. Negli anni più difficili della guerra fredda, in un’Italia lacerata tra le forze politiche di governo e l’opposizione social-comunista, in un mondo cattolico marcato dal viscerale anti- comunismo, La Pira era uno dei pochi rappresentanti del partito politico di maggioranza che guardava all’Unione Sovietica attraverso una prospettiva religiosa e politica179. Questo approccio gli era già valso un invito ufficiale in URSS da parte del sindaco di Mosca nell’estate del 1955, ma le condizioni internazionali e le pressioni ricevute sia da larghi settori della DC sia dalle alte gerarchie della Santa Sede lo avevano convinto a declinare l’invito e a non compiere un passo così compromettente. I fatti del ‘56 e la crisi di Berlino del 1958 avevano poi congelato l’ipotesi del viaggio. I cambiamenti avvenuti nel contesto internazionale, l’elezione al soglio pontificio di Giovanni XXIII e l’annuncio dell’incontro tra Chruščëv ed Eishenower consentirono alla fine di prendere in considerazione il progetto.

La Pira si recò in URSS proprio quando la situazione religiosa nei territori sovietici era iniziata a peggiorare. In questi anni, infatti, era stata avviata in Unione Sovietica una forte campagna antireligiosa accompagnata da politiche volte a restringere lo spazio della Chiesa nella società180. Lo scopo della missione di La Pira, dunque, era prima di tutto quello di un pellegrinaggio ai luoghi del cristianesimo russo per stabilire un ponte spirituale tra l’Oriente e l’Occidente. Le intenzioni “religiose” non furono nascoste alle autorità sovietiche che, nello stilare un resoconto sul soggiorno del sindaco fiorentino, non nascondevano stupore per la

178 Una dettagliata ricostruzione dei rapporti tra La Pira ed Unione Sovietica negli anni precedenti al viaggio

dell’agosto 1959 si trova nel saggio di P.D. Giovannoni, Russia sovietica e “santa Russia”, in AA.VV, Giorgio La

Pira e la Russia, cit., pp. 80-139. 179 Ivi, p. 97.

frequenza con cui La Pira si recava a pregare nelle chiese e per i discorsi permeati di spiritualità che tenne nei diversi ambiti181.

Il programma fu molto intenso e si sviluppò in varie città: Mosca, Kiev, Zagorsk e Leningrado. La Pira intervenne presso il Comitato sovietico per la difesa della pace, presso il gruppo parlamentare dell’URSS ed ebbe colloqui con vari rappresentanti politici sovietici. Numerosi furono gli incontri con esponenti ortodossi tra i quali il patriarca Aleksij, il metropolita di Krutickij e Kolomenskij, Nikolaj, e il rettore dell’accademia teologica di Mosca, Ružickij.

La Pira organizzò il viaggio senza la stretta mediazione dell’ambasciata italiana a Mosca. Anche per questo Pietromarchi, in una comunicazione al ministero degli Esteri, aveva puntualizzato con una vena polemica che il sindaco di Firenze, dato il carattere della visita, aveva addirittura preferito non comparire in ambasciata. L’iniziativa di La Pira, evidentemente, aveva fatto temere a Pietromarchi di perdere quel canale privilegiato di contatti personali che egli si era creato a Mosca182. La Pira, infatti, era un uomo di Fanfani, mentre l’ambasciatore era più vicino alle posizioni di Gronchi.

Le autorità sovietiche, benché guardassero con interesse alle intenzioni di La Pira, erano al corrente della peculiarità del sindaco fiorentino e della specificità dei suoi approcci, che spesso lo vedevano in contrasto anche con le posizioni ufficiali del suo partito. Stringendo i legami con La Pira, quindi, da una parte a Mosca si intravedeva la possibilità di intensificare i contatti con la DC, dall’altra si era consci del rischio, perché la sua linea non era appoggiata dalla maggior parte degli esponenti del governo, primo fra tutti, Segni. Fra l’altro, nello stilare il resoconto della visita di La Pira, i sovietici non mancavano di rilevare una certa ambiguità, poiché le sue affermazioni avevano per lo più un carattere teorico e, soprattutto, non mettevano mai in discussione l’operato occidentale. Mosca si aspettava qualcosa di più dal sindaco di Firenze? Probabilmente sì. Nel documento sovietico redatto alla fine del viaggio di La Pira si legge:

