PARTE 1 IDENTITÀ, CULTURA E CITTADINANZA
3.4 La ricerca
3.4.1 Il metodo
Come abbiamo specificato più volte nel corso delle pagine precedenti, abbiamo deciso di svolgere uno studio di tipo qualitativo, al fine di poter raccontare quali possono essere alcune delle riflessioni dei giovani di seconda generazione rispetto ai temi dell’identità e della cittadinanza nonché rispetto al senso di appartenenza. Il presente studio non ha quindi la pretesa di essere esaustivo e rappresentativo della complessa realtà esistente a livello italiano. La funzione della ricerca è piuttosto quella di raccontare alcuni punti di vista sui concetti approfonditi nel corso dei capitoli precedenti al fine di raccogliere alcune storie ‘esemplari’.
In proposito, vale la pena ricordare che la ricerca qualitativa in campo sociale difficilmente fornisce dei risultati che permettono delle generalizzazioni su una determinata categoria di persone o meglio delle regole astraibili per ogni contesto come avviene ad esempio nel campo delle scienze naturali. Per molto tempo, in passato, le scienze sociali, sulla spinta del positivismo, vivendo una sorta di complesso di inferiorità rispetto alle scienze naturali, hanno avuto la pretesa di ricercare delle leggi universali applicabili in qualsiasi contesto. Gli studi delle scienze sociali sono invece indissolubilmente legati, allo specifico contesto nel quale si colloca la ricerca e a quel determinato contesto spazio-temporale163.
163
Demaziere Didier, Dubar Claude, Dentro le storie. Analizzare le interviste biografiche, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, pag. 79.
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Come ricorda Ricolfi164, inoltre, la ricerca sociale prende tendenzialmente le mosse da alcuni interrogativi piuttosto che da problemi e l’intento non è quello di dare soluzioni, ma di descrivere una realtà senza la pretesa di fornire spiegazioni o di produrre generalizzazioni teoriche. Lo studioso francese Marc Augé d’altra parte ci ricorda che “le interviste, le storie di vita hanno come scopo primario di comprendere
non degli individui, ma le relazioni esplicitamente o implicitamente istituite che essi
mantengono con gli altri” 165.
La presente ricerca si pone quindi in un’ottica complementare rispetto ad altri studi svolti sulle seconde generazioni, svolta da autorevoli ricercatori ed esperti del settore, fra gli altri citiamo: Ambrosini, Bosisio, Colombo, Favaro, Molina, Queirolo Palmas, Ricucci, Valtolina, etc.
Alcuni studi approfondiscono il fenomeno da un punto di vista prevalentemente quantitativo, attraverso l’analisi numerica di dati per lo più demografici, altri si rivolgono in modo particolare alle problematiche connesse al percorso scolastico e all’integrazione delle seconde generazioni, altri studi ancora si rivolgono ai fenomeni di devianza o delle gang che si formano in alcune periferie di città italiane, altri studi si rivolgono alle problematiche familiari. Non mancano ovviamente anche riflessioni e ricerche che hanno già considerato, la rilevanza degli aspetti identitari e della cittadinanza per i ragazzi delle seconde generazioni.
A questo proposito un lavoro di riferimento, più volte citato nel corso del presente studio è certamente quello di Colombo, Domaneschi, Marchetti 166 che allo stesso modo ha svolto una ricerca qualitativa su alcuni giovani della realtà milanese in merito al tema della cittadinanza. Sempre a cura di Colombo, un altro testo167 è stato di riferimento con interessanti riflessioni teoriche e riferimenti a differenti ricerche effettuate in diverse zone di Italia in merito ai temi delle appartenenze, del capitale sociale, stili di vita e strategie di coping dei problemi. Non possiamo dimenticare nemmeno di citare le riflessioni di Sayad, che nella sua opera principale, oltre alle
164
Ricolfi Luca, La ricerca qualitativa, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1997, pag. 20-21. 165
Augé Marc, Il senso degli altro. Attualità dell’antropologia, Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 34. 166
Colombo Enzo, Domaneschi Lorenzo, Marchetti Chiara, Una nuova generazione di italiani. L’idea di
cittadinanza tra i giovani figli di immigrati, Franco Angeli, Milano, 2009.
167
Colombo Enzo, a cura di, Figli di migranti in Italia. Identificazioni, relazioni pratiche. UTET, Novara, 2010.
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profonde osservazioni, più volte citate in questo lavoro, dedica alcune pagine in appendice a delle interviste sul tema dell’identità168.
Nel nostro caso si è scelto di sviluppare la ricerca effettuando delle interviste semi-strutturate con dei giovani appartenenti alle seconde generazioni come le abbiamo definite nell’introduzione. L’intervista quindi verteva su una traccia di domande stabilite preventivamente sulla base dello studio della parte teorica, finalizzate dapprima a una conoscenza iniziale (età, cittadinanza, situazione familiare, percorso di studio/lavoro) ed a creare un clima di serenità e confidenza con l’intervistato; successivamente si approfondiva il livello di conoscenza nonché i legami con il/i paese/i d’origine dei genitori ed eventuali difficoltà di inserimento nel contesto italiano, nonché eventuali episodi di razzismo o discriminazione nel percorso di vita degli intervistati; infine si andava ad indagare in merito ai temi dell’identità e delle appartenenze vissute dai ragazzi, delle culture, e le loro conoscenze, riflessioni e aspettative rispetto al tema della cittadinanza italiana ed europea.
