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Conseguenze pratiche derivanti dall’assimilazione dei delitti a dolo specifico al tentativo.

Sezione II: Attuali profili critici.

3.2. Dolo specifico e principi di materialità ed offensività: considerazioni preliminari.

3.2.2. Alla ricerca di un’interpretazione costituzionalmente orientata Le teorie soggettivistiche.

3.2.3.1. Conseguenze pratiche derivanti dall’assimilazione dei delitti a dolo specifico al tentativo.

Sulla base dell’assimilazione dei reati a dolo specifico alla struttura del delitto tentato, si può certamente affermare che laddove il legislatore preveda che la condotta sia soggettivamente animata dalla finalità diretta a realizzare un evento di natura extra-fattuale, è necessario che essa sia concretamente idonea a realizzare tale proposito.

124 Sulla base di questo assunto, pertanto, la finalità del programma criminoso,

nell’associazione per delinquere, richiede il concreto pericolo della realizzazione del programma criminoso, e quindi l’oggettiva idoneità dell’associazione a realizzare il programma criminoso (cfr. F.DEAN, Il rapporto di mezzo a fine nel diritto penale, Milano, 1967, passim; G. INSOLERA, L’associazione per delinquere, Padova, 1983, 91 ss.; in giurisprudenza, cfr. Cass. pen., 6 novembre 1967, in Cass. pen. Mass. Ann., 1968, 881); la finalità estorsiva o eversiva, nel sequestro, richiede l’oggettiva idoneità della condotta a realizzare l’eversione o l’estorsione (cfr. M.MANTOVANI, La struttura dei reati di possesso, in www.penalecontemporaneo.it, 7 novembre 2012, 7 ss.).

125 Cass. Pen., sez. VI, 15 maggio 2014, 28009, Zirulia, inedita: in questa pronuncia la

Suprema Corte evidenzia come, nel delitto di cui al 270 bis c.p. «il finalismo terroristico non sia un fenomeno esclusivamente psicologico, ma si debba materializzare in un'azione seriamente capace di realizzare i fini tipici descritti nella norma»; Cass. Pen., sez. III, 7 febbraio 2000, in Dir. pen. e proc., 2000, 464 e ss., nella quale viene messo in evidenza che nei reati a dolo specifico «il fine perseguito dall’agente non deve risolversi in un dato meramente interiore, ma in un elemento che […] esprime una specifica connotazione obiettiva all’offesa».

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Non è necessario che la finalità si realizzi; dovrà tuttavia essere accertato, sul piano processuale, il pericolo concreto della sua realizzazione. Almeno nella parte diretta alla realizzazione della finalità, pertanto, i reati a dolo specifico mutuerebbero la struttura dal delitto tentato.

Da tale assimilazione derivano una serie di consistenti conseguenze pratiche molto rilevanti.

Innanzitutto, il riferimento all’idoneità, come già anticipato, postula la necessità di accertare sulla base di un criterio prognostico il concreto pericolo corso dal bene giuridico, attraverso un vero e proprio giudizio di causabilità126.

Specie nei casi di fattispecie a consumazione anticipata, caratterizzate da un cospicuo arretramento della soglia del penalmente rilevante, la giurisprudenza ha evidenziato la necessità che la condotta

126 Non vi è unanimità di vedute in dottrina in ordine all’accertamento della “causabilità”

come presupposto del pericolo. La causabilità nei reati di pericolo consiste in un «giudizio ex ante ma proiettato verso il futuro, quindi prognostico, [che] impone, entro certi limiti, di fare astrazione delle circostanze concrete successive al momento in cui si è verificata la causa e si innescato il processo causale. Il pericolo si risolve in un giudizio prognostico, concreto e retrospettivo, in cui il giudice deve verificare se in quella situazione era probabile il verificarsi di un evento temuto, a prescindere dal suo successivo e concreto verificarsi» (così M. B. MAGRO, Caso Parmalat:

considerazioni a margine su un caso di manipolazione informativa, in Le società, X, 2012, 1058 ss.).

La differenza con il giudizio di causalità consisterebbe nella diversa base dello stesso, totale nella causalità e parziale nella causabilità; sebbene, sul punto, la dottrina non sia unanime. Cfr. in tal senso G. DE VERO, Corso di Diritto Penale, cit., 145. V. altresì F. ANGIONI, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale, cit., passim.

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sia connotata da un’obiettiva idoneità alla realizzazione del fine delittuoso127.

