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La guerra civile e il congelamento del conflitto politico nella sua fase di aperto svolgimento: incapacità d’intervento o nuova strategia della dominante?

territoriale e di sottomissione a Firenze

4. La guerra civile pistoiese del 1499-1502: la crisi del sistema di potere mediceo e i nuovi assetti politici dell’oligarchia fiorentina

4.5 La guerra civile e il congelamento del conflitto politico nella sua fase di aperto svolgimento: incapacità d’intervento o nuova strategia della dominante?

Entro la fine del mese di agosto del 1500 le dinamiche della nuova fase del conflitto di fazione apparivano piuttosto chiare: i Cancellieri, padroni indiscussi di Pistoia, uscivano dalla città per tentare brevi sortite e assalti nel contado, dove la parte panciatica aveva organizzato la propria resistenza armata, e se i primi disponevano delle milizie giunte da Bologna, i Panciatichi potevano contare sul supporto dei loro compagni della montagna e di genti lucchesi145. Gli organi della Signoria fiorentina furono costretti ad intavolare discussioni e trattative anche con i capi Panciatichi asserragliati nel piano, mantenendo sempre viva la mediazione politica con i principali esponenti della parte cancelliera ritenuti in Firenze146.

Il riconoscimento e la legittimazione del dominio dei Cancellieri sulle istituzioni e sulla città di Pistoia erano stati favoriti, oltre che dai legami clientelari e dai nuovi assetti politici imposti dall’oligarchia fiorentina nella gestione delle cose pistoiesi, anche dal timore che la parte cancelliera avesse potuto ribellarsi apertamente alla dominante, grazie all’apporto delle forze bolognesi. Come testimoniato da una lettera scritta dai Signori ai Priori di Pistoia, la volontà delle autorità fiorentine doveva ora rivolgersi interamente alla ricerca e alla promozione di un nuovo equilibrio politico

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«[...] e i Fiorentini, che come Vicarj Imperiali avevano avuto di Pistoja il governo da Roberto Imperatore, trascurarono ora con vituperio, e biasimo di loro stessi di porre un salutevole rimedio a tanti mali, per giugnere a godere una volta le sostanze de’ Pistojesi, e per rendere i medesimi così stanchi dalle discordie più facili a tollerare il loro governo», J.M. Fioravanti, Memorie storiche cit., p. 390.

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Cfr. ivi, p. 383; cfr. F. Neri, Società ed istituzioni cit., pp. 67-68.

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«Et quanto alla prima ci achade rispondere come ancora hiersera vi scrivemo che noi tuctavolta siamo in pratica con li ambasciadori di cotesta comunità, di che sian certj loro etiam scrivono di costà, et non diffidranno punto atteso il loro solito amore et fede verso questa republica nostra, che si piglerà sexto di natura che cotesta città resterà quieta et tucto con dignità della republica nostra, come siamo certi loro volgiono innanzi ad omnj cosa. Et ad questo effecto messer Mariotto [Forteguerri], Iacopo d’Abraha et Tholomeo [Melocchi], come buonj et studiosi del bene aiutono non mediocremente, et però non hanno cotestj nostri fedeli da pigliare alchuna displicentia se li habbiamo chari qui. Quanto alla ijda, benché ogni ragione decti che li Panciatichj non si debbino muovere ad fare alchuno insulto, nondimeno per assicurarcene ci siamo resolutj mandare alla Tenuta et Magia et in ciaschuno di decti luoghi uno de’ nostri cancellieri et uno de’ nostri mazieri, con ordine tenghino decti luoghj per questa Signoria et non sopportino che gente da’ luoghi si muovino per innovare cosa alchuna contra cotesta città o alla parte Cancelliera», ASF, Signori, Carteggi, Missive II Cancellieria, 23, c. 70r-v, lettera dei Signori ai commissari Antonio Del Vigna e Giuliano Salviati del 24 agosto 1500.

