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Sono ormai molti anni che le riflessioni sulla pedagogia di genere e gli interventi sulle pari opportunità si sono incontrati negli spazi nella letteratu- ra pedagogica interculturale25. Se in un primo momento è stata messa in

24 UNESCO, Guidelines for inclusion: Ensuring Access to Education for All, Paris,

UNESCO, 2005.

25 Cfr. S. Ulivieri, Educare al femminile, Pisa, ETS, 1995; C. Covato, S. Ulivieri (a cura

di), Itinerari nella storia dell’infanzia: bambine e bambini, modelli pedagogici e stili educa-

evidenza la necessità di indagare il fenomeno migratorio che ha caratteriz- zato il mondo femminile disegnando le traiettorie percorse, le origini cultu- rali e le differenti modalità di inserimento nel mondo del lavoro, negli ulti- mi anni è emerso anche il bisogno di indagare sul contributo di questo al rinnovamento e al pluralismo nei differenti ambiti della società. È stato re- centemente calcolato26 che circa cento mila donne straniere hanno dato vita

ad altrettante imprese nelle differenti regioni, investendo sul terziario. En- trate nei differenti settori dell’impresa le donne hanno più successo ed han- no resistito al colpo inferto dalla crisi economica e dei mercati. Nonostante la presenza diffusa in tutte le regioni di queste esperienze, che si intrecciano comunque con quella dell’imprenditoria femminile delle donne italiane, ri- mane ancora molto diffusa la rappresentazione della donna straniera lavora- trice impegnata soprattutto nelle professioni di cura e di assistenza.

Per quanto le organizzazioni internazionali siano impegnate da anni a so- stenere che l’uguaglianza di genere è una priorità sia globale che locale, so- no ancora molto diffuse le forme di discriminazione nei confronti del gene- re femminile, discriminazioni che si concretizzano in diverse forme di vio- lenza culturale e strutturale, praticate spesso fin dalla nascita con modalità e intensità differenti in relazione ai contesti ed ai modelli culturali che le pro- ducono27. La questione di genere mette quindi in evidenza, gli sforzi e le

strategie orientati a promuovere il diritto di tutti all’istruzione e volti a sup- portare in ogni contesto il diritto al benessere, alla salute, al raggiungimento del successo personale e alla libertà di pensiero e di parola. Impegni impor- tanti che vengono esplicitati chiaramente nella descrizione degli otto obiet- tivi per lo sviluppo del Nuovo Millennium,28 e che considerano prioritario

intervenireper migliorare e garantire le opportunità di vita delle donne e il loro successo personale perché la loro condizione di benessere è considera- ta una garanzia per il futuro a breve e lungo termine.

Nel contesto italiano il problema si incentra sulla qualità del lavoro edu- cativo che deve mirare ad affrontare con sistematicità e impegno quotidia- no, la decostruzione di stereotipi maschili e femminili che condizionano le relazioni, le esperienze di crescita e i vissuti dei bambini e degli adolescen- ti. Stereotipi che poi diventano modelli che gli stessi mass media fanno

Milano, Guerini Scientifica, 2007; F. Cambi, G. Campani, S. Ulivieri (a cura di), Donne mi-

granti. Verso nuovi percorsi formativi, Pisa, ETS, 2003.

26 Confcommercio. Impresa per l’Italia 10.06.2011 http://www.confcommercio.it/-/le-

imprenditrici-straniere-investono-sul-terziario

27 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunità,

http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/home/dossier.

28 Women Children first http://www.womenandchildrenfirst.org.uk/what-we-do/key-

issues/the-millenium-development; UN Millennium development goals 2015 http://www.un.org/millenniumgoals/.

propri per diffondere a rinforzare forme di controllo e di malessere sociale che spesso rimangono, impunemente nascosti nella violenza domestica, nello sfruttamento e nell’abuso familiare. Far acquisire una chiara consape- volezza sul problema della violenza tra le mura domestiche, nel luogo di lavoro, per la strada, negli ambienti sportivi e nei luoghi religiosi, è sempre più necessario per creare l’empatia contro l’omertà e contro la paura che rende spesso immobile e passiva la vittima.

