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Il primo governo di centro-sinistra e l’elezione di Segni alla Presidenza della Repubblica Dal 27 gennaio al 1° febbraio 1962 si tenne il Congresso nazionale della DC che, nelle

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2.8 Il primo governo di centro-sinistra e l’elezione di Segni alla Presidenza della Repubblica Dal 27 gennaio al 1° febbraio 1962 si tenne il Congresso nazionale della DC che, nelle

intenzioni di Moro e Fanfani, avrebbe dovuto approvare la collaborazione con i socialisti al governo, ed avviare così la realizzazione del centro-sinistra. L’assise democristiana fu preceduta da due importanti appuntamenti per la vita dei due partiti, il XXXIV Congresso del PSI, svoltosi a Milano nel marzo del 1961, e il convegno della DC, promosso a San Pellegrino nel settembre dello stesso anno. I due incontri, infatti, avevano affrontato la questione dell’apertura a sinistra, avvicinando le posizioni dei due partiti557. Nel convegno di San Pellegrino fu approfondita la

cornice ideologica e politica all’interno della quale la DC sarebbe giunta all’incontro con i socialisti. Da parte di Nenni si garantì che il PSI non messo in discussione le scelte fondamentali dell’Italia, soprattutto in politica estera. In una intervista su “Foreign affairs”, la rivista espressione delle linee guida del Dipartimento di Stato americano, nel gennaio ’62, Nenni sostenne che il suo partito non avrebbe chiesto il ritiro del paese dalla NATO, per non «turbare l’equilibrio europeo», solo ne avrebbe chiesto un’interpretazione «difensiva»558.

Con queste premesse si giunse al Congresso nazionale democristiano del 1962. L’assise sancì definitivamente la svolta, approvando il piano per la formazione di un governo che potesse contare sull’appoggio esterno del PSI. Nonostante l’opposizione coalizzata intorno a Scelba, Fanfani e Moro portarono la maggioranza del partito su posizioni favorevoli a quello che il segretario della DC definì “l’allargamento dell’area democratica”. I tragici fatti del luglio 1960 infatti, secondo Moro, avevano manifestato quanto fosse urgente la necessità di una svolta nella politica italiana, anche per arginare il fronte che si stava ricomponendo intorno ai comunisti in nome della mobilitazione antifascista. La proposta del segretario della DC, tuttavia, era ancora estremamente cauta, e non faceva riferimento ad un collegamento organico e ad un’alleanza politica tra DC e PSI, ma si limitava al sostegno offerto dal PSI al governo al fine di approvare dei punti programmatici. In relazione alla politica estera, nel corso del Congresso, il segretario della DC ribadì le direttive fondamentali dell’azione italiana, rappresentate dalla linea atlantica e da quella europeistica. Rispetto alla distensione, Moro affermò la necessità del negoziato per “conservare e rendere più stabile, più umano, più accettabile l’equilibrio dei grandi interessi che si dividono il mondo”559.

557 Cfr. A. Lepre, Storia della prima Repubblica, cit., pp. 195 e ss.

558 Cfr. P. Nenni, Where the Italian Socialists Stand, “Foreign Affairs”, january 1962, vol. 40, No 2. 559 Cfr. Annuario ISPI 1962, p. 349.