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fondato sull’egemonia cittadina della parte cancelliera, anche se questo avesse dovuto implicare una più o meno aperta opposizione alle ragioni della parte panciatica147.

Consci, però, della possibilità di trovarsi ancora una volta nella pericolosa situazione di dover sedare una ribellione, alcuni degli ottimati fiorentini suggerivano espressamente che si dovesse procedere all’occupazione di Pistoia148

. Ma una soluzione di forza contro la parte cancelliera non poteva certo trovare l’assenso di coloro i quali erano stati suoi fautori: Antonio Malegonnelle (tra i nuovi commissari pistoiesi), pur considerando eccessive alcune richieste dei Cancellieri (bando per tutti i Panciatichi e confisca dei loro beni), chiedeva consiglio riguardo alla possibilità di assecondarle in qualche misura per evitare che la situazione potesse aggravarsi ulteriormente149. E, se è vero che molti degli ottimati chiamati a fornire il loro parere nelle consulte avrebbero preferito che la Signoria si imponesse con la forza e prendesse possesso della città di Pistoia150, è altrettanto importante notare che la via della mediazione, così come il rimettersi interamente alle decisioni dei commissari fiorentini, dovevano sembrare le scelte più prudenti e fruttuose151. Del resto, il saldo dominio dei Cancellieri sulle

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«Solo significheremo alle Magnificentie vostre che per lo amore portiamo ad cotesta città, meritamente per la fede et opere sue, noi non potremo havere maggiore dispiacere di ogni cosa che potessi turbare la quiete et buono essere vostro, né maggiore desiderio che in tutte le adversità consolarle, favorirle et adiutarle, il che habbiamo facto quanto ci è stato possibile fino ad hora. Noi ne habbiamo scripto et mandato più volte ad messer Giovanni Bentivogli per fare che per suo mezo la parte Cancelliera piglassi fede di noy, et alleggerissi di quelle gentj che sappiamo essere ad grande graveza vostra, atteso che non li riteneva da questo altro che vostra gelosia et sobspecto che noi non volessimo di nuovo turbare la sicurtà loro, con favorire l’altra parte; da che noi siamo tanto lontani quanto da ogni altra cosa la quale tornasse in preiudicio nostro, perché mettere un’altra volta in pericolo cotesta città non sarebbe se non volere disfarla in tutto, la quale non lo merita et noi non lo patiremo may. […] per dare loro maggiore fede di noy, habbiamo mandato ad li luoghi de’ Panciatichi li cancellieri et mazieri nostri, et tutto si è facto ad quello fine che loro desiderano», ivi, cc. 76v-77r, lettera dei Signori ai Priori di Pistoia del 27 agosto 1500.

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«[…] et prima, che lle chose vadino sechrete, che qui sechretamente e’ vostri cittadini, quando uno modo et quando un altro, entrassino in Pistoia et insignorissinsene, et dipoi a bell’agio provedere a quella», Consulte e pratiche della Repubblica fiorentina cit., I, p. 453, pratica n. 205 del 29 agosto 1500, parere di Luigi di Giovanni Mannelli (per la quinta panca dei richiesti).

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«[…] et questo sie, se egli è bene che e’ commissarii, posposto l’usare verso de’ Pistolesi vincitori, le forze muovino, et gli oratori di Pistoia con modo onesto et dischreto di adpuntare dalla città di Pistoia qualche chasa di questa parte panciaticha più inimicha alla parte chancelliera per qualche tempo, la quale non potessi appressare a Pistoia a uno tanto sanza altra confischatione di beni, et tutti gli altri potessino tornare in Pistoia nelle loro chase», ivi, p. 454.

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«[…] che lle forze non habbino a manchare alla Signoria; et però essendoci le forze et potendosi usarle, non è da compiacere loro di chosa alchuna delle insolentie chieste fatte per loro», ivi, p. 455, parere di Luigi di Giovanni Mannelli.

