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La distinzione tra dolo specifico e dolo intenzionale.

Sezione I: Dolo specifico e parte speciale: questioni preliminari.

1. L’esigenza di un’indagine di parte speciale: delimitazione dell’analisi.

1.1 La distinzione tra dolo specifico e dolo intenzionale.

2 Cfr. L.PICOTTI, Il dolo specifico, cit., 212. 3 Cfr., amplius, supra, Cap. 2.

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Si è già avuto modo di precisare4 come sia foriero di imprecisioni annoverare il dolo specifico tra le forme di dolo, in contrapposizione al dolo generico. Se quest’ultimo può certamente definirsi alla stregua delle indicazioni normative di cui all’art. 43 c.p., come previsione e volizione degli elementi costitutivi del reato 5 , sarebbe errato considerare il dolo specifico quale nozione da essa in qualche modo divergente6.

Sulla base dell’ampia elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, può affermarsi che il reato sia a dolo specifico quando la norma di parte speciale, ai fini della punibilità, richiede che l’agente, oltre alla rappresentazione ed alla volizione degli elementi costitutivi del fatto

4 Cfr., supra, Cap. 1, § 1 ss.

5 Letteralmente, l’art. 43, primo comma, c.p., statuisce che il delitto «è doloso, o secondo

l'intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione». La norma, pertanto, riferisce gli elementi di previsione e volizione al generico evento dannoso o pericoloso al verificarsi del quale la legge ricollega l’esistenza del delitto. Tuttavia, se l’art. 43 si riferisse al solo evento naturalistico, si arriverebbe all’illogica conclusione per la quale si può avere dolo solo in riferimento ai reati di evento.

Per delineare l’oggetto del dolo occorre in realtà riferirsi anche all’art. 47 c.p., ai sensi del quale l’errore (ovvero la falsa rappresentazione della realtà) sul fatto costituente reato esclude la punibilità. Proprio sulla base dell’art. 47, primo comma, c.p., può pertanto affermarsi che oggetto del dolo non sia solo l’evento dannoso o pericoloso, ma l’intero fatto tipico, l’intero fatto costituente reato: se manca la rappresentazione di uno degli elementi costitutivi essenziali della fattispecie di reato, viene meno l’elemento intellettivo del dolo, e quindi il dolo stesso. In questo senso, in dottrina, cfr. in particolare T.PADOVANI, Diritto penale, cit., passim.

In argomento, cfr. altresì F.CARRARA, Opuscoli di diritto criminale, I, Lucca, 1870, voce

Dolo, 291 e ss., e specialmente 306 ss.; M.GALLO, Il dolo, oggetto ed accertamento, Milano, 1953

(secondo il quale l’art. 43, c.p. farebbe riferimento alla nozione di evento in senso naturalistico); G.FIANDACA –E.MUSCO, Diritto Penale, parte generale, cit., 372-375.

6 Questa è la tesi di A.PAGLIARO, Principi di Diritto Penale. Parte Generale, cit., 287; cfr.,

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tipico, persegua una finalità ulteriore, che abbia ad oggetto un evento (lecito o illecito) necessariamente extra-fattuale. Tale ultima precisazione non è meramente descrittiva, connotando in senso peculiare la nozione e innestando il seme delle questioni più annose in tema di elemento finalistico del reato.

Perché si possa parlare di dolo specifico, infatti, è condizione imprescindibile che l’evento oggetto dello scopo del reo non appartenga al fatto tipico. La realizzazione del fine non è necessaria affinché il reato si consumi7.

Nei reati a dolo specifico, pertanto, la fattispecie concreta è legata a filo doppio al perseguimento di una finalità che ha ad oggetto la realizzazione di un evento extra-fattuale, non direttamente dedotto in disposizione quale elemento costitutivo.

In altri termini, in tali casi il legislatore sembra richiedere un dolo (generico) pieno, che non solo, com’è ovvio, copra tutta la condotta, bensì anche un quid pluris consistente in un evento meramente potenziale. In ciò proprio si coglie, peraltro, la qualificazione, propria di un’autorevole dottrina, delle fattispecie a dolo specifico quali «reati di pericolo concreto con dolo di danno»8.

