• Non ci sono risultati.

2. Il conflitto d’interessi attraverso i successivi provvedimenti di riforma

2.1. La riforma del 1991

Con la legge 2 Gennaio 1991, n° 1, si realizza la prima sistemazione organica dell’attività degli intermediari e dei mercati: innanzitutto il legislatore provvede a tracciare i confini dell’attività di intermediazione mobiliare tramite una puntuale elencazione delle attività da considerarsi tali e di quelle ad esse connesse o strumentali; la struttura del mercato mobiliare viene ridisegnata e arricchita di nuovi segmenti; viene istituita una nuova figura di intermediario finanziario, la società di intermediazione mobiliare (Sim), cui viene riservato l’esercizio professionale delle attività di intermediazione mobiliare nonché l’attività di negoziazione di valori mobiliari nella progressiva sostituzione della figura dell’agente di cambio;

è previsto un obbligo di concentrazione delle negoziazioni di valori mobiliari, cioè l’obbligo di eseguire le negoziazioni dei valori trattati nei mercati regolamentati esclusivamente in essi e con le modalità per essi previste; viene istituita la figura del promotore di servizi finanziari, strumento delle Sim per lo svolgimento dell’attività di sollecitazione del pubblico risparmio in luogo diverso dalla sede principale; infine, la legge ed i suoi regolamenti di attuazione disegnano un vero e proprio codice di tutela del risparmiatore attraverso una rigorosa disciplina dei rapporti tra questi e le Sim 216. Conseguentemente anche al tema delle regole di condotta degli operatori è dato ampio risalto217 mediante la fissazione di principi generali, rinviando, quanto a disposizioni più puntuali, alla normativa di livello secondario. Gli articoli di riferimento sono l’art. 6 e l’art. 9, co. II: il primo fissa principi di portata generale applicabili indipendentemente dall’attività svolta dall’intermediario, parametri di ispirazione del potere regolamentare degli organi di controllo (in particolare la Consob) circoscritto e limitato, quanto alla disciplina dei comportamenti, dall’art. 9, co. II, secondo il quale tale potere regolamentare deve volgersi all’“obiettivo di garantire” il rispetto degli

216 La rassegna delle novità introdotte dalla legge n° 1/1991 è tratta da AA. VV., Il promotore finanziario, Milano, 1995, pagg. 40 e 42.

217 La garanzia dell’ordinato funzionamento del mercato e dello svolgimento delle attività, in presenza di una continua evoluzione del sistema dell’intermediazione e della nascita di nuove figure di intermediari, passa proprio attraverso un sistema di regole di comportamento, accanto alle “tradizionali” esigenze di stabilità degli intermediari e di trasparenza dell’informazione.

Concorda ANNUNZIATA, F., Regole di comportamento e deontologia degli intermediari, estratto dal volume “Verso una borsa europea”, a cura di GERVASONI, A., Milano, 1992, pagg. 72 e 118, che osserva come: “La cd. deregulation dei mercati finanziari passa, così, anche attraverso una più dettagliata ed articolata regolamentazione della condotta degli intermediari che su quei mercati operano”, infatti la deregulation: “ha posto non solo un problema di nuova regolamentazione ma, anche, di rafforzamento dei meccanismi di reazione all’inosservanza delle regole del gioco”.

elementi in esso indicati, “conformemente ai principi enunciati nell’art. 6”, ed alla fissazione di “ogni altra regola da osservare al fine di regolare le ipotesi di conflitti d’interessi”. Le due norme sono, quindi, l’una specificazione dell’altra218, suscettibili di una considerazione congiunta. Un primo principio fondamentale, espressamante previsto dall’art. 6, lett. a), si ritrova nel richiamo ai doveri generali di diligenza, correttezza e professionalità (e a tutto ciò che essi comportano in relazione alle specifiche attività), cui deve attenersi il comportamento dell’intermediario219. Diverse norme della legge n° 1/1991 prevedono, poi, onde assicurare al cliente una completa informativa circa le operazioni, un obbligo di informazione e di trasparenza nei confronti del cliente stesso (così all’art. 6, lett. c, e, g, h, ed all’art. 9, co. II). La legge, inoltre, si è mossa al superamento della posizione di neutralità dell’intermediario, tipica del regime previgente, alla stregua della quale egli doveva limitarsi semplicemente all’esecuzione scrupolosa delle istruzioni ricevute: adesso si prevede un dovere di collaborazione, di cui all’art. 6, lett. d) ed f), dell’intermediario nei confronti delle scelte del cliente. Le lettere b) del co.