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Cfr. ivi, pp. 454-455, i pareri di Giovanni Nasi, Neri Compagni, Pazino Biliotti, Luca Corsini, Giovanni Buondelmonti, Tinoro Bellacci, Piero Compagni. Cfr. ivi, pp. 455-458, pratica n. 206 del 30 agosto 1500, i pareri di Pier Francesco Tosinghi, Giovanbattista Ridolfi, Alamanno Salviati, Bernardo Rucellai.

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istituzioni pistoiesi era latore di un ordine e di un equilibrio che avrebbero giovato a Firenze ben più di una nuova battaglia per la supremazia cittadina.

Non sarebbe stato comunque possibile gestire a proprio vantaggio la situazione di stallo creatasi tra le parti pistoiesi senza offrire tutte le garanzie del caso anche ai Panciatichi fuoriusciti nel contado152. La strategia del compromesso e della mediazione portata avanti dalla Signoria mirava perciò, da una parte, a rassicurare i membri della parte panciatica per evitare che essi proseguissero le violenze e gli assalti nel piano di Pistoia e, dall’altra, a legittimare il regime dei Cancellieri, giungendo persino a concedere loro la facoltà di procedere a nuove imborsazioni per dare sanzione ufficiale alla completa occupazione di tutte le magistrature cittadine153. Il 31 agosto venivano così inviati i nuovi commissari per il contado e il distretto di Pistoia, Tommaso Tosinghi e Francesco de’ Nerli, i quali avrebbero dovuto occupare le roccaforti panciatiche della Tenuta e della Magia in nome della repubblica fiorentina, servendosi di ben trecento fanti e della mediazione di alcuni ambasciatori di parte panciatica154.

Il primo settembre, come riportato nella cronaca del Ricciardi155, entrò in carica la nuova signoria di Pistoia eletta «a mano per mano» dagli Otto riformatori pistoiesi156 e dai commissari fiorentini. Due giorni dopo i Signori si congratulavano con i nuovi commissari Tommaso Tosinghi e Francesco de’ Nerli per avere occupato la Tenuta e la Magia e avere disarmato gli esponenti della parte panciatica157. Il disegno della dominante, teso al rafforzamento del regime dei Cancellieri in Pistoia e

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«[…] et perché dal canto de’ Panciatichi si monstri che loro non habbino da dubitare et che per noi di qua si fa ogni opera per la sicurtà loro, sarà incluso in questa una d’Andrea Panciatichi a Bartholomeo Cellesi et alli altri che sono nella Tenuta, la quale voi manderete subito et per via sicura, perché pure ci sono qualche parole che farieno ombra ad l’altra parte quando pervenissino in mano loro», ASF, Signori,

Carteggi, Missive II Cancelleria, 23, c. 77r, lettera dei Signori ai commissari Antonio Del Vigna e

Giuliano Salviati del 27 agosto 1500.

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Cfr. ivi, c. 77v, lettera come sopra.

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Cfr. ivi, c. 81r-v, lettera dei Signori ai commissari Antonio Del Vigna e Giuliano Salviati del 31 agosto 1500. «Per queste provisioni non è però che noi non pensiamo al continuo alla sicurtà della parte vincitrice: et è bisogno che di costà voi la tractiate prudentemente et monstriate quello che è in facto, che queste preparationi sono ad fine di assicurarli più presto, et vi ingegnerete fare loro fede del buono animo nostro, come vi si è scripto tante volte, et loro presto ne haranno di qui riscontri certissimi», ivi, c. 81v.

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Cfr. Ricordi storici di Francesco Ricciardi cit., pp. 103-104.

156

Cfr. supra, p. 177, nota n. 134.

