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L'azione organizzata

Il posizionamento dell’opera

4. Le forme organizzate dell’azione

4.1. L'azione organizzata

Le più comuni teorie sull’azione legate agli aspetti cognitivi ed alla con- cettualizzazione dell’azione stessa si concentrano sull’individuazione di elementi organizzatori dell’azione. Questi elementi permettono da un lato

di scendere in profondità nell’analisi, dall’altro di individuare dei pattern autoconclusivi portatori di elementi di significatività per il soggetto che li mette in atto.

Secondo Piaget (1968) l’organizzazione dell’azione è infatti guidata da una logica interna al soggetto, che si evolve e si compie parallelamente all’evoluzione ed alla maturazione dello stesso. Egli teorizza la presenza di schemi d’azione che rappresentano la struttura dell’azione stessa, intesi come ciò che è ripetibile, trasponibile e generalizzabile all’interno dell’agire. Gli schemi dell’individuo si incontrano con gli oggetti variabili esterni ad esso ed attraverso procedure di assimilazione, accomodamento ed adattamento si ristrutturano, si risistemano o se ne generano di nuovi.

Di fatti lo schema piagettiano ha la funzione di far interagire l’individuo con il mondo sulla base delle esperienze precedenti ed ha un valore profon- damente trasformativo, in quanto la ricerca di equilibrio e di coerenza insita nei processi conoscitivi propri dell’uomo lo porta a cambiare l’ambiente esplorandolo ma anche a cambiare se stesso nel corso di tale esplorazione.

Se lo schema d’azione è un programma di tipo percettivo e motorio, ac- canto ad esso l’individuo, nel suo percorso conoscitivo, mette in atto anche schemi di tipo anticipatorio ed esplicativo che gli permettono di giungere, sia pur attraverso azioni non coscienti, alla presa di coscienza (Piaget, 1974). La presupposta struttura stadiale della conoscenza umana rende tali tipologie di schemi consequenziali e sostanzialmente inevitabili nel corso del processo di maturazione, legati più all’evoluzione naturale dell’individuo che al suo ac- coppiamento con la situazione.

Il superamento delle teorie dell’evoluzione delle modalità apprendimen- to in base a tappe legate all’età consente di ripensare modi e tempi di strut- turazione e modificazione degli schemi.

L’organizzazione dell’azione può essere osservata, secondo le teorie dell’azione situata (Béguin & Clot, 2004), nel mondo esterno al soggetto, in quanto realizzata nella situazione. L’accento in questo caso è posto sull’interazione tra individuo ed ambiente ed il corso dell’azione si configu- ra come un processo di adattamento vincolato alle contingenze materiali e sociali, quindi realizzato in maniera casuale, senza una consequenzialità o un andamento prestabiliti.

Anche l’idea dell’azione situata viene superata dalla teoria della cognizio- ne situata, posta dall’approccio ecologico. In questo caso sono le affordan-

ces1 a rappresentare le invarianti permanenti delle situazioni e diventano gli

elementi organizzatori delle condotte del soggetto in relazione al mondo. Le teorie enattivistiche a questo proposito sono mediatrici tra la visione piagettiana, di un individuo che produce e ristruttura schemi organizzatori e la visione situazionista, di un ambiente che impone schemi organizzatori. L’enattivismo infatti, come è stato chiarito nel primo capitolo, ritiene indis- sociabile la relazione tra azione e rappresentazione, quindi in base a tale let- tura il soggetto assimila l’oggetto con cui entra in contatto entro le sue co- gnizioni mentali che lo modificano, ma allo stesso tempo si modificano, producendo nuovi dispositivi e schemi epistemici.

Lo schema in quanto organizzatore dell’azione è elemento imprescindi- bile per analizzare l’attività umana. Secondo Vergnaud (1996) esso rappre- senta una totalità dinamica funzionale che si pone come organizzazione in- variante dell’attività entro una classe definita di situazioni, articolata in quattro categorie: lo scopo, le regole d’azione, le invarianti operatorie e le inferenze possibili.

