• Non ci sono risultati.

Le ‘maledette parti’ e i disordini civili: l’origine e i motivi delle nuove violenze

territoriale e di sottomissione a Firenze

4. La guerra civile pistoiese del 1499-1502: la crisi del sistema di potere mediceo e i nuovi assetti politici dell’oligarchia fiorentina

4.3 Le ‘maledette parti’ e i disordini civili: l’origine e i motivi delle nuove violenze

In esecuzione della sentenza emanata dal collegio fiorentino, i Panciatichi che avevano occupato l’ospedale di San Gregorio furono rimossi dalle autorità pistoiesi64

, per consentire a Bernardo Nutini di entrare in carica come nuovo spedalingo. Le voci dei contemporanei vicini alla parte panciatica insistono, a questo punto, su una deriva delle tensioni e degli antagonismi politici dovuta, in buona sostanza, al fatto che i Cancellieri, inorgoglitisi per la vittoria della vertenza e per il manifesto favore delle autorità fiorentine, cominciassero a ‘spadroneggiare’ in città e cercassero di imporsi definitivamente sui loro avversari65. All’inizio del mese di febbraio 1499 alcuni esponenti della parte panciatica, mossi da «furore» e da rabbia, sia verso l’operato del vescovo Pandolfini che contro il dileggio e lo scherno dei loro nemici politici, diedero avvio ad una lunga sequela di scontri e violenze66.

del collegio fiorentino: «Li huomini de’ Panciatichi tanto più ingregorno, intendendo lo spedale essere stato giudicato per Bernardo, et considerato che detta electione si era fatta per via et forza di denari et di doni et di presenti, perché tutti quanti giudicavono a buona equità, et maxime quelli che non vi havevono passione, lo spedale appartenersi a ser Piero, ma parve alla Parte Panciatica che gli fussi fatto torto, pure lassorono mettere il detto Bernardo in possessione», in W.J. Connell, Un cronista sconosciuto del primo

‘500 cit., p. 32. 62

Cfr. supra, p. 159, nota n. 35.

63

«[...] precipitating the factional violence that would engulf Pistoia for the next four years. Small wonder that the Florentine popolo blamed Rucellai and Vespucci for the disorder», W.J. Connell, «I fautori delle

parti» cit., p. 131. 64

In modo ‘illegittimo’, stando a quanto affermato dal ‘filopanciatico’ Vassellini, cfr. F. Vassellini,

Narratio de calamitatibus cit., p. 123. 65

«Havendo obtenuto i cittadini Canciglieri tal possesso, con parole molto obrobriose et dispettose si dicevono et facevono di quelli che favorivono ser Piero, in modo che la cosa la riscaldò, et cominciossi a pigliar per parte. Per il che, in poco spatio di tempo, i Panciatichi che si tenevono offesi, et dal Vescovo et dai cittadini Canciglieri quali li beffeggiavono, feceno qualche d’uno di loro qualche colloquio lamentevole, et, come adviene, ordinarono a qualche d’uno che si era intromesso in questo caso gli fussi fatta qualche villania», in W.J. Connell, Un cronista sconosciuto del primo ‘500 cit., p. 32.

66

«[…] et Achille figliuolo d’Alberto Panciatichi, uno de’ guardiani del detto Spedale per decreto della Signoria [di Pistoia] mosso da furore infernale pieno di sdegno a di 4 di febbraio 1499 assaltò dentro della città Giorgio Tonti, il quale poteva assai, et haveva machinato, come essi dicevano, contro alla Republica», F. Vassellini, Narratio de calamitatibus cit., p. 123.

165

Il nipote del nuovo spedalingo di San Gregorio, Baccino Nutini, fu assalito, il 4 febbraio, da un aderente della parte panciatica (Ascanio Cioci); da questo scontro nacque il tumulto in cui Giorgio Tonti, della fazione cancelliera, ricevette una ferita mortale da parte di Achille Panciatichi. Molto interessante notare come tale esponente fosse dipinto come un «huomo di buona vita»67 dal Ricciardi, mentre il filopanciatico Vassellini lo aveva definito come un ambizioso «partigiano» nemico del bene comune e della quiete cittadina68. Il giorno seguente le parti radunarono i loro aderenti e si affrontarono a viso aperto per i successivi sei giorni: i Panciatichi potevano contare sull’apporto degli uomini che avevano precedentemente occupato l’ospedale di San Gregorio69; i Cancellieri avevano messo in campo tutti i principali esponenti della loro fazione, potendo addirittura fare ricorso all’uso di artiglierie70

.

