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Gli amministratori e la rappresentanza sociale

2. Il conflitto d’interessi in seno al consiglio di amministrazione

2.1. Gli amministratori e la rappresentanza sociale

L’attribuzione della rappresentanza sociale implica il potere di manifestare la volontà sociale nei confronti dei terzi e di creare rapporti giuridici tra loro e la società. Tale potere non è attribuito dalla legge ad alcun organo specifico, ma è lo statuto a determinarne liberamente l’attribuzione (che spesso si accompagna alla carica di presidente del consiglio di amministrazione). Infatti l’art. 2398 Cod. Civ., co. I, n. 9, riconosce la potestà dei soci di stabilire, nel processo di formazione dell’atto costitutivo,

“quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza della società”; quanto ai poteri spettanti agli amministratori cui sia stata conferita la rappresentanza della società, provvede l’art. 2384 Cod. Civ., co. I, nel testo modificato dal d.p.r. 1127/’69: “possono compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, salvo le limitazioni che risultano dalla legge o dall’atto costitutivo”56. L’oggetto sociale delimita “il campo di attività della società”57, per cui gli amministratori rappresentanti della società possono compiere tutti gli atti pertinenti a tale attività, prefissa dai soci

56 La disciplina della rappresentanza sociale, contenuta nel Cod. Civ., ha subìto profonde innovazioni in seguito all’emanazione del d.p.r. 29 Dicembre 1969 n° 1127; esso, riguardo alle conseguenze verso i terzi degli atti posti in essere dai rappresentanti della società, ha introdotto le disposizioni di cui agli artt. 2383, co. VII e 2384 bis ed ha modificato quelle di cui all’art.

2384 prevedendo nuovi obblighi pubblicitari e l’obbligo del deposito delle firme autografe da parte dei rappresentanti della società, onde garantire ai terzi una maggior certezza circa l’estensione dei poteri dei rappresentanti e la sorte degli atti conclusi. In tal modo si è data attuazione alle disposizioni contenute nella Dir. CEE 9 Marzo 1968, n° 151, atta a coordinare le legislazioni dei paesi membri per realizzare la libertà di stabilimento prevista dal trattato istitutivo della CEE.

57 Così FERRI, G., Manuale di diritto commerciale, Torino, 1993, pag. 329.

nell’atto costitutivo per il conseguimento dello scopo di lucro58; si tratta di una attività che gli amministratori devono svolgere nell’esclusivo interesse della società, l’eventuale esorbitanza ed estraneità di un atto rispetto all’oggetto sociale è operazione estremamente difficoltosa e da accertarsi solo in concreto e a posteriori rispetto al compimento dell’atto59. Ecco, quindi, che il divieto di agire in conflitto d’interessi rappresenta una delle limitazioni che la legge pone ai poteri di rappresentanza, oltre a quelle che risultano dall’atto costitutivo o dallo statuto ex art. 2384, co. II.

Alcuni autori hanno paragonato l’attività dell’amministratore che ha la rappresentanza della società (amministratore munito della firma sociale) a quella di un nuncio60 più che a quella di un rappresentante volontario: il

58 MINERVINI, G., Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956, pag. 150.

CALANDRA BUONAURA, V., Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, in “Trattato delle società per azioni” diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 4, Torino, 1991, pag. 107, scrive: “Gli amministratori costituiscono l’organo cui è demandato il compito di gestire la società ricomprendendosi in tale funzione gestoria il potere di promuovere l’attività deliberativa dell’assemblea (potere di iniziativa), di dare esecuzione alle decisioni dei soci (potere esecutivo), di deliberare sugli atti di gestione dell’impresa sociale (potere decisionale o di gestione in senso stretto) e di manifestare all’esterno la volontà sociale agendo in nome e per conto della società (potere di rappresentanza)”.