La scelta dell’intervista semi-strutturata è dovuta anche al fatto che tale metodo non è strettamente rigido e, partendo dalla traccia di domande predisposta, lascia spazio ad eventuali approfondimenti qualora emergano nuove suggestioni o stimoli nel dialogo con l’intervistato anche in base alla voglia di comunicare contenuti da parte dell’interessato169.
L’intervista si caratterizza per essere una interazione tra due soggetti volta a conoscere il punto di vista della persona intervistata su determinate tematiche. Tale metodo porta con se dei rischi, uno dei principali è quello che l’intervistatore, attraverso la formulazione delle domande, direzioni già il pensiero dell’intervistato condizionando quindi le risposte. Rampazi ricordandoci ci prendere in considerazione le distanze e le asimmetrie esistente tra i soggetti coinvolti nella relazione, ci ricorda come la ricerca è “una costruzione discorsiva di significati, in cui il ricercatore entra come parte attiva della relazione”170.
168
Sayad Abdelmalek, La doppia assenza. Dalle illusione dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Cortina Editore, Milano, 1999, pagg. 350 – 365.
169
Meraviglia Cinzia, Metodologia delle scienze sociali. Un’introduzione, Carocci Editore, Roma, 2004, pag. 160.
170
Rampazi Marita in Chiaretti Giuliana, Rampazi Marita, Sebastiani Chiara, a cura di, Conversazioni,
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Certamente va considerato il rapporto di asimmetria che necessariamente esiste tra chi pone le domande (che si trova in una posizione up) e chi d’altra parte, è chiamato a rispondere alle stesse (che invece si trova in una posizione down). L’abilità dell’intervistatore sta proprio nel saper gestire questo tipo di relazione sbilanciata e mettere a proprio agio l’intervistato.
Riteniamo quindi che l’atteggiamento debba essere empatico e rispettoso; è necessario astenersi dalla formulazione di giudizi e privilegiare la formulazione di domande neutre e aperte, nonché dare importanza a quanto riferito dall’intervistato171.
Nel nostro caso si è provveduto a registrare con un registratore digitale tutte le interviste, procedendo poi al riascolto e sbobinatura. Non si è ritenuto opportuno riportare in tale elaborato il testo completo delle interviste ma piuttosto utilizzare i passaggi ritenuti più considerevoli per il nostro studio in maniera critica come vedremo nel capitolo successivo.
3.4.2 Il campione
Il campione di 15 ragazzi, tutti provenienti da famiglie di immigrati di prima generazione, è stato selezionato rivolgendosi a strutture o associazioni che si occupano di immigrazione e di giovani, cercando tra le persone quelle che fossero disponibili a sostenere un’intervista del tipo descritto, consci del tempo (mediamente un’ora) e dell’impegno che essa richiedeva.
Ci si è quindi rivolti ad associazioni e comunità di immigrati della città di Udine, centri di aggregazione, associazioni di mediatori culturali, servizi sociali, associazioni di studenti universitari.
Si è cercato di mantenere una certa eterogeneità dei ragazzi di seconda generazione intervistati anche per quanto riguarda il genere. Si è privilegiata la scelta di intervistare persone maggiorenni in età compresa quindi tra i 18 e i 25 anni.
Per quanto possibile si è cercato di rispettare la predominanza di determinate provenienze presenti nella città di Udine, ma in alcuni casi si sono intervistate anche persone che vivono nei paesi limitrofi e nella provincia, sebbene molti di essi frequentino anch’essi la città per motivi di studio e/o lavoro. Vale la pena ricordare
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nuovamente che questo non vuole essere un campione rappresentativo, cosa peraltro improbabile visto l’esiguità dei casi approfonditi e visto che comunque si è potuto intervistare chi ha dimostrato disponibilità e che quindi, con tutta probabilità, dimostra una certa sensibilità ai temi qui analizzati.
In tale sede desidero ringraziare i ragazzi che si sono resi disponibili a raccontare le loro storie e i loro vissuti, alle volte recuperando dalla loro memoria anche episodi dolorosi. Per chi, come me, è cresciuto in un’epoca in cui la migrazione verso l’Italia non era ancora molto sviluppata e non ha potuto avere la fortuna di fare l’esperienza di avere come compagni di classe persone provenienti da altri paesi, poter parlare in modo così diretto e colloquiale, non in una relazione mediata da una richiesta d’aiuto (come capita nel lavoro dell’assistente sociale), è stata un’esperienza molto arricchente sia da un punto di vista professionale che personale.
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