Il 2 febbraio Fanfani rassegnò le dimissioni del governo a Gronchi. La dirigenza socialista accolse favorevolmente la mossa del presidente del Consiglio, poiché si era preso atto che il Congresso DC aveva messo fine al “governo delle convergenze”, respingendo qualsiasi alleanza con la destra, come aveva richiesto il PSI in via preliminare. Nonostante la minoranza di sinistra del PSI riscontrasse gravi limiti nelle finalità politiche della decisione, essa si dichiarò comunque d’accordo con la mozione della maggioranza560. Il 10 febbraio il presidente della Repubblica dette il mandato a Fanfani per la formazione del nuovo governo, di cui DC, PSDI e PRI annunciarono il 16 febbraio il programma, approvato il 18 dal PSI. Il 21 febbraio Fanfani presentò così il suo IV governo, formato da 19 ministri della DC, 3 del PSDI, 2 del PRI, con l’appoggio esterno dei socialisti. Nella composizione dell’esecutivo si individuavano i segni di un moderato rinnovamento: infatti erano state escluse le personalità che più delle altre avevano influenzato l’indirizzo dei precedenti gabinetti, in modo particolare Scelba, Pella e Spataro. L’ampiezza della maggioranza avrebbe consentito all’esecutivo una politica più incisiva, con l’impegno dei socialisti a portare avanti una linea d’azione che non rinunciasse alle riforme di struttura. La formazione di una nuova squadra di governo avrebbe permesso al presidente del Consiglio di esercitare con maggiore vigore l’opera riformatrice di cui necessitava il paese.

Il nuovo esecutivo si trovò di fronte alla forte opposizione dell’MSI, che accusava Fanfani di essersi arreso all’avanzata delle sinistre, e a una “particolare” opposizione da parte del PCI. Togliatti, infatti, benché fosse evidente che la formula governativa sarebbe servita ad emarginare i comunisti, riconosceva che con l’apertura ai socialisti sarebbe iniziata una fase più favorevole alla lotta delle masse popolari e vedeva la possibilità di condizionare il governo, pur stando fuori dalla maggioranza, attraverso il controllo delle organizzazioni dei lavoratori561. L’ipotesi, in realtà, si rivelò difficilmente realizzabile, e in breve tempo il PCI passò ad una ferma opposizione al centro-sinistra.

Il programma che Fanfani presentò alle Camere il 2 marzo conteneva una serie di punti programmatici impegnativi. Il presidente del Consiglio espose la volontà del suo governo di consolidare la democrazia attraverso una partecipazione sempre più vasta delle masse popolari

560 Cfr. M. Degl’Innocenti, Storia del PSI, vol. III, Dal dopoguerra ad oggi, cit., p. 285.

561 Si veda l’intervento di Togliatti nel dibattito per la fiducia alla Camera il 5 marzo 1962. In esso il segretario

comunista aveva affermato: “Orbene, nelle posizioni, che non soltanto nelle ultime settimane, ma per lunghi mesi vennero presentate e discusse, in particolare dai partiti del centro-sinistra e da ultimo anche nel recente congresso di Napoli della democrazia cristiana, noi abbiamo constatato l'affiorare di determinate posizioni nuove e soprattutto un certo desiderio di rinnovamento politico democratico. […] Esisteva però una coincidenza nell'elaborazione e presentazione di alcuni obiettivi di politica economica e di politica sociale, che erano in sostanza non diversi da quelli da noi elaborati e presentati da tempo. […] La nostra sarà una opposizione che riconosca quanto vi possa essere di positivo nelle ricerche e affermazioni programmatiche che possano essere fatte, ma che richieda realizzazioni conseguenti alla affermata volontà di rinnovare qualcosa nella direzione della vita politica del paese e spinga in questa direzione. […], in APCD, III legislatura, discussioni, seduta del 5 marzo 1962, pp. 27713 e ss.

all’esercizio del potere, per rappresentare tutto il popolo e non essere uno strumento di classe. I piani dell’esecutivo prevedevano molte riforme, tra le quali l’unificazione del sistema produttivo nazionale dell’energia elettrica, la realizzazione dell’ordinamento regionale in attuazione del dettato costituzionale e la riforma urbanistica562.