Negli scontri armati trovarono la morte numerosi esponenti di entrambe le parti (Jacopo di Cipriano Bracali, Ubertino di ser Atto Gherardi, Mario Panichi, per la parte panciatica)71, mentre i sospetti e gli odi di fazione crescevano a dismisura, obbligando tutti gli abitanti di Pistoia a schierarsi apertamente da una parte o dall’altra: in breve tempo tutti i pistoiesi erano tornati ad essere nemici mortali dei loro stessi concittadini72. Alla fine del sesto giorno le autorità fiorentine decisero di inviare due commissari, Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e Bernardo Nasi73

, affinché sedassero i tumulti e riportassero l’ordine e la pace in Pistoia. Secondo quanto riportato dal

67

Ricordi storici di Francesco Ricciardi cit., p. 71. Il Ricciardi non nasconde, nella sua cronaca, la sua vicinanza alle ragioni della parte cancelliera, e non cela il suo biasimo nei confronti della condotta dei Panciatichi, veri responsabili delle nuove violenze che devastarono la città di Pistoia fino al 1503.

68

«[…] essendo ambitiosissimo e partigiano procedeva sempre per via di congiure», F. Vassellini,

Narratio de calamitatibus cit., p. 123. 69

Cfr. Ricordi storici di Francesco Ricciardi cit., pp. 72-73: Achille Panciatichi, Sandrino di Matteo Cellesi, Gismondo alias del Pecora, Ascanio Cioci, Cosimo Fabbroni, Mariotto di Atto Cellesi, Giovambattista Bracciolini, Tommaso di Salimbene Panciatichi, Francesco Brunozzi, Bartolomeo di Niccolò Cellesi, Conte di Rigolo Bisconti, Matteo di Gabriello.

70

«Ora i più potenti richi, e di maggiore autorità, e principali di tutta la fatione Cancelliera, contro al volere di alcuni buoni Cittadini, si levarono su con grandissima fatione, e seguito di quelli ch’erano forniti d’armi, et atti a maneggiarle, essendosi proveduti di artiglierie e di ogni strumento da guerra, e così fatte molte scorrerie per la Città con diverse sorti d’armi, andavano ammazzando secondo che da loro Padri havevano ordine e comandamento tutti quelli della fatione contraria», F. Vassellini, Narratio de

calamitatibus cit., p. 124. 71

Ivi, p. 123.

72

«In queste tante turbolenze, e romori era cresciuto tanto il sospetto, che sembrava necessario, che ogni Uomo si dichiarasse, essendo le cose giunte ad un segno, che anche alle persone più quiete era detto - - Se

tu non ti mostri nostro amico, dunque tu sei nostro nemico - - a tal che non ci era pur uno, che non si

ingerisse nell’ingiurie, nell’insolenze, e così facendo queste parti ora quà, ora là, frequenti battaglie, venivano giorno, e notte, a tormentarsi in tal maniera, che non avevano quasi tempo di prender riposo», J.M. Fioravanti, Memorie storiche cit., p. 378.

73

166

Vassellini74, i commissari fiorentini, giunti in Pistoia il 12 febbraio, non furono però in grado di portare a compimento la loro missione, dal momento che anch’essi si dimostrarono prigionieri degli interessi e delle logiche di parte: laddove l’esponente di casa Medici veniva lodato dal cronista filopanciatico per la sua integerrima condotta nel tentativo di quietare i disordini, Bernardo Nasi (peraltro neanche menzionato per nome dal Vassellini) veniva aspramente criticato quale fazioso fautore della parte cancelliera75. I Panciatichi si erano dimostrati propensi a rispettare integralmente le decisioni dei commissari, mentre i Cancellieri non volevano osservare i bandi e le tregue76.

La più o meno manifesta parzialità dei rettori e commissari straordinari inviati in Pistoia dalla dominante getterà, per tutta la durata del conflitto di fazione, una inquietante ombra sulle responsabilità del ceto dirigente fiorentino e sulle strategie politiche messe in campo dalla Signoria: gli interessi dei ‘fautori’ fiorentini delle parti pistoiesi si paleseranno, infatti, tanto nelle discussioni ufficiali delle Consulte77 quanto nelle effettive misure decise dai commissari in carica durante l’escalation della guerra civile pistoiese78. Un tema, questo, di cruciale importanza per la comprensione e l’interpretazione delle vicende in questione, che cercheremo sempre di mantenere in primo piano.

Il 26 marzo 1499, comunque, furono convocati a Firenze e ivi confinati alcuni dei principali esponenti delle due fazioni, resisi protagonisti delle violenze e dei disordini che avevano agitato Pistoia nei giorni precedenti: Bartolomeo di Niccolò Cellesi, Conte di Rigolo Bisconti, Achille Panciatichi, Matteo di Gabriello e Sandrino di Matteo Cellesi (tutti di parte panciatica), mentre fu confinato per tre anni in Firenze Giovanni di Niccolò Melocchi, aderente alla parte cancelliera79. Il Nasi e il Medici erano, frattanto,

74

Cfr. F. Vassellini, Narratio de calamitatibus cit., p. 125.

