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iii La contabilità del imprenditore individuale Effetti dei vizi del consenso nelle dichiarazioni contabil

Una volta delimitati i soggetti che devono adempiere i doveri contabili dobbiamo considerare che la contabilità presuppone di portare a termine un lavoro continuata di registrazione dell’attività dell’impresa, così come la formulazione periodica dei documenti di sintesi di quest’informazione. Il dovere contabile si può caratterizzare per implicare un facere di carattere non personalissimo282, ma che indubitabilmente dovrà essere soddisfatto da uno o vari

soggetti fisici, non potendo –logicamente- essere svolto da enti. In via di principio, la premessa dalla quale partono le discipline commerciali spagnola ed italiana è quella dell’adempimento del dovere da parte del titolare del dovere, soluzione che solo sarà soddisfacente –anche se non sempre- per l’imprenditore individuale, e non per le forme societarie d’impresa283.

a) Capacità dell’imprenditore

Prima di passare all’analisi del dovere contabile nelle società di capitali, ci dobbiamo fermare in primo luogo nella considerazione del singolo imprenditore.

282 Una spiegazione più completa è la svolta da MARINA GARCÍA-TUÑÓN, A., Régimen jurídico de la

contabilidad…, Op. cit., pp. 93-100, il quale considera che il dovere di contabilità –sebbene non perde nella sua opinione il carattere di dovere- può essere qualificato dalle caratteristiche proprie degli obblighi di fare, non personalissimo, di risultato ed a termine. Da questo elenco di caratteristiche del pubblico dovere di contabilità dobbiamo dissentire sul fatto di qualificarlo come un dovere “a termine” giacché, sebbene la formulazione del bilancio debba avvenire nel termine di tre mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale, il dovere presuppone un’attività che si estende lungo tutto il ciclo contabile, essendo la formulazione del bilancio semplicemente una tappa–e forse quella di maggiore rilievo- in questo processo.

283 Il ragionamento deriva dall’art. 25.2 del C. de c. che stabilisce che la contabilità –nel suo aspetto

più generale- sarà tenuta direttamente dagli imprenditori o da altre persone debitamente autorizzate, senza pregiudizio della responsabilità di questi. In questo precetto non si disciplina con maggiore precisazione la delega ad altre persone, e dunque si intende che si permette la loro tenuta da altre persone direttamente vincolate con la società –propriamente dai suoi amministratori, così come da altri soggetti, come possono essere i ragionieri-. Ugualmente stabilisce questo articolo una presunzione iuris tantum che la persona che tiene la contabilità è debitamente autorizzata a farlo. Nell’ordinamento italiano si deve arrivare alla stessa soluzione, sebbene in questo caso il supporto normativo sia più debole, dovento partire il ragionamento dalla logica del funzionamento delle società, e dalla dizione dell’art. 2214 C.c. ita. che stabilisce che l’imprenditore deve tenere i libri contabili obbligatori.

Sebbene rispetto di questi l’attribuzione della tenuta è più semplice, coincidendo nella sua persona le qualità di titolare del dovere e responsabile della tenuta, non è questa figura esente di situazioni speciali che si devono considerare. In primo luogo, si deve prendere in considerazione quei casi nei quali il singolo imprenditore non possiede i requisiti legalmente richiesti per l’esercizio del commercio, si fa riferimento qui ai casi in cui questo sia minorenne o incapace284.

In questi casi, l’imposizione del dovere al rappresentante –guardador o factor nella terminologia dell’art. 5 C. de c., tutore dell’art. 320 C.c. ita.- che si occupi della gestione imprenditoriale deve essere la soluzione da seguire285. Questione di

maggiore complessità è quella dell’ipotesi nella quale, pur avendo in via di principio la capacità per l’esercizio del commercio, «è sprovvisto delle attitudini» necessarie per l’adempimento del dovere contabile. Questi termini si devono interpretare da due prospettive: una storica ed un'altra attualizzata.

