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L’intervento del Magnifico e lo scontro di fazione: dalla richiesta di arbitrato alla ribellione all’autorità fiorentina

territoriale e di sottomissione a Firenze

3. La guerra di Volterra del 1472: l’affermazione dell’egemonia laurenziana

3.4 L’intervento del Magnifico e lo scontro di fazione: dalla richiesta di arbitrato alla ribellione all’autorità fiorentina

All’inizio del mese di ottobre 1471 il Serristori lasciò il posto al nuovo capitano di custodia, Bernardo Corbinelli95. Nonostante secondo quanto riportato da Fiumi egli fosse inviato, per volere di Lorenzo, a reprimere ogni «attività non ritenuta riverente agli ordini della repubblica fiorentina»96, e il successivo 29 ottobre condannasse a un anno di relegazione Antonio di Giovanni Serguidi, Benedetto di Selvatico Guidi, Andrea di Biagio Casone e Attaviano di Antonio Guarnaccia97, il nuovo capitano seppe in realtà mostrarsi incline ad una politica di compromesso, influenzando in tal senso anche il suo successore, Piero Malegonnelle98.

Pesonaggio di spicco dell’entourage mediceo appartenente ad una illustre famiglia fiorentina99, il Corbinelli avrebbe dovuto indagare sulla vicenda della miniera del Sasso e rintracciare i responsabili del sequestro dell’allumiera tra i membri delle istituzioni volterrane100. Il fatto che la sua condotta fosse, invece, improntata alla mediazione, nell’intento di favorire un’attività diplomatica tra Firenze e Volterra, contribuì a suscitare le critiche e le proteste della Signoria, come in occasione della vicenda dei condannati alla relegazione Onofrio Broccardi e Niccolò Buonamici, ai quali il Corbinelli consentì di recarsi a Firenze come ambasciatori del comune volterrano101.

In questo senso anche gli oppositori antimedicei volterrani (coloro i quali, cioè, in questo momento occupavano le cariche cittadine), seguendo i suggerimenti di larghi settori del ceto dirigente fiorentino e fidando nella buona disposizione del nuovo capitano, cercarono di promuovere la via del compromesso con i soci fiorentini della compagnia del Capacci, in modo da marginalizzare il ruolo degli esponenti della fazione filomedicea volterrana (Inghirami, Riccobaldi, ecc.), recatisi nel frattempo a Firenze per cercare riparo e asilo102.

95

Cfr. E. Fiumi, L’impresa di Lorenzo cit., pp. 101-103.

96

Ivi, p. 101.

97

ASCV, T rossa, 164, c. IX.

98

Cfr. R. Fubini, Lorenzo de’ Medici e Volterra cit., pp. 132-133; cfr. Id., Excursus II cit., p. 548.

99

Cfr. E. Insabato, S. Pieri, Il controllo del territorio cit., p. 201.

100

«Era evidente che nella situazione in cui si trovava Volterra si richiedeva un commissariamento che avrebbe permesso all’esecutivo fiorentino margini di controllo più ampi che non in presenza di un magistrato ordinario», ivi, p. 202.

101

ASF, Signori, Carteggi, Legazioni e commissarie, 17, c. 127v.

102

121

La politica del compromesso perseguita dal Corbinelli parve, così, dare i suoi primi frutti: il 30 novembre 1471103 le autorità volterrane notificavano alla Signoria che il ritorno di Antonio Giugni alla miniera del Sasso sarebbe stato gradito dal comune di Volterra104. Era chiaro che con questa mossa il fronte antimediceo volterrano cercava di aprire alle richieste della Signoria e alle pressioni di buona parte del patriziato fiorentino, tutelandosi contemporaneamente contro il ritorno dell’Inghirami e degli altri e contro le mire del partito filomediceo cittadino. Allo stesso modo era evidente che Lorenzo non avrebbe certo consentito che i suoi uomini più fidati fossero esclusi dal conflitto politico in atto per il controllo, tanto dell’allumiera, quanto della città di Volterra: il 9 dicembre 1471 la Signoria sollecitò il Corbinelli per il ritorno in patria di Paolo Inghirami. La comunicazione era altresì accompagnata da una nota che invitava il capitano a riconoscere a ‘Pecorino’ una ‘particolare’ autorità105

: «In pratica la Signoria esortava il proprio diretto rappresentante a riconoscere de facto nell’Inghirami il tramite privilegiato nelle relazioni tra Volterra e la città dominante»106.

