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GLI IMPEGNI DERIVANTI DAL RILASCIO DI UNA GARANZIA

LE GARANZIE A SOSTEGNO DEL CREDITO

1 QUANDO E PERCHÉ L’INTERMEDIARIO BANCARIO RICHIEDE IL RILASCIO DI UNA GARANZIA A SOSTEGNO DEL CREDITO

1.1 GLI IMPEGNI DERIVANTI DAL RILASCIO DI UNA GARANZIA

La responsabilità patrimoniale del debitore poggia sulla previsione dell’art. 2740 c.c., secondo il quale il debitore risponde delle obbligazioni contratte con tutti i suoi beni, presenti e futuri.

Il patrimonio del debitore costituisce quindi per legge la garanzia generica del credi- tore.

A sostegno del credito, accanto alla garanzia generica costituita dal patrimonio del debitore, la legge prevede varie forme di garanzie specifiche:

• le garanzie reali: pegno, ipoteca, privilegi, così chiamate in quanto riguardano un singolo bene ed una specifica obbligazione e possono essere rilasciate sia da parte dell’obbligato principale che da un terzo;

• le garanzie personali: fideiussione, avallo, contratti autonomi di garanzia (es. polizza assicurativa; garanzie consortili) con le quali il garante, soggetto terzo rispetto al debitore principale, si obbliga personalmente verso il creditore garantendo l’adempimento di un’obbligazione altrui;

• le garanzie atipiche: mandato/procura all’incasso; cessione del credito; lettera di patronage; mandato a vendere titoli, cioè quelle non disciplinate espressamente dal codice civile, ma in uso nella prassi bancaria al fine di agevolare l’accesso al credito2.

La garanzia è giuridicamente accessoria all’obbligazione principale nel senso che presuppone l’esistenza di un credito da garantire.

A seconda poi della tipologia di garanzia rilasciata, il garante può rispondere dell’ob- bligazione del debitore:

1 Per approfondimenti si rinvia a Sciolla R. “Le logiche di valutazione del merito creditizio per una comunicazione efficace banca impresa”, Parte I “Il punto di vista del sistema bancario”, E-book “Il rapporto Banca - Piccola-Media Impresa: strumenti e fondamenti”, 12, 2014, p. 39 ss.

2 Per approfondimenti si rinvia a Sciolla R. “Le logiche di valutazione del merito creditizio per una comunicazione efficace banca impresa”, Parte I “Il punto di vista del sistema bancario”, E-book “Il rapporto Banca - Piccola-Media Impresa: strumenti e fondamenti”, 12, 2014, p. 60 e per pronto riscontro al successivo § 2 del presente intervento.

• con tutti i suoi beni presenti e futuri (come nel caso della fideiussione);

• oppure esclusivamente con i beni oggetto della garanzia (come nel caso del pegno e dell’ipoteca volontaria, garanzie che possono essere entrambe rilasciate sia da parte del debitore principale che da un terzo. Nel caso dell’ipoteca volontaria il garante viene qualificato come “terzo datore”).

Il creditore, che alla scadenza del contratto (apertura di credito in conto corrente, mutuo, finanziamento, ecc.) non ottiene il pagamento spontaneo da parte del debitore, esercita pertanto sul patrimonio di quest’ultimo un diritto potestativo espropriativo. Il creditore possiede cioè diverse modalità riconosciute dalla legge per aggredire il patrimonio del debitore, che si differenziano a seconda del bene che si intende fare oggetto di azione.

Si parla infatti di esecuzione mobiliare quando oggetto dell’azione è un bene mobile (arredi, veicoli e così via); di esecuzione immobiliare quando il bene è un immobile (tipicamente un’abitazione; locale commerciale; capannoni e così via); si può avere anche l’esecuzione mobiliare presso terzi. Quest’ultimo caso si ha quando oggetto dell’azione è un credito che il debitore vanta nei confronti di un terzo: il pagamento, quindi, non avviene in favore dell’originario creditore (nostro debitore), ma diretta- mente in favore del soggetto che esercita l’esecuzione.

Il fine ultimo delle esecuzioni mobiliari e immobiliari è quello di tutelare il creditore che, a causa del mancato o incompleto adempimento spontaneo da parte del debitore alla prestazione dovuta – che nell’ambito bancario consiste nella restituzione delle somme a suo tempo concesse in prestito alla scadenza pattuita – non riesce a conseguire la soddisfazione delle proprie ragioni creditorie.

Il prestito infatti è, come si può leggere in tutti i dizionari della lingua italiana, una “cessione di un bene o di un quantitativo di denaro per un periodo di tempo, al termine del

quale dovrà essere restituito”.