Nel campo internazionale il nuovo governo avrebbe promosso “una politica estera di iniziative a favore della difesa occidentale, della integrazione europea, dello sviluppo dei paesi depressi, della pace nel mondo, nel leale e fermo rispetto degli impegni sottoscritti dall’Italia accedendo alla NATO, al MEC e all’ONU”563. In sostanza, la linea ufficiale della politica estera del nuovo governo non faceva concessioni al neutralismo socialista, avendo come orientamento fisso il Patto atlantico. Ad esempio, in risposta alle questioni poste dall’ex ministro degli Esteri Martino, ora all’opposizione, Fanfani disse che il governo non aveva presentato alcuna richiesta di rimozione delle basi missilistiche presenti in territorio nazionale, e anzi avrebbe sostenuto in linea di principio la creazione di una forza nucleare atlantica564.

Fanfani non intendeva quindi mettere in discussione la collocazione internazionale dell’Italia per sacrificarla all’accordo con il PSI. E lo stesso valeva per la disposizione di basi nucleari sul suolo nazionale, perché il presidente del Consiglio riteneva che essa contribuisse al prestigio della penisola, e al suo status nell’Alleanza565. Anzi, l’impulso che aveva dato nel corso del suo secondo governo per superare le difficoltà tecniche che si frapponevano alla stipula dell’accordo bilaterale con gli USA per l’installazione delle basi missilistiche, era senz’altro dovuto alla volontà di arrivare all’incontro con il PSI sul presupposto di una inequivocabile e indiscutibile collocazione atlantica “attiva” dell’Italia.

Il Cremlino osservò i cambiamenti politici in corso in Italia con un certo scetticismo. Il giornale “Trud” commentò il programma di centro-sinistra scorgendo elementi positivi solo in alcune proposte di riforma relative alla politica interna (nazionalizzazione dell’energia elettrica, creazione di organi di controllo regionali, cessazione dei sussidi alle scuole private, difesa dei lavoratori, ecc.)566. All’ambasciata sovietica Kozyrev dubitava che il nuovo governo, sebbene la composizione presentasse alcuni aspetti di novità, e alla guida fosse nuovamente tornato Fanfani, attuasse una svolta significativa nel corso della politica estera. Questa opinione sarebbe gradualmente mutata nei mesi seguenti, perché sin dal suo insediamento, il governo italiano si era

562 Cfr. M. Degl’Innocenti, Storia del PSI, vol. III, Dal dopoguerra ad oggi, cit., pp. 289 e ss. 563 Si veda Annuario ISPI, 1962, p. 349.

564 Cfr. L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., pp. 500-504.

565 Nei suoi diari, il 12 febbraio 1962, Nenni scrisse: “Primo incontro stasera a Palazzo Chigi con Fanfani. […]

L’incontro è risultato positivo. […] Per la politica estera è abbastanza esplicito”, in P. Nenni, Gli anni del centro-

sinistra, cit., 12 febbraio 1960, p. 208.

dichiarato favorevole ad adoperarsi per un miglioramento dei rapporti bilaterali con Mosca, non solo a livello commerciale, ma anche in altri campi, non esclusa la sfera politica. Significativo in tal senso fu il fatto che il 22 febbraio (subito dopo l’insediamento del nuovo governo) il responsabile per il settore esteri della RAI, Massimo Rendina, comunicò all’ambasciata sovietica che, in relazione ai cambiamenti avvenuti dopo il Congresso di Napoli, la dirigenza della RAI567 aveva varato una nuova “linea di centro-sinistra” e pertanto era stato deciso di mandare un corrispondente stabile in URSS. A Mosca si sarebbe trasferito Piergiorgio Branzi, un sostenitore di Fanfani, come fece notare ai diplomatici sovietici Rendina568.