Lorenzo, perciò, non si era fatto irretire dalle contromosse delle autorità volterrane e non era caduto nel ‘tranello’ tesogli dalla fazione antimedicea al governo della città. La sua risposta era stata pronta e decisa: assecondando il suo volere i Signori tornavano a legittimare l’esponente più in vista del partito filomediceo volterrano, vanificando in un sol colpo gli intenti delle magistrature volterrane palesatesi nel frattempo nella decisione di affidare al Magnifico l’arbitrato della controversia per il possesso delle allumiere107. Il 4 gennaio 1472, infatti, i Priori di Volterra avevano deciso all’unanimità di affidare a Lorenzo de’ Medici, «protectore et benefactore precipuo dicti comunis Vulterre»108, il pronunciamento di un lodo arbitrale che avrebbe dovuto una volta per tutte risolvere la questione della miniera del Sasso109. Il Magnifico ricevette

103

ASCV, A nera, 48, I, c. 97r.

104

Cfr. E. Fiumi, L’impresa di Lorenzo cit., p. 104. Il Fiumi è, però, perentorio nell’affermare che ormai «Lorenzo non avrebbe chiuso la partita se non con l’annientamento degli avversari e l’umiliazione della città», ibid., p. 104.

105

«Crediamo che molto farà alla quiete et assecto de la cosa la tornata costì di Pecorino […]. Et perché habiamo veduto in questa causa degli allumi, per che è stato qui, ha havuto sempre buon righuardo et buon vedere, et in ogni altra cosa che è appartenuta all’honore della città, crediamo che non sarà altro che fructuoso conferire qualche volta con lui et intendere suoi pareri», ASF, Signori, Carteggi, Legazioni e

commissarie, 17, c. 129r. Cfr. R. Fubini, Excursus II cit., p. 549; cfr. E. Insabato, S. Pieri, Il controllo del territorio cit., pp. 202-203; cfr. R. Fubini, Lorenzo de’ Medici e Volterra cit., pp. 133-134.

106

Ivi, p. 134.

107

Cfr. E. Fiumi, L’impresa di Lorenzo cit., pp. 105-107.

108

ASCV, A nera, 48, I, c. 115r.

109

«[…] cum pleno et libero mandato et omnimoda facultate, auctoritate et balia; ita quod terminare, componere, declamare, arbitrari, iudicare et arbitramentari et laudare et de ea disponere et libere facere

122

ufficialmente la richiesta il 16 gennaio 1472 quando, nella chiesa di Santa Maria del Fiore, accolse gli ambasciatori volterrani ed accettò solennemente l’arbitrato110.

Secondo Fiumi, la scelta dei volterrani rappresentava sicuramente l’extrema ratio per concedere carta bianca alla volontà del Magnifico ed impedire così la rovina della loro città111, pensando bene che il ruolo di arbitro di Lorenzo, rispetto a quello di parte in causa, avrebbe concesso loro più ampie garanzie. In realtà, come notato da Fubini112, la richiesta delle autorità volterrane mirava ad escludere dai giochi gli esponenti di spicco del partito filomediceo. Intuito il piano, e mirando a farlo fallire, Lorenzo inviò a Volterra l’Inghirami e il Riccobaldi (con le ‘raccomandazioni’ al Corbinelli che abbiamo visto poco sopra), e differì il pronunciamento del lodo113. Diversamente da quanto ritenuto da Fiumi, infatti, il lodo non venne pronunciato proprio a causa del precipitare della situazione114.

Il rientro in Volterra di Paolo Inghirami, Benedetto Riccobaldi e Romeo Barlettani il 22 febbraio 1472, accompagnati da una scorta armata115, fu accolto dal governo volterrano con tutte le contromisure del caso116: contadini armati furono introdotti in città per scatenare un tumulto. La stessa notte del 22 febbraio ‘Pecorino’ e il suocero Romeo Barlettani rimanevano uccisi nel tumulto scoppiato tra la furia del popolo, aizzato dal fronte antimediceo, e l’acquiescenza del capitano Corbinelli117

. Secondo l’anonimo cronista volterrano, i veri responsabili dell’insurrezione popolare erano stati «alquanti maligni nostri cittadini» i quali, incuranti della pace e del bene pubblico della comunità, «[…] fecero coniura insieme d’amazzare alcuni de’ nostri cittadini, e’ quali

velle suum pro suo libito voluntatis; et facere omne id et totum de dicta causa allumerie et de ipsa allumeria et tantum quod et quantum facere potest totum presens consilium et totus populus et comune Vulterre», ibid., c. 115r.

