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La disciplina del rischio e il conflitto d’interessi: gli investimenti

5. Il conflitto d’interessi nell’ambito dei fondi pensione: definizione della fattispecie

5.1. La disciplina del rischio e il conflitto d’interessi: gli investimenti

I fondi pensione funzionano prevalentemente con il metodo della contribuzione definita (obbligatorio per i lavoratori dipendenti); ad essere quantificata è la sola entità del contributo da versare mentre le prestazioni finali dipenderanno, oltre che dal quantum dei contributi stessi, soprattutto dai risultati della gestione finanziaria; l’entità della prestazione finale è quindi aleatoria e non garantita, in questo senso il rischio grava totalmente ed unicamente sull’iscritto. Al fine di tutelare questa forma di risparmio occorre, perciò, predisporre una normativa che presieda allo svolgimento della gestione delle risorse di competenza dei fondi.

La disciplina del rischio e quella del conflitto d’interessi sono due realtà distinte i cui riflessi talora si intrecciano. Per la riduzione del rischio finanziario e per la stabilità del fondo sono posti soprattutto dei limiti agli investimenti345, entro tali limiti è comunque possibile che si verifichino situazioni conflittuali; a tale proposito le previsioni del decreto n° 124 (e della disciplina di attuazione, come già visto) sembrano essere esaustive della fattispecie. Infatti, per quanto concerne gli investimenti è innanzitutto da considerare l’art. 6, co. V, lett. a), che stabilisce i limiti percentuali per l’investimento delle disponibilità di competenza del fondo in azioni o quote emesse da una stessa società quotata in borsa o non quotata: nel primo caso l’investimento non può spingersi al di là del limite massimo del 5% del valore nominale complessivo di tutte le azioni o quote con diritto di voto;

nel secondo caso il limite massimo è del 10% di tale valore complessivo.

Comunque, l’investimento non può avvenire in misura tale da determinare in via diretta un’influenza dominante del fondo sulla società emittente346.

345 BUSATO, I fondi…, op. cit., pag. 1094, ritiene che il decreto del 1993 abbia posto di fronte alla gestione diretta ed a quella indiretta vincoli assai stringenti: la gestione convenzionata, in particolare, risulterebbe fortemente limitata sia in ordine alle attività ed ai limiti massimi di investimento sia in ordine ai criteri di investimento nelle varie categorie di valori mobiliari.

Secondo PALLADINO, G., L’introduzione dei fondi pensione in Italia, atti del Convegno LUISS Guido Carli del 15 Maggio 1997, pag. 113, il regolamento del Tesoro sugli investimenti dei fondi pensione ha stabilito ragionevoli limiti massimi d’investimento, non si è verificata, così, la temuta impostazione da “camicia di ferro”. Ma tanta libertà rischia di rimanere soltanto teorica:“ se dovesse essere concessa ai lavoratori la possibilità di richiedere la garanzia di un rendimento annuo minimo. In tal caso il portafoglio titoli sarà in gran parte a reddito fisso, perché la prudenza imporrà ai gestori di evitare l’acquisto di azioni, anche per ridurre al massimo il costo della garanzia”.

346 BRAMBILLA, Capire…, op. cit., pagg. 111-112: “Nulla viene detto in relazione al disposto dell’art. 6, co. V, lett. a), in materia di “influenza dominante” del fondo pensione sulle società emittenti, con particolare riguardo per le quote o azioni emesse da soggetti tenuti alla contribuzione o da questi controllati direttamente o indirettamente o agli stessi legati da rapporti di controllo… . Un limite ai fini del problema in oggetto è fissato dal medesimo articolo del

Questi limiti devono essere letti nel generale intento del legislatore di ridurre il rischio finanziario in capo al fondo ed ai suoi iscritti, in considerazione della funzione peculiare del fondo stesso che non è certamente una funzione speculativa: si vuole cioè evitare che il patrimonio del fondo sia eccessivamente concentrato. All’esigenza di ridurre il rischio risponde anche la previsione della possibilità di una gestione diretta347 da parte del fondo (si veda la nota n° 24) limitatamente ad investimenti in titoli rappresentativi di patrimoni collettivi gestiti da altri soggetti, fondi comuni di investimento o società immobiliari [art. 6, co. I, lett. d) ed e)]: il fondo non può comunque investire nel bene di primo grado, l’immobile o il titolo, ma può investire in quote di un gestore degli immobili o dei titoli; a ben vedere, quindi, il fondo non gestisce mai in proprio, ciò che gli è consentito è soltanto raccogliere titoli emessi da soggetti che esercitano l’attività di investimento, frapponendosi tra il fondo stesso e l’investimento finale: il fondo può fare soltanto investimenti di secondo grado, “sicuri” e con un basso costo348.