L’analisi di Kozyrev sulla situazione governativa giungeva alla conclusione che il Cremlino avrebbe potuto puntare alla collaborazione con Roma sui temi della pace e della distensione, campi in cui Fanfani si era dimostrato sensibile, e sui quali si era trovato in sintonia con le posizioni sovietiche. Dal momento che il valore dell’interscambio e le relazioni economiche avevano registrato una costante ascesa, a differenza dei rapporti politici, l’ambasciatore segnalava a Mosca che si sarebbe potuto far leva proprio su questo tema per stringere nuove relazioni intergovernative. Varie questioni, infatti, erano rimaste in sospeso tra i due paesi, come l’allargamento dei rapporti con le più grandi ditte italiane, la creazione della camera di commercio italo-sovietica, e l’accordo commerciale a “lunghissimo” termine (10-15 anni). Per quanto riguardava la sfera della politica estera, Kozyrev suggeriva al Cremlino di dare maggiore importanza, “anche in modo artificiale”, al ruolo dell’Italia per la soluzione delle questioni tra Est ed Ovest, sostenendo le “manovre” di Fanfani per accrescere il prestigio del governo italiano nello scacchiere internazionale. A tale scopo l’ambasciatore riteneva utile continuare lo scambio di opinioni tra Fanfani e Chruščëv e, più in generale, puntare a stringere legami personali con esponenti della politica, dell’economia e delle istituzioni italiane. Kozyrev aveva anche proposto una lista da persone che sarebbe stato utile invitare a Mosca: il presidente del CNEL, Pietro Campilli; il sottosegretario agli Esteri, Carlo Russo; il ministro per il Commercio Estero, Luigi Preti, il ministro delle Partecipazioni Statali, Giorgio Bo; e il ministro del Bilancio, Ugo La Malfa569.

La tattica sovietica di blandire il governo era stata colta dalla diplomazia italiana. Già nel febbraio del 1962 l’ambasciatore Straneo scriveva alla Farnesina: “val forse la pena di notare che,

567 Dal 5 gennaio 1961 era stato eletto alla direzione generale della RAI Ettore Bernabei, uomo vicino a Fanfani e suo

collaboratore in alcune vicende particolari anche riguardanti l’avvicinamento dell’Italia all’URSS.

568 Cfr. Resoconto del colloquio tra il consigliere dell’ambasciata dell’URSS in Italia, P. Medvedovskij, il

responsabile per il settore esteri della RAI TV, Massimo Rendina, e il giornalista Piergiorgio Branzi, in GARF, F. 5818, op. 1, d. 221, ll. 271-272.

569 Cfr. AVP RF, F. 098, op. 45, d. 2, ll. 13-15, 29-31, citato in I.A. Chormač, SSSR – Italija i blokovoe protivostojanie v Evrope, cit., p. 769.

verso l’Italia, certamente come effetto della visita qui fatta nell’agosto scorso dal Presidente Fanfani, l’Unione Sovietica si dimostra piena di riguardi. Essa non ha ad esempio rilevato che la nostra risposta alla proposta di Krusciov di riunire a Ginevra i 18 Capi di Stato o di Governo era sostanzialmente negativa; si è astenuta dal ritirare la minaccia di spazzar via dall’Italia tutte le basi americane in caso di guerra, mentre lo ha fatto per gli altri Paesi e, per quanto sia rimasta delusa di vedere che l’apertura a sinistra abbia non solo riconfermato la validità della politica atlantica e europea, ma abbia anche tenuto al Governo gli uomini che ne sono garanti, si astiene dal farcene un capo di accusa. Ciò è perché Krusciov spera sempre nei nostri “buoni consigli” agli Alleati”570.

A poca distanza dall’insediamento del IV governo Fanfani, il 6 maggio del 1962, dopo faticose elezioni presidenziali, salì al Quirinale Antonio Segni, con il voto determinante del MSI e dei monarchici. L’elezione di Segni parve a molti una sorta di compromesso nella dirigenza DC, dove Moro, per tranquillizzare la destra del partito esclusa dal governo di centro-sinistra, le aveva lasciato il delicato snodo della presidenza della Repubblica571. Lo scontro parlamentare per l’elezione fu particolarmente aspro, soprattutto perché PSI e PCI avevano opposto la candidatura di Giuseppe Saragat. Nonostante il tentativo di Gronchi di farsi rieleggere con l’appoggio del PSI e del PCI grazie alla promessa che insieme a Fanfani, pur non rompendo i legami con la NATO, avrebbe allentato gradualmente i legami con essa, la candidatura di Saragat risultò più convincente572.