La pedagogia di genere ha anche fatto luce su come, nell’incontro tra culture diverse, sia necessario riflettere sui diritti di libertà, di scelta e di parola, sulle pari opportunità, sulla partecipazione, sul successo, sulla ma- ternità responsabile, sulla ricerca dell’autonomia, e dell’autorealizzazione di se stessi come diritti fondamentali. Nell’incontro tra le culture emerge spesso la discordanza tra comportamenti e azioni che nel favorire i processi di integrazione, non ravvisano la presenza di rigidità di certi modelli cultu- rali che mantengono in condizione subalterna e di violenza culturale, fisica e psicologica le donne. Considerare le questioni relative al genere, all’interno del dibattito interculturale richiede che ci si interroghi anche su come coinvolgere e dare spazio alle differenti presenze etniche e culturali che abitano e sono parte del territorio, anche se queste si rifanno, talvolta, a regole e sistemi che sostengono forme di discriminazione nei confronti del- le bambine, delle donne ma anche dei bambini e dei giovani in senso più ampio. ‹‹Se lo si analizza più accuratamente, risulta difficile conciliare il multiculturalismo con le convinzioni egualitarie. In fondo, alcune culture non accettano, nemmeno in linea teorica, il principio secondo cui le persone hanno diritto allo stesso rispetto e alla stessa cura (e, comunque non esiste una cultura che mette pienamente in pratica questo principio). Appaiono inoltre particolarmente acute le tensioni rispetto ai modi adeguati di trattare le donne››29. Il riferimento alla differenza di trattamento delle bambine, del-

le ragazze e delle donne implica la necessità di tenere conto delle pratiche quotidiane, come quelle che riguardano la nutrizione, la salute, il lavoro, la libertà di scelta, i diritti patrimoniali, la negazione delle opportunità forma- tive, sapendo anche delle gravi situazioni di violenza e di sfruttamento ses- suale e non, alle quali molte bambine sono sottoposte fin da piccole30.

29 J. Cohen, M. Horward, M. C. Nussbaum, Introduzione, in S. M. Okin, (a cura di), I di-

ritti delle donne e multiculturalismo, Raffaello Cortina Editore, 2007, p. XVIII.

30 La necessità di dedicare una giornata mondiale al problema delle bambine e delle ra-

gazze, il cui lancio del programma è avvenuto lo scorso 11 ottobre del 2012 a Ginevra http://www.un.org/en/events/girlchild/ 66/170 International Day of the Girl Child, il tema che è stato scelto per l’anno in corso è quello di salvare le bambine dalla piaga sociale del matrimonio precoce. Tale pratica risulta ancora presente anche nella realtà italiana soprattutto in quei contesti dove le bambine, non essendo riconosciute come cittadine italiane, entrano nel circuito delle pratiche tradizionali dei contesti di provenienza.

Problemi di violenza e discriminazione sono quindi ancora largamente diffusi su tutto il pianeta. Una pratica sociale che riguarda circa 70 milioni di bambine nel mondo, Cina esclusa, è quella del matrimonio precoce. No- nostante sia una pratica proibita dal diritto internazionale31 e dai singoli Sta-

ti, il fenomeno è molto esteso a causa di norme sociali, consuetudini cultu- rali ed indicazioni religiose. Il matrimonio precoce implica tutta una serie di aspetti che ledono i diritti delle persone interessate e che esprimono chia- ramente l’attualizzarsi di pratiche di violenza strutturale e culturale. Lo sposarsi in giovane età ha delle conseguenze su tutto lo sviluppo della bambina e della ragazza. Diverse sono le sofferenze a cui tale situazione condanna la persona32. Dal punto di vista pedagogico, interessa considerare