110

Cfr. E. Fiumi, L’impresa di Lorenzo cit., pp. 105-107; cfr. R. Fubini, Excursus II cit., p. 549.

111

Cfr. E. Fiumi, L’impresa di Lorenzo cit., p. 105. «Ma il Medici stava interessandosi della controversia in modo diverso da quello che i volterrani precisamente intendevano. Ormai pervaso dalla convinzione che solo le armi potessero aver ragione dell’insofferenza di quella popolazione al giogo fiorentino, egli non attendeva altro che il presentarsi di un favorevole appiglio per giustificare la violenta repressione», ivi, pp. 106-107.

112

Cfr. R. Fubini, Lorenzo de’ Medici e Volterra cit., pp. 132-133.

113

«[…] fino a quando non fossero stati reintrodotti in città gli esponenti della parte a lui fedele», ivi, p. 133.

114

Cfr. R. Fubini, Excursus II cit., p. 549.

115

«Eoque infensior pluribus erat Pauli adventus quo ex Florentia secum duxerat aliquot corporis custodes, quos illi ductos ad vim inferendam suspicabantur», A. Ivani da Sarzana, Historia de

Volaterrana calamitate cit., p. 14. 116

Cfr. R. Fubini, Lorenzo de’ Medici e Volterra cit., p. 134; cfr. Id., Excursus II cit., pp. 549-550.

117

Ivi, p. 550. Il capitano fiorentino aveva in realtà cercato di intavolare una trattavia con la piazza, ma, vistosi impossibilitato a frenare il furore popolare, non poté far altro che rifugiarsi nel palazzo dei Priori, cfr. E. Fiumi, L’impresa di Lorenzo cit., pp. 107-109.

123

erano desiderosi dell’honesto vivere e pace della nostra città»118

. Sappiamo, però, già bene quanto sia storicamente poco attendibile la prosa dell’anonimo cronista di provata fede medicea119, soprattutto nella sua banalizzante ricostruzione tesa a sottolineare come l’insurrezione fosse alimentata dalle brame distruttive del «popolazzo», e come invece i notabili volterrani fossero rispettosi e fedeli seguaci della Signoria e della repubblica fiorentina. E sappiamo altrettanto bene che dietro ai tumulti, questi sì probabilmente orchestrati ad arte per rispondere alla pressante ingerenza di Lorenzo e degli esponenti volterrani del suo partito, si celavano le mire della locale aristocrazia antimedicea, a questo punto pronta a tutto pur di ostacolare l’ascesa della fazione nemica.

Il giorno seguente, 23 febbraio 1472, venne creata una nuova magistratura straordinaria, i Dieci, che assunse il governo e la guardia della città120, «pro conservatione status civitatis Vulterre et personarum civium dicte civitatis, ad bonum honorem, statum et amplitudinem magnifici et excelsi dominatus nostrorum priorum florentinorum»121. Furono sospesi gli statuti. Tutto questo, laddove la cronaca dell’anonimo continuava ancora semplicisticamente a stigmatizzare lo scatenarsi della ‘licenza’ di pochi congiurati e della furia del popolaccio122

. Allo schieramento antimediceo volterrano non dovette, comunque, mancare l’incoraggiamento di «alti esponenti del reggimento di Firenze»123, a cominciare proprio dal capitano Corbinelli.

Andava probabilmente in questa direzione l’ambasciata straordinaria di Antonio Ridolfi, accolto con festeggiamenti in Volterra, che colà era stato inviato in seguito ai tumulti per cercare di riportare l’ordine e l’obbedienza alla Signoria124

. Avallando di

118

Cronichetta Volterrana cit., p. 329.

119

Cfr. supra, cap. 2, passim.

120

«È in tale situazione che Volterra violò il vecchio capitolato di soggezione a Firenze, eleggendo una Balìa plenipotenziaria di Dieci ed assumendo la guardia della città», R. Fubini, Lorenzo de’ Medici e

Volterra cit., p. 134. 121

ASCV, A nera, 48, I, c. 130r. Gli eletti alla magistratura dei Dieci furono: Benedetto Broccardi, Giovan Michele Contugi, Gaspare di Angelo (Marchi), Ludovico Tignoselli, Antonio Incontri, Iacopo Acconci, Bartolomeo Comucci, Lorenzo di Silvestro (Mattonari), Paolo d’Alessandro (Cecchi), Guiduccio da Doccia. Fu deliberato, inoltre, che essi «[…] habeant illam auctoritatem, facultatem, arbitrium et potestatem tantam et talem quantam et qualem habet totum presens consilium et totum comune Vulterre in conservatione libertatis et pacis», ibid., c. 130r.