La prima di queste visioni ci porta al Código de comercio spagnolo di 1829286, il quale considerava il caso nel quale un commerciante non avesse

l’attitudine necessaria per tenere i suoi libri e per firmare i documenti della sua registrazione287, caso al riguardo del quale s’imponeva la nomina di un tutore

sufficiente incaricato di questa tenuta, nomina che imperativamente doveva essere iscritta nel Registro Mercantil. Sotto quest’espressione così addolcita, in realtà si faceva riferimento al caso in cui l’imprenditore non sapesse né leggere né

284 Cifr. art. 4 C. de c., artt. 316 e ss. C.c. ita., in questo caso senza una regolazione separata dalla

capacità per l’ambito commerciale. «La disciplina della capacità in materia commerciale impedisce dunque di considerare imprenditore un soggetto incapace che non sia munito delle prescritte autorizzazioni per continuare o per iniziare l’attività», PANUCCIO, V., La natura giuridica..., Op. cit., p. 121. Comunque, il destinatario delle norme relative allo statuto dell’imprenditore sarà ancora il minorenne o incapace e non il curatore. Così, BLANCO CAMPAÑA, J., Régimen jurídico de la contabilidad…, Op. cit., p. 157.

285 Ritenendo che questi atti formino parte dell’amministrazione ordinaria dell’impresa, non si

richiede per il loro adempimento l’autorizzazione giudiziaria prescritta –ex. art. 320, 374, 375 e 424 C.c. ita.- per lo svolgimento di atti di straordinaria amministrazione.

Ugualmente, «se l’incapace è stato autorizzato alla continuazione dell’esercizio dell’impresa, le scritture dovranno essere tenute a cura del rappresentante legale», PANUCCIO, V., La natura giuridica..., Op. cit., p. 121.

286 Non si trova nessuna previsione simile nel Codice di Commercio italiano di 1866. 287 Cifr. art. 47 C. de c. spa. del 1829.

scrivere288. Si trattava dunque di un caso di nomina espressa di un tutore le cui facoltà dovevano essere oggetto di pubblicità ma che, in ogni caso, non liberava dalla responsabilità la persona dell’imprenditore, consacrandosi, così da questo momento, la perpetuazione e l’inevitabilità della responsabilità da parte del titolare del dovere di contabilità. Con l’entrata in vigore del Código del 1885, la dizione di questo precetto si modifica e si smette di fare riferimento alla mancanza d’attitudine del commerciante. Così, la redazione originaria dell’art. 35 –che non è molto lontana del attuale 25.2- stabiliva semplicemente che i commercianti potranno tenere i libri personalmente oppure attraverso delle persone a ciò autorizzate, cancellandosi la necessità d’iscrizione della delega di questo dovere ad altro soggeto e riconoscendosi legalmente la presunzione iuris tantum che il soggetto che tenga i registri contabili è adeguatamente autorizzato dall’imprenditore.

Oggi, nonostante la generalizzazione della scolarizzazione e la riduzione del tasso d’analfabetismo a livelli infimi nei paesi dell’Unione Europea, continua ad essere generalizzata la «mancanza delle attitudini» da parte dell’imprenditore. Dato lo sviluppo della tecnica di ragioneria, questa ha finito per diventare un linguaggio complesso e che richiede delle conoscenze tecniche per il suo adeguato svolgimento, abilità che, naturalmente non saranno sempre a disposizione del singolo imprenditore –o delle persone degli amministratori dell’impresa societaria-, dunque sarà prevista l’abilitazione di un altro soggetto per riempiere questa mancanza. Più avanti si farà riferimento alla delega dell’adempimento –e non della responsabilità- ed alle forme in cui questa si può articolare.

