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Il viaggio di Fanfani e Segni in URSS

D AL GOVERNO T AMBRONI ALLA CRISI DI C UBA

2.5 Il viaggio di Fanfani e Segni in URSS

I fatti che seguirono al colloquio di Kozyrev con Fanfani non realizzarono le speranze in cui il premier confidava, sia in campo internazionale, sia in politica interna. Proprio nel momento in cui maturò la preparazione della visita a Mosca di Fanfani e Segni, la situazione italiana e mondiale era nuovamente mutata.

Da un punto di vista internazionale, l’incontro tra Kennedy e Chruščëv, rivelatosi una“occasione mancata”448, poiché, nonostante le migliori intenzioni proclamate dai due leader, non portò ad alcun compromesso, fece scattare un’emergenza sulla questione di Berlino. La notizia dell’incontro di Vienna aveva suscitato grande interesse in Italia, dove ad eccezione dei partiti dell’estrema destra, vi era stata una reazione positiva all’evento449. Durante le conversazioni nella capitale austriaca, il 4-5 giugno, il segretario del PCUS aveva consegnato al presidente americano un memorandum nel quale, tornando in sostanza ai motivi della nota del novembre del 1958, l’URSS chiedeva che fosse trovata al più presto una soluzione per Berlino e per la Germania Democratica, minacciando, in caso contrario, di concludere una pace separata con la RDT. L’ultimatum di Chruščëv frenò il cauto ottimismo maturato tra le cancellerie occidentali, e rese la prospettiva di uno scontro militare attorno a Berlino più reale di quanto lo fosse stata fino ad allora. La nuova crisi, infatti, era stata aggravata dall’assunzione da una parte e dall’altra di una serie di misure e contromisure militari che per la prima volta avevano fatto

446 La citazione dell’affermazione di Togliatti al X Congresso del PCI è riportata in R. Gualtieri, Il PCI, la DC e il “vincolo esterno”, in Gualtieri R. (a cura di), Il PCI nell’Italia Repubblicana, cit., p. 69.

447 Si veda il resoconto segreto del colloquio tra l’ambasciatore Kozyrev e il presidente del Consiglio italiano,

Amintore Fanfani, 28/5/1961, in RGANI, F. 5, op. 50, d. 299, ll. 80-97; e il resoconto del colloquio tra Kozyrev e il viceministro degli Esteri italiano Folchi, citato in I.A. Chormač, SSSR – Italija i blokovoe protivostojanie v Evrope, cit., p. 724.

448 Cfr. G.M. Kornjenko, Upušennaja vozmožnost’ [Un’occasione mancata], in “Novaja i Novejšaja istorija”, 2/1992,

pp. 97-106

449 Cfr. Appunto sulle reazioni in Italia all’imminente incontro tra N.S. Chruščev e Kennedy, 30/5/1961, redatto dal

prevedere conseguenze catastrofiche per il mondo intero450. Tutti i diplomatici occidentali a Mosca, comunicava il nuovo ambasciatore Straneo a Segni, si attendevano l’epilogo della crisi nei mesi imminenti. Secondo il diplomatico, la soluzione di temporeggiare avrebbe potuto evitare lo scoppio del conflitto pur senza abbandonare la posizione di diritto451.

Nel contesto della politica interna italiana, invece, il partito socialista, al cui interno era cresciuto il peso delle correnti di sinistra, nel Comitato centrale del 28 giugno, votò all’unanimità di presentare una mozione di sfiducia all’esecutivo. La mozione rispondeva al peggioramento della situazione dei lavoratori in tutto il paese che richiedevano, attraverso i sindacati e i partiti operai, una più giusta distribuzione del reddito. La discussione in parlamento si concluse il 13 luglio con la bocciatura della mozione con 318 voti contro 241. Il partito socialista passò quindi all’opposizione pur non facendo cadere il governo. Fanfani non aveva accantonato il progetto di riavvicinarsi ai socialisti, tanto più che nella metà di giugno, durante il viaggio negli Stati Uniti, Kennedy aveva approvato la sua linea. In tale contesto, le aperture verso Mosca, avrebbero potuto costituire un motivo di convergenza e di riavvicinamento con il PSI, favorendo il progetto che avrebbe portato all’apertura a sinistra.