In particolare, le discipline del rischio finanziario e del conflitto d’interessi devono essere coordinate per quanto concerne l’investimento delle risorse del fondo in azioni o quote emesse da soggetti tenuti alla contribuzione o da questi controllati direttamente o indirettamente, per interposta persona o tramite società fiduciaria, o agli stessi legati da rapporti di controllo (art. 6, co. V, lett. b); in questo caso la fissazione di limiti percentuali sembra volta specificamente ad evitare rapporti collusivi idonei a causare nocumento al

124/1993, che limita l’investimento massimo in quote o azioni con diritto di voto al 5% se la società è quotata o al 10% se non quotata… . E’ ovvio, ad esempio, che il possesso del 5% delle Assicurazioni Generali costituirebbe di per sé posizione dominante. Una parziale soluzione può venire dai commi 2 e 3 dell’art. 2359 Cod. Civ.; tuttavia occorreranno, a nostro avviso, una attenta viglilanza della Commissione ed un eventuale specificazione caso per caso”.

347 SANDULLI, P., Previdenza complementare, in Digesto Disc. priv., Sez. comm., XI, Torino, 1995, pagg. 249-250, ricorda le critiche che hanno accompagnato le previsioni dell’art. 6 D.

Lgs. n° 124/1993, nella versione precedente alla riforma di cui alla legge n° 335/1995, soprattutto per quanto concerneva l’esclusione di ogni forma di gestione diretta delle proprie risorse da parte dei fondi pensione: si sottolineava come tali previsioni costrittive avessero disatteso la delega. Così l’Autore risponde a questi rilievi: “A tali critiche, che hanno accompagnato la gestione del provvedimento, è agevole rispondere evidenziando la ragionevolezza della prevalenza del criterio di contemperamento fra essenze di libertà del sistema pensionistico complementare in sé considerato ed esigenze di salvaguardia dei valori propri di altri settori dell’ordinamento: nel caso, e specificamente, vale il richiamo alla specificità della normativa del mercato finanziario”.

348 VOLPE PUTZOLU, G., Fondi pensione: responsabilità e garanzie, op. cit., pag. 224, al contrario ritiene che l’investimento in azioni o quote di società immobiliari non offra garanzie per la tutela dei beneficiari delle prestazioni previdenziali erogate dal fondo pensione: “ove si consideri che gli immobili, beni che indubbiamente presentano un soddisfacente grado di sicurezza dell’investimento, non appartengono al fondo, ma ad un distinto soggetto giuridico che opera per fini di lucro e senza particolari forme di controllo pubblico”.

fondo ed ai suoi iscritti ed è caratterizzata dall’evidente finalità di assicurare, in ogni caso, la separazione tra fase istitutiva e fase gestionale relative alle forme di previdenza complementare.

5.2. La disciplina del conflitto d’interessi ai sensi dell’art. 7 D.M. n°

703/1996: investimenti nell’ambito di rapporti di gruppo e in soggetti legati al fondo

Dalla considerazione congiunta della disposizione dell’art. 6, co. V, con quella di cui all’art. 7 D.M. 703/1996, co. I, seconda parte, emerge la disciplina completa degli investimenti in titoli emessi non soltanto dai soggetti tenuti alla contribuzione ma da tutti i soggetti in qualche modo legati al fondo; questi limiti rispondono alle finalità prudenziali di cui già si è detto quindi non è possibile superarli, ma è possibile che entro quelle percentuali si verifichino situazioni di conflitto d’interessi tra fondo e soggetto emittente i titoli in cui il fondo ha investito.

Nella prima parte del comma I l’art. 7 prende in considerazione l’interesse conflittuale (lato sensu) del gestore, nella seconda l’interesse di altri soggetti qualificati, quali i sottoscrittori delle fonti istitutive, i datori di lavoro tenuti alla contribuzione, la banca depositaria o imprese dei loro gruppi. Tali interessi (del gestore o degli altri soggetti qualificati) possono entrare in conflitto con l’interesse del fondo pensione (o meglio, con quello degli iscritti), soprattutto quando si creino commistioni tra i soggetti che ruotano intorno al fondo stesso.

