Il posizionamento dell’opera
6. Far emergere i formati per innescare il cam biamento
6.1. Analizzare l’azione: strument
6.1.2. Tracce verbal
La documentazione delle sequenze di pratica da sottoporre all’analisi può essere raccolta attraverso tracce verbali. I segni del linguaggio, secon- do la teoria di Vygotski (1990), sono fondamentali per lo sviluppo di fun- zioni psichiche superiori e dunque risultano un osservatorio privilegiato sia per realizzare che per osservare la presa di coscienza e la chiarificazione del pensiero in atto da parte dell’insegnante.
Gli strumenti per la raccolta di tali tracce possono essere narrati- vo/descrittivi oppure interattivi e si configurano sotto forma di memoria quando l’emittente è l’insegnante protagonista dell’azione oppure di inter- vista tra insegnante e ricercatore.
La trascrizione della sequenza di azione in forma di memoria è una ope- razione che favorisce la concettualizzazione a partire dal ripercorrimento necessario del vissuto che viene, attraverso la parola, trasformato in espe- rienza (Le Boterf, 2011). Pur se vissuto come momento di riflessione soli- taria ed individuale, poi viene sottoposto all’analisi del ricercatore, quindi richiede un posizionamento esterno rispetto all’azione che va comunicata e resa comprensibile all’altro.
La situazione di intervista invece è già di per sé una situazione di ricerca (Losito, 2009), co-costruita dialogicamente e vissuta simultaneamente dai due soggetti implicati nell’analisi di pratica, in cui l’intervistatore opera la canalizzazione della verbalizzazione verso l’azione, assumendo il ruolo di mediatore e facilitatore (Atkinson, 1998), mentre l’intervistato reifica il vis- suto esperienziale attraverso la produzione verbale, valorizzandone gli am- biti che via via gli si presentano come efficaci nel lavoro di organizzazione e comunicazione del pensiero.
Secondo Vermersch (2005) tali ambiti sono classificabili in tre gruppi, in base all’orientamento ed alla direzione che si dà alla narrazione del vis- suto.
1. Ambito descrittivo, nel caso in cui il soggetto prova a rappresentare in maniera dettagliata una realtà a lui interna o esterna.
2. Ambito concettuale, quando l’intervistato cerca di cogliere gli aspetti di sapere e le proprietà formali di una determinata situazione, attuan- do da essa un giusto distanziamento per poterla razionalizzare. 3. Ambito immaginario, ovvero da un punto di partenza esperienziale si
procede per associazioni, evocazioni, sensazioni, previsioni.
Un’intervista che debba focalizzare l’attenzione sull’azione, per attuare una riflessione sul suo compimento o per spiegare le intenzioni rispetto allo svolgimento della situazione didattica, deve essere condotta secondo il mo- dello dell’intervista in profondità (Gorden, 1969), che si connota per la po- stura e le tecniche assunte dall’intervistatore rispetto agli osservabili come permissiva, riflessiva e non direttiva, chiara rispetto all’obiettivo da rag- giungere sia per chi la somministra che per chi risponde.
La tipologia di intervista da costruire viene caratterizzata, oltre ai fattori di contatto visivo (che la distinguono dal colloquio telefonico o telematico) e di individualità (che la distinguono dalle indagini collettive come il focus group), per il grado di libertà concesso all’intervistato. Esso viene misurato attraverso tre proprietà relative ad aspetti diversi dell’intervista: il grado di strutturazione, proprio della forma dello strumento ed in particolare del det- taglio con cui vengono articolati gli argomenti; il grado di standardizzazio- ne, che riguarda le domande, in termini di forma e di sequenza di posizione; il grado di direttività relativo alla scelta più o meno ampia nel modo di ri- spondere. Nel caso di ricerche di tipo qualitativo è necessario che gli stru- menti utilizzati per raccogliere i dati abbiano un basso grado di standardiz- zazione; nel caso specifico dell’analisi di pratica, per attivare processi di riflessività ed indagare il pensiero sotteso all’azione si predilige anche una strutturazione ed una direttività leggere, in genere optando per interviste di tipo semistrutturato, con domande aperte che consentano una verbalizza- zione dell’azione libera ma puntuale.