II, e c) del co V, art. 9, impongono, poi, un obbligo di separazione delle attività diverse e potenzialmente confliggenti (si tratta di un conflitto potenzialmente rilevante ai fini dell’applicazione della regola di cui all’art.

6, lett. g), la cui portata viene neutralizzata proprio dal meccanismo di separazione e dal suo efficace funzionamento preventivo) quale contrappeso alla plurifunzionalità degli intermediari. Nel quadro delle suddette regole di condotta bene si inserisce l’esigenza di disciplinare le situazioni di conflitto d’interessi estremamente rilevanti dato il vasto ambito operativo ed il carattere polifunzionale delle SIM 220, la quale trova una risposta diretta nella lettera g) dell’art. 6 e, in parte, nella lett. f) dell’art. 6 e nella lett. g) dell’art. 9, co. II, nella misura in cui il churning possa rappresentare una tipica situazione conflittuale cioè se

218 Secondo ANNUNZIATA, Regole di comportamento degli intermediari e riforme…, op. cit., pag. 273: “non è… possibile stabilire un rapporto gerarchico tra le previsioni dell’art. 6 e quelle dell’art. 9, co. II, giacché ogni tentativo di schematizzazione in tal senso richiederebbe di dar luogo ad evidenti incongruenze”.

219 L’art. 6, co. I, lett. a), stabilisce un principio generale di: “diligenza, correttezza e professionalità nella cura dell’interesse del cliente”. Tale formulazione rispecchia quella dell’art. 1176 Cod. Civ., anche per quanto riguarda l’interpretazione dell’espressione, sempre ex art. 6, “professionalità nella cura dell’interesse del cliente”.

220 MERANI, Il problema…, op. cit., pag. 804, osserva che la possibilità che si verifichi un conflitto estrinseco dipende dall’ampiezza dei margini di discrezionalità conferiti all’intermediario dal cliente, più tali margini sono ampi, più sarà facile per l’intermediario perseguire: “interessi derivanti dal contemporaneo svolgimento di altre attività di intermediazione”, se egli avrà discrezionalità nella fissazione del prezzo, della qualità e delle altre condizioni di negoziazione dei titoli; differentemente se sarà vincolato da rigidi parametri fissati dal cliente.

l’intermediario moltiplichi le operazioni al solo scopo di lucrare commissioni, senza che si verifichi alcun vantaggio per il cliente221. Ma anche le previsioni del comma VI dell’art. 9 sono espressione del principio che genera l’obbligo di adottare specifici comportamenti per attenuare il rischio e gli effetti di situazioni conflittuali. In realtà tale sistema di regole di condotta è stato approntato, nella sua interezza, proprio con l’intento di prevenire od eliminare i possibili conflitti d’interessi tra intermediari e investitori, infatti i principi sopra menzionati non sono altro che strumenti per la tutela degli interessi dei risparmiatori: il richiamo ai doveri di diligenza, correttezza e professionalità nella cura degli interessi della clientela (best-execution rule), a meccanismi di informativa continua dal e al cliente ed alla regola della trasparenza delle operazioni al fine di contribuire a rendere le scelte del cliente più consapevoli ( documento informativo, contratto scritto), nonché alla conformità delle operazioni rispetto alla situazione finanziaria del cliente (suitability)222 ed ai doveri di collaborazione dell’intermediario (know your customer rule), il riferimento al meccanismo di separazione tra le diverse attività dell’intermediario al fine di contenere il rischio del verificarsi di situazioni conflittuali, altro non sono che strumenti per la disciplina e la soluzione del conflitto d’interessi223; anche le specifiche situazioni conflittuali previste nella Deliberazione Consob n° 5387/1991, mostrano proprio che la fattispecie del conflitto d’interessi è concretamente individuabile solo sulla base della considerazione congiunta delle regole di condotta caratterizzanti il sistema italiano e della affermata plurifunzionalità dell’intermediario224. Vi è poi