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«Et adprobiamo tutto il processo vostro, salvo che noi desiderremo che nelle decte ij forteze non fussino rimasti alcunj della parte [panciatica], per tòrre via ogni sospetto et ogni exceptione all’altra [la parte cancelliera] di non venire alla compositione di questi loro casi. Et perché noj stimiamo tale cosa assaj, farete ogni opera che delle decte forteze eschino tutti quellj che potessino generare ombra o sospecto alcuno, confortandoli a questo: che il tempo fia breve et dopo pochissimi dì noi daremo loro quelle commodità che loro vorranno», ASF, Signori, Carteggi, Missive II Cancelleria, 23, c. 91r, lettera dei Signori ai commissari Tommaso Tosinghi e Francesco de’ Nerli del 3 settembre 1500.

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all’annientamento della resistenza armata dei Panciatichi nel piano, trovava compimento nel volgere di qualche altro giorno, quando i Signori potevano esprimere tutto il loro apprezzamento per il fatto che gli sforzi dei commissari avevano avuto il successo sperato e le genti bolognesi avevano lasciato pacificamente la città158. Ma come accadde spesso, nel corso dei successivi due anni, il tentativo di riportare l’ordine e imporre nuovi equilibri politici, da parte delle autorità fiorentine, ebbe anche in questo caso vita breve.

Già intorno alla metà del mese di settembre erano ripresi, infatti, gli scontri tra gli esponenti delle due fazioni sia nel piano che nella montagna di Pistoia, e molti combattenti di entrambe le parti avevano trovato la morte nelle nuove violenze: tra di essi uno dei capi dei Panciatichi, Bartolomeo Cellesi, e l’unico figlio di Tolomeo Melocchi, Giovanni159. Secondo il racconto del Ricciardi (intimo amico di quest’ultimo), la parte panciatica venne ad un tratto a trovarsi privata di uno dei suoi uomini migliori e fu così costretta ad abbandonare i bastioni di Ponte a Bonelle, della Magia, della Tenuta, e a ritirarsi verso Quarrata160. A questo punto i Signori furono costretti a intervenire nuovamente, cercando questa volta di tenere in debita considerazione anche le ragioni della parte panciatica, i cui principali esponenti furono richiamati a Firenze con l’intento di mediare una soluzione che potesse favorire i loro interessi e non solo quelli della parte cancelliera161. Da notare come in questo caso le

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«[…] sempre accertando cotesti Magnifici Priori et cotesta parte cancelliera che non hanno da temere di cosa alcuna, perché le forze ci troviamo costì vi sono per reprimere ciascuno che volessi fare insulto alcuno in publico o in privato contro a cotesta parte cancelliera. Et se costì nella città o finora nel piano o montagna intendessino ordine o cosa alcuna che dessi loro ombra, faccincelo noto che subito provedermo perché niente ci è più ad core che porre in pace cotesta città», ivi, c. 95v, lettera dei Signori ai commissari Antonio Del Vigna e Giuliano Salviati del 5 settembre 1500.

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Cfr. Ricordi storici di Francesco Ricciardi cit., pp. 104-105; cfr. F. Vassellini, Narratio de

calamitatibus cit., pp. 139-140. Sulla macabra sorte del cadavere di Bartolomeo Cellesi, il Vassellini

racconta che i suoi uccisori, Bati de’ Nerli e Mancino de’ Mati, portarono la sua testa infilata su una lancia in città, «dove tutti i Cancellieri facendone grandissima festa con canti e musiche celebrarono tale spettacolo per tutta la città», ivi, p. 139. Di poco differente la versione offerta dal Fioravanti: «e levatali la testa dal busto, e posta ad un arcione di una sella, fu portata a Pistoja, dove fattili scherni, e strapazzi, fu a suon di trombe collocata sopra l’architrave del pozzo della Sala per mostrarne maggiore allegrezza, ed ivi fu tenuta tre giorni», J.M. Fioravanti, Memorie storiche cit., p. 383.

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Cfr. Ricordi storici di Francesco Ricciardi cit., pp. 106-107.