Il leader del PSDI, come aveva spiegato Alicata durante un colloquio con Kozyrev sulle elezioni presidenziali, aveva apprezzato il compatto appoggio del PCI alla sua elezione, tanto che si sentiva con Togliatti anche due tre volte al giorno per concordare ogni passo da intraprendere. In realtà Saragat non aveva fatto nessuna concessione ai comunisti in politica estera, ma in politica interna aveva fermamente ribadito che nel caso fosse stato eletto avrebbe assunto l’impegno di porre fine alla discriminazione del PCI e si sarebbe espresso contro l’anticomunismo573.

Anche Segni, in un primo momento, aveva cercato l’appoggio del PSI. Vecchietti aveva confidato la manovra all’ambasciatore sovietico, che, in quelle settimane, aveva intensificato i colloqui con i vari uomini politici italiani per cogliere le dinamiche dell’evoluzione in corso.

570 Cfr. Rapporto riservato dell’ambasciatore Straneo al ministro degli Esteri Segni, 27/2/1962, in ASILS, Fondo

Gronchi, sc. 49, fasc. 296 “Telegrammi e telespressi inviati al ministero degli Affari Esteri (marzo 1962)”

571 Cfr. P. Pombeni, I partiti e la politica dal 1948 al 1963, pp. 232 e ss.

572 Cfr. Resoconto segreto del colloquio tra Kozyrev e il segretario del CC del PCI, Giorgio Amendola, 13/4/1961, in

RGANI, F. 5, op. 50, d. 382, ll. 95-100.

573 Cfr. Resoconto segreto del colloquio tra Kozyrev e il membro del CC del PCI, Mario Alicata, 6/5/1962, in

L’esponente della sinistra del PSI, all’inizio di aprile, aveva spiegato al diplomatico sovietico che Segni aveva tentato di conquistare il voto del PSI facendo leva sulle questioni di politica estera. Segni, raccontava Vecchietti, aveva addossato la colpa dell’installazione delle basi missilistiche americane su Fanfani che, senza chiedere il parere del governo, del ministro degli Esteri, e del presidente della Repubblica, aveva concluso il noto accordo con gli Stati Uniti. L’operazione di Segni aveva due scopi, togliersi di dosso una delle accuse più forti che gli veniva ripetutamente mossa dal PCI e dal PSI, e allo stesso tempo intralciare Fanfani. Andava tuttavia notato, secondo Vecchietti, che Segni, durante l’intervento al Comitato dei Diciotto a Ginevra, aveva accennato in modo esplicito al fatto che l’Italia avrebbe potuto considerare positivamente la conclusione del Patto di non aggressione tra i paesi del Patto di Varsavia e quelli della NATO. In qualsiasi caso, dunque, il governo italiano avrebbe potuto realmente compiere passi in avanti in questa direzione574.

L’elezione di Segni colse di sorpresa i comunisti italiani. Il PCI confidava che, nel corso dei vari scrutini, la sua candidatura sarebbe caduta e sarebbe stata sostituita da quella di un altro esponente. Secondo Longo le elezioni presidenziali avevano evidenziato delle serie discordie all’interno della DC. Il vicesegretario comunista spiegò all’ambasciatore sovietico che se le correnti di sinistra della DC non avessero agito sotto la pressione della dirigenza, sarebbe stato possibile eleggere Saragat. Assai difficile, notava Longo, era stato trovare un accordo con Nenni, che non avrebbe negato il suo voto a Segni, se i democristiani glielo avessero chiesto. Longo assicurava i sovietici che dalla nuova presidenza non c’era da attendersi nulla di nuovo di quanto non fosse già stato sostenuto da Segni sull’integrazione europea e sulla fedeltà atlantica. Tributo che Segni doveva pagare all’appoggio di monarchici e fascisti. L’esponente comunista, però, notava allo stesso tempo che Segni aveva voluto compiere qualche gesto per mitigare il “carattere reazionario dei suoi interventi”, esprimendo l’intenzione di nominare senatori a vita alcuni dirigenti dei movimenti partigiani, quali Longo, Cadorna e Parri575.