59 Alcuni autori muovono dalla premessa che l’osservanza dello scopo e dell’oggetto della società attiene alla responsabilità degli amministratori (FERRI, G., Fideiussioni prestate da società, oggetto sociale, conflitto d’interessi, in Banca, borsa, tit. cred., 1959, II) ma non si traduce in un limite che segni quali atti possano o non possano essere validamente compiuti dalla società. Secondo ASCARELLI, T., Fideiussione…, op. cit., invece, qualunque atto tipicamente considerato può o può non conciliarsi, in un caso concreto, con una determinata attività . Non è quindi il tipo di atto che può dirsi di per sé in contrasto o in armonia con l’oggetto sociale ma solo un determinato atto nella sua concretezza. Questa valutazione, però, non può essere affidata che a soci ed amministratori, è quindi attraverso la disciplina del conflitto d’interessi che viene garantita l’osservanza dell’oggetto sociale: “La stessa vendita dello stabilimento sociale è conciliabile con l’oggetto sociale quando intesa a procurare fondi per la costruzione di altro stabilimento allo stesso fine; la vendita di una sola macchina, d’altra parte, può coordinarsi con un mutamento di settore produttivo… . La fideiussione da parte della società acquirente dei relativi prodotti a favore del proprio fornitore per i debiti di questi verso un produttore di materia prima si coordina con lo svolgimento dell’attività prevista nell’oggetto sociale… . Anche una vendita di merci può contrastare con l’oggetto di una determinata società e, d’altra parte, anche atti di donazione sono ormai coordinabili con l’oggetto sociale, con l’attività diretta ad un lucro”. Secondo l’Autore è insoddisfacente l’impostazione del problema come problema di capacità della società in relazione al suo oggetto; il problema in realtà non riguarda la capacità sociale ma la tutela dei terzi: infatti i pericoli derivanti al patrimonio sociale dal rilascio di fideiussioni da parte della società non verrebbero affatto meno se la società includesse le fideiussioni nel suo oggetto sociale, infatti non si potrebbero precludere proprio quelle fideiussioni a favore degli stessi soci (o di altre società da loro costituite) che rappresentano il vero pericolo per i terzi, facilmente deliberabili data la mancanza di quel contrasto che invece sussiste e tutela i soci e i creditori della società, nelle fideiussioni a favore di terzo.

60 Questa opinione è scaturita dal frequente fenomeno della dissociazione tra potere di gestione e potere di rappresentanza che, spesso, competono a soggetti diversi (solitamente quando esiste un CdA i poteri rappresentativi vengono conferiti al presidente). Tale fenomeno ha creato il

nuncio è solo uno strumento tramite il quale si manifesta una volontà, manca in esso l’agire nell’interesse altrui, perciò nel caso la sua esternazione si discosti dalla volontà precostituita non si potrà ravvisare un abuso ex art. 1394 Cod. Civ. ma un eccesso di potere. Altri autori61, invece, difendono la formula legislativa (all’art. 2328, co. I, n. 2, si legge

“rappresentanza della società”) e non trovano alcuna analogia tra l’attività dell’amministratore e quella del nuncio: la volontà dell’amministratore è quindi rilevante nella stipulazione del negozio, nessun ostacolo all’applicazione dell’art. 1394 Cod. Civ.

Da queste considerazioni si evince che il problema è quello di riportare la condotta dell’amministratore-rappresentante alla disciplina della rappresentanza nel particolare caso descritto dall’art. 1394 Cod. Civ. e quindi quello di analizzare la dinamica del rapporto tra gli artt. 1394 e 2391 Cod. Civ.

problema della natura dell'attività che il rappresentante, privo di poteri deliberativi, è chiamato a svolgere: secondo alcuni il rappresentante esplica esclusivamente la funzione di attuare l’attività giuridica esterna vincolante per la società, per cui la sua è attività di pura manifestazione e non volitiva.

Così GRAZIANI, A., Diritto delle società, Napoli, 1960, pag. 119, che sottolinea come l’amministratore, nello svolgimento della attività di rappresentanza, dichiari una volontà, non la formi; anche FERRI, G., Manuale di diritto commerciale, op. cit., riconosce all’amministratore che ha la rappresentanza sociale il potere di dichiarare la volontà sociale ma non quello di determinarla.

