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Implicazioni e problematiche

Il posizionamento dell’opera

3. La ricerca/formazione per gestire la complessità

3.4. Implicazioni e problematiche

La modalità collaborativa pone al centro del processo, come necessità per la riuscita del percorso e la produzione di sapere formalmente ricono- sciuto, il rapporto tra soggetti differenti, appartenenti a comunità diverse e

non sempre abituate ad un reciproco rapporto o riconoscimento. La dimen- sione etica pertanto non può essere trascurata nel momento in cui la si as- sume come orizzonte di ricerca, sia per le problematicità di cui potrebbe essere portatrice, sia per gli elementi di socialità ed incontro che invece in- troduce nella scuola e tra scuola ed università.

Dal punto di vista deontologico è opportuno riflettere su due questioni che potrebbero mettere in crisi l’impianto di ricerca se non prese in consi- derazione e fatte anch’esse oggetto di negoziazione in sede di contratto tra teorici e pratici: la proprietà intellettuale del prodotto ed il coinvolgimento nel percorso di lavoro.

Trattandosi di co-produzione e co-costruzione di un nuovo sapere, a cui pari apporto hanno dato il ricercatore e l’insegnante, è opportuno definire a priori le modalità e l’autorialità nei termini della diffusione della ricerca. Infatti non si può prescindere dal rendere pubblico quanto emerso all’interno della logica della RC che in sé contiene il principio di una ricor- sività tra agire, interpretare e produrre sapere che non dovrebbe essere in- terrotta e che non può limitarsi alla comunità scolastica implicata nel pro- getto, ma dovrebbe essere estesa, nelle sue raggiunte generalizzazioni, all’intera comunità scolastica in termini di sapere per la formazione e repli- cabilità delle scelte fatte per sostenere una più diffusa innovazione nelle pratiche. Il discorso è ovviamente valido per la comunità di ricerca all’interno della quale la condivisione del sapere è condicio sine qua non per il progresso delle teorizzazioni.

L’errore in cui si potrebbe incorrere è quello, nel caso del doppio pro- dotto di cui si parlava sopra, di attribuire ai pratici il prodotto pensato per il pubblico scolastico ed ai teorici quello per l’accademia: ciò farebbe venire meno il senso della RC, in quanto le epistemologie interpretative di cui so- no portatori i due soggetti devono sempre intrecciarsi ed essere presenti, a prescindere dal destinatario del prodotto finale (Desgagné, 2007).

Come dovrebbe essere configurato dunque il prodotto finale? Anche es- so deve rispondere al criterio della doppia verosimiglianza e soprattutto es- sere concretizzato in un artefatto che possa essere valorizzato in altri conte- sti (Pellerey, 2005) e che serva come strumento per ripensare la pratica. Il ricercatore deve giungere ad un prodotto aperto che ben rappresenti il sape- re di una particolare comunità e che possa diventare occasione per appro- fondire la ricerca o per avviarne una nuova, ma anche riutilizzato come strumento di confronto tra comunità di pratica differenti.

I problemi etici non sono comunque limitati alla questione dell’ autoria- lità della produzione, ma possono sorgere in qualsiasi momento: nella defi- nizione dell’oggetto di indagine, nella scelta del metodo e nell’ interpreta-

zione dei dati, e non possono comunque essere affrontati con logiche utili- taristiche o meramente contrattualistiche.

Una tematica di fondo è quella relativa ai diritti dei partecipanti alla ri- cerca, soprattutto dei pratici, che secondo Tobin (1992) sono quelli il cui interesse può essere minacciato dallo svolgimento del percorso. Infatti essi si espongono, tramite le loro pratiche, ad una messa in visibilità di se stessi che si può rivelare una forma di rischio, sia perché minaccia la visione di sé consolidata, sia l’immagine che gli altri hanno di loro. È per questo che la sospensione del giudizio in sede di analisi è essenziale, sia da parte dei ri- cercatori che del gruppo dei pari, così come il dialogo interpretativo deve essere improntato all’accettazione dell’altro e delle concezioni di cui egli è portatore (Zeni, 2001).

