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Ricorsività, co-azione ed interazione come focalizza zione dell’analisi dell’azione

Il posizionamento dell’opera

6. Far emergere i formati per innescare il cam biamento

6.5. Ricorsività, co-azione ed interazione come focalizza zione dell’analisi dell’azione

Cogliere, in una dimensione di alternanza tra teoria e pratica, gli ele- menti di trasformatività insiti nell’attivazione di una postura riflessiva che travalichi lo spazio-tempo del percorso di ricerca/formazione e abbia posi- tive ricadute nella comunità di pratica, richiede dunque una analisi in pro- fondità dell’azione didattica osservata nel suo divenire.

A tale scopo è possibile trarre dalla dimensione dell’Analisi di Pratica una importante prospettiva di riferimento riguardante la focalizzazione dell’osservazione e dell’indagine, la quale consente la reificazione nella si- tuazione di ricerca/formazione del concetto di alternanza così come è stato precedentemente esplicitato.

Si tratta di puntare l’attenzione non sull’azione ma sulla co-azione (Al- tet, 2007), che è tipica delle situazioni didattiche, e di organizzare l’architettura didattica dell’intero processo di formazione sul movimento trialettico (Altet, 1994) tra pratica, teoria ed analisi: si passa quindi da un contesto astratto in cui dialogano in maniera dicotomica e giustappositiva solo le istanze della ricerca e quelle della formazione ad una vera ricorsività tra azione, formazione e ricerca (fig. 3).

Fig. 3 - La rappresentazione del movimento trialettico pratica – teoria – pratica se- condo Marguerite Altet (1994)

I saperi formalizzati dalla pratica, individuati grazie alla presa di co- scienza conseguente all’analisi, diventano metacompetenze nel processo di professionalizzazione messo in atto: tali metacompetenze ricoprono diverse dimensioni, in accordo con la tassonomia delle dimensioni proprie dei sape- ri pedagogici proposta da Altet (2006):

- Dimensione euristica: permettono di aprire piste di riflessione teorica non identificate nell’immediato della progettazione e di riposizionare le ipotesi e le domande di ricerca.

- Dimensione di problematizzazione: consentono di complessificare il tema della ricerca, inizialmente individuato genericamente, ma anche di determinarne meglio i confini e gli obiettivi, puntando l’attenzione sulla trasformatività del processo di riflessione sulle pratiche e

sull’emersione del pensiero dell’insegnante, affinché tale trasforma- tività sia efficace a livello di struttura e non solo di sovrastruttura. - Dimensione strumentale: la razionalizzazione della pratica è possibi-

le grazie alla predisposizione di saperi-strumento e descrittori che via via emergono dall’analisi stessa.

- Dimensione di cambiamento: la trasformatività è applicata non solo alle pratiche, ma alle rappresentazioni di esse, grazie alla produzione di saperi nuovi regolatori dell’azione.

I saperi emersi possono essere considerati «la ragione pedagogica» (Gauthier, 1993), gli strumenti che aprono la via alla possibilità di genera- lizzazione ed alla modellizzazione del percorso di ricerca qualitativa.

La focalizzazione sulla co-azione implica un ripensamento del processo di ricerca/formazione in termini di attori che vi sono coinvolti: la dimensio- ne è ancora una volta triadica in quanto non riguarda solo il docente ed il ricercatore-formatore, ma anche, in maniera profonda e significativa, il di- scente.

Anche nel momento in cui lo sguardo viene centrato sull’insegnamento, esso non può essere preso in carico come un’azione che ha un percorso di sola andata ed un unico protagonista di riferimento nell’insegnante, ma co- me processo interattivo, una architettura complessa e gerarchica con regole interne di organizzazione, che si esplicita attraverso forme differenti: verba- li, visive, fisiche, di rispecchiamento, di reciproca opposizione e di con- trapposizione.

Non va dimenticato inoltre che nessuno dei tre soggetti è reciprocamen- te neutrale in quanto tutti entrano in contatto con tutti: il ricercatore e l’insegnante principalmente nella dimensione più tangente alla formazione, il docente con gli studenti che nella loro co-attività sono oggetto della ri- cerca, ma anche il ricercatore con gli studenti: non solo perché egli li ana- lizza e ne analizza azioni e reazioni, ma anche perché il ricercatore entra come corpo estraneo nella classe in qualità di operatore video, di osservato- re, di raccoglitore di dati e tracce, di intervistatore e necessariamente stabi- lisce relazioni ed una certa consuetudine con gli alunni, nel caso di processi prolungati e ripetuti nel tempo.

Il peso di tali relazioni interpersonali multiple e interattive va quindi preso in carico nella predisposizione dell’impianto metodologico, conside- rando anche il fatto che nei contesti educativi le interazioni tra umani occu- pano un posto preponderante ed hanno la funzione di affermare una sogget- tività che influenza profondamente gli apprendimenti (Vinatier, 2013). L’azione didattica (e quella formativa) è infatti drammatica e necessita di riequilibrazioni ed adattamenti reciproci tra gli attori, che vi operano scam-

bi che vanno considerati sia in quanto derivazione, sia in quanto costruzio- ne delle relazioni.

La concettualizzazione operata dal singolo soggetto nell’analizzare e ri- percorrere l’azione rileva un processo di tipo soggettivo che tuttavia si rea- lizza solo nel momento in cui il soggetto si confronta con se stesso e con gli altri. Analizzare l’azione entro una dimensione relazionale permette di co- struire un senso che vada al di là della semplice prospettiva didattica, ma investa anche domini di tipo emozionale, cognitivo, comportamentale, so- ciale.

Secondo l’approccio proposto da Kerbrat-Orecchioni (1990) la relazione interpersonale si realizza in tre dimensioni: la prima dimensione è verticale e situa le relazioni sull’asse del potere, dell’autorità o della dominanza. Questa pesa sicuramente sul rapporto di asimmetria che si stabilisce tra in- segnante e studente, ma anche su quello che intercorre tra insegnante e formatore-ricercatore, molto più complesso e meno identificabile a priori. Il riconoscere da parte del docente una autorità nel ricercatore in termini di saperi teorici non deve prescindere dalla reciprocità di tale riconoscimento nella dimensione dei saperi pratici, reciprocità indispensabile per rompere la barriera tra teoria e pratica portatrice di inevitabili incomprensioni a li- vello comunicativo. La domanda che rimane aperta, nel mettere a punto modelli di ricerca/formazione, è quella relativa all’expertise del ricercatore- formatore e a quanto essa debba o possa investire anche il campo tecnico, pratico dell’insegnamento agito.

La seconda dimensione è quella orizzontale, della familiarità contrappo- sta alla distanza: così come all’interno del processo di insegnamento- apprendimento la relazione è necessariamente vicina, così anche in percorsi prolungati di ricerca/formazione è necessario un opportuno avvicinamento tra i soggetti implicati, i quali possono mettere in campo elementi profondi e personali del proprio agire solo in un contesto di rilassata familiarità, non giudicante. L’equilibrio è necessario anche nel momento in cui il ricercato- re entra in classe, ove necessariamente stabilisce un rapporto con gli alunni che devono giungere ad inglobarlo nel proprio contesto di vita e di appren- dimento senza percepirlo come elemento di disturbo e di estraneità rispetto al proprio fare quotidiano.

La terza dimensione è quella consensuale, opposta a quella conflittuale. I soggetti si rispecchiano reciprocamente negli atteggiamenti degli altri at- tori coinvolti nel processo i quali agiscono in senso trasformativo sull’apprendimento e sulle posture (Taylor, 2015).