Per recuperare il proprio credito il creditore può seguire diverse vie:

• aggredire in via preliminare il patrimonio del debitore principale e successi- vamente quello del garante;

• aggredire contemporaneamente sia il patrimonio del debitore principale sia quello del garante;

• aggredire esclusivamente il patrimonio del debitore principale oppure esclu- sivamente quello del garante.

Tali modalità possono essere dettate da motivi di opportunità (es. anti economicità dell’azione nei confronti di uno dei due soggetti obbligati, debitore principale o garan- te), oppure derivare da specifiche disposizioni di legge.

Normalmente al debitore è consentito di pagare i creditori man mano che questi si presentano; ugualmente ai creditori è consentito di promuovere azioni esecutive individuali se il debito non viene spontaneamente adempiuto. Di conseguenza se l’attivo patrimoniale non è sufficiente per il pagamento di tutti i debiti, i creditori ultimi arrivati restano a mani vuote.

In molti casi però al manifestarsi del pericolo di insufficienza del patrimonio del debitore la legge impone la liquidazione di tutti i creditori. Il pagamento dei singoli debiti viene allora sospeso, si provvede alle necessarie vendite dei beni ed il ricavato viene destinato a tutti i creditori che vengono divisi in categorie in virtù dei privilegi e delle garanzie che li assistono e che qualificano così i creditori come privilegiati (per esempio quelli delle retribuzioni dovute ai prestatori di lavoro subordinato), ipotecari (privilegiati sull’im- mobile oggetto di garanzia) o chirografari (privi di qualsiasi tipo di garanzia).

Nell’ambito dei crediti chirografari, così come nell’ambito di ciascuna categoria di crediti muniti di uguale privilegio (esempio tutti creditori ipotecari nel rispetto tuttavia del loro ordine di grado) vale il principio della parità di trattamento e dunque del pagamento proporzionale nel caso di insufficienza dell’attivo (il c.d. principio della “par condicio creditorum”). Così per esempio se l’insieme dei crediti chirografari ammonta a 6.000,00 euro e la somma disponibile per essi ammonta a soli 2.000,00 euro, ciascuno dei creditori riceverà il pagamento di un terzo di ciò che gli è dovuto.

Nel mondo bancario la prima azione che il creditore banca pone in essere per recuperare il proprio credito è l’invio all’obbligato principale ed ai garanti della lettera di revoca e messa in mora degli affidamenti con intimazione di pagamento.

A seguito dell’invio di tale lettera, di norma, qualora non vi siano i presupposti per addivenire ad una definizione stragiudiziale del debito (formulazione da parte del debitore di una proposta di rimborso congrua), la banca, se non già in possesso di un titolo esecutivo (come ad esempio avviene nel contratto di mutuo), valuta l’opport- unità/convenienza di depositare avanti all’autorità giudiziaria territorialmente compe- tente il ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti di tutti i debitori (obbligato principale e garanti) con richiesta di pagamento del capitale, interessi e spese.

Una volta ottenuto il titolo esecutivo e – se vi sono beni immobili – iscritta l’ipoteca giudiziale sui beni immobili degli obbligati, in assenza di pagamento e/o di proposte di rientro da parte del debitore, potrà seguire l’instaurazione della procedura esecutiva mobiliare e/o immobiliare a seconda dei casi.

Si precisa che qualora il debitore sia una società fallibile, a seguito di procedure esecutive infruttuose, potrà essere depositata, avanti all’autorità giudiziaria territorial- mente competente, la domanda di fallimento.

Se dalla procedura espropriativa e/o fallimentare il creditore banca recupera inte- gralmente il proprio credito in punto capitale, interessi e spese legali il debito si estingue e con esso le segnalazioni in Centrale Rischi Banca Italia e nei sistemi di informazione creditizia, secondo i termini previsti dalla normativa di riferimento sia sul nominativo obbligato principale, sia sul garante; se invece la procedura permette il recupero di una sola parte della creditoria, il debito residuo permane e con esso le relative segnalazioni alle banche dati.

Da anni ormai le banche per recuperare il proprio credito affiancano alla via giudiziale sopra descritta quella stragiudiziale. Le due vie possono infatti, con le opportune cautele, essere percorse parallelamente sino alla definizione del debito.

I debitori quindi, siano essi obbligati principali oppure garanti, possono formulare al creditore banca proposte transattive che consentano l’estinzione del debito attraverso vie alternative alla vendita all’asta dei beni mobili/immobili di proprietà.