i gravi danni che le bambine subiscono alla formazione e alla crescita dei conoscenze e delle competenze utili per la realizzazione di una vita auto- noma e autodeterminata, non dipendente e costretta. La priorità data al col- legamento tra parità di genere e educazione deve quindi articolarsi e defi- nirsi secondo i differenti contesti. Questo significa che debbano essere con- siderate, sia le difficoltà che e gli ostacoli che impediscono soprattutto alle bambine e alle ragazze l’accesso all’educazione formale, ma anche gli aspetti di potenzialità presenti e operanti nelle culture di riferimento. Signi- fica altresì comprendere quali modelli, contenuti e metodologie educative l’educazione formale trasmette ed utilizza nel suo fare scuola. Il rispetto numerico dell’uguaglianza di genere alla scuola, non è sufficiente a garanti- re una cultura di parità sia di genere che di opportunità. Diventa quindi es- senziale chiarirsi su quali aspetti viene considerata l’uguaglianza e se, su questa uguaglianza, vengono posti dei parametri che implicano una nega- zione stessa degli obiettivi della progettazione e degli interventi. Quando i modelli culturali di riferimento o i contenuti presenti nei testi scolastici continuano a tramandare e comunicare riferimenti di diseguaglianza e di- sparità di genere, o anche di riferimento a ruoli specifici, allora l’obiettivo di sradicare l’analfabetismo risulta parziale al raggiungimento della parità di genere.

Sono questi aspetti poco visibili, ma comunque presenti con modalità diverse a seconda delle pratiche tradizionali e culturali utilizzate, anche nel- la realtà italiana dove si sono verificati casi di trasferimento di bambine perché promesse in sposa in qualche luogo lontano.

UNICEF - Bambine non spose - iniziativa UNICEF contro i matrimoni precoci: http://www.unicef.it/doc/4605/matrimoni-precoci-una-violazione-dei-diritti-umani.htm.

31 UNHR, Convention on Consent to Marriage, Minimum Age for Marriage and

Registration of Marriages, 521 U.N.T.S. 231, entered into force, Dec 9, 1964. http://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/MinimumAgeForMarriage.aspx.

La riflessione su questa tematica, che apparentemente sembra marginale dato che i casi sembrano essere alcune decine, deve comunque mettere in allarme tutta la società per impedire e punire ogni tipo di comportamento, come sancito nel Protocollo opzionale alla Convenzione dei Diritti dell’Infanzia, che non tuteli le bambine che “maggiormente sono esposte al rischio di sfruttamento sessuale”33. Nelle tematiche dell’educazione inter-

culturale questo tema appare scottante perché affronta gli aspetti della ses- sualità, dell’organizzazione della casa, del matrimonio, del divorzio, dell’educazione dei figli. Chi entra in questi dibattiti, sa che può toccare dimensioni difficili da trattare anche per le stesse donne.

Come ben evidenzia Campani, nel processo migratorio e di cambiamen- to culturale e sociale, le donne vivono non solo una doppia condizione di sfruttamento, ma sono anche impegnate, sicuramente più degli uomini a fa- re fronte a dei profondi conflitti che la nuove esperienze di incontro cultu- rale possono aprire. Molte donne, madri, nonne hanno bisogno di spazio e tempo per chiarire quali sono i loro comportamenti, le abitudini, le pratiche dove queste vengono evitate e condannate. I significati attribuiti ai gesti e alle pratiche sono differenti da situazione a situazione, da caso a caso. Le culture non sono monolitiche, nel loro interno si presentano con tanti per- corsi e con tanti significati diversi, che solo una visione stereotipata che ve- de tutto un gruppo utilizzare un solo modello di comportamento, blocca in modo rigido. Le motivazione per cui le donne musulmane portano il velo34,

o le differenti forme di copertura del volto e dei capelli sono differenti da situazione a situazione e come è stato già accennato, i significati attribuiti sono molteplici e diversi. Il bisogno di sentirsi in qualche modo protetta, di sentirsi a proprio agio sotto qualcosa che nasconde, di mantenere il rispetto per la tradizione o per l’appartenenza ad un gruppo, di differenziarsi tra una generazione all’altra, di rimarcare la provenienza territoriale ecc. caricano il

velo di molteplici significati. Perché il velo non viene visto come un pro-

blema dalle donne che scelgono di mettere il velo per riconoscersi apparte- nenti ad un ordine religioso? Sostanzialmente anche loro si coprono allo stesso modo con cui alcune donne musulmane utilizzano lo hijab. ‹‹All’interno del pensiero femminista le donne non occidentali non trovano spazi per esprimere lo loro esperienza, anzi, sono sempre stereotipate: la donna asiatica, specialmente se musulmana, è vista come passiva, vittima di pratiche oppressive all’interno della famiglia; la donna Afro-caribena è in-

33 Nazioni Unite, Protocollo Opzionale alla convenzione sui diritti dell’infanzia, sulla

vendita dei bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia rappresentante i bambini, 2000, ratificato in Italia con la legge 11 marzo 2002.