Lo scopo è la parte intenzionale e motivazionale dello schema, che può precedere oltre che accompagnare l’agire.

Le invarianti operatorie sono concetti in atto, atti alla selezione delle in- formazioni pertinenti dalla situazione e teoremi in atto, che fondano l’organizzazione dell’azione, la presa di informazione, l’anticipazione e la regolazione. Tra concetti e teoremi c’è un’interdipendenza funzionale: i primi vengono elaborati durante l’attività e sono strumenti per la gestione dell’azione, i secondi danno la coerenza interna all’azione. Le invarianti operatorie dunque servono per concettualizzare e fare inferenze funzionali per l’andamento dell’azione, che ne è così controllata ma anche generata nella sua sequenzialità (si vedano i paragrafi 1.2 e 1.3).

Le inferenze sono la chiave dell’adattamento dello schema alla situazio- ne, che permette la ristrutturazione e la rigenerazione dello schema stesso. Rappresentano la componente che prende in carico l’imprevedibilità, l’incertezza, la novità e sottrae lo schema ad una dimensione automatica e meccanica. Sono prodotte dalla reazione del soggetto nei confronti delle variabili della situazione e nella loro continua messa a sistema, in un conte- sto dinamico ed in continua revisione.

1 L’affordance (Gibson, 1977) è la possibilità di azione insita negli oggetti. Non si tratta

tuttavia di semplici proprietà fisiche, ma sono interrelazioni intrinseche che si stabiliscono tra oggetti ed ambiente, sulla base delle teorie dell’Ecological Psychology. Il concetto è sta- to fatto proprio e definito successivamente da una serie di studi di ambiti differenti: la robo- tica, gli studi sull’embodiment, gli approcci enattivi e le filosofie post cognitiviste.

Le regole d’azione rappresentano la traduzione pragmatica dei teoremi in atto, riguardano l’adattamento dei soggetti alle situazioni non limitato alla dimensione osservabile, ma prendendo in carico anche le inferenze ri- spetto al futuro e la memoria delle esperienze passate, in quanto riguardano i processi di regolazione.

La relazione dialettica tra situazione e schema è centrale per l’analisi dell’attività: infatti non c’è schema senza situazione, ma è lo schema che permette di collocare la situazione stessa entro una classe generale e non univoca. Prendendo l’esempio delle situazioni di apprendimento, esse sono organizzate in schemi apprenditivi e modalità di apprendimento (D’Amore, 2011); gli schemi possono essere intenzionali e quindi cercati da parte dell’individuo (routines), altre volte sono impliciti nei processi (invarianti operatorie), altre ancora sono il prodotto di ingegnerie didattiche come condizioni favorevoli all’uso e alla produzione originale di una conoscenza. Infine possono essere microstrutture dell’attività che ricorrono in manie- ra non solo implicita ma anche non completamente cosciente, dotate di un proprio senso intrinseco spesso non del tutto spiegabile e cognitivamente percepibile dall’attore: è il caso dei formati pedagogici.

Nei contesti pratici accanto allo schema, che restituisce la dimensione della rappresentazione, è possibile prendere in considerazione un altro ele- mento organizzatore della situazione, ovvero i concetti organizzatori, che nascono come concetti pratici direttamente dall’azione o come concetti pragmatizzati, dalla trasposizione in pratica di una teoria. I concetti orga- nizzatori hanno, a differenza degli schemi, un portato di tipo sociale in quanto riconosciuti dalla comunità professionale e sono condivisi dai com- ponenti della comunità attraverso le pratiche in maniera non sempre esplici- ta e cosciente.

Il formato pedagogico partecipa quindi delle qualità dello schema e di quelle del concetto organizzatore, proprio nel suo essere contemporanea- mente individuale e collettivo, come sarà chiarito nel capitolo 5.

