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L’art. 9 D. Lgs. 124/1993, nella sua formulazione originaria, prevedeva, a chiusura dell’area della previdenza complementare, per le categorie di lavoratori cui era negata la possibilità di accedere ai fondi pensione

“chiusi” o “negoziali”, l’opportunità di aderire a fondi pensione cosiddetti

“aperti”, frutto dell’iniziativa diretta di uno dei soggetti abilitati alla gestione di un fondo pensione, ossia banche, compagnie di assicurazione, società di intermediazione mobiliare, società di gestione di fondi comuni di investimento. La marginalità363 che caratterizzava questa tipologia di fondi è ormai venuta meno grazie all’intervento della legge n° 335 dell’8 Agosto 1995, di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, che ne ha ampliato le possibilità operative e l’area dei possibili beneficiari anche ai lavoratori dipendenti per i quali l’adesione avvenga “su base contrattuale collettiva” (frase aggiunta dall’art. 9 l. 335/1995, co. I) purché

“non sussistano o non operino diverse previsioni in merito alla costituzione di forme pensionistiche complementari…” (art. 9 D. Lgs. 124/1993, co. II), e prevedendo inoltre la possibilità per gli iscritti ad un fondo di categoria di trasferire la loro posizione individuale ad un fondo aperto, decorso il periodo minimo di iscrizione previsto dall’art. 10, co. 3°-bis (comma aggiunto dall’art. 10 L. 335/1995). I fondi pensione aperti sono, quindi,

“entrati a pieno titolo a far parte del cosiddetto secondo pilastro del sistema previdenziale italiano”364, presentandosi quali figure estremamente adatte per la previdenza aziendale, in particolar modo con riferimento alle piccole imprese, e capaci comunque di competere con i fondi non aperti, grazie alla loro maggiore duttilità ed alla minore complessità per la costituzione e gestione365, tant’è vero che il legislatore si è dovuto preoccupare di evitare che tali fondi potessero pregiudicare il regolare avvio dei fondi chiusi i cui inizi sono stati più lenti e difficili, prevedendo che “le disposizioni di cui all’art. 9 del D. Lgs. 21 Aprile 1993, n° 124, e successive modificazioni ed

363 Infatti ai fondi potevano aderire soltanto “coloro per i quali non sussistano o non operino le fonti istitutive di cui all’art. 3, co. I, ovvero si determinino le condizioni di cui all’art. 10, co. I, lett. b)” (art. 9, co. II).

VOLPE PUTZOLU, G., I fondi pensione aperti, in Banca, borsa e tit. cred., 1996, fasc. III, pag.

320, osserva che: “ si trattava quindi di una figura destinata esclusivamente a soggetti non

“sindacalizzati”, in quanto non iscritti a sindacati o ad associazioni professionali, o a soggetti

“sindacalizzati”, ma i cui contratti o accordi collettivi non prevedevano l’istituzione di forme pensionistiche complementari. La norma, in pratica, riduceva notevolmente la possibilità di adesione a fondi aperti da parte dei lavoratori dipendenti”.

364 Così D’AMBROSIO, L., La natura giuridica dei fondi pensione aperti: un’interpretazione dei principali problemi posti dalla fattispecie, in Giur. comm., Gennaio-Febbraio, 1999, pag.

92.

365 VOLPE PUTZOLU, op. cit., pag. 321.

integrazioni, trovano applicazione, nei diversi settori, decorsi sei mesi dal rinnovo del primo contratto nazionale di categoria successivamente all’entrata in vigore della presente legge ovvero decorsi sei mesi dalla stipula di diversi accordi collettivi nazionali istitutivi di forme pensionistiche complementari” (art. 9 l. 335/1995, co. II).