In questo clima va intesa la missione di Fanfani e Segni in URSS, che più di inserirsi nella dialettica dei rapporti bilaterali italo-sovietici, si collocò pienamente nel dibattito internazionale, dando all’Italia un ruolo da protagonista, per un breve cruciale momento, nelle relazioni tra Est ed Ovest452. Non che l’Italia avesse ricevuto un mandato internazionale dalle potenze occidentali, ma il viaggio del premier italiano rappresentava, comunque, un estremo tentativo per frenare la crisi di Berlino in atto.

La notizia dell’invito in URSS fu comunicata ufficialmente a Fanfani il 3 luglio, a Palazzo Chigi, dall’ambasciatore Kozyrev453. I diari del leader toscano permettono di togliere quell’alone

450 L’8 luglio Chruščëv aveva bloccato la riduzione degli effettivi delle forze armate che era stata decisa l’anno

prima, annunciando contemporaneamente l’incremento di un terzo degli stanziamenti in materia di difesa. Anche Kennedy, il 25 luglio, aveva reso noto che avrebbe chiesto al Congresso di autorizzare un sensibile rafforzamento del dispositivo bellico convenzionale.

451 Cfr. Telegramma segreto n. 1959 del 27/6/1961 da ambasciatore Straneo a ministro degli Esteri Segni, , in ACS,

Fondo PCM – Ufficio del consigliere diplomatico, Busta 3, fasc. A5 “Berlino”.

452 Cfr. G. Azzoni, La missione di Fanfani e Segni a Mosca, in “Storia delle Relazioni Internazionali”, 2/1993, p.

172.

453 Cfr. ASSR, Diari di Fanfani, 3 luglio 1961, dove si legge: “Alle 12.45 viene da me a P. Chigi l'ambasciatore

sovietico Kozirev che stamane con Vanni [ambasciatore Vanni d’Archirafi, consigliere diplomatico di Fanfani] aveva chiesto di incontrarmi. Mi reca l'invito di Krusciov all'incontro in Russia per uno scambio di idee sulla situazione generale. Di massima dico di non rifiutare, ma desidero consultare Gronchi, Segni, Moro e conoscere gli scopi e le date. Concordiamo quindi di rivederci il 5. Preavverto che ho la mozione preannunciata da difendere in Parlamento tra il 10 ed il 12, poi ho il vertice europeo a Bonn tra il 18 e il 19, poi ci sono le chiusure parlamentari. Gronchi, Segni e Moro avvertiti non sono contrari alla visita salvo vedere le date”.

di “mistero” circa le modalità della diffusione di questa notizia454. È vero, tuttavia, che rimane ancora da chiarire chi, e quando, prese effettivamente l’iniziativa di proporre l’incontro. La ricostruzione del viaggio fatta dalla Chormač opterebbe per una sollecitazione mandata ai sovietici da Fanfani stesso. secondo la studiosa russa, il 1° luglio il presidente del Consiglio, attraverso Giorgio La Pira, fece giungere a Mosca il suo assenso circa l’invito rivoltogli da Kosygin a visitare l’URSS455. L’ipotesi troverebbe conferma nelle affermazioni fatte da Chruščëv all’indomani dei colloqui, secondo cui il vertice sarebbe stato chiesto da Fanfani e da questo preparato in stretta consultazione con Kennedy456. La gravità del momento e la difficile fase di politica interna attraversata dall’Italia, d’altro canto, poco giustificavano la scelta unilaterale di Fanfani, non legittimata dal mondo occidentale. La tesi di una genesi del viaggio elaborata alla Casa Bianca, sebbene accattivante, non trova alcun riscontro e presumibilmente va ricondotta alla volontà di Chruščëv di accreditare una certa immagine di sé presso i leader dei paesi satelliti457. È presumibile, quindi, che il viaggio fu fortemente voluto da Fanfani e da lui caldeggiato in ogni modo, ma che la paternità dell’iniziativa fosse sovietica. La dirigenza di Mosca, infatti, voleva approfondire le relazioni con l’Italia nel quadro degli incontri che aveva promosso con tutti i leader dell’Europa occidentale e desiderava analizzare il livello di crescita dell’interscambio tra i due paesi.