Un esempio in questo senso, applicato all’analisi dell’azione, è l’intervista di esplicitazione di Vermersch (1991), che consiste in un siste- ma di interazioni verbali e momenti di ascolto, caratterizzati da rilanci (Vermersch, & coll., 2003), riformulazioni, silenzi necessari per accompa- gnare, facilitare e sostenere la verbalizzazione di un vissuto. I due soggetti implicati condividono un obiettivo cognitivo dichiarato a priori ed il compi- to di giungere alla verbalizzazione dell’azione (Vermersch, 1994) facendo emergere i ragionamenti ed il pensiero di base, gli scopi dell’attività, i sape- ri teorici utilizzati, i preconcetti presenti.
Tab. 1 - Le caratteristiche dell’intervista di Vermersch
Obiettivi Oggetto Condizioni Tecniche Regolazione
Informarsi (come è stato rea- lizzato un particolare compito) Azione Dimensione vissuta Dimensione procedurale Dimensione implicita e pre- riflessiva dell’azione Azione co- me fonte privilegiata sugli aspetti della cogni- zione Essere nel dominio di ver- balizzazione dell’azione vis- suta Riferirsi al compito Focalizzare sull’azione più che sul conte- sto e/o le opi- nioni Focalizzare sugli aspetti della procedura Accedere alla memoria con- creta Domandare in funzione del ca- rattere pre- riflessivo dell’azione (evita- re la coscientiz- zazione, fare do- mande descritti- ve) Domandare in funzione delle proprietà dell’azione (pro- cedure, cicli, spa- zio-tempo, logi- che)
Guidare l’evocazione Sciogliere gli im- pliciti linguistici Proporre e riproporre il contratto Sincronizzarsi sull’intervistato Essere non direttivo Seguire un andamento progressivo: avviare – se- guire – con- durre Validare (vero, dettagliato, concreto) Tenere pre- senti i principi etici di rispetto e limite
L’intervista è condotta a posteriori rispetto all’attività oggetto di indagi- ne (la lezione in classe, la sua progettazione, ecc.) ed ha lo scopo di rico- struire l’azione attraverso i fatti, secondo un contratto deontologico che de- ve essere richiamato in itinere, che permette all’intervistato di interrompere la sessione e prevede un rispetto assoluto dei silenzi e delle reticenze, acco- gliendo ciò che viene detto in maniera neutra e non giudicante. Faingold (1998; 2011) parte dall’intervista di esplicitazione per strutturare un’ulteriore tecnica utilizzata nell’analisi dell’azione, l’intervista per la de- cifrazione di senso, attraverso cui l’attenzione è puntata sul soggetto in termini di identità professionale e personale.
Le verbalizzazioni raccolte tramite questo tipo di intervista sono in grado di mettere in evidenza lelogiche soggettive interne, le quali aiutano a rendere conto del modo in cui il docente «incarna nella sua pratica ciò che porta senso, per lui, in termini identitari» (Faingold, 2001, p. 2). L’intervistatore ha il compito di individuare le parole-chiave significative per
comprendere il pensiero dell’intervistato entro uno spazio protetto di parola predisposto per la presa di coscienza (si veda tab. n. 1).
L’utilizzo delle interviste come dispositivo di ricerca/formazione è nello stesso tempo una pratica di analisi ed una pratica di raccolta delle tracce: è difficile infatti districare i due momenti. Tuttavia la traccia verbale si reifica nella documentazione dell’intervista stessa, che può essere effettuata attraverso strumenti audio-video, in modo da poter essere più volte ripercorsa dai ricercatori e dagli insegnanti, in momenti condivisi o individuali, ma contestualmente deve essere trascritta, mantenendo per quanto è possibile l’aderenza alla realtà, inserendo tramite un apparato simbolico o convenzioni anche gli elementi prossemici, cronemici, cinesici e paralinguistici (Gorden, 1969) che possano aiutare l’interpretazione e la decodifica. La trascrizione quindi va affidata all’intervistatore stesso.