34 Cfr. G. Campani, Perché siamo musulmane: voci dai cento Islam in Italia e in Europa,

vece dominante, capo-famiglia, ma, nonostante la sua forza, è vittima del sessismo che caratterizza le relazioni tra gli uomini e le donne nel Caribe. Le donne non occidentali fanno fatica a capire l’isteria nel movimento delle donne occidentali intorno a temi come i matrimoni combinati, il velo, le famiglie monoparentali (con la donna capo-famiglia). In realtà questo at- teggiamento dipende da una certa idea - occidentale- di quello che è il bene o il male per la donna e per la famiglia. Purtroppo il tema della famiglia è estremamente rivelatore delle contraddizioni e del rischio di stereotipare in cui un certo tipo di femminismo può incorrere››35.

Rimane quindi sullo sfondo il problema di comprendere come certi mo- di di vedere e certe rappresentazioni dell’altro entrino in azione dentro le relazioni educative nella scuola come in altri contesti non formali. Così come avviene nel mondo adulto, il processo di integrazione richiede spesso, anche alla luce della tolleranza, che chi è considerato diverso intraprenda il percorso che lo porta ad adeguarsi alle forme culturali ospitanti. Utilizzare forme di controllo, esclusione e separazione sociale, piuttosto che di coin- volgimento e partecipazione, è indicatore di debolezza, scarso rispetto del pluralismo e dei principi democratici. ‹‹Se la questione del velo [per ri- prendere sopra] sia un problema di simboli oppure un obbligo religioso può essere oggetto di deliberazione isolata di ciascuno degli attori, - persone, gruppi, istituzioni - coinvolti nei problemi nei vari contesti, dalla Francia alla Turchia, dall’ Egitto allo Yemen, ma il significato storico concreto della pratica e del suo divieto viene costruito nel confronto e nello scontro tra i diversi attori che danno senso, nella loro esperienza quotidiana, alle prati- che e ai simboli oggetto del conflitto [...] Le situazioni in cui ci troviamo immersi nella vita quotidiana non sono dati oggettivi su cui ogni spassiona- to osservatore potrebbe dare il suo giudizio. Sono invece contesti in cui so- no presenti opportunità e rischi che i differenti agenti colgono a seconda delle risorse che sono in grado di mobilitare››36.

Riflettere sulle problematiche interculturali porta a considerare la neces- sità di fare luce anche sugli stereotipi maschili e femminili che stanno den- tro le quotidiane azioni educative. Le diversità possono anche dare gli ele- menti per la formulazione dei pregiudizi negativi che, trasformarti in ste- reotipi, giustificano le differenti forme di discriminazione. È questo un mo- dello facilmente trasferibile nel trattare ingiustamente una persona o un gruppo. Le bambine, le ragazze e le donne sono molto spesso, ancora in

35 Cfr. G. Campani, Genere, etnia e classe: categorie interpretative e movimenti femmi-

nisti, in F. Cambi, G. Campani, S. Ulivieri (a cura di), Donne migranti. Verso nuovi percorsi formativi, Pisa, ETS Edizioni, 2003, p.65.

36 G. Mantovani, Intercultura. È possibile evitare le guerre culturali? Bologna, Il Muli-

molte zone del pianeta, le prime ad essere sottoposte a forme di discrimina- zione, esclusione, abuso e sfruttamento, sia durante i conflitti armati che in assenza di questi.

Anche l’Unione Europea37, con la Carta europea per l’uguaglianza di

donne e uomini e nella vita locale e regionale e con la promozione di attivi-

tà e di strategie rivolte al sostegno delle uguali opportunità tra donne e uo- mini considera prioritario investire sullo scambio tra gli stati membri, di esperienze e buone pratiche, al fine di adottare nuove e più efficaci politi- che di genere. È sempre più urgente un intervento capillare e diffuso di nuove progettazioni educative e formative che, entrando in tutti gli spazi del sociale e del culturale sappiano realmente promuovere e perseguire la parità di diritti, di rappresentanza sociale e di conoscenze e competenze per le donne e per gli uomini.