“Sia durante i colloqui ufficiali sia nelle altre situazioni, il signor La Pira sottolineava sempre che nelle questioni della battaglia per la pace e del consolidamento di rapporti amichevoli tra gli Stati - in particolare tra Italia ed URSS - si può contare su di lui come sull’amico più fedele. […] Spesso nelle sue dichiarazioni il signor La Pira sottolineava che è passato il tempo della politica della forza, della guerra fredda e del machiavellismo in politica, e al suo posto è necessario invocare la politica della sincerità, della fiducia fraterna e della collaborazione

181 Cfr. Resoconto segreto della permanenza in URSS del membro del parlamento italiano La Pira (14-26 agosto

1959) redatto da V.A. Panasenko, 6/9/1959, in GARF, F. 9497, op. 2, d. 50, ll. 3-9.

182 Cfr. Telespresso n. 3330/1463 del 20/9/1959 da ambasciatore d’Italia a Mosca Pietromarchi a MAE su “Visita in

Russia dell’on. La Pira” in ACS, Busta 21, Fasc. C42 “Rapporti inviati in via confidenziale al presidente del Consiglio (1959)”.

reciproca. Tuttavia, nonostante ciò, questi evitava sempre l’analisi concreta non solo delle cause che generano tensioni nei rapporti internazionali, ma anche della questione di chi oggi si oppone ancora all’attenuazione della tensione internazionale e alla liquidazione della guerra fredda. Quando gli venivano poste simili questioni La Pira si riferiva al suo viaggio come segno di svolta verso la distensione ed affermava sempre che ‘bisogna avere pazienza e pregare Dio’ affinché ‘mandasse agli uomini la pace e la concordia’. In questo modo in nessuna conversazione egli ha espresso un giudizio contro i sostenitori della politica della guerra fredda, della politica delle basi atomiche e dei missili nei territori di altri paesi e neanche nel territorio italiano”183.

La valutazione non entusiastica della visita di La Pira in URSS si rileva da due altri episodi: la pubblicazione sulla “Pravda” di un duro articolo sulla necessità di rafforzare la lotta contro i pregiudizi religiosi, il 21 agosto (proprio durante il viaggio di La Pira), scritto dal presidente del comitato interparlamentare sovietico-italiano Nikolaj Bažan, e, in generale, la scarsa copertura mediatica data all’avvenimento.

L’articolo sull’ateismo pubblicato sulla “Pravda” fu un vero e proprio colpo per La Pira. Il suo accompagnatore Citterich rivela che quando gli portò la notizia, il sindaco di Firenze fu così scosso che si chiese se l’articolo fosse stato scritto contro di lui o contro Chruščëv che lo aveva invitato. La lunga lettera scritta da La Pira a Bažan ne testimonia lo sgomento. In essa si legge:

“Caro sig.Bajan, giudichi lei sul valore tanto alto di questo articolo. […] Si direbbe scritto da un nemico della pace e dell’Unione Sovietica; da un nemico acerrimo dello stesso partito comunista: perché è un articolo che nuoce moltissimo alla pace; nuoce moltissimo alla distensione ed è un articolo che non fa davvero onore al livello scientifico, storico e filosofico di un partito che lo accetta! […] Pensi, caro sig. Bajan, quanto scalpore produrrà in Occidente. La stampa, la radio ecc. – di questo articolo diranno (in Italia e altrove): ecco la risposta alle speranze di La Pira. Cosa si può contrapporre?”184.