I concetti organizzatori vengono inoltre investiti di una efficacia pratica e spesso rappresentano gli elementi in base ai quali viene svolta la diagnosi della situazione e la conseguente presa di decisione: di fatto attivano un re- pertorio di regole di azione in base alla classe di situazioni entro la quale la situazione presente viene ricondotta.

L’analisi della pratica insegnante quindi per far emergere le concettua- lizzazioni sottese all’azione deve focalizzarsi sugli schemi e sui concetti organizzatori, ma anche sugli altri elementi di ricorsività che consentono di enucleare le regolarità assegnatarie di senso all’interno del processo di in- segnamento.

4.2. La situazione

Gli organizzatori dell’azione sono dunque connessi intimamente con la situazione e contribuiscono all’emersione del sapere tacito insito in essa. In ambito formativo le situazioni ed il loro rapporto con il soggetto assumono un importante valore, in quanto considerate come lo spazio-tempo in cui l’apprendimento può essere sviluppato, grazie al ripercorrimento ed alla rielaborazione dell’azione. L’individuo competente infatti è colui che ade- gua i propri comportamenti alla situazione e rivisita i propri schemi sulla base delle interazioni con essa.

Dewey (1949) definisce la situazione come campo esperienziale, entro il quale prende corpo l’attività intesa come interazione tra attore e ambiente. L’osservazione quindi assume una doppia prospettiva: quella sulle trasforma- zioni del soggetto condizionato dalla situazione e quella del mondo trasforma- to dal soggetto attraverso le sue azioni, nella logica dell’accoppiamento tra agente e azione.

Le situazioni di lavoro infatti presentano elementi di fluidità ed ambi- guità che rendono necessario fissare traiettorie di osservazione ben definite. La situazione infatti ha una sua proprietà drammatica (Vinatier, 2013) per cui vive di dinamiche, di interazioni, di momenti di criticità e di risultati, pertanto Mayen (2012) suggerisce di analizzarla prendendo in carico di vol- ta in volta:

- le funzioni che svolge rispetto al campo di attività sociali e profes- sionali e rispetto al ruolo degli attori che ne sono coinvolti.

- I compiti da realizzare in base agli scopi fissati ed alle procedure sta- bilite.

- Il sistema di oggetti e fenomeni sui quali il soggetto agisce in funzio- ne degli scopi per realizzare la trasformazione della situazione stessa (o per mantenerne l’equilibrio interno).

- Le condizioni materiali, spazio-temporali, fisiche, tecniche ed orga- nizzative con cui il soggetto si interfaccia.

- Le regole implicite ed esplicite che organizzano la situazione. - Le strumentazioni e gli artefatti che orientano, anche in quanto sape-

ri-strumento, l’intervento materiale, l’elaborazione del pensiero e le emozioni.

- La presenza di altri attori, a loro volta investiti di ruoli e posiziona- menti nella situazione, portatori di ulteriori compiti e di proprie competenze.

Il soggetto che tenga in conto tali aspetti può giungere ad appropriarsi della situazione professionale nella quale è coinvolto, attraverso la com-

prensione dei condizionamenti propri della situazione e della natura dell’azione.

Nelle situazioni didattiche per esempio, che sono l’ambito entro cui pra- ticare la concettualizzazione dell’azione a scopo formativo e professiona- lizzante per i docenti, è necessario non solo capire le regole del sistema, le caratteristiche del docente e quelle degli studenti, ma soprattutto arrivare a far esplicitare al docente stesso le convinzioni, i valori, le ragioni che lo guidano nel suo agire in situazione. La situazione didattica è costituita dall’insieme delle condizioni che sono predisposte dall’insegnante per atti- vare lo studente in senso apprenditivo ed in essa sono celate le forme di co- noscenza tacita ed inconsapevole, di tipo predicativo e di tipo operatorio (Rabardel & Samurcay, 2004), che vanno riconosciute e analizzate per comprendere il registro pragmatico ed il registro epistemico sottesi alla si- tuazione stessa, in modo da poterne rilevare le regole d’azione che il sog- getto mette in campo per affrontare la situazione in maniera efficace.