75

«[…] l’un di questi Lorenzo di Pierfrancesco della Casa Illustrissima de Medici huomo di santissima vita, et adorno di ogni virtù, e di ogni arte liberale; talché era tenuto un oracolo d’Appolline, […] cercava con ogni sforzo di far quietare il tumulto, e rappacificare insieme l’una e l’altra fatione ma non potette condurre a perfetione il suo desiderio interrotto dal suo compagno il quale favoriva i Cancellieri, e di già era diventato loro partigiano», ibid., p. 125. Cfr. J.M. Fioravanti, Memorie storiche cit., p. 378.

76

«[…] ma la notte e il giorno andavano atorno cercando di tagliare a pezzi improvisamente, e senza che loro se ne guardassero quelli della fatione contraria», F. Vassellini, Narratio de calamitatibus cit., p. 125.

77

Cfr. infra, paragrafi successivi, passim.

78

Cfr. infra, paragrafi successivi, passim.

79

Cfr. Ricordi storici di Francesco Ricciardi cit., p. 75. Furono, inoltre, confinati per un anno in Firenze e privati per 10 anni degli uffici di Pistoia, per avere supportato i loro compagni di parte panciatica con le artiglierie del ‘Palagio’, i seguenti membri della precedente Signoria pistoiese: Giovanni di ser Tommaso di Franco (gonfaloniere), Piero di Toti, Gabriello di Matteo, Battista di Antonio di ser Biagio Arfaruoli, Bartolomeo dello Imperio Rutati, Bernardino dello Iscatena del Borsaccio, ivi, p. 76.

167

riusciti a far uscire dalla città di Pistoia i contadini di entrambe le fazioni che erano stati precedentemente chiamati a dar manforte negli scontri armati80.

Il 30 aprile, però, un incendio scoppiato proprio nell’ospedale di San Gregorio, della cui responsabilità i Cancellieri non poterono non accusare i loro acerrimi nemici, contribuì a riportare la situazione ai livelli di guardia: nelle strade di Pistoia le parti venivano fortificando le loro posizioni, nuovamente pronte a confrontarsi con le armi e le artiglierie81. Il giorno seguente i violenti scontri portarono al ferimento di Leonardo Melocchi, nipote di uno dei principali esponenti della parte cancelliera (Tolomeo Melocchi), e all’uccisione del cognato di Andrea Panciatichi, Francesco di Lorenzo di Nofri, raggiunto nella sua abitazione e colpito a morte da Baldassarre di Niccolò Melocchi e Abrà di Battista d’Abrà Gatteschi82

. Il Vassellini sottolinea come la responsabilità di tale omicidio ricadesse interamente sull’operato del fazioso commissario fiorentino83, quel Guidantonio Vespucci ‘fautore’ dei Cancellieri, il quale avrebbe costretto tale Francesco Nencini (di parte panciatica) a rientrare forzatamente nella sua abitazione, impedendogli di trovare salvezza nella fuga.

Rapidamente i disordini crebbero, anche a causa del coinvolgimento di uomini provenienti da altre città: i Panciatichi, guidati da Bartolomeo di Niccolò Cellesi, potevano contare sul supporto delle genti di Vernio loro collegate; i Cancellieri ebbero in loro soccorso uomini del Bolognese condotti dal capitano della Piazza di Bologna, Ranuccio di messer Raffaello Consolini, dal momento che il Signore della città, Giovanni II Bentivoglio, aveva sempre favorito le ragioni della parte cancelliera84. Anche in questo caso, la versione dei fatti fornita dai due cronisti pistoiesi differisce in maniera piuttosto marcata: laddove il Ricciardi individua nel panciatico Bartolomeo Cellesi il principale responsabile delle violenze, scaturite dalla sua entrata in città con le genti di Vernio, e considera salvifico l’intervento dei due nuovi commissari fiorentini,

80

Il Vassellini, continuando a sostenere le ragioni della parte panciatica, ritiene che il successo di questo provvedimento fosse da attribuire interamente alla buona volontà dei Panciatichi: «[…] ma i Panciatichi che desideravano la pace, e si contentavano dello stato loro, amando come richi e potenti di godersi le loro facultà e le loro comodità, e piaceri: e che stimavano, che chi errava, o faceva congiura alcuna dovesse essere castigato ragionevolmente obbedendo a comandamenti, ferono sgombrare di Pistoia i loro partigiani e posarono l’armi», F. Vassellini, Narratio de calamitatibus cit., p. 126.

81

Cfr. Ricordi storici di Francesco Ricciardi cit., pp. 77-78.

82

Ivi, p. 79.

83

Cfr. F. Vassellini, Narratio de calamitatibus cit., p. 127.

