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Comunitarismo e liberalismo

PARTE 1 IDENTITÀ, CULTURA E CITTADINANZA

2.1 La cittadinanza: concetti generali

2.1.4 Comunitarismo e liberalismo

Grazie alla spinta dei cambiamenti portati dai fenomeni migratori, anche la questione della cittadinanza è quindi alla ribalta del discorso pubblico nazionale e internazionale e, di conseguenza, i modelli proposti sono molteplici. Molti dei modelli prendono spunto da alcuni concetti che abbiamo analizzato nel capitolo precedente, come ad esempio identità, cultura, appartenenza.

In linea generale, nelle politiche dei diversi stati, si possono individuare due principali filoni e modelli di cittadinanza: uno comunitarista che sottintende il riconoscimento di valori condivisi per la partecipazione alla vita pubblica; e un approccio che invece prende le mosse dal liberalismo e pone l’accento sui diritti individuali come valori fondamentali della comunità 99. Andremo quindi di seguito a delineare quali sono le principali caratteristiche dei due approcci, essendo consapevoli di operare delle semplificazioni, soprattutto considerato il ventaglio di diverse interpretazioni presenti all’interno di ognuno di essi.

Sono due approcci molto diversi tra loro e prendono le mosse da concezioni completamente differenti che in questo contesto accenniamo brevemente.

I comunitaristi, tra i quali possiamo citare Taylor, Sandel, e Walzer, facendo leva sulla coesione sociale, mettono in primo piano l’appartenenza di un individuo a una determinata comunità caratterizzata da specifiche culturali, presente in un determinato territorio e con un’identità nazionale precisa. I cittadini quindi operano

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Zanfrini Laura, Cittadinanze. Appartenenza e diritti nella società dell’immigrazione, Editori Laterza, Roma – Bari, 2007, pag. 19.

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Rigo Enrica, Cittadinanza. Trasformazioni e crisi di un concetto, in Zagato Lauso, a cura di, Introduzione

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per la difesa, non tanto delle libertà individuali, ma di un bene comune costituito da “una identità e una storia comune, definita dalla fedeltà a certi ideali” 100.

Viene di conseguenza criticato aspramente il modello liberale, che descriveremo, meglio in seguito, che si appoggia invece sull’esaltazione dei diritti individuali, un modello considerato dai comunitaristi atomistico e parziale perché prende le mosse da una concezione dei diritti che è comunque frutto della storia di un determinato territorio e una determinata nazione e non necessariamente estendibile a tutti gli altri. Tale indirizzo prevede una sovrapposizione tra nazionalità e cittadinanza: è cittadino colui che appartiene a una certa nazione che è accomunata dalla condivisione di una cultura, una lingua, dalla storia, dalle tradizioni, etc.

La posizione dei comunitaristi rispetto alla presenza degli stranieri, in linea generale, mira alla una difesa dei confini per il mantenimento di una certa omogeneità e identità culturale, di conseguenza il modello di concessione di cittadinanza che privilegia è quello basato sullo ius sanguinis, ovvero, quello che prevede che la cittadinanza venga tramandata per via ereditaria, nella pretesa che questo contribuisca alla trasmissione da una generazione ad un’altra di una determinata cultura. È un tipo di cittadinanza esclusiva che sottolinea la differenza culturale tra chi la possiede e chi invece non vi può accedere. Nei modelli più aperti di comunitarismo viene concepita anche la presenza di diverse identità, o di minoranze nazionali, l’indirizzo è però comunque quello di preservare le differenze e la separazione tra le diverse identità, incentivando la sopravvivenza delle culture minoritarie anche con provvedimenti ad hoc per la loro tutela.

L’approccio di stampo liberale, i cui esponenti principali sono Rawls, Dworkin e Habermas, mette in primo piano le libertà e i diritti individuali. Secondo tale prospettiva l’appartenenza a un determinato gruppo, con una determinata cultura è rilevante nella vita dell’individuo, ma devono essere vissuti in una dimensione privata. L’aspetto importante per il punto di vista liberale è quindi quello determinato dal legame giuridico tra individuo e Stato, ovvero dall’attribuzione di un serie di diritti umani e libertà individuali riconosciuti universalmente, che sono sicuramente anteriori da un punto di vista logico concettuale a qualsiasi altra appartenenza. Le scelte che

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Taylor Charles, Il dibattito fra sordi di liberali e comunitaristi, in Ferrara Alessandro, Comunitarismo e

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compie lo Stato devono essere quindi incentrate e giudicate “in base al loro effetto del benessere o la libertà dei singoli, e non in base alla loro idoneità a promuovere scopi collettivi”101.