La prima parte dell’art. 7 contiene la regola fondamentale in materia, contemplando il caso del gestore che si trovi ad avere un interesse in conflitto con quello del fondo per conto del quale agisce, in relazione al compimento di operazioni anche d’investimento; la situazione conflittuale può verificarsi anche quando l’interesse in conflitto scaturisca da rapporti di gruppo facenti capo al gestore stesso. A tale proposito la norma (co. II e III) definisce quali sono le condizioni di appartenenza ad un gruppo, applicando, per l’individuazione del rapporto di controllo, l’art. 23 D. Lgs.

n° 385 del 1° Settembre 1993 (TU bancario), co. II. Il riferimento al gruppo di appartenenza del gestore (o dei terzi che con esso instaurano rapporti) consente di ampliare sensibilmente la portata della disciplina ma, allo stesso tempo, necessita di una valutazione circa l’applicabilità di essa alle possibili operazioni conflittuali relative al gruppo stesso: in realtà non sembra che la norma si riferisca ad ogni caso in cui un qualsiasi soggetto appartenente al gruppo del gestore abbia un interesse in conflitto con il fondo, infatti l’interesse rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina deve comunque riferirsi alla sfera personale, diretta o indiretta del gestore, non essendo concepibile l’identificazione automatica di tale interesse del gestore con quello di ogni soggetto facente parte del gruppo. Occorre, perciò, attenersi ad un’interpretazione più cauta della norma, non essendo

sempre agevole riportare nella sfera del gestore l’interesse conflittuale proprio di altri soggetti: ciò risulta, infatti, più agevole quando l’interesse in parola rientri nella sfera personale di altri soggetti controllati dal gestore stesso, ma più difficile quando si tratti di soggetti controllanti oppure controllati dagli stessi soggetti che controllano il gestore.

La soluzione formale adottata consiste nell’obbligo del gestore di indicare dettagliatamente, nella documentazione periodica dovuta al fondo (con cadenza almeno quindicinale), le operazioni in cui egli abbia un interesse in conflitto e la natura degli interessi confliggenti. Il solo meccanismo di disclosure non ha, in questo caso, una funzione preventiva, poiché l’obbligo di informazione scatta immediatamente dopo che l’operazione in conflitto è stata effettuata349.

La seconda parte del comma I dell’art. 7 continua sulla via già tracciata dei

“conflitti d’interesse relativi ad investimenti nell’ambito dei rapporti di gruppo”, con ciò individuando chiaramente un’area estremamente pericolosa per il verificarsi di conflitti: posto che, infatti, siano tassativamente fissati dei limiti a certi tipi di investimento del patrimonio dei fondi pensione, entro tali limiti è pur sempre possibile che proliferino situazioni conflittuali350, soprattutto quando gli investimenti coinvolgano

349 SALERNO, A piccoli…, op. cit., pag. 109, chiarisce la questione affermando che: “la formulazione letterale della regola…non sembra richiedere che siffatta comunicazione…avvenga in un momento antecedente rispetto a quello in cui la stessa (l’operazione in conflitto) viene posta in essere”. Per questo motivo e per la mancanza di un divieto incisivo: “la regola della disclosure finisce con l’esaurirsi in un accertamento ex post del conflitto di interessi”.

350 DE NOVA, G., La disciplina del conflitto d’interessi nella gestione dei fondi pensione, ITA srl Convegni e formazione, afferma che: “Se il fondo volesse destinare più del 20% delle proprie risorse in azioni di società tenute alla contribuzione, non lo potrebbe fare. Se il fondo vuole destinare meno del 20%, può sussistere un conflitto d’interessi”. Ci sembra totalmente opposta la opinione di RUSSO, C., Gli amministratori dei fondi pensione. Natura dell’incarico ed ipotesi di conflitto in interessi, in Dir. banca e merc. fin., Aprile-Giugno, 1998, pag. 180, con la quale siamo in disaccordo; secondo l’Autore, nell’ipotesi contemplata dall’art. 7 D.M. n°

703/1996, co. I: “il conflitto viene quindi risolto in via preventiva mediante un divieto di investimento che ecceda i limiti ivi previsti e mediante la predisposizione, in sede di normativa secondaria, di un meccanismo inteso ad evitare l’elusione del divieto stesso”. Secondo noi soltanto là dove è possibile investire si possono verificare situazioni conflittuali: l’art. 7, co. I non riguarda l’investimento oltre le percentuali stabilite, tale significato avrebbe infatti riconoscere al gestore la possibilità di investire (quindi di eludere il divieto sancito dalla legge) previo adempimento dell’obbligo di disclosure; invece, la norma in questione disciplina soltanto i casi in cui il gestore investa entro i limiti fissati dall’art. 6, co. V, lett. b) e in titoli emessi dai soggetti tenuti alla contribuzione o da questi controllati direttamente o indirettamente, se da questi investimenti possano scaturire situazioni conflittuali, e sancisce l’obbligo di comunicazione degli stessi al fondo.