Va da sé che l’accoglimento o il rigetto di tali proposte resta nella completa discre- zionalità del creditore banca, il quale valuterà la congruità delle medesime soppesando diversi elementi quali:

• la concreta capacità di rimborso degli obbligati e la conseguente sostenibilità della proposta formulata;

• l’effettivo valore commerciale delle garanzie a sostegno del credito al momento della formulazione della proposta;

• le tempistiche del recupero giudiziale;

• l’ammontare complessivo delle spese legali da sostenere.

In presenza di modeste capacità di rimborso, assenza di garanzie reali a sostegno del credito e/o presenza di garanzie reali dal valore commerciale modestissimo (tutti elementi da provare documentalmente), le più usuali proposte transattive che possono essere formulate dai debitori sono:

• il piano di rientro: il debitore propone di rientrare dell’intero debito tramite il pagamento continuativo nel tempo (di norma ogni mese) di un importo concordato (rata) sino all’estinzione totale. Il creditore a fronte del pagamento dell’ultima rata dichiarerà di non avere più nulla a pretendere nei confronti di tutti gli obbligati;

• il saldo e stralcio: debitore (sia esso obbligato principale o garante) e creditore si possono accordare per il pagamento di una somma “a saldo”, ovverosia il debitore si impegna a pagare un ammontare minore rispetto al debito totale. La transazione viene definita “a stralcio” poiché il creditore, una volta ottenuto il pagamento accordato, imputerà “a perdita” il residuo del debito non onorato, dichiarando contestualmente di non avere più alcuna pretesa nei confronti del debitore principale e dei garanti;

• la liberazione del garante: il garante (fideiussore; terzo datore di pegno o di ipoteca) propone di essere liberato dall’impegno contratto nell’interesse dell’ob- bligato principale ed a favore della banca a fronte del pagamento integrale dell’importo garantito da effettuarsi in un determinato arco temporale e me- diante la corresponsione di rate continuative, oppure attraverso il pagamento di una somma a saldo e stralcio supportata da elementi giustificativi (vedasi il precedente paragrafo “saldo e stralcio”).

Il creditore, una volta ottenuto il pagamento accordato, dichiarerà di non avere più alcuna pretesa nei confronti del garante, ferme le ragioni nei confronti degli altri soggetti coobbligati, nei confronti dei quali verranno assunte le iniziative ritenute più utili al recupero del residuo credito vantato.

A fronte del pagamento effettuato il garante sarà surrogato di diritto per le somme versate in esecuzione dell’accordo transattivo ed in relazione a quella specifica posi- zione creditoria e potrà pertanto richiedere all’obbligato principale la restituzione delle somme versate.

• la restrizione ipotecaria: in presenza di un credito assistito da ipoteca volontaria e/o giudiziaria, il debitore (obbligato principale e/o garante), a fronte del pagamento in favore della banca ipotecaria di un determinato importo, potrà richiedere la cancellazione dell’ipoteca limitatamente ad un determinato bene. Il creditore, contestualmente all’incasso, oppure una volta incassato l’importo convenuto (importo che può derivare ad esempio dalla vendita a trattativa privata di uno dei beni ipotecati), provvederà a cancellare l’ipoteca limitatamente al suddetto bene ed imputerà il pagamento a deconto del maggior dovuto, mantenendo ferme le proprie residue ragioni creditorie e garanzie. Va da sé che tale ipotesi transattiva è fattibile solo in presenza di una garanzia costituita da beni immobili divisibili;

• stand still: è la pattuizione in forza della quale il creditore si obbliga a non richiedere al debitore l’adempimento, prima di un certo periodo di tempo ov- vero in esito alla verificazione di un determinato evento (es. vendita a trattativa privata di un bene immobile; vendita a trattativa privata di un ramo aziendale). Tutti gli accordi stragiudiziali sopra descritti sono condizionati risolutivamente all’utile e puntuale rispetto del termine del pagamento, da considerarsi perentorio ed improrogabile.

Conseguentemente, in caso di infruttuosa scadenza del termine stesso, l’accordo rag- giunto tra creditore e debitore dovrà ritenersi automaticamente risolto e la banca creditrice sarà pertanto libera di agire per la miglior tutela dei propri diritti per l’am- montare dell’intero credito, accessori ed interessi ai tassi precedentemente applicati, detratti eventuali versamenti.

Negli ultimi anni lo stesso legislatore ha promosso il recupero del credito attraverso vie alternative al recupero giudiziale.

