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LA CONFORMAZIONE E L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA CONFIDI IN ITALIA

3 IL MODUS OPERANDI DEI CONFID

4 LA CONFORMAZIONE E L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA CONFIDI IN ITALIA

I confidi sono nati come reazione spontanea di autotutela privata a fronte della difficoltà incontrata dalle piccole e medie imprese nell’accesso al credito. Dopo mezzo secolo circa, il legislatore ha messo mano ad una riorganizzazione del settore, varando nel 2003 una legge quadro sui confidi. Tale provvedimento di riordino, oltre a definire gli scopi e i limiti di attività dei consorzi e delle cooperative di garanzia mutualistica dei fidi, ha definito tre status alternativi per questi enti:

a) intermediario finanziario non vigilato, iscritto all’Albo ex art. 106 del Testo Unico Bancario;

b) intermediario finanziario vigilato, iscritto all’elenco speciale ex art. 107 del Testo Unico Bancario;

c) banca di garanzia.

In particolare, un regolamento attuativo – arrivato con 5 anni di ritardo rispetto al varo della legge quadro – stabiliva che dovessero obbligatoriamente assumere lo

status di intermediario vigilato o di banca di garanzia tutti i confidi con un volume di

attività finanziaria superiore a 75 milioni di euro.

La forma della banca di garanzia è rimasta sostanzialmente sulla carta, in quanto – dopo un paio di esperimenti fallimentari – nessun confidi si è inoltrato per questa strada. La maggior parte dei consorzi e delle cooperative di garanzia fidi di maggior dimensioni ha invece intrapreso la strada della trasformazione in intermediario 107. La trasformazione in soggetto vigilato, da un lato comporta una trasformazione organizzativa impegnativa e oneri di compliance normativa non indifferenti. D’altro canto però il confidi 107 si pone come interlocutore più credibile per le banche finanziatrici – e di conseguenza per le imprese associate – potendo anche lenire l’assorbimento patrimoniale sui prestiti garantiti.

7 Il Raggruppamento Temporano di Imprese si compone anche dalle mandanti Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e ICBPI - Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.A.

L’entrata in vigore del nuovo quadro legislativo ha messo in moto un vero tsunami nel mondo dei confidi. Innanzitutto, dal 2003 in poi si è avviata una ventata di fusioni che ha dimezzato la numerosità dei soggetti operanti nel settore nello spazio di pochi anni. Molte di queste fusioni erano mirate a raggiungere il volume di attività finanziaria minima per iscriversi all’elenco speciale 107. Altre aggregazioni erano mirate a rafforzare i confidi e allargare la base sociale, nonché il patrimonio disponibile, per poter rispondere adeguatamente alle richieste imposte dalla trasformazione in ente vigilato.

Passata questa ondata di aggregazioni ed entrato a regime il nuovo quadro normativo, è diventata progressivamente più evidente una netta spaccatura all’interno del

mondo della garanzia mutualistica dei fidi. Da un lato un manipolo di confidi

vigilati, dotati di un’organizzazione relativamente complessa e strutturata, spesso attrezzati per valutare la rischiosità degli associati sulla base di sistemi di rating interni, capaci di attirare un rilevante flusso di fondi pubblici e in grado di valutare la rischiosità del proprio portafoglio di garanzie, nonché di gestire il livello dell’esposizione tramite il ricorso a strumenti di controgaranzia. Dall’altro, la maggioranza dei confidi – sul fronte numerico – iscritti all’Albo 106 e non soggetti alla vigilanza della Banca d’Italia, spesso decisamente “opachi” sul fronte informativo, caratterizzati da un’operatività molto più ridotta in termini di garanzie erogate, dotati di sistemi gestionali e di valutazione del rischio creditizio piuttosto “artigianali”, meno capaci di accedere a forme di controgaranzia su base consistente e continuativa.

Questa spaccatura delinea un sistema in chiaro scuro. I confidi vigilati sono sicuramente un soggetto organizzativamente più attrezzato e più solido, anche per effetto degli stringenti requisiti richiesti dalla Banca d’Italia. L’incremento della dimensione operativa e la standardizzazione delle procedure gestionali rischia però di omologare eccessiva- mente il modus operandi del confidi a quello della banca, disperdendo quel patrimonio di conoscenza diretta degli associati e di informazioni qualitative che hanno tradizional- mente caratterizzato l’attività dei confidi, rappresentando una delle loro principali leve per la creazione di valore. Le prime ispezioni attuate dalla Banca d’Italia presso i confidi vigilati rivelano peraltro ampie inadeguatezze sul fronte organizzativo e gestionale, mostrando chiaramente come la piena “industrializzazione” di questi intermediari non sia ancora compiuta8. Sul fronte opposto, i confidi non vigilati hanno in molti casi

un’operatività davvero minimale che stenta a giustificarne l’esistenza. Inoltre, la notevole opacità informativa che li caratterizza permette il proliferare di situazioni dubbie e talvolta al limite della legalità.

8 “L’azione di vigilanza ha consentito di accertare come, a parte l’attuale contesto economico, altri fattori incidano in maniera strutturale sull’elevato costo del rischio. La mancata adozione di adeguati strumenti di selezione e monitoraggio della clientela pregiudica, talvolta, il conseguimento dell’efficienza allocativa. Abbiamo inoltre riscontato la diffusa tendenza a sostenere comunque l’accesso al credito delle imprese socie, indipendentemente dall’esito della valutazione del merito di credito delle stesse; le analisi condotte in fase si istruttoria, infatti, non sempre indirizzano le decisioni di affidamento” (Cfr.

Audizione sul disegno di legge 1259: Delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi, in Testimonianza di Andrea Pilati, Capo del Servizio Regolamentazione e Analisi Macroprudenziale della Banca d’Italia, 16.7.2014, p. 3).

All’interno di questo quadro ancora fragile e in evoluzione, si è abbattuta poi la mannaia della crisi scatenata dal tracollo del settore dei mutui subprime negli Stati Uniti. Per scongiurare il temuto credit crunch, le autorità pubbliche hanno inondato i confidi di fondi pubblici e sono aumentate le pressioni, nonché le attese sul ruolo esercitabile da questi soggetti per sostenere le piccole e medie imprese in difficoltà. Il risultato è stato catastrofico ed è oggi sotto gli occhi di tutti. I confidi hanno dapprima aumentato l’erogazione di garanzie a ritmi molto sostenuti. Con il perdurare della crisi, però, il sistema di garanzia mutualistica si è progressivamente appesantito di una mole incongrua di posizioni deteriorate ed è stato costretto a contrarre bruscamente l’attività. La Banca d’Italia, nella sua Relazione annuale, indicava come – a fine 2015 – le garanzie in sofferenza ammontassero al 24,7% del totale e quelle deteriorate superassero il 35%.

Per aggiungere carico su carico, bisogna anche considerare che nel frattempo è intervenuta una revisione del Testo Unico Bancario che introduce significative

novità anche per il mondo dei confidi che sono in fase di attuazione (DLgs. 141/2010).

Innanzitutto, viene eliminato l’elenco speciale 107 e tutti gli intermediari finanziari vigilati sono chiamati ad iscriversi ad Albo disciplinato dal nuovo art. 106 del TUB. Per i confidi, in particolare, la soglia per lo status di intermediario vigilato è stata spostata