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«La città nostra, come vi è noto, non ha niuna maggiore cura di presente né maggiore desiderio che posare le cose di Pistoia, et con salute universale di quella città et in spetie della parte panciaticha il più ci è possibile. Et perché a questo studio et desiderio nostro obsta assaj lo stare in cotesto piano Gabriello di Mattheo, Palamides Panciatichi, Mattheuzzo Panciatichi, Pieragnolo et Francesco di Possente, voliamo alla ricevuta habiate a voi insieme o di per sé e’ predecti et per parte nostra comanderete a ciascuno che subito si transferischino qui et presentinsi a noi. Et se alcuno de’ prefati allegassi nollo potere fare sicuramente per trovarsi in qualche preiudicio, havete ad rispondere che possono venire et stare liberamente et di questo, in nome nostro, ne darete loro ogni fede, la quale sarà loro observata inviolabilmente. Et confortereteli ad credere, quello che è il vero, che tucto si fa per beneficio loro», ASF,

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autorità fiorentine si mostrassero particolarmente interessate alle sorti dei Panciatichi e alla difesa delle loro prerogative, laddove nelle precedenti lettere che abbiamo esaminato emergeva in maniera piuttosto esplicita come la risoluzione delle contese dovesse obbligatoriamente passare per il disarmo della parte panciatica e per il consolidamento del potere dei Cancellieri in Pistoia162.

Nella stessa direzione sembrava a questo punto muoversi anche parte dell’opinione pubblica fiorentina: nei verbali di una pratica del 14 settembre163 alcuni degli intervenuti, forse già in precedenza ‘fautori’ dei Panciatichi, espressero la necessità di non esaudire le richieste ‘disoneste’ formulate dai Cancellieri e di usare la forza per riportare la pace in Pistoia, in modo da rendere finalmente giustizia alle ragioni della parte panciatica164. Di parere opposto, d’altra parte, continuava a professarsi uno dei principali fautori della parte cancelliera, quel Guidantonio Vespucci che, come abbiamo avuto modo di vedere165, insieme a Bernardo Rucellai verrà in seguito considerato dal Guicciardini (e dal ‘popolo’ fiorentino) come uno dei responsabili della crisi pistoiese166. Ma, nonostante il dissenso manifestato da alcuni esponenti dell’oligarchia fiorentina, gli organi della Signoria continuarono ad avallare la condotta politica dei Cancellieri e le loro scelte in merito alla gestione del reggimento pistoiese.

I nuovi commissari generali di Pistoia, Luca di Maso degli Albizzi e Lanfredino de’ Lanfredini, furono infatti invitati ad acconsentire alla richiesta di continuare a eleggere i nuovi Priori di Pistoia «a mano», in deroga a quanto previsto dalle norme statutarie e

Signori, Carteggi, Missive II Cancelleria, 23, c. 107v, lettera dei Signori ai commissari Tommaso

Tosinghi e Francesco de’ Nerli del 14 settembre 1500.

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Cfr. supra, pp. 180-183, note nn. 146, 147, 154, 157 e 158.

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Cfr. Consulte e pratiche della Repubblica fiorentina cit., I, pp. 478-480, pratica n. 213 del 14 settembre 1500.

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«[…] di nuovo che questa cosa si practicassi et si riducessi a termine più utile per la parte panciaticha et più honorevole per la città; et quando la parte cancelliera stessi pure in sul volere quello hanno domandato, parrebbe a loro dovere usare la forza», ivi, p. 478, parere di Antonio Berlinghieri (dei Gonfalonieri di compagnia). «[…] et in questo modo, che non si satisfacessi a decta parte et ci facessimo inimici etiam la parte panciaticha; et però presterebbe quelle forze fussino di bisogno ad potere ridurre et assettare le cose più secondo l’honore della città et utile della parte panciaticha», ibid., p. 478, parere di Neri Compagni (dei XII Buonuomini).

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Cfr. supra, p. 159, nota n. 35, e pp. 161-164.

