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Posto che la gestione diretta delle proprie risorse è consentita ai fondi pensione soltanto in alcuni casi323, analizziamo ora la fattispecie più ricorrente, quella dell’affidamento delle disponibilità dei fondi ad un terzo gestore324.

La disciplina dei rapporti di gestione tra fondi pensione e gestori si struttura sulla base degli Schemi di Convenzione325 emanati dalla Commissione di vigilanza ai sensi dell’art. 17 D. Lgs. n° 124/1993, co. II, lett. c). Sulla scia dei successi riscossi dai modelli uniformi nella contrattualistica internazionale, anche in questa materia si è scelto di procedere alla standardizzazione dei rapporti contrattuali tra i fondi ed i gestori, ferma restando la previsione della possibilità di apportare quelle modifiche ed integrazioni necessarie, data la diversità dei casi di specie. In questo senso l’obiettivo guida nella predisposizione del contratto tra fondo e gestore è quello di bilanciare l’efficienza della gestione, il controllo sulla gestione e la trasparenza del rapporto326.

323 Le lett. d) ed e), co. I, art. 6 D. Lgs. 124/1993 elencano le attività d’investimento che il fondo pensione è autorizzato a effettuare direttamente. Si tratta, però, di attività residuali, in quanto la scelta del legislatore è stata quella di affidare, in via principale, la gestione del patrimonio del fondo ad uno o più gestori specializzati che siano in grado di soddisfare specifici requisiti patrimoniali minimi e di offrire elevate garanzie di professionalità e serietà nella gestione:

consentire una gestione diretta del risparmio ai fondi pensione avrebbe determinato la privazione per i lavoratori delle garanzie connaturate ad una gestione effettuata da operatori professionali sottoposti ad una attenta vigilanza. Per questi motivi la gestione diretta potrà riguardare soltanto una parte del patrimonio del fondo e potrà avvenire limitatamente a certe tipologie di investimento. Infatti, l’art. 6, lett. d) consente ai fondi pensione la sottoscrizione o l’acquisizione diretta di azioni o quote di società immobiliari senza previsione di limiti particolari, nonché di quote di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, in misura non superiore al 20% del proprio patrimonio e al 25% del capitale del fondo. Inoltre, la lett. e) prevede la possibilità per i fondi pensione di sottoscrivere o acquisire quote di fondi comuni di investimento mobiliare chiusi, secondo le modalità fissate con decreto del Ministro del Tesoro e comunque in misura non superiore al 20% del proprio patrimonio e al 25% del capitale del fondo chiuso. Il decreto del Ministro del Tesoro n° 703/1996 ha confermato all’art. 4, lett. b), per gli investimenti in quote di fondi chiusi, i limiti menzionati.

324 A proposito di gestione indiretta, GAI, L., La vigilanza interna sulle imprese degli investitori istituzionali, in Finanza, Marketing e Produzione, n° 4, 1998, si esprime nel seguente modo:

“Tale modello gestionale è certamente condivisibile, atteso che la netta separazione tra fondo e gestore impedisce possibili conflitti di interesse tra azienda e iscritti al fondo e quindi rischi di mala gestio, favorisce l’affermarsi di logiche di efficienza (i fondi possono recedere dalla convenzione stipulata e scegliere un nuovo e più efficiente gestore) e di trasparenza…”.

325 VOLPE PUTZOLU, G., Fondi pensione: responsabilità e garanzie, in Assicurazioni, 1994, I, pag. 232: “I rapporti tra fondo e gestore…sono regolati da una convenzione, e cioè da uno strumento contrattuale, in base al quale il gestore si impegnerà a gestire per conto e nell’interesse del fondo le somme affidate in gestione…”.

326 Obiettivo chiaramente individuato da GIORDANO, U.M., Gli schemi…, op. cit., pag. 102.

Diverse sono le aree problematiche della disciplina di tale rapporto, ad esempio l’art. 2 327 della Delibera COVIP del 7 Gennaio 1998, in ossequio all’art. 6 D. Lgs. 124/1993, co. 4-bis, lett. a), è dedicato all’individuazione delle linee di indirizzo della gestione, “uno degli aspetti più delicati della disciplina del rapporto tra fondo e gestore”328, riguardanti tra l’altro: “le tipologie degli investimenti consentiti e i limiti fissati per ciascuna di esse;