L’art. 6, co. 5, lett. b), è quindi da leggersi insieme al disposto dell’art. 7, co. I, seconda parte, esso non disciplina i casi di conflitto negli investimenti ma è da vedersi in un’ottica più generale di contenimento del rischio finanziario.

soggetti legati al fondo. In questa ipotesi, dunque, rilevante non è l’interesse del soggetto gestore ma quello di altri soggetti qualificati emittenti i titoli in cui investe il gestore o con i quali il gestore conclude operazioni: il rapporto conflittuale si pone tra l’interesse del fondo pensione (rectius dei beneficiari) e l’interesse di altri soggetti qualificati.

A tale proposito, in relazione alla specifica possibilità di investimento in titoli emessi da soggetti tenuti alla contribuzione351, è d’obbligo il coordinamento con la disposizione di cui all’art. 6, co. V, lett. b), relativa proprio all’investimento delle risorse del fondo in azioni o quote emesse da tali soggetti, o da soggetti da questi controllati direttamente o indirettamente, o agli stessi legati da rapporti di controllo352: l’investimento è possibile entro il limite del 20% delle risorse del fondo, o del 30% nel caso di fondo di categoria. La disposizione in parola non prevede neanche in questo caso un divieto all’effettuazione di operazioni di investimento ma ricorre ancora a quell’obbligo, in capo al gestore, di informazione del fondo pensione soltanto per il fatto che l’operazione debba essere effettuata con i soggetti aventi i requisiti previsti. Proprio per questo la comunicazione, in tale ipotesi, sembra avere una funzione preventiva del conflitto d’interessi, infatti essa “fotografa” le situazioni idonee a costituire terreno fertile per conflitti, le individua in via preventiva, le “tipizza”. Si tratta di situazioni rispetto alle quali il conflitto d’interessi è rilevante, nel senso che esse sono sintomatiche di possibili conflitti, per cui indipendentemente dalla sussistenza in concreto del conflitto scattano obblighi di informazione a carico dei soggetti portatori dell’interesse. Questa disposizione fa riferimento a sfere di interessi così fortemente collegate alla gestione ed alle sorti del fondo che, se il fondo contrae con i soggetti loro portatori, l’ordinamento prudentemente le valuta come situazioni di possibile e molto ragionevolmente probabile area di conflitto: è per questo motivo che il legislatore comunque obbliga all’applicazione delle norme sulla trasparenza. Proprio perché non si ha a che fare con un conflitto inevitabile, necessario, ma soltanto altamente probabile, la regola di disclosure è posta a carico dell’unico soggetto che può accorgersi ex ante della conflittualità della situazione, cioè il portatore dell’interesse in conflitto.

E’ inoltre previsto l’obbligo da parte di tali soggetti di informare il gestore in ordine alla composizione del proprio gruppo, in modo che il gestore a sua volta possa trasmettere tali notizie al fondo pensione ed alla banca depositaria.

351 I soggetti tenuti alla contribuzione sono i lavoratori, nell’ipotesi di contribuzione unilaterale, i lavoratori ed i datori di lavoro, nell’ipotesi di contribuzione bilaterale.

352 Il riferimento è alla nozione di controllo di cui all’art. 23 D. Lgs. n° 385/1993.

Ai sensi del co. V dell’art. 7, il rappresentante legale del fondo, o, in caso di fondo aperto, il responsabile del fondo, hanno l’obbligo di informare la Commissione di vigilanza delle fattispecie di conflitto in cui il fondo potrebbe incorrere.

5.3. Il conflitto d’interessi ai sensi dell’art. 8 D.M. 703/1996: altre situazioni rilevanti

L’art. 8 D. M. n° 703/1996 contiene una disciplina altrettanto analitica nell’individuazione di “altre situazioni rilevanti ai fini del conflitto d’interesse”, sia con riferimento a situazioni tipiche, quali la sussistenza di rapporti di controllo tra gestore e banca depositaria (co. I, lett. a) o di controllo del gestore da parte dei sottoscrittori delle fonti istitutive (co. I, lett. b), o ancora, di gestione delle risorse del fondo in funzione dell’interesse dei sottoscrittori delle fonti istitutive, dei datori di lavoro tenuti alla contribuzione, del gestore o di imprese dei loro gruppi (lett. c, co. I), sia in relazione a situazioni ipotetiche, come generiche situazioni di affari riguardanti il fondo, il gestore, i datori di lavoro tenuti alla contribuzione, la banca depositaria, i sottoscrittori delle fonti istitutive, tali da deviare la corretta gestione del fondo stesso (co. I, lett. d).