7 Cfr., ex multis, M.ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, I, cit., 446. 8 Il riferimento è a G.MARINUCCI -E.DOLCINI, Corso di Diritto Penale, I, cit., 578.

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La precisazione in ordine alla natura necessariamente extra- fattuale o estranea al fatto tipico dell’evento oggetto della finalità vale a distinguere, in linea generale, il dolo specifico dal dolo intenzionale.

Beninteso, a livello ontologico i due istituti si palesano ben delineati. Il dolo intenzionale9, a differenza di quanto può dirsi con riferimento al dolo specifico, rappresenta una vera e propria forma di dolo, distinguendosi dal dolo diretto e da quello eventuale in base alla diversa intensità dell’elemento volitivo. Nel dolo intenzionale, infatti, la volontà dell’agente ha rilievo centrale; esso presuppone che l'evento-reato sia proprio ciò che l’agente intendeva compiere10. Concettualmente, pertanto, l’istituto è segnatamente distinto dal dolo specifico, espressione dell’elemento finalistico della fattispecie.

9 In argomento, per i profili generali in tema di forme di dolo, cfr.: E.ALTAVILLA, voce

Dolo (dir. pen.), in Nuovo dig., V, Torino, 1938, 154; L.EUSEBI, Il dolo come

volontà, Brescia, 1993; ID., Il dolo nel diritto penale, in Studium Iuris, 2000, 1072. Efficaci considerazioni in ordine alla dogmatica ed alla funzione politico-criminale del dolo intenzionale in M. PANZARASA, Profili problematici del dolo intenzionale quale veicolo ordinario di istanze politico-criminali, in Cass. pen., n. 11, 2009, 4424.

10 In deroga al generale principio d’indifferenza delle forme di dolo ai fini costitutivi della

punibilità, in taluni casi il legislatore può richiedere il dolo intenzionale come elemento qualificante della fattispecie incriminatrice: si pensi, a titolo di esempio, alla fattispecie di abuso di ufficio, laddove si richiede che il pubblico ufficiale intenzionalmente abusi dell’ufficio nei modi e nelle forme previste dall'articolo 323 c.p.

In argomento, cfr., in dottrina, G.FIANDACA –E.MUSCO, Diritto Penale, parte generale,

cit., 378 ss. In giurisprudenza, cfr. Cass. Pen., sez. III, 17.1.2014, n. 10810 (rv. 258895), in Ced, 2014, nonché Cass. Pen., sez. VI, 20 ottobre 2010, n. 39371, in D&G, 2010. Più di recente, v. Cass. Pen., sez. 6, n. 54536 del 22/12/2016, in Ced, rv. 268956, ove si rileva che «non è configurabile il reato di abuso di ufficio per induzione in errore del pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 48 cod. pen., atteso che per la integrazione del reato previsto dall'art. 323 cod. pen. è necessario il dolo intenzionale del soggetto agente».

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E tuttavia, dolo specifico e dolo intenzionale vengono talvolta introdotti, nella lettera della parte speciale del codice, da formule legislative equipollenti, quali “allo scopo di”, “al fine di”, “per” ecc.

Il tenore letterale delle espressioni utilizzate dal legislatore può pertanto indurre in confusione, giacché non tutti gli elementi finalistici espressi nella fattispecie costituiscono, di per sé, dolo specifico.

La differenza tra il dolo specifico e il dolo intenzionale consiste, pertanto, proprio nella natura extra-fattuale o meno del fine perseguito. Nel dolo intenzionale l’evento, oggetto dell’intenzione che muove il soggetto agente, è sempre un elemento del fatto tipico e la realizzazione di tale scopo è necessaria ai fini della consumazione del reato11.