Laddove l’azione sia oggettivamente inidonea a realizzare il dolo specifico, ciò che ne difetta è la tipicità, e non anche la colpevolezza: la formula assolutoria, pertanto, sarebbe riconducibile alla non sussistenza del fatto.

Partendo dal presupposto per cui la condotta diretta al raggiungimento del fine deve possedere gli stessi requisiti di cui all’art. 56 c.p., si pone il problema della punibilità, a titolo di tentativo, di alcune fattispecie a dolo specifico.

A tal proposito è necessario, preliminarmente, distinguere i reati a finalità inoffensiva dai casi in cui l’oggetto del dolo specifico è di per sé espressivo di un disvalore penalmente rilevante.

Nel primo caso, infatti, nessun dubbio sorge sulla configurabilità a titolo di tentativo.

127 Così, ad esempio, Cass. Pen., sez. I, 10 luglio 2007, n. 34989, in Guida dir., Dossier 10,

2007, 76 ss. In tale decisione, la Suprema Corte ha rilevato come il provvedimento del giudice di prime cure si limitasse «ad inferire dagli scritti e dai contatti […] intercorsi tra il ricorrente e un soggetto in libertà, uniti da una comune ideologia di violenza, e dal verificarsi di numerosi episodi di danneggiamento, […] prevalentemente ad opera di autori ignoti, l'esistenza di una “realtà organizzativa pur sempre rudimentale” e di un “gruppo minimamente organizzato, finalizzato alla diffusione e alla realizzazione del programma anarchico – insurrezionalista”». La Cassazione ha pertanto rilevato «l'assenza di adeguate argomentazioni atte a sostenere il convincimento del Tribunale, che ha apoditticamente affermato l'esistenza di un'associazione [inquadrata] nello schema previsto dall'art. 270 bis c.p., senza approfondire la questione relativa alla sussistenza dei profili strutturali e organizzativi del sodalizio avente finalità terroristiche, alla loro idoneità per il conseguimento degli scopi normativamente fissati».

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Laddove, invece, la finalità sia di per sé offensiva, ed è proprio il suo perseguimento mediante una condotta oggettivamente idonea a realizzarla, a determinare o a contribuire ad accrescere il disvalore (giustificando, pertanto, la sanzione penale ovvero il mutamento del titolo di reato), l’applicazione dell’art. 56 c.p. rischia di determinare l’incriminazione del c.d. tentativo di tentativo, correntemente escluso in dottrina e giurisprudenza per la spropositata anticipazione della soglia penale che altrimenti si produrrebbe128.

La tesi dell’assimilazione dei delitti a dolo specifico al tentativo, pertanto, postula a rigore l’impossibilità di applicare l’art. 56 c.p. a tutte quelle fattispecie nelle quali il fine sia illecito.

Si prenda ad esempio la norma sul sequestro di persona a scopo estorsivo (art. 630 c.p.); secondo questa lettura, essa andrebbe interpretata nei seguenti termini: chiunque sequestra una persona

ponendo in essere atti idonei e diretti in modo inequivoco a

conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto come prezzo della liberazione è punito con la reclusione da venticinque a trent’anni.

128 In tal senso, si è già detto a proposito del rapporto tra tentativo e attentato. La dottrina

più rigorosa, diversamente dalla giurisprudenza, ritiene del tutto inammissibile il tentativo di delitto di pericolo, in quanto si incriminerebbe il pericolo indiretto (o pericolo di pericolo). Così, G.DE VERO, Corso di diritto penale, II, Torino, 2017, 22; nello stesso senso, F.MANTOVANI, Diritto Penale, cit., 458. Contra, v. M.ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, I, Milano, 2004, 599 ss.

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L’applicazione della disciplina del tentativo all’art. 630 c.p. consentirebbe l’incriminazione di atti idonei e diretti in modo inequivoco a sequestrare taluno attraverso una modalità di condotta costituita, a sua volta, da atti idonei e diretti inequivocabilmente a conseguire l’ingiusto profitto come prezzo della liberazione.

In questo caso, se non vi sono ostacoli ad ammettere il tentativo del sequestro di persona nella sua forma base, con tutta evidenza, la finalità illecita non potrà essere integrata dal delitto nella forma tentata.

L’ostacolo principale a tale ipotesi sta non tanto nel principio di offensività, ma in quello di materialità: non sarebbe possibile, nella fase del tentativo del sequestro, selezionare fatti materiali che diano evidenza e conto dell’oggettiva idoneità e direzione della condotta alla finalità perseguita dall’agente.