Il problema che si è posto all’interprete, data la scarna disciplina in materia e i frequenti rinvii al decreto citato e ad altre disposizioni di legge, riguarda l’individuazione delle norme del suddetto decreto applicabili ai fondi aperti366: da questo punto di vista, il decreto in questione non offre particolare aiuto, anzi sembra lasciar spazio a sottili distinzioni che certamente non gli facilitano il compito. A questo riguardo si confrontano opinioni contrastanti: quanto alle regole di condotta nella gestione, materia che qui ci interessa, ma anche con riguardo ad altre norme, da un lato si sostiene l’impossibilità di ricorrere all’analogia con quanto previsto per i fondi chiusi, data la diversità e le peculiarità (che sembrano essere ribadite dall’art. 9367) del rapporto che si istituisce nei fondi aperti rispetto agli altri;

dall’altro, invece, si propende, pur alla luce delle particolarità dei fondi aperti, ad ammettere il ricorso all’analogia per esigenze di neutralità ed omogeneità di disciplina368; così è, come già accennato, per le regole di condotta nella gestione di fondi pensione.

366 L’intervento dell’ANIA relativo alle norme applicabili ai fondi pensione aperti, in Appendice al libro I fondi pensione aperti e i gestori di BAZZANO, C., Napoli, 1997, conclude per l’applicabilità in via di principio, della disciplina recata dal decreto, fatta eccezione per il caso in cui: “le diversità strutturali e funzionali dei fondi aperti risultino incompatibili con la disciplina prevista dal D. Lgs. n° 124” per cui “l’interprete potrà discostarsi da questa stessa disciplina, ricercando altrove attraverso il ricorso all’analogia, le regole di diritto concretamente applicabili alle diverse fattispecie”.

367 Di questa opinione VOLPE PUTZOLU, op. cit., pag. 335, secondo cui: “Il primo comma dell’art. 9 rinvia all’art. 6, co. I, per l’individuazione dei soggetti abilitati ed ai criteri dell’art. 4, co. II, per la costituzione del fondo. Quest’ultima norma, in quanto prevede una separazione patrimoniale, presuppone implicitamente la costituzione di una gestione e di una contabilità separate. L’art. 9 non contiene, direttamente o indirettamente, nessun’altra disposizione sulle modalità della gestione. Il mancato rinvio alle disposizioni che regolano la gestione dei fondi non aperti (art. 6, co. IV ss.) non è casuale, ma è dovuto alle diversità della fattispecie”.

L’Autrice considera che l’art. 6 è stato redatto relativamente alle convenzioni stipulate tra il fondo chiuso ed il gestore e ad una gestione di tipo individuale, invece l’art. 9 prevede una fattispecie in cui il gestore è la stessa impresa che ha costituito il fondo all’interno del suo patrimonio ed una gestione di tipo collettivo. In particolare, non sarebbe applicabile la disciplina di cui ai commi 4°- bis, lett. b) e 4°-ter dell’art. 6 circa la titolarità del fondo sui beni compresi nella gestione, né la disposizione ex art. 6, co. 4°-bis, lett. c), che attribuisce al fondo il diritto di voto relativamente ai valori mobiliari in cui sono investite le sue disponibilità.

Mentre nel fondo chiuso, fondo e gestore sono soggetti distinti, quindi assoggettati a discipline operanti a livelli diversi, invece il fondo aperto è parte integrante del patrimonio del gestore ed il rapporto di gestione si instaura direttamente tra il gestore e i singoli aderenti al fondo.

368 Di tale avviso ANNUNZIATA, La disciplina dei fondi…, op. cit., pagg. 328-329, che osserva: “La natura stessa delle regole di condotta, nell’esprimere e specificare obblighi generali

In particolare, il problema del ricorso all’analogia si è posto nella materia degli investimenti e dei conflitti d’interessi nei fondi aperti, in quanto il D.