122

I congiurati: «[…] entrorno armati in detto palazzo del Capitano, e dua de’ nostri cittadini con gran crudeltà ammazzorno e gittorno in piazza; e di poi, in sull’hora di terza, detti coniurati fecero parlamento co’ loro seguaci, e di loro medesimi ordinorno dieci, e’ quali chiamorno l’Ufficio de’ Dieci. Hebbeno certe conditioni da osservarsi in detto ufficio; cioè, che non potessero fare alcuna cosa contro la Excelsa Signoria di Firenze, e ancora sanza la voluntà del Capitano della nostra città: le quali tutte pervertirno, e quello che a loro pareva, detti Dieci facevano, con grandissimo danno di nostra Città, e perturbatione e molestia della Excelsa Signoria di Firenze», Cronichetta Volterrana cit., p 330.

123

R. Fubini, Lorenzo de’ Medici e Volterra cit., p. 134.

124

124

fatto i provvedimenti eversivi dei Dieci, il Ridolfi cercava di tranquillizzare le autorità fiorentine, come testimoniato da una lettera del 26 febbraio 1472 scritta direttamente a Lorenzo125. Anche il Corbinelli dimostrava di accettare le decisioni della nuova Balìa volterrana, giungendo persino a dare loro sanzione legale: il 9 marzo egli condannava infatti alla relegazione per cinque anni, in diversi luoghi della Toscana, i principali esponenti del partito filomediceo cittadino126. Se, da una parte, è possibile ritenere che tale decisione fosse stata suggerita dalla Signoria per allontanare dal pericolo immediato i fautori del Magnifico127, dall’altra, si potrebbe arguire che il provvedimento fosse teso a ledere l’autorità di Lorenzo e il suo prestigio personale128

. In questa ottica, come sostenuto da Fubini, i Signori si dimostrarono propensi ad accettare il decreto del Corbinelli129, subendo con buona probabilità le pressioni dei notabili fiorentini avversi al potere laurenziano130. La fronda interna al governo fiorentino che cercava in questo modo di delegittimare l’autorità di Lorenzo era guidata da quei patrizi fiorentini, «alcuni de questi cavalleri» dice Sacramoro, che avevano ottenuto la dignità cavalleresca dopo anni di carriera pubblica: uomini come lo stesso Antonio Ridolfi131.

L’operato della nuova magistratura volterrana, duramente criticato dai fautori medicei come l’Ivani132

, poteva usufruire anche della mediazione del vescovo di Volterra, il fiorentino Antonio degli Agli, il quale aveva nel frattempo cercato di

125

ASF, MAP, XXV, 24: «Qui giunsi hieri a buona hora per ubidire a V. M. Ritrovaci gran numero di contadini et il populo con l’armi in mano. I contadini sono partiti et il populo sta honestamente».

126

ASCV, T rossa, 164, c. XVIII. Questi i nomi dei relegati: Giovanni e Nello Inghirami (fratello e figlio di ‘Pecorino’) a Pisa; Benedetto Riccobaldi ad Arezzo e i suoi figli in luogo distante da Volterra almeno cinquanta miglia e da Firenze almeno venti; Bartolomeo e Luigi Minucci a Borgo San Sepolcro; Ottaviano Barlettani (figlio di Romeo) a San Gimignano; Galgano Puccione a Livorno. Cfr. E. Fiumi,

L’impresa di Lorenzo cit., p. 111. 127

«[...] ad evitandum omnem futurum periculum seu schandalum et pro aliis iustis et rationalibus causis animum nostrum vertentibus et vigore nostri arbitrii, auctoritatis, potestatis et balie et plenarie commissionis nobis et nostre curie in hac parte concesse», ASCV, T rossa, 164, c. XVIII. Cfr. E. Fiumi,

L’impresa di Lorenzo cit., p. 111. 128

«Il più qualificante di tali provvedimenti fu il bando decretato dallo stesso capitano fiorentino, B. Corbinelli, su deliberazione della Balìa dei Dieci, dei principali esponenti della fazione filomedicea, a cui avevano appartenuto i due uccisi», R. Fubini, Lorenzo de’ Medici e Volterra cit., p. 134. Cfr. Id.,

Excursus II cit., p. 550. 129

Cfr. ASF, Signori, Carteggi, Legazioni e commissarie, 17, cc. 130r-v e 144r.