221 RABITTI, G.L., op. cit., pag. 134, ricorda che al fine di sostenere un’accusa di churning, è necessaria la presenza di tre elementi: “1) che l’attività di compravendita sul conto dell’investitore (sia) eccessiva alla luce degli obiettivi di investimento dell’investitore; 2) che il broker (eserciti) un controllo sull’attività di comprevendita sul conto del cliente; 3) che il broker (agisca) con l’intento di frodare o con intenzionale o negligente trascuratezza per gli interessi del cliente.

222 RABITTI, G.L., op. cit., pagg. 138-139, nel ricordare l’esperienza nord-americana in tema di conflitto d’interessi per i brokers-dealers, menziona la suitability doctrine in base alla quale questi soggetti: “hanno un vero e proprio obbligo di indagare le necessità finanziarie, gli obiettivi e la capacità di sopportare il rischio del proprio cliente, in modo da raccomandare solo valori mobiliari che si adattino ai bisogni di quel particolare cliente. L’intermediario che raccomandi investimenti che non si adattano al cliente deve far sì che questi sia in grado di comprendere che l’investimento non è adatto per lui e che tuttavia vi consenta in modo esplicito”.

223 Scrive RABITTI, G.L., Il conflitto, ecc…, op. cit., pag. 121: “Il problema della regolamentazione dei conflitti di interessi tra investitori e brokers-dealers è considerato dalla dottrina e dagli organi di controllo una tappa fondamentale nel processo di creazione di una normativa efficiente sul mercato mobiliare”.

224 Tra le più significative norme, si veda l’art. 35, co. III, sul conflitto d’interessi tra l’attività di gestione e quella di negoziazione; l’art. 37, co. II, sul conflitto d’interessi tra l’attività di consulenza e quella di negoziazione; l’art. 49, co. II, sul conflitto d’interessi tra l’attività di

una norma di portata generale, di cui all’art. 6, lett. g), posta a presidio delle situazioni di conflitto specificamente225, la quale prevede che l’intermediario renda nota al cliente la situazione conflittuale in relazione ad una determinata operazione226, potendola comunque effettuare previo

consulenza e quella di negoziazione per conto proprio; l’art. 40, co. III, sul conflitto tra la raccolta di ordini e l’acquisto per conto proprio di titoli.

225 ANNUNZIATA, F., Conflitto di interessi e rapporti di gruppo nell’attività di gestione di patrimoni, in I gruppi di società, atti del Convegno internazionale di studi, Venezia, 16-17-18 Novembre 1995, a cura di Balzarini, P., Carcano, G., Mucciarelli, G., Milano, 1996, pagg. 619 e ss., osserva che, nonostante l’art. 6, lett. g), legge n° 1/1991, non contenga un riferimento espresso ai conflitti derivanti da rapporti di gruppo, l’intenzione del legislatore di non limitarsi a considerare il solo soggetto-intermediario risulta dal riferimento della norma stessa a situazioni in cui l’intermediario ha “direttamente o indirettamente” un interesse conflittuale con quello del cliente, potendosi in esso ricomprendere le società controllate dall’intermediario stesso. Dalla lettura dell’art. 4, comma II, Reg. Consob n° 8850 del 1994, secondo il quale la sussistenza di una situazione conflittuale va valutata “anche in relazione a rapporti di gruppo o di altri rapporti di affari propri o di società del gruppo…”, si evince che il riferimento non è soltanto alle società controllate dall’intermediario, ma a tutte le società appartenenti al gruppo, secondo la definizione dell’art. 23 del Testo unico bancario. Accanto alla regola generale di gestione del conflitto attraverso il consenso informato, valida anche per le situazioni di gruppo, si rinvengono alcune regole specifiche: in particolare l’art. 8, comma I, lett. b), della legge n°