Le reazioni occidentali all’invito di Fanfani furono di contrarietà, seppure espressa con modalità e intensità diverse. Il Dipartimento di Stato americano cercò di far declinare l’invito o, per lo meno, tentò di farlo rimandare ad una data successiva, quando la crisi di Berlino fosse rientrata. Il timore americano era che i sovietici volessero insinuare il dubbio che il governo italiano non condividesse fino in fondo le posizioni occidentali, allo scopo di dividere l’Italia dai suoi alleati o, quantomeno, di ammorbidirne le posizioni.458

Fanfani sostenne di fronte alle diplomazie occidentali di non poter rifiutare o posporre la visita, perché il suo governo avrebbe dovuto manifestare all’opinione pubblica italiana di aver

454 Nella ricostruzione di Bagnato si parla di “un invito e molti misteri”, relativi alla genesi dell’invito, al fatto che il

ministero degli Esteri ne fu informato quando la decisione era praticamente presa. Stando a quanto scritto nei Diari di Fanfani, il giorno stesso della ricezione dell’invito (3 luglio) egli lo comunicò a Gronchi, Segni e Moro, che non si mostrarono contrari. Il giorno seguente (4 luglio) la notizia fu comunicata anche a Saragat, Reale e Malagodi, che dichiararono di essere a favore, salvo Malagodi che esprimeva molta cautela, pur non avversando tale possibilità. Il giorno stesso Fanfani avvertì anche Piccioni, Scelba, Andreotti, Gui e Gava, anch’essi a favore ma preoccupati della reazione della Santa Sede.

455 Cfr. I.A. Chormač, SSSR – Italija i blokovoe protivostojanie v Evrope, cit., p. 729.

456 Durante la conferenza dei primi segretari dei partiti comunisti dei paesi socialisti svoltasi dal 3 al 5 agosto 1961,

Chruščëv aveva affermato circa l’invito di Fanfani: “Come avremmo potuto invitarlo in un momento del genere? Avremmo fatto immediatamente segno di debolezza e fatto intendere di voler cercare una via d’uscita, un resa”. L’affermazione è citata in Cfr. G. Azzoni, La missione di Fanfani e Segni a Mosca, cit., p. 174, nota 3.

457 Cfr. E. Martelli, L’altro atlantismo, cit., p. 275.

provato ogni mossa pur di evitare il precipitare degli eventi. Fra l’altro, scriveva Fanfani nei suoi diari:

“Tutti sono andati a Mosca o altrove da Kruscev senza informarci. Noi informiamo dando una prova di amicizia. Non possiamo ritenerci potenza sotto tutela o alleati da diffidare. Ragioni interne ed internazionali ci consigliano di andare. Lo faremo con grande senso di responsabilità”459.

Chiaramente in Italia il viaggio a Mosca gli avrebbe permesso di presentarsi come colui che tentava di mantenere aperti i contatti con l’Unione Sovietica e di tenere aperti i canali del negoziato. Tale posizione avrebbe anche avuto dei riflessi positivi in politica interna. Era questa, del resto, la posizione auspicata in politica estera dal PSI nell’eventualità di un governo di centro- sinistra: pur restando saldamente ancorata alla fedeltà atlantica l’Italia avrebbe dovuto favorire i contatti tra i blocchi e le iniziative di distensione. Queste considerazioni sulle ricadute in politica interna del viaggio in Unione Sovietica sono confermate dal colloquio che Fanfani ebbe nella sua abitazione privata con Reinhardt il 14 luglio460. Dopo un serie di rinvii delle date della visita, dovute ad impegni di carattere internazionale già presi dal governo e ai temporeggiamenti caldeggiati dalle cancellerie occidentali, il viaggio fu fissato dal 2 al 5 agosto. Il 25 luglio la notizia fu diffusa ufficialmente sulla stampa dei due paesi.