La reazione così dura e decisa di La Pira fu probabilmente inaspettata anche da parte sovietica. Nei giorni seguenti, infatti, nel corso dei colloqui, i sovietici rassicurarono La Pira cercando di non attribuire troppo peso all’articolo. E in effetti lo scopo fu centrato, se nell’unico articolo apparso sulla stampa alla fine della permanenza in URSS, il sindaco fiorentino alla domanda se pensava che in Unione Sovietica i credenti subissero persecuzioni aveva affermato:

183 Cfr. Resoconto segreto della permanenza in URSS del membro del parlamento italiano La Pira (14-26 agosto

1959) redatto da V.A. Panasenko, 6/9/1959, in GARF, F. 9497, op. 2, d. 50, ll. 5-6.

“Certo che no. Quello che ho visto parla della libertà di religione nel vostro Paese”185. L’affermazione creò grande scalpore in Italia, perché fu ripresa dalla stampa comunista per sostenere che le parole di La Pira negavano la persecuzione religiosa in URSS186.

Il risultato che di sicuro La Pira aveva ottenuto era stato quello di portare avanti le posizioni di Fanfani e sostenerle agli occhi dei sovietici187. Durante le conversazioni, infatti, il sindaco fiorentino aveva sempre ribadito il ruolo particolare che svolgeva il governo Fanfani sia nelle questioni internazionali, sia nel miglioramento delle relazioni tra Italia ed URSS. Secondo la visione dello statista aretino era necessario creare ponti tra l’Occidente, il Medio Oriente e l’Estremo Oriente. E proprio l’Italia avrebbe potuto avere questa funzione. La Pira non mancò di denunciare ai sovietici il serio errore che il PCI aveva compiuto quando si era astenuto dall’appoggiare il governo Fanfani, favorendo, di conseguenza, la formazione di un governo reazionario guidato da Segni, mentre lo statista aretino avrebbe avviato dei cambiamenti democratici. Secondo le valutazioni sovietiche, quindi, con la sua missione, La Pira non solo mirava ad aumentare il prestigio politico personale, ma anche quello dell’“amico” Fanfani. Nell’autunno seguente, infatti, si sarebbe svolto il Congresso della DC, e pertanto rafforzare la posizione di Fanfani in ambito internazionale avrebbe contribuito a sanare le contraddizioni all’interno del partito di maggioranza188.

Del tutto negative furono le conclusioni sul viaggio tirate da Pietromarchi che però, va notato, si basava su informazioni ricevute da terzi:

”Si è così conclusa in chiave polemica la visita di questo missionario laico al centro stesso della propaganda ateistica moderna. La visita ricorda, per la deferenza qui ostentata nei riguardi dell’On. La Pira, come per la nullità dei suoi risultati, quella del Poverello d’Assisi al Sultano d’Egitto”189.

La visita di Saragat, e soprattutto quella di La Pira in URSS nell’estate del 1959, con risultati molto differenti, inaugurarono una nuova stagione di relazioni, non solo a livello

185 Cfr. Beseduja s Džoržo La Pira. Dejatel’ christiansko-demokratičeskoj partii o prebyvanii v SSSR [Conversando

con Giorgio La Pira. L’esponente del partito cristiano-democratico sulla permanenza in URSS], in “Sovetskaja Rossija”, 26/8/1959.

186 Si veda il comunicato della TASS sulle dichiarazioni di La Pira del 28/8/1959, al ritorno dal suo viaggio in URSS. 187 Fanfani aveva appoggiato la missione di La Pira. Nei suoi Diari si leggono alcune annotazioni che, seppur di

carattere personale, ben testimoniano il suo favore verso il viaggio: “La Pira è a Mosca, con i miei bambini ho tanto pregato per lui. Poi a colazione, con la Mamma ed i miei abbiamo brindato al successo della ‘missione’ di La Pira in terra russa. ‘La Nazione’ irride a questo viaggio, che invece è paragonabile a quello di S. Francesco al sultano”, in ASSR, Diari di Fanfani, 15 agosto 1959.

188 Cfr. Resoconto segreto della permanenza in URSS del membro del parlamento italiano La Pira (14-26 agosto