1/1991, stabilisce che “i valori mobiliari emessi o collocati dalla società di intermediazione mobiliare, ovvero dai soggetti appartenenti al gruppo cui la società stessa appartiene ai sensi dell’art. 4, comma III…possono formare oggetto dell’attività di gestione sclusivamente nei limiti stabiliti nel regolamento…di cui all’art. 9, comma VI, lett. b), tenuto anche conto dell’esistenza di particolari condizioni atte ad assicurare l’indipendenza operativa e gestionale della società di intermediazione mobiliare”. La menzionata disciplina regolamentare dell’attività di gestione (Reg. n° 8850/1994) considera alcune tipiche operazioni conflittuali infra-gruppo, quali l’acquisto, la sottoscrizione o lo scambio, per conto dei clienti, di valori mobiliari emessi o collocati dall’intermediario stesso o da società appartenenti al medesimo gruppo (art. 30): in tal caso la soluzione è coerente con la disciplina generale, prevedendo infatti per ciascuna menzionata operazione di acquisto, sottoscrizione o scambio l’obbligo in capo al gestore di comunicazione preventiva scritta al cliente circa l’esistenza e la natura del conflitto, e l’autorizzazione scritta del cliente stesso quale condizione per l’effettuazione di ciascuna operazione. Per quanto concerne due ipotesi particolari, l’acquisto o la sottoscrizione per conto dei clienti di quote di organismi di investimento collettivo emesse o collocate da società appartenenti al gruppo, e l’acquisto di valori mobiliari emessi da soggetti appartenenti al gruppo e negoziati nei mercati regolamentati, i vincoli generali risultano notevolmente attenuati: l’art.

30, comma VI, del citato regolamento Consob consente al gestore di acquistare senza limiti quantitativi quote di organismi di investimento collettivo aperti (ossia, quote di fondi comuni di investimento di cui alla legge n° 77/1983, e valori mobiliari emessi da Sicav) emesse o collocate da soggetti appartenenti al gruppo, a condizione che il cliente rilasci un’autorizzazione generale (una tantum). Inoltre l’art. 30, comma VII, consente l’acquisto di valori mobiliari emessi da soggetti appartenenti al gruppo, negoziati nei mercati regolamentati, senza alcuna autorizzazione particolare, purchè entro i limiti stabiliti dalla Consob (non oltre il 50% del controvalore complessivo del portafoglio gestito).

226 L’espressione usata è quella di “interesse conflittuale”, anche se non sembra esservi differenza rispetto a quella di “conflitto d’interessi”, tant’è vero che l’art. 4 della Deliberazione Consob n° 5387/1991, nel riprendere la formulazione dell’art. 6, lett. g), legge n° 1/1991, la sostituisce alla prima.

specifico consenso del cliente stesso; la soluzione connessa a tale norma è la stessa degli artt. 1394-1395 Cod. Civ., recanti la disciplina generale del conflitto d’interessi227, ma forte analogia presenta anche con la regola della cd. disclosure of material interests, di cui nel sistema inglese delle conduct of business rules, a dimostrazione dell’intensa influenza che il Financial Services Act del 1986 ha avuto sul processo di riforma in Italia. La norma di cui all’art. 6, lett. g), è applicabile ad ogni tipologia di servizi ed attività degli intermediari soggetti alla legge 1/1991, superando le specifiche previsioni per singole attività o atti tipiche del sistema previgente, ma non è dato rinvenire esemplificazioni di situazioni conflittuali per cui occorrerà, di volta in volta, fare riferimento alle specifiche operazioni svolte dall’intermediario per comprendere natura ed estensione del conflitto e quindi anche degli obblighi previsti dalla norma228; vi è, però, anche chi ha tentato di distinguere diverse ipotesi di conflitto d’interessi229 e una sorta di elenco si ritrova anche nello schema dell’estratto conto per l’attività di gestione (Allegato G alla Delibera Consob n° 5386/1991).

La regola prevede un obbligo di disclosure (comunicazione) al cliente, da parte dell’intermediario, circa la natura e l’estensione del conflitto, da darsi per iscritto; essa svolge una funzione preventiva, dovendo infatti l’intermediario astenersi dall’operare se non abbia comunicato l’esistenza

227 Nonostante l’esistenza di una disciplina generale del conflitto d’interessi nell’attività d’intermediazione, rimane ferma l’applicabilità delle norme di diritto comune di cui agli artt.