Qualora i debitori siano società fallibili (preferibilmente di medie e grandi dimensioni, tenuto conto degli ingenti costi da sostenere), questi ultimi, al fine di evitare il fallimento ed assicurare un trattamento paritario dei creditori evitando così respons- bilità penali in capo agli amministratori, possono ricorrere infatti alle procedure pre concorsuali disciplinate dagli artt. 67 co. 3 L.F. (piano di risanamento); 161 L.F. (concordato preventivo); 161 co. 6 L.F. (concordato in bianco); 182-bis L.F. (accordo di ristrutturazione del debito); 182-ter L.F. (transazione fiscale); 182-septies (accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria), 186-bis 186 L.F. (concordato in continuità); volte per l’appunto a preservare l’azienda e soddisfare i creditori sebbene, nella maggior parte delle volte, in misura parziale3.

3 Per approfondimenti si rinvia a AA.VV. “La crisi d’impresa”, Parte II “Il punto di vista e il supporto dei professionisti nel rapporto banca-impresa”, E-book “Il rapporto Banca - Piccola-Media Impresa: strumenti e fondamenti”, 12, 2014, p. 151 ss.

In presenza invece di debitori, consumatori e soggetti non fallibili (gli imprenditori commerciali “sotto soglia” ai sensi dell’art. 1 L.F.4 e, indipendentemente dalle dimen-

sioni, gli imprenditori commerciali cessati da oltre 1 anno, gli imprenditori agricoli, i lavoratori autonomi, professionisti, società tra professionisti ed artisti, gli enti non

profit, le start up innovative: soggetti ai quali, in generale, è precluso accedere a stru-

menti quali il piano di risanamento, la transazione fiscale e l’accordo di ristruttura- zione), si potrà ricorrere ai procedimenti di composizione della crisi da sovraindebita- mento e di liquidazione del patrimonio (L. 3/2012 e successive modifiche).

Prevedendo nel proprio ordinamento una procedura dedicata all’insolvente civile, l’Italia si è così allineata agli altri Paesi occidentali, come raccomandato dalla Banca Mondiale ed ha completato le fattispecie astratte delle procedure concorsuali.

La legge sul sovraindebitamento ha introdotto nel nostro ordinamento le procedure, di natura giudiziale, dell’accordo di composizione, del piano del consumatore e della liquidazione del patrimonio. Il primo e l’ultimo di questi procedimenti possono essere attivati sia dai debitori esclusi dall’ambito di applicazione degli istituti disciplinati dalla legge fallimentare, sia dai professionisti che dai consumatori. Il secondo è riservato in via esclusiva ai consumatori.

Il debitore deve trovarsi in una situazione di perdurante squilibrio tra obbligazioni assunte e patrimonio prontamente liquidabile, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.

Con le prime due delle suddette procedure, il debitore può proporre ai creditori, attraverso l’ausilio degli organismi di composizione della crisi, un accordo o un piano di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti che, assicurato il pagamento dei crediti impignorabili, preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori. L’espletamento delle attività, di competenza del giudice e del debitore, nonché l’omologazione, il ruolo delle parti e i termini sono sottoposte ad un’articolata e com- pleta procedura nei vari articoli della legge al fine di garantire una corretta instau- razione del contraddittorio.

Va sottolineato che, ai fini dell’omologazione da parte del giudice dell’accordo di composizione è necessario il consenso dei creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti; tale condizione non è richiesta invece per l’omologazione del piano del consumatore.

4 L’art. 1 della L.F. stabilisce che non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori commerciali (senza differenze tra individuale e collettivo) i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: “a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio

dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila”.

Un particolare elemento della legge in grado di incidere sensibilmente sulla posizione del debitore in difficoltà risiede nella possibilità di sospensione di ogni azione indivi- duale esecutiva da iniziarsi o già in corso.

Ed infatti, con il decreto di fissazione dell’udienza il giudice dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore; la sospensione non opera nei confronti dei titolari dei crediti impignorabili. Una volta omologato, l’accordo è obbligatorio per tutti i creditori anteriori allo stesso e i creditori con causa o titolo posteriore non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano.

L’accordo cessa, di diritto, di produrre effetti se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; l’accordo è altresì revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

L’esecuzione dell’accordo prevede la possibilità di nominare un liquidatore che sovraintenda alla realizzazione.

Si ricorre alla terza procedura e, cioè, alla liquidazione dei beni del debitore, quale conseguenza della mancata realizzazione delle due precedenti. In particolare: per annullamento dell’accordo per fatto imputabile al creditore; per cessazione dell’omo- logazione del Tribunale; per compimento da parte del debitore di atti in frode alla legge.

In conclusione, la legge di composizione della crisi da sovraindebitamento, dovrebbe garantire il debitore onesto ed in difficoltà dal rischio di perdere tutto ed i creditori insoddisfatti di ottenere il pagamento in termini certi o almeno di evitare le lungaggini e le incertezze della procedura esecutiva ordinaria.