In particolare, la lett. a) del comma I ravvisa un potenziale conflitto nella sussistenza di rapporti di controllo tra il gestore e la banca depositaria:

infatti la banca depositaria, ove prevista353, rappresenta uno dei pilastri del sistema dei controlli354 sull’operato dei gestori di fondi pensione, essendo tenuta a dei doveri di filtro delle eventuali situazioni di illegittimità. Essa è chiamata a verificare la legittimità delle istruzioni impartite dal soggetto gestore soprattutto in relazione all’osservanza e non contrarietà a norme di legge, alle disposizioni dello statuto e alla disciplina regolamentare (art. 6-bis, co. II)355, ed è uno dei canali informativi della Commissione di vigilanza circa eventuali irregolarità riscontrate nell’operato del gestore finanziario: alla luce di questi compiti356 e della disposizione dell’art. 6-bis

353 In caso di fondo pensione a prestazione definita le disposizioni di cui all’art. 6-bis, co. II, non si applicano, la gestione è necessariamente affidata ad una compagnia di assicurazione, non è previsto il ricorso alla figura della banca depositaria.

354 CIBRARIO, M., La banca depositaria. La gestione amministrativa e contabile dei fondi pensione di categoria ed aperti, in ABI, Workshop Fondi pensione, Roma, 26 Settembre 1997, pag. 11, ricorda che la legge ha previsto per i fondi pensione la coesistenza di controlli pubblici e privati. I primi sono garantiti dalla Banca d’Italia, dalla Commissione di vigilanza, dalla Consob, dall’Isvap, dai Ministeri del lavoro e del tesoro; l’attività della banca depositaria, invece, rientra nel controllo privato espletato unitamente ai sindaci ed alle società di revisione.

355 GABOARDI, G., SETTIMI, P., Fondi pensione: strumenti per l’uso, Milano, 1997, pag. 86, efficacemente osservano: “L’applicazione della disciplina sulla banca depositaria ai fondi pensione assicura una vigilanza continua, professionale ed operativa sull’effettiva legittimità dell’attività svolta dai gestori delle disponibilità e dai fondi pensione medesimi”.

356 GABOARDI e SETTIMI, op. cit., pagg. 86-87, ne distinguono chiaramente le funzioni: “La banca depositaria esercita funzioni di controllo circa la correttezza dell’operato che possono essere individuate:

nella custodia dei valori mobiliari in cui è stato investito il patrimonio;

D. Lgs. 124/1993, co. I, che riconosce l’opportunità del deposito delle risorse dei fondi pensione presso una banca distinta dal soggetto gestore357, non si può non comprendere la pericolosità di commistioni, in virtù di rapporti di controllo, tra gestore e banca depositaria, in quanto verrebbero meno l’autonomia, l’indipendenza e l’obiettività che dovrebbero garantire controlli sulla gestione davvero penetranti ed efficaci, al fine di proteggere l’interesse del fondo e dei suoi iscritti ed evitare deviazioni da esso. Alla luce della previsione della lett. a), co. I, art. 8 D.M. 703, l’obbligo di distinzione di cui all’art. 6-bis D. Lgs. 124/1993, sembra riferirsi non ad un divieto di rapporti controllo tra i due enti, ma soltanto all’affermazione della rilevanza di essi ai fini di conflitti d’interessi.

La situazione di cui alla lett. b) del comma I, controllo del gestore da parte dei soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive358, è rilevante ai fini del conflitto d’interessi in quanto prodromica all’eventuale scelta non serena del gestore, infatti se questa non è guidata dal libero gioco della concorrenza ma è condizionata, nulla garantisce che il gestore designato sia il migliore possibile, poiché in mancanza di pressioni avrebbe potuto essere scelto un altro. Inoltre, a causa di tali rapporti potrebbero essere piegate alle direttive dei sottoscrittori anche le modalità di impiego del patrimonio del fondo: se l’azienda soggetto sottoscrittore della fonte istitutiva del fondo controllasse, anche indirettamente o tramite una banca, una società di gestione di fondi pensione, la situazione potrebbe dar luogo a conflitti se il

nel controllo preventivo di legittimità sulle istruzioni impartite dal gestore autorizzato del fondo pensione;

nel controllo successivo di legittimità circa la destinazione dei frutti ottenuti;

nella verifica dei limiti e dei criteri di investimento”.

Per cui: “Gli iscritti sono garantiti riguardo:

la regolare esistenza dei valori;

la regolare esistenza dei valori;