A titolo di esempio, si consideri la fattispecie di cui all’art. 427 c.p., in materia di danneggiamento seguito da inondazione, frana o

valanga12. La norma incrimina chiunque rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili chiuse, sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, al solo scopo di danneggiamento, sempreché dal fatto derivi pericolo di una inondazione o di una frana,

11 Così anche G.MARINUCCI -E.DOLCINI, Corso di Diritto Penale, vol. I, cit., 573. 12 In argomento, cfr. A.LAI, voce Incolumità pubblica (reati contro la), in Enc. giur., XVI,

1989, 10; S.ARDIZZONE, voce Inondazione, frana o valanga, in Dig. Pen., vol. VII, 1993, 62; G. FIANDACA –E.MUSCO, Diritto Penale, Parte Speciale. Volume I, cit., 519.

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ovvero della caduta di una valanga. Ai fini della punibilità, la norma richiede che la condotta venga realizzata, appunto, al solo scopo di danneggiamento.

Sebbene il riferimento allo scopo perseguito dall’agente possa indurre a ritenere che si tratti di fattispecie a dolo specifico13, secondo la tesi preferibile l’art. 427 c.p. prevedrebbe una fattispecie a “mero” dolo intenzionale. Lo scopo, in altri termini, varrebbe esclusivamente a connotare di necessaria intenzionalità il dolo, in quanto l’evento di danneggiamento è proprio del fatto tipico.

Tale riferimento finalistico, dunque, varrebbe ad escludere la configurabilità della fattispecie a titolo di dolo diretto di secondo grado o di dolo eventuale, circoscrivendo in tal senso l’ambito di operatività della norma14.

Si pensi, ancora, al caso dell’art. 641 c.p. in materia di insolvenza

fraudolenta15. La norma punisce, in particolare, la condotta di chi, dissimulando il proprio stato d'insolvenza, contragga un’obbligazione

13 Viene dato atto di tale diversa tesi in AA.VV., Codice dell'ambiente, a cura di S.NESPOR,

A.L.DE CESARIS, Milano, 2011, 323.

14 Così R.GIOVAGNOLI, Studi di diritto penale. Parte generale, Milano, 2008, 1030. 15 In materia di insolvenza fraudolenta, per completezza, cfr.: F. MANTOVANI, voce

Insolvenza fraudolenta, in Dig. disc. pen., vol. VII, Torino, 1993, 122. Per ulteriori approfondimenti in chiave monografica, cfr. altresì G. C. ANGELONI, Il delitto di insolvenza fraudolenta, Milano, 1954; C. PEDRAZZI, Inganno ed errore nei delitti contro il patrimonio, Milano, 1955, spec. 255 ss.

134 col proposito di non adempierla, qualora l'obbligazione non sia

adempiuta.

Anche in tal caso il riferimento espresso al proposito di non adempiere l’obbligazione sembrerebbe suggerire la sussistenza di una fattispecie a dolo specifico; di fatto, tuttavia, il dolo è generico, giacché sul piano della tipicità, la condotta consiste in sostanza nella dissimulazione del proprio stato d’insolvenza e nel successivo inadempimento dell’obbligazione contratta.

Pertanto, c’è totale coincidenza tra elemento soggettivo ed elemento oggettivo: l’inadempimento non è un elemento extra- fattuale, rispetto al quale esiste solo un’intenzione teleologicamente orientata. Esso, piuttosto, è un elemento costitutivo della fattispecie sul quale deve cadere il fuoco del dolo.

Anche in questo caso, pertanto, la proposizione finalistica serve ad escludere la punibilità della fattispecie a titolo di dolo eventuale o di dolo diretto di secondo grado.

Appare evidente, a questo punto, la differenza con i reati a dolo specifico, nei quali la finalità dell’agente è necessariamente estranea al fatto tipico. Invero, se così non fosse, verrebbe meno il principale motivo di attrito tra tali fattispecie ed il principio di offensività,

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giacché non si sanzionerebbe, almeno letteralmente, una mera volontà di aggressione ad un elemento estraneo alla fattispecie.

1.2. La controversa categoria dei reati a dolo specifico