PARTE 2 LE INTERVISTE
4.1 Il percorso migratorio
Un primo aspetto che ci è parso utile affrontare all’inizio delle nostre interviste, anche per una conoscenza migliore, è stato quello di farci raccontare il percorso migratorio delle famiglia, cercando di capire cosa i ragazzi ricordassero di quei momenti oppure sapessero della storia, qualora la migrazione fosse avvenuta prima delle loro nascita.
Nella gran parte delle situazioni prese in considerazione, la migrazione è avvenuta per gradi: in un primo momento è giunto in Italia un genitore, il più delle volte il padre, ma talvolta anche la madre, e successivamente, dopo uno o più anni di separazione, si sono ricongiunti gli altri membri della famiglia, per tappe successive o in un unico ricongiungimento. Non mancano tuttavia situazioni nelle quali la famiglia è arrivata unita nel paese di accoglienza.
Le famiglie dei ragazzi intervistati si sono quindi spesso configurate per alcuni anni come famiglie transnazionali, a cavallo tra due paesi173. Il più delle volte i racconti
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Leghissa Giovanni, Il gioco dell’identità. Differenza, alterità, rappresentazione, Mimesis, Milano, 2005, pag. 80.
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Per un approfondimento su questo tema consigliamo di consultare il testo di Paola Bonizzoni,
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riferiscono un percorso molto difficile e di condizioni molto dure di vita dei loro genitori che spesso hanno vissuto in molti luoghi prima di arrivare in quello finale dove si sono stabiliti e nel quale hanno fatto ricongiungere la famiglia. In altri casi i genitori hanno vissuto in due paesi europei differenti, spesso sfruttando la rete di altri familiari o conoscenti, prima di riunirsi e decidere di far arrivare anche i figli intanto rimasti nel paese d’origine con la famiglia estesa.
Inizialmente è venuto mio padre, poi io, mia madre e mia sorella siamo venuti qua e un altro fratello è nato qui. Quindi siamo venuti direttamente qua, mio padre ha girato prima, noi siamo stati fortunati perché siamo arrivati quando mio padre ha messo tutto a posto. (…) Per mio padre è stato molto difficile, è stato a Napoli e Foggia, non aveva una casa normale, dormivano come i barboni, in case senza riscaldamento, c’erano stanze con cartoni per terra, ha fatto 7 anni di vita come un barbone. (Caterina, 19 anni, nata in Burkina Fasu e in Italia dall’età di 9 anni).
Mio padre è vissuto a Palermo per circa 7 anni e mia madre intanto era nei Paesi Bassi da sua sorella, poi si sono ricongiunti a Palermo e poi sono venuti a Udine. (…) Per loro è stato difficile, sono entrati come immigrati, dovevano fare dei lavori in nero per guadagnare qualcosa per poi fare la richiesta del permesso di soggiorno, per cui è stato un periodo difficile. (Michael, 22 anni, nato in Ghana, in Italia dall’età di 12 anni).
… è difficile entrare, il viaggio come clandestini è duro, rischi la vita e tutto per arrivare fino a qua. Il viaggio che fa una persona per arrivare qua … sprecare tanto economicamente … si soffre un po’ nel viaggio, e poi intanto che ti integri nello stato e tutto .. alla fine per me era una cosa impossibile, poi però mio padre ha provato è venuto si è sistemato e poi sono arrivati noi, per noi davvero è stato come vincere alla lotteria o al lotto. (Hachim Ali, 18 anni, nato in Iraq, in Italia dall’età di 7 anni).
Alle volte, oltre alle difficoltà e ai rischi del viaggio ve ne sono altre, interne alla famiglia a causa dei ritmi di lavoro e delle difficoltà linguistiche:
legami familiari attraverso i confini e gli sconvolgimenti di fronte ai quali si trovano le famiglie al
momento della partenza, ma anche al momento della riunificazione. Un altro testo che analizza la situazione delle famiglie transnazionali dalla prospettiva femminile è quello curato da Ehrenreich e Hochschild (Donne Globali. Tate Colf e Badanti, Feltrinelli, Milano, 2002). In uno dei saggi ivi contenuti si prende in considerazione la condizione dei bambini lasciati in patria dalla madri filippine, Salazar Parreñas Rhacel, Bambini e famiglie transnazionali nelle nuova economia globale. Il caso filippino, pag. 45.