130

L’ambasciatore milanese residente in Firenze, Sacramoro da Rimini, non mancava nella sua relazione di osservare come molti «malcontenti de stare sotto’ l suo governo, gravano et forsi favorischono segretamente quello che generare possa schandolo», in R. Fubini, Excursus II cit., p. 550. Per i passi di Sacramoro da Rimini citati da Fubini, cfr. ASMi, Archivio Sforzesco, Carteggio, Potenze Estere, Firenze, 282, 283, passim.

131

Cfr. R. Fubini, Lorenzo de’ Medici e Volterra cit., p. 135.

132

«Decem autem viri quos dominationis libido incesserat, indignati relegatorum liberationem haud fuisse impetratam, vigilias circum urbem imponi, exploratores mitti, arma et commeatum afferri omni studio curarunt. Terrebat eos conscientia facinorum suorum et omnia in malam partem coniectare, omnia suspicari formidareque coeperunt», A. Ivani da Sarzana, Historia de Volaterrana calamitate cit., p. 16.

125

intercedere presso il Magnifico affinché venissero rilasciati gli esuli volterrani, appartenenti alla fazione antimedicea, che erano tenuti in Firenze133. Lorenzo si trovava, perciò, politicamente osteggiato su più fronti, e l’uso della forza nelle cose volterrane sembrava essere sconsigliato anche dalla situazione diplomatica generale e dal fragile equilibrio geopolitico dell’intera penisola italiana. Dopo il fallimento della mediazione del Magnifico tra Napoli e Milano nel 1471, infatti, la Lega si era virtualmente dissolta134. Oltre a ciò, ad impensierire ulteriormente Lorenzo erano i progetti di Bartolomeo Colleoni il quale, in accordo col duca di Ferrara, sembrava preparare una spedizione verso la Romagna e la Toscana135, e i movimenti dei fuoriusciti fiorentini che avevano giurato una strenua opposizione alla casa Medici136.

* * *

Il nuovo capitano di Volterra, Piero Malegonnelle, nominato in sostituzione del Corbinelli il 23 marzo 1472137 e «inviato da Lorenzo ‘bene accompagnato’, nell’intento che ‘pigliasse una porta di Volterra la nocte’, onde introdurdvi i fanti ducali, […] (cfr. lettera di Sacramoro al Duca, 18 marzo, cit.; Malegonnelle a Lorenzo, 7 aprile, in Fiumi, cit., p. 114; e lett. 76, n. intr.)»138, appena giunto in Volterra il 4 aprile 1472 si dimostrò invece incline a perseguire la politica del compromesso e della mediazione, portata avanti dal suo predecessore e dal vescovo degli Agli. La posizione del Magnifico si faceva particolarmente delicata anche a causa dei movimenti degli altri potentati italici: il re di Napoli aveva, infatti, fatto sbarcare a Piombino 1.500 fanti, e il duca di Milano, il cui aiuto Lorenzo aveva più volte sollecitato, pareva voler dilazionare un possibile

133

ASF, MAP, XXVII, 189, lettera a Lorenzo del 19 marzo 1472.

134

Cfr. R. Fubini, Excursus II cit., pp. 550-551.

135

Ivi, p. 551.

136

«Si erano inoltre mossi i fuoriusciti fiorentini. Il 23 maggio Dietisalvi Neroni, Neri e Jacopo Acciaiuoli proposero ai Volterrani un patto giurato ‘a destruzione della casa de’ Medici’ (Fiumi, cit., p. 127; e, per le ‘adhortationes’ di Geri Soderini, Ivani, cit., p. 18). Ma già prima Lorenzo era stato avvisato di pratiche ‘de forausciti contra de lui’, e che il Colleoni si sarebbe mosso ‘questo tempo novo, per venire a fare prova de rivolgere questo stato’, con ‘grandissima speranza de potergli reuscire’ (Sacramoro al Duca, 9 aprile, ASMi, cit.). Tali erano indubbiamente quelle ‘circumstantie de pessima natura’, che ‘omne hora’ si andavano scoprendo a Volterra, capaci di ‘spezarlo [scil. Lorenzo], o abassarlo in modo che’ l non potesse se non quanto questi cavalleri volessero’ (Sacramoro al Duca, 7 marzo, ibid.)», ibid., p. 551. Secondo la storia dell’Ivani, il dissidente ed esule fiorentino Geri Soderini cercava di aizzare gli animi dei volterrani incitandoli alla futura, possibile libertà: «Affirmavit enim ventura illis presto auxilia, mittendamque ad eos pecuniam quorum omnium summa sibi ac caeteris exulibus florentinis cura relinqueretur, eum et ipsi pro patria, pro libertate, pro suis denique fortunis pugnaturi essent», A. Ivani da Sarzana, Historia de Volaterrana calamitate cit., p. 18.

