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Come si manifestano nell’azione?

Il posizionamento dell’opera

5. I formati pedagogic

5.4. Come si manifestano nell’azione?

La ricerca sull’azione ha individuato differenti serie di formati pedago- gici connotati dall’essere persistenti nel lungo periodo e diffusi largamente sul piano spaziale. Essi investono l’attività nella sua esplicitazione entro il processo di insegnamento-apprendimento secondo le varie prospettive da cui viene osservata e presa in carico.

La letteratura francofona, che colloca l’azione didattica entro un conte- sto di analisi di tipo ergonomico, li evidenzia nelle situazioni interattive che si realizzano tra docente e discente in sequenze didattiche co-attive e ne in- daga gli aspetti visibili che producono azioni e reazioni congiunte. Veyru- nes (2016) indica come i principali per tenuta cronologica, riconoscimento ad essi conferito dagli alunni e pervasività del tempo scolastico il cour dia-

logué (la lezione partecipata), il lavoro individuale scritto e il cour magi- stral (la lezione frontale). Talvolta si configurano, nell’azione in classe,

delle concatenazioni di formati o degli intrecci consequenziali: è il caso del

passage dans le rangs (passaggio tra i banchi)1 da parte dell’insegnante,

che è il formato che solitamente si accoppia con quello del lavoro indivi- duale scritto.

Nel portare alla luce tali formati, vengono rimarcati essenzialmente gli aspetti di immobilismo che essi impongono alla pratica, a prescindere dalle istanze riformatrici portate nei sistemi scolastici a livello istituzionale.

Di fatto vengono investiti di un portato negativo, in quanto rappresentano una falsa rappresentazione di false credenze da parte degli insegnanti che li mettono in atto: la lezione dialogata ingenera l’illusione di uno spazio di azione ampio concesso allo studente (una pedagogia falsamente attiva, se- condo Veyrunes), che tuttavia provoca diseguaglianze tra gli alunni (Bonne- ry, 2015), sostiene lo sviluppo di competenze di basso livello o di soft skills, funzionali non all’apprendimento ma alla soddisfazione di una aspettativa dell’insegnante, attraverso la posizione di domande prevalentemente chiuse o falsamente aperte che privilegiano l’avanzamento dell’attività piuttosto che la sua efficacia apprenditiva.

La lezione frontale ed il lavoro individuale scritto invece rappresentano la dimensione conservatrice dell’insegnamento e sono anch’essi formati porta- tori di ineguaglianze in quanto non tengono conto delle esigenze individuali degli alunni perché pensati per una platea generalizzata ed indistinta.

1 I formati utilizzati come esempio vengono riportati in francese in quanto desunti da

processi di ricerca descritti in letteratura da Philippe Veyrunes e colleghi, i quali li identifi- cano come vere e proprie unità di azione (tali autori ne citano le definizioni sempre virgolet- tate, come se fossero titoli attribuiti a precisi momenti dell’azione).

Tale panorama è sicuramente importante per l’identificazione e la defi- nizione dei formati pedagogici entro il contesto dell’azione, tuttavia appare possibile superare la visione di non efficacia ad essi attribuita e prenderli in considerazione in un orizzonte più vasto, facendo un passo avanti nel ruolo che essi possono avere in termini di trasformatività delle pratiche e delle posture dei docenti.

Il primo riposizionamento della loro connotazione e presa in carico ri- guarda l’attenzione agli scopi ed agli obiettivi, sia impliciti che espliciti, che il docente assegna a priori, in sede di progettato, ed a posteriori, nel ri- percorrimento dell’agito, alle situazioni didattiche entro cui si manifestano. In questo senso è possibile ipotizzare che essi non riguardino solamente la sfera della relazione tra docente e discente, ma che vada riportato entro il campo di indagine che li riguarda anche il terzo elemento della triade che compone il processo di insegnamento-apprendimento, ovvero l’oggetto cul- turale.

Uno sguardo plurale che comprenda anche le didattiche disciplinari in- fatti consente di affermare che ve ne siano alcuni strettamente connessi alla struttura epistemologica delle discipline e derivino anche dalla logica inter- na alla disciplina stessa. In questo senso nello studio della pratica insegnan- te rappresentano un importante punto di congiunzione tra didattica e didat- tica delle discipline, in quanto può essere osservato come la rappresenta- zione che il docente ha di alcuni nodi essenziali e della struttura della disci- plina stessa, ma anche delle metodologie e del sistema dei mediatori che nella sua convinzione sono necessari o sufficienti affinché la disciplina sia insegnata e quindi appresa.

Sono esempi di tali connessioni il formato che Santagata e Barbieri (2005) desumono dalla didattica della matematica, ovvero la dimostrazione scritta alla lavagna da parte singolo alunno mentre la classe assiste. Secon- do gli autori tale formato ha una connotazione profondamente identitaria del contesto italiano e consente di affermare che i docenti di matematica italiani preferiscono un’istruzione rivolta alla classe intera ad una indivi- dualizzata.

Nella disciplina storia, in particolare alla scuola primaria, il formato di riferimento è il Quadro di Civiltà (Mattozzi, 2013), che si configura conte- stualmente come elemento organizzatore del sapere storico e dell’attività degli alunni in classe.

Osservato nella prassi esso si configura come formato pedagogico in quanto il docente vi ricorre in ogni momento in cui si trova ad affrontare il concetto di civiltà, tuttavia ne utilizza lo strato superficiale, ovvero la sua struttura, pensata ai fini della tematizzazione, a scopi procedurali: come ve-

dremo negli esempi tratti dalla pratica, presenti nel capitolo n. 7, esso di- venta una forma di sintetizzazione e ripercorrimento di conoscenze altri- menti apprese, in genere attraverso il libro di testo.

Oltre a questo si possono individuare formati pedagogici nell’ insegna- mento della lingua italiana, come quello che si attiva nei compiti che ri- chiedono la comprensione di un testo scritto e che prevede la successione: divisione in sequenze – titolazione delle sequenze – ricerca di parole chiave – sintesi. Accanto a questi, spesso a questi intrecciati, vi sono poi formati di tipo operativo e metodologico, come quello che regola il lavoro di gruppo (inteso come prassi ingenua, al di fuori dalle regole codificate del Coopera- tive learning): divisione di materiali tra i gruppi – lettura dei materiali – sin- tesi scritta dei materiali – condivisione della sintesi tra i gruppi – map- pa/schema riassuntivo della condivisione. Anche in questo caso il lavoro di gruppo passa dall’essere metodologia di apprendimento con proprie regole e modalità ad organizzatore dello spazio-tempo di classe (Emmer & Stough, 2001).

5.5. La riflessione sui formati pedagogici per la professio-