La diplomazia sovietica preparò i colloqui con Fanfani tenendo presente che il presidente italiano godeva di una buona fama tra gli Occidentali, e la sua presenza a Mosca, secondo le aspettative sovietiche, avrebbe rappresentato il desiderio occidentale di rinunciare ad una linea rigida nei confronti dell’URSS. Sebbene, come è noto, Fanfani non avesse un “mandato occidentale”, tuttavia il favore con cui alla fine le varie diplomazie ne avevano avallato il viaggio era considerato un buon segnale al Cremlino. Peraltro, nel corso di un colloquio tra Kozyrev e il sottosegretario agli Esteri, Alberto Folchi, da parte italiana fu proposto a Mosca di utilizzare la visita del primo ministro per esporre le posizioni sovietiche su Berlino. Se infatti, come aveva sottolineato Folchi, la posizione del Cremlino fosse stata fatta risuonare da Fanfani nel contesto internazionale con commenti di approvazione e stima, avrebbe potuto essere accolta in modo più favorevole dall’Occidente. Allo stesso tempo si preavvertivano i sovietici che il presidente del Consiglio sarebbe arrivato a Mosca con una serie di costruttive proposte per l’URSS sia sul piano internazionale sia su quello dei rapporti bilaterali461.

459 Cfr. ASSR, Diari di Fanfani, 8 luglio 1961.

460 Cfr. Lettera di Reinhardt a Rusk, Roma 15 luglio 1961, T. n. 160, FRUS, 1961-1963, vol. XIII, Western Europe and Canada, doc. 288.

461 Cfr. Resoconto colloquio tra Kozyrev e Alberto Folchi, 17/7/1961, in AVP RF, F. 098, op. 44, d. 6, ll. 62-63,

Il 28 luglio, a cinque giorni dalla partenza, Folchi si incontrò nuovamente con Kozyrev e, a nome di Fanfani, comunicò che la visita avrebbe avuto il carattere di una mediazione tra Occidente e URSS, sia per la questione di Berlino, sia per gli altri temi di attualità. Il diplomatico italiano, fra l’altro, ricordando l’increscioso brindisi all’ambasciata italiana durante il viaggio di Gronchi dell’anno precedente, chiese se a Mosca si avesse l’intenzione di accogliere anche Fanfani con le minacce, considerando che l’Italia fosse “l’anello debole” della NATO. Preoccupava inoltre Roma che il Cremlino avrebbe potuto utilizzare la questione del sud-Tirolo per fare pressione su Fanfani. Kozyrev rassicurò Folchi affermando che il successo della missione sarebbe dipeso dalle proposte che il primo ministro avrebbe portato a Mosca. Alla fine della discussione Folchi, in quanto persona fidata di Fanfani, in modo misurato ma ripetuto, palesò all’ambasciatore che l’Italia non sempre approvava il corso della politica estera degli alleati della NATO, come ad esempio la politica coloniale di Belgio e Francia462.

Le due diplomazie lavorarono con cura alla preparazione dell’incontro e dei temi dei colloqui463. Fanfani e Segni sarebbero stati accompagnati da una nutrita delegazione, della quale facevano parte, tra gli altri, il direttore generale degli Affari Politici del ministero degli Esteri, Giovanni Fornari, e il capo di Gabinetto, Federico Sensi464. La Farnesina fornì una vasta documentazione volta a prevenire eventuali contromosse sovietiche che avrebbero colto impreparata la delegazione italiana, così come era accaduto durante la visita di Gronchi465. Dal momento che non era stata fissata una agenda dei colloqui, era più difficile individuare i temi che sarebbero stati sollevati da parte sovietica. Al ministero degli Esteri si era convinti, che data la particolare situazione internazionale, le questioni bilaterali sarebbero state affrontate solo marginalmente466. Più probabile era che Chruščëv volesse discutere della questione tedesca e di Berlino, per cui avrebbe presumibilmente riproposto il memorandum che il 4 giugno aveva consegnato a Kennedy a Vienna467. Su questo tema, del resto, si era soffermato a lungo