Di conseguenza, in quest’ottica, lo Stato dovrebbe mantenersi in una posizione neutrale, senza privilegiare una determinata comunità piuttosto che un’altra e preoccupandosi solo di porre le condizioni per il pieno godimento dei diritti di cittadinanza. È necessario però che la cultura della maggioranza non prenda il sopravvento sulle minoranze presenti altrimenti si rischia la frammentazione della società.

Una prospettiva di questo genere prevede una concezione della cittadinanza che privilegi lo ius soli e che quindi consideri, come criterio per l’ottenimento della cittadinanza la nascita in un determinato territorio a prescindere dalla discendenza e dalle origini culturali e nazionali, che rimangono, comunque importanti per definire l’identità dell’individuo. A tal proposito Habermas sostiene che alla luce dei movimenti migratori:

“ci si dovrà aspettare dagli immigrati solo la disponibilità a conformarsi alla cultura politica della loro nuova patria, senza che debbano rinunciare alla forma di vita culturale delle loro origini.”102

Per il riprendere il tema del nostro lavoro, Habermas specifica che tale livello di integrazione ce lo si possa realisticamente aspettare solo a partire dalle seconde generazioni. Al cittadino straniero viene chiesto quindi di aderire ai principi costituzionali dello Stato, ma non necessariamente di abbandonare la propria cultura originaria, non vi è quindi una corrispondenza della nazionalità con la cittadinanza.

Gli esponenti dei due differenti modelli, si sono mossi reciprocamente diverse critiche. I seguaci del modello comunitarista, ad esempio, criticano l’individualismo del modello liberale sottolineando come anche a livello internazionale, nei principali trattati, non si faccia menzione dei diritti delle minoranze e che vengano sempre rimandati ai diritti e alle libertà personali. Alcuni comunitaristi, ritengono che i diritti

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Vertova Francesco Paolo, Cittadinanza liberale, identità collettive, diritti sociali, in Zolo Danilo, a cura di, La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Laterza, Roma – Bari, 1994, pag. 173.

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Habermas Jürgen, Lotte di riconoscimento nello stato democratico di diritto, in Habermas Jürgen, Taylor Charles, Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Feltrinelli Editore, Milano, 2007, pag. 99- 100.

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umani non siano in grado di risolvere da soli alcune controversie che riguardano le minoranze (quali ad esempio le lingue ufficiali, i finanziamenti pubblici per l’istruzione in lingua madre, etc.)103. Il pericolo, inoltre, appare quello di far coincidere i diritti dell’uomo con i diritti di cittadinanza, con il rischio di dimenticare che i diritti umani, possono essere tutelati solo all’interno di una comunità come quella statale104. In alternativa i diritti umani rischiano di essere solo dei proclami, delle linee di principio alle quali non si è certi che venga data reale attuazione.

Non bisogna dimenticare inoltre che i diritti umani sono nati in seno alla ‘cultura occidentale’ europea e non sono quindi da considerarsi rappresentativi della cultura politica degli altri continenti. I diritti umani così come concepiti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 non sono riconosciuti universalmente e alcuni paesi, se non interi continenti criticano proprio la dimensione troppo individualistica e non comunitaria di tale diritti.

Dall’altra parte chi sostiene il modello liberale, mette in guardia sul rischio che l’approccio comunitario possa giustificare eventuali posizioni estreme, come ad esempio particolarismi o fondamentalismi. Inoltre l’approccio comunitarista sembra non prendere adeguatamente in considerazione il fatto che, vista la complessità del mondo contemporaneo, l’individuo è caratterizzato da molteplici appartenenze, ed esso potrebbe anche dissentire dalla linea etica, politica e culturale della comunità dalla quale proviene105. Una concezione come quella comunitarista quindi contribuisce a rappresentare le ‘culture’ o le diverse ‘comunità’ come immobili e nettamente separate fra loro, e ad associare necessariamente una persona alla ‘sua’ comunità di appartenenza.

È importante inoltre segnalare come non sempre i diritti e le libertà individuali siano conciliabili con quelle delle comunità, talvolta si possano creare dei contrasti tra i diversi interessi; l’interesse delle comunità potrebbe richiedere una limitazione delle libertà personali o viceversa la soddisfazione delle libertà individuali potrebbe richiedere una momentanea sospensione dei principi comunitari.

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Kymlicka Will, La cittadinanza multiculturale, Il Mulino, Bologna, 1995, pag. 13. 104

Vertova Francesco Paolo, Cittadinanza liberale, identità collettive, diritti sociali, in Zolo Danilo, a cura di, La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Laterza, Roma – Bari, 1994, pag. 170.

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Bacelli Luca, Cittadinanza e appartenenza, in Zolo Danilo, a cura di, La cittadinanza. Appartenenza,

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