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Il Vespucci avrebbe voluto eliminare i ‘sospetti’ nutriti nei confronti della parte cancelliera facendo due cose: «l’una, il risolvere le loro domande; secondo, l’operare che’ Panciatichi nolli molestino. Et però ricordò e’ capitoli sono domandati, vedere di risolverli d’acordo farlo, perché il tenere questa cosa sospesa è per generare cattivi effecti. […] et però concluse che è da fare ogni cosa per tòrre sospecto alla parte cancelliera. Et quando questo si faccia, di Pistoia non è da temere; et quando’ Cancellieri fussino assicurati et non volessino dipoi assentire alle cose honeste, si vorrebbe havere preparate le forze et usarle», Consulte e pratiche della Repubblica fiorentina cit., I, pp. 478-479, parere di Guidantonio Vespucci.

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dalla consuetudine167. Nella missiva dei Signori si faceva inoltre riferimento al fatto che i nuovi commissari avrebbero dovuto impedire in ogni modo, con l’ausilio delle magistrature pistoiesi, che venissero arrecati danni alle proprietà e ai beni immobili appartenenti ai Panciatichi fuoriusciti. La strategia della dominante si dimostrava ancora una volta incline a favorire il consolidamento del regime cittadino dei Cancellieri prestando però maggiore attenzione alla difesa degli interessi della parte panciatica, in modo da ingenerare di fatto una situazione di sostanziale equilibrio politico che consentisse alla Signoria di mantenere il controllo del territorio. Una strategia, a dire il vero, quanto mai pericolosa, dal momento che i disegni della dominante avrebbero altresì causato il cronicizzarsi degli scontri e delle violenze, cristallizzando il conflitto politico nella sua nuova e più drammatica fase di aperta guerra civile.

A complicare ulteriormente la situazione intervenne infatti, già a partire dal mese di dicembre del 1500, l’organizzazione di una massiccia controffensiva da parte dei Panciatichi del piano e della montagna i quali, pur di impossessarsi stabilmente di tutti i centri del contado e del distretto, non avevano rinunciato a sollecitare l’intervento dei pisani, dei lucchesi e delle milizie comandate da Vitellozzo Vitelli (capitano d’arme legato da parentela ad una famiglia della parte panciatica168)169. Se le autorità fiorentine avrebbero potuto gestire (forse anche a proprio vantaggio) questa condizione di stallo creatasi tra le parti pistoiesi, facendo in modo che al potere cittadino dei Cancellieri si contrapponesse il dominio dei Panciatichi nel contado, esse avrebbero incontrato ben altre difficoltà qualora si fossero inserite nel conflitto forze esterne ostili alla repubblica (cosa che puntualmente accadde). In questo senso, il Gonfaloniere di giustizia

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«In prima ci occorre rispondere ad la requisitione vi ha facta el R.do Vescovo di costì, in nome de’ deputati, di poter fare ancora questa volta e’ loro priori ad mano etc. Et benché il desiderio nostro fussi che tal cosa si facessi secondo e’ loro ordini, non di meno, havendo ancora rispecto alla conditione del presente tempo, siamo contenti diate loro facultà di potere deputare e’ priori loro per questa volta in quel modo et forma occorrerà ad cotesti Magnifici Priori et alli deputati. Dolianci de’ modi significate si secondavono circa la ruina delle case etc., et ad questa parte ci occorre commettervj facciate opera con cotesti Magnifici Priori, con e’ deputati et con chi altri vi parrà che disordini di simil sorte, e’ quali sono in damno d’altri et sanza utilità di chi li fa, non seguino, et potendo castigare li auctori assai ve ne commenderemo», ASF, Signori, Carteggi, Missive II Cancelleria, 23, c. 146v, lettera dei Signori ai commissari generali Luca di Maso degli Albizzi e Lanfredino de’ Lanfredini del 20 ottobre 1500.

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Cfr. supra, pp. 159-160.

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«[…] costoro qui [Cancellieri] ci fanno intendere che hanno per diverse vie et con molti riscontri che li

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