61 FERRARA, F. jr., Gli imprenditori e le società, Milano, 1962, pag. 248, GRECO, P., Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, 1959, pag. 295 e ss., e MINERVINI, G., op. ult.

cit., pag. 131 e ss., affermano che la funzione rappresentativa non è isolabile da un’attività anche volitiva, specialmente quando il rappresentante deve esprimere un giudizio sulla convenienza di discostarsi dalle direttive dell’organo deliberante.

2.2. Le relazioni tra l’art. 1394 e l’art. 2391 Cod. Civ.

La questione relativa all’applicabilità agli amministratori di società della disciplina del conflitto d’interessi tra rappresentante e rappresentato ha origine tipicamente giurisprudenziale, essendosi interessata ad essa la dottrina solo a seguito di due importanti sentenze della Cassazione62: è possibile applicare gli artt. 1394 e 1395 Cod. Civ. ad una attività amministrativa di società di capitali viziata da conflitto d’interessi? In sostanza ci chiediamo se l’art. 2391 Cod. Civ. sia pura e semplice applicazione del principio di cui all’art. 1394 Cod. Civ.63 (e quindi sia valido per ogni ipotesi di cura degli interessi altrui) o se esso si ispiri ad altre direttive. L’indirizzo giurisprudenziale, salvo rare eccezioni, è affermativo a tale proposito; soprattutto prima della riforma del 1969 si era affermato che l’art. 1394 Cod. Civ. costituisse l’espressione di un principio generale e quindi trovasse applicazione anche in caso di conflitto d’interessi tra la società e i suoi rappresentanti per gli atti da essi compiuti per un loro tornaconto personale e con pregiudizio del patrimonio sociale;

ma occorre approfondire le relazioni intercorrenti tra gli artt. 1394 e 2391 Cod. Civ.64, la cui costruzione è, nelle grandi linee parallela, ma sussistono alcune differenze di disciplina a causa della particolarità della fattispecie tipica cui l’art. 2391 si riferisce: innanzitutto, mentre l’art. 1394 Cod. Civ.

prevede un normale caso di annullabilità del negozio giuridico per cui il termine di impugnativa (ex art. 1442 Cod. Civ.) è dato dalla normale prescrizione quinquennale, nell’art. 2391 Cod. Civ., invece, è previsto per l’annullamento della deliberazione consiliare viziata (e del successivo negozio di attuazione) un termine di decadenza molto più breve, tre mesi dall’adozione della deliberazione stessa65: dunque si tratta di prescrizione

62 Le sentenze n° 3471 del 25 Ottobre 1958 e n° 2148 del 20 Giugno 1958, cit.

63 Ricordiamo che sotto i codici abrogati mancava una norma come quella dell’attuale art. 1394 Cod. Civ., mentre il conflitto d’interessi era previsto solo per gli amministratori di società, all’art. 150 Cod. Co. Attualmente quest’ultimo è stato conservato e perfezionato e si è introdotta una disposizione sul conflitto d’interessi nei contratti in generale.

64 Secondo ANGELICI, C., Amministratori di società, conflitto d’interessi e art. 1394 Cod.

Civ., in Riv. dir. comm., 1970, I, pagg. 109-110, l’art. 2391 Cod. Civ. conduce, con la diversa tecnica da esso prevista rispetto all’art. 1394 Cod. Civ. per annullare il negozio giuridico, “ad un contemperamento tra l’interesse del rappresentato e quello del terzo…maggiormente spostato a favore di quest’ultimo”.