M. che ne detta la disciplina, il 703/1996, risulta emanato ai sensi di una norma (art. 6 D. Lgs. 124/1993, co. 4-quinquies, e successive modifiche) non espressamente richiamata per i fondi aperti. Anche a tale proposito si rinviene in dottrina una duplice impostazione. Da un lato autorevole dottrina369 ritiene che, tra gli altri, inapplicabile sia il comma 4-quinquies, lett. c) dell’art. 6, nella parte in cui individua potenziali situazioni conflittuali nella partecipazione dei soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive dei fondi pensione ai soggetti gestori, in quanto esse sarebbero configurabili soltanto rispetto ai fondi chiusi, non traendo origine i fondi aperti dalle fonti istitutive di cui all’art. 3. Questo non significa che non siano possibili situazioni conflittuali laddove si verifichi un contrasto tra l’interesse dell’impresa costituente, in quanto gestore, e il fondo, in quanto patrimonio di destinazione da gestire nell’interesse esclusivo dei suoi partecipanti370.

Ad opposta conclusione approdano i sostenitori371 dell’opportunità del ricorso all’analogia, per motivi di omogeneità e neutralità della disciplina;

opinione rafforzata dall’osservazione che l’art. 6, co. 4-quinquies si riferisce, in generale, alle “regole da osservare in materia di conflitti d’interesse”, non limitandosi ai conflitti derivanti dalle menzionate fonti

di correttezza e diligenza, ne rende, infatti, preferibile l’applicazione anche ai fondi aperti; in caso contrario, verrebbe a determinarsi un’evidente disparità di trattamento, ovvero una differenza in termini di standard di diligenza, tra fondi aperti e fondi non aperti, che non appare giustificabile. In altri termini, là dove una società di gestione gestisca le risorse di un fondo in base ad un’apposita convenzione, essa sarebbe tenuta al rispetto di una serie di regole di comportamento e di correttezza individuate dal Ministro del Tesoro; là dove, invece, la stessa società promuova o gestisca direttamente un fondo aperto, tali regole, che peraltro, riprendono e specificano clausole generali, già in parte ricavabili dal diritto comune, non troverebbero applicazione!”, dunque il riferimento alla “gestione delle risorse dei fondi pensione” nel DM 673/1996, si può estendere, con tutta la relativa disciplina, anche al caso in cui una società di gestione promuova direttamente la costituzione di un fondo pensione aperto.

Concordi anche D’AMBROSIO, La natura giuridica…, op. cit., pag. 106: “Il vero problema rispetto all’applicabilità si presenta per ciò che attiene ai limiti agli investimenti (cfr. art. 6, co.

4°-quinquies e art. 6, co. 5) e per ciò che riguarda gli obblighi di trasparenza verso gli iscritti (art. 6, co. 4°-quater), che non risulterebbero esplicitamente richiamati. In realtà emerge con tutta evidenza l’intenzione del legislatore di attribuire omogeneità alla gestione delle risorse dei fondi chiusi e aperti: in nessuna parte degli articoli citati, infatti, vi è alcun riferimento letterario che possa far ritenere le norme non applicabili ai fondi pensione aperti. Infatti, in sede di disciplina secondaria, tali norme sono state “recuperate” anche per i fondi pensione aperti

369 In epoca anteriore all’emanazione del DM, VOLPE PUTZOLU, op. cit., affermava l’inapplicabilità ai fondi aperti della disciplina del conflitto d’interessi dettata per i fondi chiusi.

370 A tale riguardo VOLPE PUTZOLU, op. cit., pag. 336, ritiene che i criteri per la soluzione di tali eventuali conflitti dovrebbero essere attinti dalla disciplina dei fondi comuni di investimento piuttosto che da quella dei fondi chiusi.

371 ANNUNZIATA, La disciplina…, op. cit., pag. 338.

istitutive ma ricomprendendo nella sua previsione tutte le specie.

L’esigenza di uniformità delle relative regole sembra confermata anche dal D.M. n° 703, art. 7, co. 5 e art. 8, co. 3, infatti il riferimento al soggetto responsabile del fondo aperto afferma l’intenzione dell’autorità di sottoporre fondi aperti e chiusi alla medesima disciplina; con ciò non si nega, comunque, che potranno verificarsi casi in cui alcune di queste regole potranno trovare applicazione soltanto per una delle due categorie, poiché le situazioni conflittuali in cui incorreranno i fondi pensione aperti e quelli chiusi non saranno sempre coincidenti.