462 Cfr. AVP RF, F. 098, op. 44, d. 6, ll. 28, 79, 83-85, citato in I.A. Chormač, SSSR – Italija i blokovoe protivostojanie v Evrope, p. 731.

463 Per il programma del viaggio si veda l’opuscolo: Programma prebyvanija v SSSR ego prevoschoditel’stva Gospodina A. Fanfani, Predsedatel’ja soveta ministrov Ital’janskoj Respubliki [Programma della permanenza in

URSS di sua eccellenza il Signor A. Fanfani, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana], in ASSR, Fondo Fanfani, Sez. 1, serie 1, b. 13, fasc. 14.

464 Cfr. Appunto sulla delegazione italiana, in ASSR, Fondo Fanfani, Sez. 1, serie 1, b. 13, fasc. 14.

465 Cfr. Il fascicolo “Viaggio a Mosca del Presidente del Consiglio on. Fanfani e del Ministro Segni 2-5 agosto

1961”, 20/7/1961, in ASMAEI, Gabinetto 1961, pos. A/52, viaggi.

466 Per la preparazione diplomatica del viaggio da parte italiana si veda B. Bagnato, Prove di Ostpolitik, cit., p. 455 e

ss.

467 Al memorandum americani, francesi e inglesi avevano risposto il 17 luglio, stigmatizzando la pretesa sovietica di

risolvere il problema unilateralmente e riaffermando la comune volontà di difendere i propri diritti sulla città. Alcuni giorni prima, il 12 luglio, anche la Repubblica federale tedesca aveva inviato all’URSS una nota di risposta ad un documento sovietico del 17 febbraio, in cui si ribadiva la posizione di intransigenza assoluta. Per la Farnesina i dirigenti italiani avrebbero dovuto confermare la fermezza occidentale rispetto a Berlino e la preoccupazione per

Gromyko in un colloquio con l’ambasciatore Straneo, quando aveva chiesto all’Italia di non farsi trascinare dagli alleati in “un’avventura per Berlino Ovest”468,

Le previsioni italiane erano esatte. A Mosca il ministero degli Esteri sovietico, nei materiali preparatori ai colloqui, aveva messo al primo punto proprio la questione della firma del Trattato di pace con le due Germanie469. In Europa, secondo il Cremlino, si era creata una congiuntura “anomala e pericolosa” dalle forti ripercussioni su tutta la situazione internazionale. Mosca sperava che l’Italia, memore dei benefici ottenuti dalla firma del Trattato di pace con l’URSS nel 1947, avrebbe compreso l’enorme importanza di giungere ad una soluzione negoziata e si sarebbe adoperata per promuoverla tra i suoi alleati470. Tra i temi che a Mosca ci si aspettava

avrebbero sollevato i dirigenti italiani vi era la richiesta di un appoggio sovietico sulla questione del Sud Tirolo nella disputa che divideva l’Italia dall’Austria. La posizione sostenuta dal Cremlino sarebbe stata che tale problema andasse regolato tramite trattative dirette tra i due stati interessati, senza l’interferenza di altre potenze. Secondo i sovietici, tuttavia, le ragioni dell’Italia sarebbero state più convincenti e giustificate nel consesso internazionale se il governo italiano avesse riconosciuto ufficialmente le frontiere configuratesi dopo la Seconda guerra mondiale, come aveva già fatto De Gaulle471.

