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Da più parti, come già accennato, sono state decantate l’impronta liberista e la portata esaustiva della disciplina risultante dagli artt. 7 e 8 D.M. n°

703/1996. Inoltre, per la prima volta sul mercato finanziario il tema del conflitto di interessi è addirittura oggetto di un decreto. L’imposizione di obblighi di trasparenza anziché di divieti è supportata dalla previsione di una casistica estremamente dettagliata, in questo modo si è inteso prevenire eventuali situazioni conflittuali tipizzando le fattispecie per le quali scatta l’obbligo di informazione agli organi di controllo.

In realtà ci sembra che il risultato sul piano pratico sia una disciplina tutt’altro che snella e di forte inibizione dell’operatività effettiva dei fondi pensione372: le operazioni che il gestore potrebbe compiere non in odore di conflitto di interessi sono talmente poche che nella pratica la sua attività risulta fortemente burocratizzata. Ciò non è certo positivo per il decollo, già stentato, dei fondi, per il loro funzionamento a pieno regime, e per quel forte contributo allo sviluppo del mercato finanziario italiano che doveva accompagnare l’avvento di questa nuova figura di investitore.

A nostro avviso, dunque, la suddetta disciplina appare tanto dettagliata sulla carta quanto troppo generica e poco incisiva sul piano della realtà pratica. In particolare, perplessità suscita il tentativo di specificare i casi di conflitto diversi da quelli “di gruppo”: infatti, a prescindere dalle imprecisioni e dalle omissioni che non ci sentiamo di escludere, tale elenco smentisce se stesso con una previsione generale (quella di cui all’art. 8, co.

I, lett. d, relativa ad ogni altra situazione soggettiva o di affari propria del fondo o di altri soggetti) da cui risulta superato e reso inutile. Tra l’altro, l’espressione “relazione d’affari” è talmente vaga e volatile, soprattutto se vista in relazione all’influenza che può dispiegare sulla “corretta gestione del fondo”, da insinuare in un Autore l’idea di un “ampliamento a dismisura dell’intervento della Commissione di vigilanza”373: probabilmente, in realtà, la genericità dell’espressione di cui si tratta non aiuta all’individuazione dei confini della propria sfera di competenza neanche la stessa Authority.

372 Anche se, come afferma un autore, DE NOVA, La disciplina…, op. cit.: “Se sussistono i presupposti del conflitto d’interessi, l’operatività del fondo, tramite il gestore, non risulta espressamente ostacolata”

373 Così ANNUNZIATA, La disciplina dei fondi pensione: le regole…, op. cit., pag. 342. L’A.

critica vivamente l’impostazione che confonde la “corretta gestione del fondo” con i conflitti di interessi: infatti, da un lato l’effettuazione di operazioni in conflitto non sempre determina una non corretta gestione; dall’altro, la correttezza della gestione di un fondo è nozione più ampia di quella di conflitto di interessi, poiché idonea a ricomprendere più in generale la conformità della gestione stessa alle norme di legge e regolamentari.

Si potrebbe, allora, ritenere opportuno adottare nelle convenzioni il meccanismo dell’autorizzazione preventiva tanto diffuso tra gli altri intermediari finanziari (la regola disclose or abstain, in virtù della quale, in caso di conflitto, l’operazione deve essere espressamente autorizzata dal fondo) facendo un passo indietro rispetto all’attuale regolamentazione della fattispecie nei fondi pensione; ciò sia perché si farebbe nuovamente ricorso a divieti smentendo così la filosofia della trasparenza che impregna l’attuale disciplina, sia perché, come è risultato dall’esperienza sui mercati finanziari, la preventiva autorizzazione del cliente si riduce spesso ad una pura formalità in cui lo stesso non è tutelato dal punto di vista sostanziale:

tale regola finirebbe per rappresentare lo strumento per l’elusione di qualsiasi divieto. Oppure si potrebbe voler ricorrere alla fissazione a monte della composizione del portafoglio del fondo, ossia stabilire a priori nello statuto374 l’assunzione dell’obbligo di astenersi dall’effettuare certi investimenti, ad esempio in azioni o quote emesse dai soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive: a ben vedere si tratterebbe di soluzioni che, però, priverebbero i fondi della necessaria flessibilità sul mercato, dato che per alcuni fondi operazioni di investimento di questo tipo sono probabilissime (si pensi al fondo Cometa che annovera tra i suoi sottoscrittori tutte le imprese metalmeccaniche). Quanto, poi, alla specifica fattispecie, è anche da aggiungere una certa difficoltà nell’individuazione di tutti i sottoscrittori.

Tra l’altro, se effettivamente la previsione dell’intervento, diretto e specifico, dell’Autorità di controllo in relazione al potenziale manifestarsi delle singole fattispecie di conflitto appare come un’assoluta novità, poiché non si limita ad una attività di vigilanza e di verifica ex post sulla correttezza dell’operato e sul rispetto delle regole di comportamento, è anche vero che nulla dice il decreto su come essa possa concretamente intervenire sui casi di rilevato conflitto.

Qualche spunto di riflessione, allora, potrebbe ravvisarsi nell’esperienza anglosassone375.

Probabilmente una soluzione consisterebbe nel fissare una norma di carattere generale che sancisca il divieto di compiere operazioni in conflitto d’interessi, affidando ad un’Authority il compito di intervenire intelligentemente nell’individuare le situazioni idonee a danneggiare il

374 Nel quale, peraltro, ai sensi dell’art. 3 D.M. n° 211/1997, co. I, lett. r), devono essere indicate le regole da osservare in caso di conflitto d’interessi.

375 GIORDANO, Gli schemi …, op. cit., pag. 110, propone di enfatizzare per il gestore di fondi pensione il rispetto degli: “obblighi di svolgimento della sua attività secondo i più elevati standards professionali e, più in generale, il dovere di operare secondo la best market practice”.

fondo376: potrebbero essere specificamente consentite operazioni che pur costituendo terreno di scontro d’interessi diversi, sul piano pratico risultino convenienti per il fondo stesso. A tale conclusione spingerebbe anche la considerazione che le operazioni conflittuali attuabili attraverso gli investimenti, come nel caso di investimenti in titoli emessi dai soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive al solo fine di sostenerne il corso, darebbero luogo a negoziazioni talmente pesanti che sarebbe molto difficile non ravvisarne la palese strumentalizzazione a fini estranei all’interesse del fondo stesso.

Nel contesto delineato si riconosce l’importanza, già sottolineata dalla esistente disciplina, del buon funzionamento dei diversi canali informativi dell’Authority e l’esigenza di rafforzare la sinergia tra essa e gli operatori;

in particolare sarebbe opportuno che la figura della banca depositaria377 non fosse semplicemente mutuata da quella dei fondi comuni.

Sarebbe quindi auspicabile l’eliminazione dei troppi vincoli all’operatività dei fondi, presenti a livello regolamentare nelle stringenti previsioni degli artt. 7 e 8, e il conferimento alla Covip di un effettivopotere d’intervento.

376 ANNUNZIATA, La disciplina…, op. cit., pag. 341, afferma che già le norme previste dal D.M.: “ sembrano comportare una sensibile “amministrativizzazione” della materia, con l’intervento, per l’appunto, della Commissione di vigilanza, che rischia di essere chiamata a svolgere un ruolo di potenziale “arbitro” in relazione a casi o situazioni di conflitto di interessi”.

377 La quale riveste un ruolo importante soprattutto nell’esercizio dell’attività di riscontro dei limiti e dei criteri di investimento e di verifica della congruità delle politiche di investimento dei fondi rispetto alle prescrizioni della legge, del regolamento e dello statuto.