Il posizionamento dell’opera
3. La ricerca/formazione per gestire la complessità
3.6. Il ruolo del ricercatore-formatore
Il ricercatore nell’ambito dei percorsi di ricerca/formazione si trova im- plicato in un orizzonte di pluralità che ne complessifica il ruolo, richieden- do una sorta di polimorfismo nelle posizioni che di volta in volta si trova ad occupare e nei compiti che deve gestire.
Intanto, facendo ricerca con e non sugli insegnanti, proprio per il carat- tere collaborativo, è partecipante del percorso e vi è quindi immerso come soggetto attivo non come analizzatore-osservatore distaccato. L’essere nel contesto lo obbliga a rivedere il suo ruolo e ad esercitare una continua sor- veglianza su se stesso rispetto all’atteggiamento che assume ed alle scelte che opera, in quanto questi elementi devono essere armonizzati tanto con il divenire del percorso quanto, soprattutto, con le reazioni e le posizioni degli altri partecipanti.
Secondo Saint-Arnaud (1993), il ricercatore deve possedere una inclina- zione ed una predisposizione alla collaborazione, unitamente alla disponibi- lità a riconoscere e dare valore alle conoscenze ed all’expertise dell’altro, anche se distanti e diverse dalle proprie.
L’altra competenza necessaria è quella di riflettere in azione per regola- re non l’azione, ma il proprio posizionamento rispetto alla situazione (Bar- ry, & coll., 2016): cogliere elementi di contesto e feedback anche impliciti da parte degli altri partecipanti gli permette infatti di ristrutturare e riposi- zionare continuamente le istanze di ricerca ed il percorso di formazione.
Rispetto ai compiti che è chiamato a svolgere, egli è sicuramente orga- nizzatore perché si fa carico di raccogliere ed orientare i bisogni dei pratici e di stendere il piano della ricerca, sottoponendolo alla validazione del gruppo, partecipando alla sua discussione e riallineandolo in versione defi- nitiva. Spesso organizza anche gli aspetti logistici, il calendario, la durata e il focus degli incontri, di concerto con tutti i soggetti coinvolti. Si occupa di fatto di prendere decisioni: selezione in fase di co-operazione gli strumenti ed i dispositivi che saranno utilizzati, rende conto della teoria di riferimento e fa sì che essa sia adatta al percorso ed ai soggetti partecipanti.
La duplicità tipica della ricerca/formazione ne fa inoltre contestualmente ricercatore e formatore. In posizione di ricerca egli procede con le consuete operazioni di raccolta, interpretazione, analisi e restituzione dei dati, ma condividendo la prospettiva teorica con i pratici e facendo sì che il sapere prodotto sia allineato con tale prospettiva, attraverso passaggi rigorosi.
Mentre agisce in questo senso, è tuttavia anche formatore (Altet, 2009), in modo indiretto nel momento in cui si pone come guida o facilitatore per la riflessione e l’analisi, attività che comunque funzionano da formazione
professionale per i pratici, in modo diretto nel momento in cui dirime que- stioni che gli vengono poste dal gruppo, propone modelli e compiti da spe- rimentare nella pratica, suggerisce linee teoriche attraverso cui sia possibile agli insegnanti interpretare le situazioni.
Il suo ruolo di formatore si inquadra nell’ambito più ampio delle prassi educative, di cui egli deve aver presente i risvolti etici e deontologici, so- prattutto nel momento in cui deve entrare nell’azione ed avere un contatto diretto anche con gli studenti, sia perché ne prende in carico gli artefatti, sia perché li osserva direttamente in aula. Nonostante egli non debba entrare nelle dinamiche del processo di insegnamento-apprendimento, è impensabi- le che, soprattutto nel caso di percorsi lunghi e ripetuti con gli stessi gruppi di alunni, non si costruisca un rapporto di empatia e di familiarità all’interno del quale venga riconosciuto o individuato come educatore.
La complessità nella gestione dei diversi ruoli può essere sintetizzata in due atteggiamenti che il ricercatore può tenere: quello di partenariato e quello di mediazione.
Il partenariato «implica l’emergenza di una simbiosi graduale in cui cia- scuno conserva una propria identità: la sua cultura e le sue preoccupazioni rimangono. Nello stesso tempo, si costruisce una sensibilità verso l’altro ed una migliore capacità di comunicare reciprocamente, il vocabolario si mo- difica e si elabora una cultura vicina ai colleghi (il passaggio dall’io al noi) attraverso la messa in opera di un sistema temporaneo di ricerca» (Savoie- Zajc et Dolbec, 1999, p. 134).
Questo rapporto duale simboleggia il legame che tali modelli di ricerca costruiscono tra mondo della scuola e mondo dell’università: anche in que- sto senso il ricercatore ricopre una importanza fondamentale, quella di me- diazione tra le due culture, al fine di creare un punto di convergenza e smontando i reciproci pregiudizi, per costruire un’unica comunità di ricer- ca. In questa pluralità di ruoli e di funzioni il ricercatore assume uno spazio di azione più o meno ampio all’interno del processo, tuttavia, anche nel momento in cui è investito di maggior potere a livello decisionale ed opera- tivo, una parte del suo ruolo è sempre devoluto al pratico, perché non si perda il senso del procedere con. Nel processo partecipato il ricercatore de- ve rammentare il suo compito più specifico, ovvero produrre saperi scienti- fici, in funzione del quadro teorico che egli, come decisore, ha scelto di adottare e per redigere i quali necessita di momenti di distacco e distanzia- mento rispetto all’immersione precedentemente esperita.
Resta dunque una certa asimmetria nel rapporto tra gli attori che è co- munque indispensabile per rispettare gli scopi dei processi ispirati alla ri-
cerca: produrre saperi scientifici per la ricerca, produrre arricchimento delle pratiche didattiche per la scuola (Roditi, 2015).