65 A tale riguardo si confrontino le due soluzioni giurisprudenziali opposte della Corte di Appello di Bologna, 8 Marzo 1955, in Dir. fall., 1955, II, pag. 332, secondo cui: “La deliberazione del CdA, viziata da conflitto d’interessi, è annullabile solo su impugnazione degli amministratori assenti o dissenzienti, ovvero dai sindaci, proposta nel termine di tre mesi, ai sensi dell’art. 2391 Cod. Civ., e ciò anche nel caso che l’incompatibilità coinvolga tutti i membri del consiglio. Sono impugnabili ai sensi dell’art 1394 Cod. Civ., e ricorrendone i presupposti, nel termine prescrizionale di cinque anni i contratti conclusi, in forza dei poteri di

nel primo caso e di decadenza nel secondo, con la conseguenza che nel caso di applicazione dell’art. 2391 Cod. Civ. non sarà possibile ricorrere al principio ex art. 1442 Cod. Civ., per cui se il termine di tre mesi decorre senza che sia proposta alcuna azione, la società non potrà più agire nei confronti del terzo e avrà soltanto la possibilità di far valere la responsabilità dell’amministratore in conflitto d’interessi. Altra differenza tra le due norme riguarda i soggetti legittimati a proporre l’azione: per l’art.

2391 Cod. Civ. si tratta degli amministratori assenti o dissenzienti e dei sindaci, invece l’art. 1394 Cod. Civ. riconosce il potere di impugnativa al rappresentato, quindi se si applicasse quest’ultima norma agli atti degli amministratori di società, la legittimazione dovrebbe essere riconosciuta alla società66, quale soggetto nel cui interesse si è agito. Diverso è poi l’elemento che deve essere oggetto della conoscenza del terzo affinché sia esclusa la sua buona fede: l’art. 1394 Cod. Civ. fa riferimento al conflitto d’interessi, l’art. 2391 Cod. Civ. si riferisce alla deliberazione; così la buona fede del terzo deve vertere su un vizio del negozio da lui stipulato, vizio che nel primo caso è costituito dal conflitto d’interessi del rappresentante, nel secondo esso deriva dall’invalidità della precedente deliberazione, in tal caso affinché risulti la mala fede del terzo, egli deve conoscere o deve poter conoscere tutti gli elementi da cui l’invalidità della deliberazione scaturisce67.

Come detto in precedenza, la nostra giurisprudenza ha riconosciuto l’applicabilità dell’art. 1394 Cod. Civ. agli amministratori di società, vedendo nella norma un principio generale applicabile in ogni caso di

rappresentanza che gli sono conferiti, dall’amministratore che si rtrovi in conflitto d’interessi con la società” e della Cass., 9 Luglio 1958, n° 2446, in Giust. Civ., 1958, pag. 1437, per la quale: “intervenuta la decadenza, l’azione non è più proponibile, in quanto l’azione generale prevista dall’art. 1394 Cod. Civ. è, nell’ipotesi prevista dall’art. 2391 Cod. Civ., ristretta al caso ivi ipotizzato, sottoposto allo speciale termine di tre mesi.”

66 Appello Bologna, cit.,: “E’ certo che l’azione di annullamento compete al rappresentato, cioè, con riferimento al caso in esame, alla società, la quale, ed essa esclusivamente, ha la facoltà di determinare discrezionalmente quale sia l’interesse sociale e se esso in qualche modo sia stato violato”.

67 FERRI, G., Fideiussioni…, op. cit. Invece WEILLER, Il conflitto…, op. cit., pag. 66, sostiene che sufficiente sia la conoscenza del conflitto e della marginalità del voto. Scrive ASCARELLI, Fideiussione…, op. cit. pagg. 742-743, a tale proposito: “Nell’ipotesi dell’art. 1394 Cod. Civ. il conflitto sorge tra un determinato atto e la posizione del rappresentante rispetto all’atto stesso; è perciò saggio l’affidarsi al criterio della riconoscibilità del conflitto per ammettere e negare l’annullabilità dell’atto da parte del rappresentato. Nell’ipotesi dell’art. 2391 Cod. Civ., invece, la riconoscibilità attiene ad un vizio della deliberazione, potendosi proporre il problema della validità dell’atto compiuto dalla società soltanto una volta annullata la deliberazione ed occorrendo perciò dettare una disciplina applicabile anche indipendentemente dall’annullamento della deliberazione”.