Non si escludeva che Fanfani, poiché l’Italia faceva parte del Comitato dei Dieci, avrebbe toccato la questione del disarmo. Il punto di vista sovietico era quello già affermato in molteplici occasioni, tuttavia l’URSS era disposta a giungere ad un compromesso ragionevole se l’Italia e i suoi alleati avessero mosso un primo passo. In quel momento Mosca era costretta a registrare che gli Stati Uniti portavano avanti un atteggiamento ostruzionistico in tutte le trattative e, purtroppo, anche il governo di Roma si era allineato a questa tendenza472. A Mosca, però, non si dimenticava che durante la visita di Gronchi in URSS il presidente aveva formulato una posizione sul disarmo che presentava alcune novità. Nel caso nei colloqui fosse emerso questo tema, i diplomatici sovietici avrebbero fatto riferimento a quanto sostenuto da Gronchi al fine di scongiurare un eventuale scontro ed avrebbero ribadito le già note proposte: creazione di zone

l’ipotesi di un trattato di pace unilaterale con la Germania est, che avrebbe consegnato in definitiva nelle mani di Pankow la decisione ultimativa circa «guerra o pace».

468 Cfr. Resoconto segreto del colloquio tra il ministro Gromyko e l’ambasciatore Carlo Alberto Straneo, 19/7/1961,

in AVP RF, F. 098, op. 44, p. 261, d. 3, ll. 1-3.

469 Cfr. Materiali preparatori ai colloqui con il presidente del Consiglio dei ministri A. Fanfani, segreto, in AVP RF,

F. 098, op. 44, p. 262, d. 16, ll. 12-15. Il documento è citato, con alcune imprecisioni, in I.A. Chormač, SSSR – Italija

i blokovoe protivostojanie v Evrope, pp. 732-735.

470 Cfr. Materiali per il colloquio con il presidente del Consiglio italiano Fanfani sulla conclusione dell’accordo di

pace con la Germania e la normalizzazione delle condizioni di Berlino Ovest, segreto, 5/7/1961, in AVP RF, F. 098, op. 44, p. 262, d. 16, ll. 24-29.

471 Cfr. Materiali preparatori ai colloqui con il presidente del Consiglio dei Ministri A. Fanfani, segreto, in AVP RF,

F. 098, op. 44, p. 262, d. 16, ll. 12-15.

reciprocamente controllate in Europa, rimozione dei contingenti militari di paesi stranieri sui territori degli stati europei, creazione di una zona denuclearizzata nel centro dell’Europa.

Per ciò che concerneva le relazioni bilaterali, Mosca avrebbe sostenuto un incremento dei rapporti commerciali dicendosi disponibile ad aumentare le forniture di quei materiali di cui necessitavano le rispettive economie. Era intenzione del Cremlino spiegare a Fanfani che l’Unione Sovietica sarebbe stata pronta ad elaborare dei piani di produzione rispondenti ai bisogni italiani e, se la controparte italiana avesse visto di buon occhio tale eventualità, proporgli di iniziare il lavoro di analisi degli esperti per un accordo commerciale della durata di 10-15 anni. Oltre agli scambi economici, il ministero degli Esteri sovietico aveva fissato tre punti da esporre a Fanfani in sede di colloqui sulle questioni bilaterali. Il primo riguardava le basi americane: Mosca riteneva inammissibile la creazione di basi sul territorio italiano in assenza di alcuna reale minaccia. Roma, peraltro, era tenuta a considerare che, in caso di conflitto, l’URSS avrebbe adottato le necessarie misure contro l’Italia per liquidare tali basi. Il secondo si riferiva all’ipotesi che circolava, da parte italiana, di fornire una base in Sardegna per l’addestramento delle forze armate della Germania occidentale. In caso di una simile eventualità si sarebbe favorito il “ristabilimento delle forze revansciste” e, oltretutto, l’Italia avrebbe infranto l’articolo 69 del Trattato di pace, secondo il quale l’Italia non poteva formare militari che fossero stati o fossero cittadini della Germania. Il terzo riguardava la creazione di una zona denuclearizzata nei