1394-1395 Cod. Civ., se ne ricorrano i presupposti.

228 Si pensi al caso, molto semplice, in cui l’intermediario operi direttamente con il cliente (cioè stipuli il contratto come diretto acquirente/venditore), ma si ricordi che ciò non può mai avvenire fuori mercato rispetto a valori mobiliari negoziati sui mercati regolamentati (art. 11, co. V, legge 1/1991), e anche per le operazioni in contropartita su valori mobiliari non quotati esistono norme rigorose (artt. 26 e 27 Delibera Consob n° 5387/1991); si pensi a quello, ben più complesso, dei rapporti infragruppo e delle situazioni conflittuali cui essi possono dar luogo.

229 MERANI, Il problema…, op. cit., pag. 804, concordemente con ZADRA, G., Strutture e regolamentazione del mercato mobiliare, Milano, 1988, pagg. 168-169, individua un conflitto d’interessi intrinseco ed uno estrinseco: il primo è caratteristico della figura del contratto in cui una parte assume l’obbligo di compiere una prestazione nell’interesse dell’altra; pur fungendo il contratto da strumento di composizione di interessi contrapposti, è chiaro che ciascun contraente, tuttavia, perseguirà nei modi più convenienti il proprio interesse: “Nel caso di specie, mentre il cliente avrà interesse ad ottenere un investimento che sia il più sicuro e vantaggioso possibile, l’intermediario cercherà di operare secondo la propria convenienza economica. Il conflitto d’interessi intrinseco sorge, dunque, quando l’intermediario non svolge la propria attività in maniera conforme a quanto richiesto dal cliente, non rispettando le condizioni da questi fissate in termini di quantità, prezzo, tempo, modalità operative, qualità dell’oggetto”. Estrinseco è, invece, il conflitto ravvisabile quando l’intermediario, nello svolgimento di una pluralità di attività di intermediazione, persegue un interesse diverso da quello che avrebbe dovuto guidarlo se avesse svolto in via esclusiva un’attività soltanto: “La commistione in un unico soggetto di più attività di intermediazione mobiliare dà origine al fenomeno della polifunzionalità, dal quale scaturiscono in misura ancora più violenta situazioni di conflitto d’interesse”.

della situazione conflittuale al cliente e se questi non abbia acconsentito espressamente, per iscritto, all’effettuazione dell’operazione: si tratta, dunque, di un divieto di operare derogabile se l’intermediario assolve a determinati obblighi verso il cliente.

La situazione di conflitto si ravvisa quando: “la compiuta realizzazione dell’interesse proprio non consenta la compiuta realizzazione dell’interesse altrui”230, in relazione alla posizione che l’intermediario rivesta sia direttamente o indirettamente nell’operazione, sia in virtù di rapporti con terzi231. Anche se dalla lettura della norma non si deduce immediatamente, sembrerebbe doversi adottare un’interpretazione estensiva per poter considerare rilevante, ai fini dell’applicazione della disposizione, il conflitto potenziale, pur dovendo non essere evanescente, così anche l’interesse confliggente deve essere conosciuto (o conoscibile) dal soggetto anteriormente allo svolgimento dell’operazione e non meramente individuabile a posteriori. Non vi è, invece, alcun riferimento al danno, effettivo o potenziale, che potrebbe derivare dalla situazione di conflitto, ma il divieto di agire posto dalla norma al ricorrere di talune circostanze, mostra che, in realtà, è sufficiente la sola potenzialità del danno stesso per la sua applicazione.

230 Così ANNUNZIATA, Regole…, op. ult. cit., pag. 331.

231 Si pensi alla double agency del sistema inglese, analoga alla situazione in cui l’intermediario debba agire contemporaneamente per due clienti in posizioni contrapposte. A tale proposito l’art. 3, co. I, Delibera Consob n° 5387/1991, stabilisce che: “nello svolgimento delle attività d’intermediazione mobiliare gli intermediari autorizzati…si astengono da ogni comportamento che possa avvantaggiare un cliente a danno di un altro”.