84

168

Lorenzo Lenzi e Amerigo Corsini85, il Vassellini ritiene che questi ultimi avessero agito unicamente a favore della parte cancelliera, nel momento in cui i Panciatichi sembravano pronti a prevalere (sempre con ‘grande valore’) nella battaglia per il possesso della città86.

Per porre un freno ai disordini e alle violenze, il 22 giugno 1499 furono confinati fuori del territorio di Pistoia, per due anni, otto dei principali esponenti delle due fazioni (quattro per parte): Salimbene Panciatichi, Niccolò Fabbroni, Bernardino Bracciolini e Gabriello di Matteo, capi della parte panciatica; Tonino Maria di ser Alessandro Ambruogi, Tolomeo Melocchi, Biagio Odaldi, Jacopo d’Abrà Gatteschi, capi della parte cancelliera87. La breve tregua imposta dai provvedimenti decisi dalle autorità fiorentine fu, però, improvvidamente rotta nel dicembre successivo, quando, durante il suo periodo di confino in Firenze, Salimbene Panciatichi88 venne assassinato dai filocancellieri Camillo e Francesco Tonti, Giuliano Dragucci e Baldassarre Melocchi (22 dicembre 1499)89. Il Vassellini continua a riservare accuse molto forti all’operato dei fiorentini, venendo quasi a ipotizzare che essi fossero già ‘informati’ di tale premeditata esecuzione: tale doveva essere il supporto garantito dalle autorità della dominante alla parte cancelliera, da accettare pacificamente o persino ‘autorizzare’ l’eliminazione di uno dei principali esponenti della parte panciatica90.

Che la situazione fosse comunque, a questo punto, ormai definitivamente compromessa, e che nessuno, né i pistoiesi e né tantomeno i fiorentini, avrebbe potuto limitare l’escalation di violenza che nel giro di qualche mese avrebbe di fatto trasformato un conflitto di fazione in una vera e propria guerra civile, dovette senz’altro

85

Ivi, p. 80. I commissari fiorentini avrebbero costretto le genti bolognesi, che erano frattanto giunte a Montale per portare aiuto ai Cancellieri, a tornare indietro.

86

«Ma sarebbe stato molto salutifero alla Città di Pistoia disprezzati i comandamenti de’ Commissarij lo haver mandato più tosto ad esecutione l’impresa che cominciata haveano che vinto dalla clemenza e da l’humanità, haverla lasciata imperfetta; perciocché gli huomini da bene dell’una e dell’altra fatione harebbono mantenuto in piedi et abondevole la lor Repubblica», F. Vassellini, Narratio de calamitatibus cit., p. 130.

87

Cfr. Ricordi storici di Francesco Ricciardi cit., pp. 82-83; cfr. J.M. Fioravanti, Memorie storiche cit., p. 379.

88

«Era uno de’ primi della chasa proprio dei Panciatichi; uno uomo sufficiente in ogni conto et così era riputato per el primo di decta casa; lassò quattro figliuoli maschi et fu amazato per la morte di Giorgio Tonti el quale amazò Achille [Panciatichi]», Ricordi storici di Francesco Ricciardi cit., p. 87.

89

«[…] percioché morto lui venne a rompersi la fede e la tregua che si era fatta in Firenze, e non altrimenti che se fosse stato una bestia, non si fece mentione alcuna in Firenze ne del pagamento de’ denari, ne di tanto eccesso, che nella stessa città di Firenze era stato commesso, e non altrimenti si governarono con i detti uccisori, che se essi fossero stati consapevoli, e consentiti di tanta uccisione», F. Vassellini, Narratio de calamitatibus cit., p. 131.

90

169

apparire manifesto alla maggior parte dei cittadini pistoiesi, stando all’accorato appello che il Ricciardi rivolgeva, in occasione dell’assassinio di Salimbene Panciatichi, alla misericordia di un intervento divino che, solo, avrebbe potuto salvare Pistoia dalla imminente distruzione91. In realtà, le autorità fiorentine erano nuovamente intervenute con l’elezione di altri due commissari, questa volta niente di meno che Piero Soderini e Guglielmo de’ Pazzi, ai quali era stato comandato di vigilare su quanto potesse avvenire nella città, contado e distretto di Pistoia e di punire chiunque si rendesse colpevole di crimini e delitti92. Nello stesso tempo, durante i primi giorni del nuovo anno (e del nuovo secolo), anche gli ottimati fiorentini, chiamati ad esporre i propri preziosi pareri nelle riunioni delle Consulte della repubblica fiorentina, cominciavano ad occuparsi seriamente della complessa e delicata questione pistoiese93.

4.4 Dallo scontro armato alla guerra civile: le responsabilità della classe politica

Outline

Documenti correlati