L’ambasciatore Kozyrev ebbe l’ultimo colloquio ufficiale con il presidente Gronchi il 13 aprile, a tre settimane dalla fine del mandato. In linea con quanto aveva segnalato al ministero degli Esteri di Mosca, il diplomatico si soffermò esclusivamente sui rapporti economici bilaterali e sul ruolo che l’Italia avrebbe potuto svolgere per contribuire alla pacifica soluzione delle controversie tra Est e Ovest. Mosca, faceva sapere Kozyrev, osservava come l’interscambio commerciale fosse in “sensibile e soddisfacente sviluppo”, con un volume in costante crescita,

574 Cfr. Resoconto segreto del colloquio tra Kozyrev e l’esponente della sinistra socialista, Tullio Vecchietti,

3/4/1962 in RGANI, F. 5, op. 50, d. 382, ll. 106-110.

575 Cfr, Resoconto segreto del colloquio tra Kozyrev e il vicesegretario del PCI, Luigi Longo, 13/5/1962, in RGANI,

che nel 1961 aveva superato i 200 milioni di dollari. L’ambasciatore informava anche Gronchi che alcuni grandi industriali, tra i quali Marinotti e Mattei, gli si erano di recente rivolti per sollecitare una visita del vice premier sovietico Kosygin in Italia. Questi aveva aderito alla richiesta, e contava di recarsi a Roma, in qualità di ospite dell’ambasciata dell’URSS, entro la prima metà di giugno. Gronchi si disse favorevole alla visita di Kosygin, anche perché essa avrebbe contribuito a migliorare le relazioni politiche.

Passando ad analizzare la situazione internazionale, e in particolare la questione del disarmo, Kozyrev dichiarò che, secondo il Cremlino, l’esperienza aveva dimostrato che il governo italiano, grazie allo stesso Gronchi, avrebbe potuto svolgere “un’azione sensibilmente positiva”, non solo esercitando la sua influenza sui paesi neutrali, ma anche sugli americani. Gronchi fu lusingato dell’importanza che veniva data all’Italia da Mosca, e sostenne che forse sarebbe stato proficuo se il governo italiano avesse esposto a quello sovietico le proprie impressioni sui lavori della conferenza di Ginevra, e sul periodo immediatamente precedente. Kozyrev, alla conclusione del colloquio, ribadì che al Cremlino avevano sempre creduto all’utilità di ogni contatto personale tra capi di stato, e pertanto salutavano positivamente tale proposta576.

La diplomazia sovietica, quindi, considerate le valutazioni degli esponenti del PCI e del PSI ascoltati, e l’evoluzione in corso, non aveva elaborato una chiara analisi della nuova situazione politica. Molte erano le incognite che pesavano sul contesto italiano. La formazione del primo governo di centro-sinistra, l’elezioni di Segni, le cui posizioni erano mutate negli anni, gli sviluppi della situazione internazionale lasciavano il Cremlino in una situazione di vigile attesa. Prima di vagliare l’esperimento del centro-sinistra, a Mosca si volle attendere di vedere quanto in realtà avrebbe influenzato il corso politico, e in che modo la presenza socialista avrebbe caratterizzato l’azione di governo. L’uscita di scena di Gronchi e la nomina di Segni al Quirinale potevano lasciare intendere la fine dell’appoggio aperto alla politica di avvicinamento all’URSS. Allo stesso tempo l’ingresso del PSI nell’area di governo avrebbe potuto spostare l’asse della