Diritto dei partecipanti è anche quello di salvaguardia dell’anonimato, apparentemente contrario a quello della proprietà intellettuale, ma in realtà congruente ad esso: essere riconosciuto autore del prodotto significa parte- cipare di una dimensione di autorialità collettiva che deve prendere le di- stanze dall’essere eventualmente stato attore, aver messo a disposizioni propri materiali e proprie pratiche o essere il soggetto sulle cui attività vie- ne puntata la lente dell’analisi.

Il problema dei dati raccolti è un’urgenza in seno alla RC. Essi devono essere fatti oggetto di una attenzione particolare da parte dei vari soggetti implicati: ricercatori, insegnanti, dirigenti, ma anche genitori; il lavoro in classe, che è la base della ricerca, vede come protagonisti, oltre che i do- centi anche minori (gli studenti) i quali vanno considerati, tramite chi ne detiene la potestà, come titolari di diritti propri, tra cui prioritariamente il diritto ad essere informati rispetto al tipo di indagine che li vede coinvolti e, nel loro essere studenti, anche destinatari finali rispetto agli scopi ultimi della RC: innovare le pratiche per migliorare gli apprendimenti. Ancora più complesso si fa il problema nel momento in cui il ricercatore deve entrare in classe. In questo caso egli avrà cura di assumere in via prioritaria il ruolo di educatore, che comunque deve far parte del proprio habitus e della pro- pria expertise in quanto membro di un mondo professionale dedito all’educazione ed alla formazione. L’empatia dei ricercatori con gli studen- ti, così come quella con i pratici e comunque tra i soggetti in ricerca, afferi- sce a quell’etica della sollecitudine (Gisotti Giorgino, 2010) che permette una responsabilizzazione nel voler collaborare.

Infatti, altro elemento di riflessione è quello di individuare i docenti con i quali collaborare: volontari, indicati dai soggetti decisori perché portatori di determinate competenze o bisogni, individuati tra gli stessi colleghi? In ogni caso la volontà nella collaborazione deve essere una precisa assunzio-

ne di responsabilità, nella consapevolezza di cosa e come si presenterà nel percorso. Tuttavia la fluidità e la possibilità di continue riorganizzazioni della ricerca, che potrebbe mettere difronte il docente a situazioni inaspetta- te, devono garantire la libertà di tirarsi indietro e di rinegoziare con il ricer- catore per tutta la durata del progetto.

Oltre le problematiche tuttavia è bene anche ricordare che la Ricerca Collaborativa mette comunque in atto un incontro e quindi – per addivenire ad un tipo di sapere negoziato – presuppone «uno sforzo costante di attori di campi differenti e occupanti diverse funzioni, ad impegnarsi insieme, in sinergia, in una riflessione critica che ha bisogno di collegare tra loro i sa- peri rispettivi» (Bourassa, Bélair, Chevalier, 2007, p. 3). È l’intreccio tra l’etica e l’epistemologia che ci può portare a riflettere sul valore della rela- zione che si viene a costruire all’interno di un progetto di ricerca, che se riuscito attiva nei suoi partecipanti volontà di apertura, di rispetto e di mu- tua confidenza.

Maheux (2013) pone l’attenzione su questi aspetti per rileggere la di- mensione etica della RC alla luce della visione dell’etica come responsabi- lità e fa emergere dall’essere in ricerca dei diversi soggetti la ricchezza re- ciproca di poter riposizionare ciò che viene condiviso, scambiato, co- costruito nella prospettiva dell’incontro. Egli sostiene che le tre fasi della RC mostrano un movimento etico che nel caso della co-situazione è l’incontro, nel caso della co-operazione è la collaborazione e nel caso del co-produrre è il dialogo: l’assunzione del termine «movimento» oltre la dimensione etica dell’andare verso permette di superare l’idea cronologica di tappe del percorso per giungere a quella di tre «vettorialità che determi- nano uno spazio di incontro ove fare ricerca insieme» (Maheux, 2013, p. 377), favorendo l’idea di prossimità e accettando la vulnerabilità che espor- si all’altro necessariamente provoca.