gli obiettivi di gestione e l’orizzonte temporale di riferimento; le scelte in tema di limitazione dei rischi di controparte e di mercato; eventuali integrazioni alla disciplina delle fattispecie dei conflitti di interesse”329. Altro punto cruciale è quello della remunerazione del gestore, cui è dedicato l’art. 9 Delibera COVIP sulla determinazione delle modalità di corresponsione, il contenuto e le modalità di calcolo; in particolare, si prevede al co. I, mediante nota 10, la possibilità di pattuire commissioni di incentivo330 di cui occorrerà indicare analiticamente i criteri di calcolo ed i parametri di riferimento. Sebbene molto diffuso, questo tipo di commissioni porta con sé “il rischio di indurre il gestore a cercare di ottenere elevate prestazioni nel breve termine, a scapito della performance nel medio-lungo termine”331. Anche la fissazione per le convenzioni della durata minima di tre anni, dettata dall’esigenza di non esercitare, con l’apposizione di un termine breve, indebite pressioni sul gestore che lo spingano a ricercare risultati elevati nel breve periodo in funzione della misurazione delle performances, assumendo rischi di investimento eccessivi, sembra essere davvero poco efficace.

All’art. 8, accanto all’obbligo di rendiconto, sono elencati obblighi di informazione a carico del gestore relativamente all’attività svolta per conto

Anche BUSATO, I fondi pensione…, op. cit., pag. 1094, riconoscendo l’intenzione del legislatore del 1993 di: “ tutelare nella maniera più ampia possibile le esigenze dei lavoratori che stanno alla base dei sistemi previdenziali integrativi”, si augura che il sistema di controlli e di indirizzi delineato non si risolva, bensì, in stretti vincoli alla più redditizia gestione del fondo.

327 Nello Schema di convenzione per al gestione delle risorse con garanzia di restituzione del capitale o corresponsione di un interesse minimo, di cui in altra delibera Covip del 7 Gennaio 1998, esso corrisponde all’art. 3.

328 Si esprime in tal modo GIORDANO, op. cit., pag. 106, secondo il quale, con riferimento al suddetto rapporto, occorre: “stabilire un efficiente compromesso tra diversificazione degli investimenti e individuazione di specifiche aree di operatività, tra rendimento e integrità del capitale, tra autonomia e controllo del gestore”.

329 Si vedano la nota 6 al co. I dell’art. 2 della citata deliberazione e la nota 25 al co. I dell’art. 3 della deliberazione recante lo schema-tipo di convenzione per la gestione delle risorse con garanzia di restituzione del capitale, di uguale contenuto.

330 Si veda la nota 29 al co. I dell’art. 10, per quanto concerne la gestione delle risorse con garanzia di restituzione del capitale.

331 Così GIORDANO, op. cit., pag. 112. Qualora il gestore agisse in tal modo, violerebbe l’obbligo di suitability di cui all’art. 3 D.M. 763/1996, co. I; la rischiosità intrinseca di queste commissioni sarebbe idonea a provocare situazioni conflittuali tra gestore e fondo ai sensi dell’art. 8 D.M. 703/1996, co. I, lett. c).

del fondo e obblighi di informazione per entrambe le parti della convenzione circa i dati necessari a consentire “l’adempimento degli obblighi previsti dalla normativa vigente o di corrispondere alle richieste della Covip” (co. III). Lo specifico riferimento a situazioni di conflitto d’interessi è contenuto nel co. II (così come nel co. II, art. 9 dello schema di convenzione per la gestione delle risorse con garanzia di restituzione del capitale) ed è ispirato al principio di trasparenza nei confronti del fondo stesso e della banca depositaria, in adesione alla disciplina prevista a livello regolamentare (D.M. 703/1996): di essa lo schema di convenzione riconosce lo scarso vigore, ammettendo, a fronte delle fattispecie di conflitto di interessi, la possibilità che le “linee di indirizzo della gestione”

indichino integrazioni (nota 6), necessariamente modellate sui singoli rapporti tra fondi e gestore. Il co. II dell’art. 3 prevede, comunque, che il fondo possa modificare senza alcun preavviso: “gli indirizzi riferiti alla disciplina del conflitto d’interesse, dandone comunicazione al gestore e alla banca depositaria”332. In allegato alla convenzione, secondo le previsioni degli schemi relativi, sarà possibile fornire “documenti contenenti informazioni rilevanti ai fini dei conflitti d’interesse (artt. 7 e 8 D.M.

Tesoro n° 703/1996)”; rinviano ai suddetti allegati le previsioni contenute nella premessa n° 6 della deliberazione Covip 7 Gennaio 1998 sullo

“schema-tipo di convenzione per la gestione delle risorse”, e quelle contenute nella premessa n° 7 della deliberazione 7 Gennaio 1998 recante lo “schema-tipo di convenzione per la gestione delle risorse con garanzia di restituzione del capitale o corresponsione di un interesse minimo”.

332 Analoga previsione nel co. II dell’art. 4 dello schema-tipo di convenzione per la gestione delle risorse con garanzia di restituzione del capitale o corresponsione di un interesse minimo.