conflitto d’interessi68. A favore di tale orientamento è anche la convinzione circa l’inapplicabilità dell’art. 2391 Cod. Civ. al caso dell’amministratore unico, dato che l’atto pregiudizievole al patrimonio sociale non si basa su una precedente deliberazione consiliare ma sulla determinazione esclusiva dell’amministratore69; e la nota sentenza della corte di Appello di Bologna70secondo cui, in applicazione dell’art. 2391 Cod. Civ., l’annullamento del negozio è effetto dell’annullamento della deliberazione, perciò, quando è esclusa l’impugnabilità della deliberazione, per effetto del principio dell’affidamento, non può più domandarsi l’annullamento del contratto ex art 2391 Cod. Civ.: invece l’art. 1394 Cod. Civ. prescinde dall’esistenza di una deliberazione ma fa riferimento esclusivamente al vizio del potere di rappresentanza, cioè alla situazione di conflitto d’interessi71.

Quanto alla dottrina, per primo si è occupato della questione il MINERVINI72, il quale è pervenuto alla conclusione che i due articoli di cui si tratta si completano e non si escludono. Egli riconosce nell’art. 2391 Cod. Civ. la volontà del legislatore di estendere alla società per azioni la tutela approntata normalmente al rappresentato: in aggiunta alla

68 Cass., 20 Maggio 1961, n° 1199, in Dir. fall., 1961, II, pag. 776, secondo la quale: “La norma dell’art. 1394 Cod. Civ. rappresenta un principio generale applicabile, come tale e nel concorso dei suoi presupposti, in ogni caso di conflitto d’interessi, ed anche quando il conflitto medesimo sorge fra società ed amministratori per gli atti negoziali compiuti da questi ultimi in rappresentanza della società ma per esclusivo vantaggio proprio e con danno del patrimonio sociale”.

Anche PUGLIATTI, S., Il conflitto d’interessi tra principale e rappresentante, in Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965, pag.127, riconosce valore generale all’art.1394 Cod. Civ.: “Non si vedrebbe ragione di non applicare i principi generali a questo caso, che non presenta nulla di particolare, che possa giustificare una deroga”.

Contra Cass., 11 Ottobre 1956, n° 3517, in Giust. Civ., 1957, I, pag. 474, secondo cui: “Fuori luogo viene invocata la disposizione dell’art. 1394 Cod. Civ., perché in materia di società per azioni l’ipotesi di conflitto è regolata da una norma particolare, quella dell’art. 2391 Cod. Civ.”.

69 Cass., 16 Giugno 1961, n° 1407, cit.

Secondo ANGELICI, Amministratori…, op. cit., il problema dell’applicabilità dell’art. 1394 Cod. Civ. agli amministratori non può essere risolto con tale argomentazione in quanto: “troppo semplicisticamente si pretende di limitare le possibilità applicative dell’art. 2391 Cod. Civ.”, egli, inoltre non crede che: “la soluzione negativa al problema dell’applicabilità dell’art. 2391 trascini inevitabilmente con sé quella positiva dell’analogo problema con riferimento all’art.

1394 Cod. Civ., nulla ostando in linea logica che in caso di amministratore unico l’atto viziato da conflitto d’interessi sia soltanto illecito e non illegittimo”.

70 App. Bologna, 8 Marzo 1955, cit.

71 MINERVINI, Gli amministratori…, op. cit., pag. 174. Con l’A. concordano LIBONATI, B., Holding e investment trust, Milano, 1959, pag. 379, che vede negli artt. 1394 e 1395 Cod. Civ.

una disciplina relativa ad ipotesi “macroscopiche”, e nell’art.2391 Cod. Civ. una situazione più ristretta ma pur sempre pregiudizievole per la società; e MOSSA, L., Rappresentanza statutaria e di fatto della società anonima, Milano, 1938, pag. 206, favorevole all’applicazione alla rappresentanza sociale della disciplina generale della rappresentanza.

