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La Nuova Alleanza

Il posizionamento dell’opera

3. La ricerca/formazione per gestire la complessità

3.2. La Nuova Alleanza

La valorizzazione del sapere connesso alla pratica per agire direttamente sull’habitus personale e professionale dei docenti pone la necessità di un approccio alla formazione che si fondi su paradigmi diversi rispetto a quelli istruzionali, che a partire dall’indagine quantitativa forniscono indicazioni su cosa fare o, approntando modelli ingegneristici per costruire buone pra- tiche (Magnoler, 2012). D’altra parte, proporre modelli che prevedano la partecipazione diretta dell’insegnante alla ricerca e la possibilità di costrui- re nuovi saperi spendibili in azione a partire dalle pratiche è pensabile solo entro contesti che non demandino la pratica riflessiva ad un esercizio solita-

rio del docente o al massimo ad uno scambio empirico tra pari (Calvani, 2012).

Per poter mettere in atto processi bidirezionali tra teoria e pratica che prendano in carico il pensiero degli insegnanti, sia a livello di concezioni e teorie implicite, sia a livello di intenzionalità e di processi, sia a livello di condizionamenti agiti dal contesto (Shulman, 1987), è indispensabile inne- scare il dialogo e la collaborazione tra ricercatori ed insegnanti e porre in atto disegni di ricerca e di formazione riflessiva che vada a costruire un nuovo rapporto tra la costruzione del sapere ed il sapere pratico (Tochon, 2000). A questo punto è possibile attivare il ripensamento dell’azione per analizzare la coerenza tra fini e mezzi e comprendere quali sono gli ele- menti che hanno contribuito alla riuscita dell’azione stessa, eludendo le analogie e le arbitrarietà attraverso la presenza di un altro, che parte da pro- spettive differenti e porta nel sistema una serie di competenze diverse.

Tale tipo di collaborazione nella ricerca diventa utile tanto per la cultura accademica quanto per il docente: porta nella scuola non le buone pratiche, ma pratiche reali, studiate, indagate che possono fornire nuove chiavi inter- pretative all’insegnante professionista. Elio Damiano chiama tale rapporto che si deve configurare tra teorici e pratici Nuova Alleanza (2006), auspi- cando un avvicinamento tra il mondo della ricerca ed il mondo della scuola, i quali per lungo tempo sono stati invece distanti, reciprocamente diffidenti o non convinti del reale apporto che l’altro avrebbe potuto dare al proprio orizzonte professionale.

Questa dimensione di difficile comunicazione deriva da differenti para- digmi di riferimento in possesso delle due categorie professionali, così rias- sunte da Damiano:

- il ricercatore tende a sviluppare descrizioni esaustive di un singolo oggetto di studio, mentre l’insegnante si aspetterebbe delle soluzioni immediatamente utilizzabili in azione (le cosiddette “ricette”). - L’insegnante pensa al caso concreto ed alla sua gestione in situazio-

ne, mentre il ricercatore tende a formulare teorie generali.

- Insegnanti e ricercatori hanno scale di valori asimmetriche rispetto al rigore, all’impegno, all’oggettività, all’implicazione soggettiva, per questo faticano a lavorare insieme.

Di fatto tale distanza ha ingenerato reciproci pregiudizi e una separazio- ne dei ruoli assegnati ed autoassegnati dai due contendenti: il docente sem- brava essere più afferente al mondo della concretezza, dell’azione, mentre il ricercatore era ritenuto più proiettato verso la teoria e la dimensione dell’astrazione.

Contestualmente i modelli di formazione applicazionisti (Bourdoncle, 1993) piuttosto diffusi negli anni Ottanta e Novanta hanno dato l’illusione che l’insegnamento potesse essere un mestiere senza sapere (Gauthier, 1997), che si esaurisse nel fare e dunque nel mettere in pratica modelli dati, in un tentativo di deprofessionalizzazione dell’attività docente: la forma- zione poteva essere sottratta all’università ed affidata ad insegnanti consi- derati esperti o efficaci nel lavoro d’aula, attraverso la condivisione e l’illustrazione delle loro buone pratiche. Il fallimento di tale modalità si è palesato alla fine degli anni Novanta, quando da un lato si è iniziato a di- scutere del valore situato della pratica e quindi della non riproducibilità di essa, in secondo luogo con la scoperta del sapere dell’insegnare e con l’attribuzione ad esso di una dignità di sapere autonomo ed originale, a cui il mondo della ricerca ha iniziato a guardare come ad un serbatoio al quale attingere.

La valorizzazione del sapere dell’insegnare porta appunto al costrutto della Nuova Alleanza tra teorici e pratici, che Damiano prende in prestito da Hadij e Baillé (1998), i quali l’avevano messa in prospettiva ed analizza- ta al fine di rinnovare la ricerca educativa e di conseguenza di rendere le scienze dell’educazione maggiormente rispondenti alla realtà delle pratiche e quindi dotati di maggiore scientificità in quanto in grado di attingere evi- denze direttamente sul campo, secondo modalità sperimentali quali- quantitative che riconoscessero ad esse lo statuto di scienza.

Damiano fa un passo avanti, uscendo da una finalità esclusivamente ac- cademica e auspicando la nuova alleanza come condizione necessaria per una emancipazione tanto dei pratici quanto dei ricercatori, i primi con l’assunzione di uno statuto di professionalità dato dalla validazione dell’epistemologia della pratica come campo di ricerca, i secondi, in linea con gli assunti dei colleghi francesi, per assumere la responsabilità della formazione all’interno di una corporazione, come quella insegnante, del cui ambito professionale dunque partecipano.

Il centro dell’alleanza è nella relazione che si costruisce tra le due co- munità e nello stesso tempo dall’assunzione di un oggetto comune di inda- gine rispetto al quale tuttavia ci si pone con posture diverse: il ricercatore infatti opera nella ricerca al fine di rendere intellegibili le scelte metodolo- giche e le teorie che la supportano, costruisce modelli teorici pertenenti atti a descrivere le pratiche. Il docente da parte sua verifica la pertinenza dei modelli e delle metodologie proprie del percorso di ricerca rispetto ai propri bisogni ed alle proprie aspettative, fornendo feedback e nello stesso tempo avviandosi ad assumere la prospettiva del ricercatore.

La nuova alleanza dunque non solo agisce sui processi di ricerca messi in campo, ma soprattutto e prioritariamente modifica gli atteggiamenti ed i comportamenti dei soggetti che vi sono implicati, i quali sono chiamati a mettersi in discussione in uno spazio protetto e collaborativo in cui sia pos- sibile la destrutturazione, la ristrutturazione e la gestione dell’insicurezza che l’esigenza trasformativa ingenera.

A questo proposito gli spazi di riferimento, ovvero la scuola e l’università, diventano contesti importantissimi per la definizione dei ruoli, delle relazioni e per l’esercizio del cambiamento di postura richiesto dalla necessità di avvicinamento reciproco: la disponibilità dell’organizzazione infatti è imprescindibile per la buona riuscita del percorso di ricerca e l’organizzazione stessa, con le sue strutture, il suoi processi decisionali, gli attori che la popolano diventa agente nella definizione della ricerca e facili- tatore (o oppositore) rispetto alla sua buona riuscita (Magnoler, 2012).