4. Una panoramica della disciplina regolamentare ex D.M. 703/1996

Il secondo provvedimento del Ministro del Tesoro, il D.M. n° 703 del 21 Novembre 1996, attuante la delega di cui all’art. 6 D. Lgs. n° 124/1993333, co. 4-quinquies, detta regole che, specificandone modalità e contenuti, attengono al controllo che il fondo deve esercitare nei confronti del gestore delle risorse. Questo controllo sostanzialmente si realizza tramite la fissazione di “criteri e…limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione e (di) regole in materia di conflitto d’interessi”. Gli intenti ed i principi accolti dalla disciplina sono gli stessi cui si ispirano le raccomandazioni, non vincolanti per gli Stati membri dell’Unione europea, dettate con la Comunicazione 360/8 del 17 Dicembre 1994 dalla Commissione UE e relative alla libertà di gestione e di investimento dei fondi pensione334: tali raccomandazioni sono state tutte accolte dal Tesoro, così come il risalto ai criteri di trasparenza ed informativa nei rapporti tra il fondo, gli iscritti, i gestori e le autorità di vigilanza.

Secondo alcuni autori da ciò risulterebbe una disciplina ispirata a principi liberisti “mitigati da una logica di comportamento prudenziale”335 date le particolari finalità dell’attività di investimento dei fondi pensione, ossia quelle di finanziare prestazioni previdenziali, ma anche data la necessità di non costringere la libertà di azione dei gestori in “gabbie” troppo rigide.

L’art. 2 del Regolamento individua i criteri e gli obiettivi di una “sana e prudente gestione” di fondi pensione, al fine di responsabilizzare il fondo stesso nonché i suoi organismi di gestione e controllo e, di conseguenza, il

333 L’articolo menzionato prevede che il Ministro del Tesoro, sentita la Covip, emani un regolamento volto a ridefinire con maggiore precisione le tipologie di attività ed i relativi limiti massimi di investimento per le risorse dei fondi, onde limitare al massimo i rischi legati all’investimento finanziario; i criteri di investimento di tali attività; le regole in materia di conflitti d’interessi.

334 Viene innanzitutto sottolineato il divieto per ciascun paese di impedire o limitare la possibilità di scelta di un gestore dei patrimoni stabilito in un altro stato membro. La Commissione individua, inoltre, i principi che dovrebbero guidare l’investimento delle risorse dei fondi: il perseguimento dell’interesse degli aderenti al fondo, la diversificazione degli investimenti e la limitazione prudenziale di investimenti effettuati nell’ambito di rapporti di gruppo.

335 Così BRAMBILLA, A., Capire i fondi pensione, Milano, 1996, pag. 101. Concorda SALERNO, A piccoli…, op. cit., pag. 97, quando afferma che: “le politiche di investimento e la disciplina dei conflitti d’interessi, poste a presidio dell’attività svolta dai soggetti gestori del risparmio affluito al secondo pilastro previdenziale, rappresenta il frutto di un compromesso tra le istanze presentate dai diversi centri di interessi coinvolti, nel generale tentativo di risolvere il trade-off tra gli obiettivi propri dei mercati finanziari e la funzione previdenziale dei fondi, che è la loro funzione primaria”.

gestore verso gli aderenti; quanto agli obiettivi elencati dal co. I336, si tratta dell’esplicitazione delle regole cui l’attività di gestione di patrimoni dovrebbe sempre ispirarsi, ma la mera elencazione attribuisce loro un carattere talmente generico337 da privarli di qualsiasi rilevanza sul piano pratico, se non si affronta il problema di dar loro un valore ed una gerarchia.

Tra i criteri di gestione, al fine di tutelare il beneficiario della prestazione338, rilievo è dato ai principi di “trasparenza e adeguata informazione agli iscritti” (art. 2, co. III) cioè a quei doveri di disclosure dell’operato del fondo nei confronti del beneficiario, che sono ormai fulcro delle regole di comportamento di tutti gli intermediari finanziari. La filosofia liberista che ispira il decreto emergerebbe anche e soprattutto dall’ampio spazio di operatività garantito ai gestori convenzionati con riferimento alla tipologia di attività in cui essi possono impiegare il risparmio previdenziale339; l’unica preclusione, dettata dall’esigenza di una gestione prudente, riguarda l’effettuazione di vendite “allo scoperto”: si tratta di un divieto assoluto, coerente con l’obiettivo di evitare che i fondi pensione perseguano unicamente finalità speculative e di rafforzare i controlli sui rischi della gestione, che rientra nelle norme precauzionali previste per le forme di gestione collettiva del risparmio, così per i fondi comuni di investimento mobiliare e per le sim, ma in quest’ultimo caso l’attività è consentita a determinate condizioni340. Anche per quanto

336 L’ormai sempre presente principio della “sana e prudente gestione” dei contributi è finalizzato alla massimizzazione della redditività degli investimenti degli stessi mediante una gestione del portafoglio efficiente, compatibilmente con il necessario contenimento dei costi e dei rischi grazie ad una diversificazione degli investimenti stessi.