72 Op. ult. cit.

applicazione dell’art. 1394 Cod. Civ., che conferisce rilevanza al conflitto d’interessi riconoscibile in cui sia incorso il rappresentante sociale, il legislatore ha sancito l’applicabilità al conflitto d’interessi inficiante il voto marginale di qualsiasi amministratore, purché noto al terzo contraente (art.

2391, co. III). E ancora, secondo l’Autore è possibile la contemporanea applicazione degli artt. 1394 e 2391 Cod. Civ. quando il voto dell’amministratore in conflitto è stato determinante per l’adozione della deliberazione e a tale amministratore è stato anche affidato l’incarico di stipulare l’atto esecutivo quale rappresentante sociale73. Consequenziale è l’ammissibilità del disposto dell’art. 1395 Cod. Civ. al contratto stipulato dall’amministratore con se stesso (in proprio o come rappresentante della controparte), e il fatto che per la società gli atti compiuti dall’amministratore senza rappresentanza siano inefficaci così come quelli posti in essere dal rappresentante senza o con eccesso dei poteri. Il FRE’74 e l’ASCARELLI hanno fortemente criticato questa impostazione ritenendo, il primo, che la presenza dell’art. 2391 Cod. Civ. nel nostro sistema dimostra che il legislatore ha voluto derogare ai principi generali e subordinare l’annullamento del negozio a quello della deliberazione consiliare (non è possibile ritenere invalidi degli atti quando il loro antecedente sia valido e inoppugnabile), e il secondo ravvisando una sostanziale diversità tra il conflitto d’interessi ex art. 1394 Cod. Civ. e quello relativo alle deliberazioni consiliari, per cui l’art. 1394 Cod. Civ. è utilizzabile soltanto quando sia mancato un preventivo esercizio del potere deliberativo75: ciò sarebbe dovuto ad una sostanziale differenza di struttura tra il conflitto d’interessi ex art. 2391 e quello ex art. 1394 Cod. Civ.

FERRI76 prende una posizione ancora più estrema ritenendo inapplicabile l’art. 1394 Cod. Civ. anche quando manchi una precedente deliberazione:

secondo l’Autore l’atto dell’amministratore giuridicamente altro non è che

73 Secondo MINERVINI, op. cit., pag. 176, l’azione ex art. 1394 Cod. Civ. può essere esercitata sia una volta scaduto senza impugnative il termine di tre mesi di cui all’art. 2391, co. III (a suo avviso l’annullamento della deliberazione non è presupposto indefettibile dell’annullamento del negozio rappresentativo), sia per motivi di convenienza, in quanto con ciò si evita di dover dare la prova della effettiva conoscenza del terzo del vizio della deliberazione (voto espresso in conflitto d’interessi e determinante). Tra l’altro le due norme collimano circa la caratteristica del conflitto richiesta: l’attualità.

74 FRE’, G., Della società per azioni, in Commento al Codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1982, pag. 407.

75 ASCARELLI, Fideiussione…, op. cit., pag. 739, dice: “Il conflitto d’interessi nella formazione della volontà sociale non può essere identificato con il conflitto d’interessi tra rappresentante e rappresentato (al quale, invece, sarà possibile rifarsi per l’atto compiuto dall’amministratore indipendentemente da previa deliberazione consiliare)”.

76 FERRI, Fideiussioni…, op. cit., pag. 35. La stessa qualificazione giuridica dell’attività di un amministratore non consente di riferirsi ad un conflitto quale previsto dall’art.1394 Cod. Civ.:

“Per le società vi è una regolamentazione propria e diversa della situazione di conflitto”.

un atto della persona giuridica, manca quindi il dualismo di soggetti che è alla base delle previsioni dell’art. 1394 Cod. Civ. Infatti l’amministratore è un organo della società per cui si contrappone ad essa solo nel momento in cui concorre a formare la volontà sociale, cioè internamente ma mai

un atto della persona giuridica, manca quindi il dualismo di soggetti che è alla base delle previsioni dell’art. 1394 Cod. Civ. Infatti l’amministratore è un organo della società per cui si contrappone ad essa solo nel momento in cui concorre a formare la volontà sociale, cioè internamente ma mai