137

ASCV, A nera, 48, II, c. 55v. Cfr. E. Fiumi, L’impresa di Lorenzo cit., p. 114.

138

126

intervento139. Osteggiato, come abbiamo visto, da una nutrita opposizione interna che premeva per proseguire con i volterrani sulla via del compromesso140, al Magnifico non restava che temporeggiare, non rinunciando però a «coperti preparativi militari»141.

In questo contesto, mentre anche i volterrani sembravano propensi a mediare una soluzione pacifica e per questo avevano inviato ambasciatori a Firenze per chiedere la liberazione dei relegati, il vescovo Antonio degli Agli continuava la sua opera di intercessione presso Lorenzo. Già a partire dal 26 febbraio 1472142 egli aveva cercato di risolvere pacificamente la questione dell’allumiera del Sasso, schierandosi apertamente con il Corbinelli in difesa del governo di Volterra. In una lettera scritta a Lorenzo il 17 marzo il vescovo, dimostrando in questo di non conoscere la volontà e le trame dello schieramento filomediceo (tanto volterrano quanto fiorentino), denunciava il sospetto che la fazione dell’Inghirami avesse avuto l’intenzione di occupare il «Palagio» e prendere il comando della città143. Da qui il sostegno offerto al nuovo governo volterrano e alla magistratura dei Dieci144.

Ancora, in una lettera del 5 aprile 1472145, il degli Agli rivelava al Magnifico come il popolo e il magistrato di Volterra avessero deciso di assumere il presidio della città a causa del pericolo rappresentato da una vera e propria ‘lotta di fazione’, considerando che tali disordini avrebbero potuto compromettere la quiete e il ‘pacifico’ stato della città. Egli pregava, altresì, Lorenzo che fossero rilasciati, sotto la sua custodia, i relegati in Firenze, per evitare che le autorità volterrane nutrissero sospetti sulla partigianeria dei Signori nei confronti della parte a loro avversa (la fazione filomedicea)146. Nella sua lettera di risposta147 il Magnifico ostentava l’intenzione di voler proseguire sulla via

139

Ivi, pp. 551-552.

140

Cfr. ASF, Consulte e pratiche, 60, c. 137r, 5 marzo 1472.

141

R. Fubini, Excursus II cit., p. 552.

142

Cfr. ASF, MAP, XXIV, 136, lettera di Antonio degli Agli a Lorenzo da San Gimignano.

143

ASF, MAP, LXXVII, 158.

144

Sulla condotta del vescovo di Volterra osserva Fubini: «Senonché, assuntasi la mediazione, egli fece propria l’istanza volterrana (che del resto aveva trovato ormai aperti fautori in Firenze), che fossero rilasciati i relegati in Firenze, così sanzionando la sconfitta della parte medicea; ed a lui si affiancò il nuovo capitano di Volterra, Piero Malegonnelle (giunto il 4 aprile), che pure negli intenti di Lorenzo avrebbe dovuto introdurre di sorpresa un presidio in città, mettendo fine alla sedizione», in Lorenzo de’ Medici, Lettere cit., I, p. 364.

145

ASF, MAP, XXXIV, 75, lettera di Antonio degli Agli a Lorenzo da Volterra.

146

«Ne sarebbe derivata la ‘devotione et observantia di questo popolo inverso di te, et torrassi ogni sospitione che qui et costì potrebbe nascere in questa causa. Et scio quod loquor, observantia in Dominium Florentinum et caritas, et mea erga te benevolentia ita me loqui compellit’», in Lorenzo de’ Medici, Lettere cit., I, p. 364.

147

Cfr. ivi, lettera n. 101 del 14 aprile 1472, pp. 363-366. Cfr. ASF, Signori, Carteggi, Missive, Minutari,

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