337 VENTORUZZO, La disciplina…, op. cit., pag. 1208, imputa a questa genericità il fatto che tali obiettivi possano risultare contraddittori, ad esempio quando si parla di diversificazione dei rischi e di massimizzazione dei rendimenti netti; secondo l’Autore, infatti, un senso lo avrebbe il parlare di: “massimizzazione dei rendimenti netti dato un certo livello di diversificazione dei rischi”.

338 “A riprova del ruolo di agent nei suoi confronti assunto dal fondo pensione” commenta SALERNO, op. cit. , pag. 98.

339 Oltre agli investimenti descritti all’art. 6 D. Lgs. 124/1993, co. I, lett. d) ed e), cioè la sottoscrizione o l’acquisizione di azioni o quote di società immobiliari, di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi e di fondi di investimento mobiliare chiusi, i gestori possono, ai sensi dell’art. 3 D.M. 703/1996, co. I e II:

-investire in titoli di debito; titoli di capitale; parti di OICVM; quote di fondi chiusi, -effettuare operazioni di pronti contro termine;

-detenere liquidità;

-effettuare operazioni in contratti derivati.

340 Le sim possono effettuare la gestione “allo scoperto” se

a) vi sia nel contratto un’esplicita previsione della possibilità di effettuare vendite allo scoperto;

b) i titoli della vendita allo scoperto siano negoziati in mercati regolamentati o in un mercato di uno Stato appartenente all’OCSE.

concerne i limiti agli investimenti, l’orientamento liberista farebbe sì che la disciplina regolamentare non prescriva alcun vincolo all’acquisto di azioni ed obbligazioni, bensì soltanto determinati limiti di natura prudenziale, anch’essi simili a quelli stabiliti per i fondi comuni; la normativa secondaria (art. 4) non prevede, inoltre, alcuna soglia minima di impiego delle risorse finanziarie a favore di alcune attività domestiche, consentendo in tal modo ai soggetti convenzionati di perseguire l’obiettivo della diversificazione degli investimenti nella maniera più consona alle proprie capacità e specializzazioni, onde realizzare le migliori performances a favore dei fondi pensione. E nemmeno risulta una riserva di investimento a favore di attività domestiche rispetto a quelle estere. Infine l’obbligo di congruenza, previsto dal co. V dell’art. 4, per almeno 1\3 degli investimenti, tra la valuta di denominazione di essi e quella dei trattamenti pensionistici da erogare, contribuisce attraverso la diversificazione internazionale alla minimizzazione del rischio, ma è anche vero che la corrispondenza in termini di valuta, piuttosto contenuta, richiesta tra attività e passività del fondo, ed il riconoscimento dell’ECU quale moneta congruente rispetto ad ogni altra, può sottoporre il patrimonio gestito a rischi di cambio eccessivi: è di questo che la normativa tiene conto, oltre al rischio paese ed al rischio di controparte, nel graduare la misura consentita per i singoli investimenti341, in modo che i fondi pensione possano beneficiare delle occasioni favorevoli offerte da qualsiasi mercato, compatibilmente con il livello di rischio sopportabile in relazione alla natura del risparmio da essi gestito ed alla loro funzione primaria, la funzione previdenziale.

341 L’art. 4, co. I, lett. c) e d), prevede la possibilità per i fondi pensione di detenere, nell’investimento delle proprie disponibilità:

-titoli emessi da soggetti di Paesi OCSE ma non quotati in mercati di questi Paesi, nella misura massima del 50% del patrimonio del fondo, nella quale possono rientrare titoli di capitale per una percentuale non superiore al 10%;

-titoli emessi da soggetti non appartenenti a Paesi OCSE e non quotati in mercati di questi Paesi, con un limite massimo del 20% del patrimonio del fondo;

-titoli emessi da soggetti non appartenenti a Paesi OCSE ma quotati in mercati di questi Paesi;

l’acquisto è possibile entro il 5% del patrimonio del fondo.

Alcune limitazioni agli investimenti realizzabili dai fondi pensione sono già previsti nell’art. 6 D. Lgs. 124/1993, co. V, nel testo rimodellato dalla L. 8 Agosto 1995, n° 335, recante norme per la “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

5. Il conflitto d’interessi nell’ambito dei fondi pensione: definizione