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I miei genitori sono partiti dalla Cina da quasi 30 anni. È uscita prima mia mamma perché c’era una zia che è venuta prima, poi è venuto mio padre (…) Noi quando eravamo piccoli i miei erano sempre a lavorare perché loro lavoravano in ristorante, e gli orari i tempi di un ristorante sono pomeriggio torni alle 3 poi alle sei riprendi a lavorare fino a notte tardi, e noi da piccoli la mattina eravamo a scuola e il pomeriggio al doposcuola, e i miei stavano un paio di ore a casa poi tornavano a lavorare, quindi parlavamo poco insieme, quindi anche la lingua quando ero piccolo la sapevo poco. Solo dopo che i miei hanno aperto il negozio passavamo più tempo in negozio e parlavamo di più e abbiamo imparato il cinese. All’inizio quindi avevamo anche problemi di lingua, i miei parlavano cinese e poco italiano e noi parlavamo italiano e poco cinese. (…) L’italiano per i cinesi è davvero difficile, quelli che sono usciti per prima sono venuti per lavorare e lavorando tanto quindi alla fine avevano meno tempo per andare a imparare italiano, poi sono più grandi e comunque l’italiano è difficile (Matteo, 24 anni, nato in Italia da genitori cinesi).
Ma le difficoltà sono spesso anche emotive: per dei bambini piccoli che hanno estremo bisogno di stare con i loro genitori, separarsi da uno dei due o da entrambi per alcuni anni è difficile, soprattutto quando attorno a loro, gli altri bambini vivono con il padre e la madre. Anche per i genitori stessi, lasciare i figli per quanto nelle mani di altri familiari, è una sofferenza.
… è stato un trauma per me quando mio padre è venuto qua, mia sorella piccola non si rendeva tanto conto aveva 4 anni, io mi svegliavo di notte piangendo perché mi mancava tanto, poi quando andavo a scuola vedevo gli altri bambini che venivano accompagnati sia da un genitore che dall’altro. Anche per lui è stata dura, era qui da solo, non conosceva nessuno, né la lingua né niente, cercava di venire da noi spesso, anche nei weekend. (Cosmina, 19 anni, nata in Romania, in Italia dall’età di 9 anni).
All’inizio sia io che mia sorella abbiamo pianto tanto poi, a dir la verità, abbiamo avuto due nonne bravissime che ci hanno viziato, poi mia madre e mio padre ci portavano e mandavano regali con quello che guadagnavano e eravamo contente. ... Mia madre piangeva tantissimo, ci chiamava spesso, si sentiva in colpa per averci lasciato li, mio padre invece è un po’ più riservato non ti dice veramente ... Ci hanno raccontato dopo come è andata a loro e come hanno vissuto, hanno vissuto un anno in una mansarda con mia zia, non uscivano tanto per non essere beccati perché non avevano documenti. (Daisy, 23 anni, nata in Albania, in Italia dall’età di 10 anni).
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In alcune occasioni i ragazzi non ci sono sembrati al corrente delle eventuali difficoltà incontrate dai genitori nel corso della migrazione, è probabile che siano stati in un certo modo ‘protetti’ dai genitori stessi rispetto ad eventuali racconti dolorosi. Eccetto per i rari casi intervistati in cui è emigrata tutta la famiglia insieme, quasi tutti hanno vissuto la divisione familiare, talvolta sono cresciuti separati da un genitore e altre volte, in assenza di entrambi, sono rimasti a vivere e crescere con i nonni o altri parenti. La separazione familiare è in atto anche adesso: tutti i ragazzi hanno zii, nonni, cugini, in altre parti d’Italia e d’Europa nonché ovviamente nel paese di origine.