Dato che l’ordinamento italiano come lo spagnolo vietano l’esercizio del commercio da parte di una persona minorenne o incapace, senza l’assistenza di un tutore, l’assenza di capacità dell’imprenditore solo produrrà i suoi effetti nel caso in cui diventi incapace l’imprenditore inizialmente capace per l’esercizio del

commercio289. Per quanto riguarda gli atti che questo fece prima della nomina di

un tutore –ma quando ormai era incapace- non potranno essere fonte di responsabilità. Dunque, i possibili errori che questo soggetto compisse nella sua contabilità non potranno servire come base per la qualificazione di un eventuale fallimento come colposo, o per dichiarare il reato di bancarotta fraudolenta. Ugualmente, a causa di quest’assenza di volontà di questo soggetto, non gli si potranno imputare i reati che derivano dall’inadempimento della normativa fiscale290.

Risulta interessante considerare a questi effetti una differenza essenziale che esiste fra il diritto fallimentare italiano e quello spagnolo. Così, nel caso del diritto italiano, l’imputazione di responsabilità all’imprenditore per la produzione o aggravamento della situazione d’insolvenza si produce attraverso i canali del diritto penale; invece, per il diritto spagnolo, questa questione rimane nell’ambito strettamente privato, attraverso il provvedimento di qualificazione del fallimento. Questa differenza produce effetti nell’ambito della capacità. Per la commissione di un reato si richiede la capacità del soggetto, così come il dolo nel commetterlo (capacità di volere e di capire), è per ciò che, in assenza di questa capacità, non potranno essere irrogate le sanzioni penali conseguenti alla violazione dei doveri contabili291.

Risulta pure problematica la questione d’attribuire l’adempimento dei doveri contabili in caso di decesso del singolo imprenditore. In questo caso, fino che non si abbia l’accettazione dell’eredità dai suoi successori, la gestione dell’entità –in tutta l’ampiezza del termine- spetterà all’albacea/esecutore

289 A quest’ipotesi aggiunge PANUCCIO, La natura giuridica…, Op. cit., p. 121-122, il caso in cui

l’autorità giudiziaria, nonostante l’incapacità, dichiara il fallimento dell’imprenditore.

290 In questo senso si pronuncia PANUCCIO, V., Íbid., p. 119.

291 Così, PANUCCIO, V., Íbid., p. 120. Comunque, l’irrogazione di sanzioni di qualsiasi genere è di

carattere personale, dunque se il minorenne o incapace non può di per sè adempiere agli obblighi contabili, ma li svolge un tutore o curatore come rappresentante necessario, non gli potranno essere mai imputate le conseguenze che derivano da errori e scorrettezze nell’adempimento. Soluzione diversa si potrà dare nel caso di una rappresentanza volontaria attraverso il fattore – ovviamente, fuori dall’ambito dei minorenni ed incapaci-.

testamentario, essendo ciò parte dei fatti di gestione necessari per la custodia e conservazione dei beni a cui fanno riferimento entrambi i Codici civili italiano e spagnolo292, oppure nel caso che questo non esista, spetterà ai chiamati

all’eredità293.

b) Vizi del consenso

Oltre a un dovere consistente in una prestazione di fare di carattere non personalissimo, l’adempimento dei doveri di registrazione d’informazioni nei libri di contabilità e di redazione del bilancio implicano la realizzazione di dichiarazioni di scienza o verità. È necessario ora considerare se i vizi del consenso o la mancanza di capacità dell’imprenditore possano influire sulla validità di questi. In via di principio, come si è ormai considerato precedentemente e come osserva la dottrina dominante294, trattandosi di dichiarazioni di scienza o verità di carattere

non-confessorio, i fattori soggettivi risultano irrilevanti nell’interpretazione della dichiarazione295, giacché quello che veramente è importante è l’errore oggettivo o

la falsità –volontaria o fortuita-, cioè, la divergenza fra i fatti reali e quello che risulta nelle scritture contabili (divergenza tra i fatti con rilevanza contabile ed i registri contabili). Questo implica che si deve prescindere nella sua considerazione dalla capacità giuridica e d’agire e della volontà dell’imprenditore. Da questo derivano due conseguenze fondamentalmente: in primo luogo, che la volontà soggettiva dell’imprenditore al momento d’emettere le dichiarazioni contabili non può ne deve essere presa in considerazione per l’interpretazione di queste. Queste si devono caratterizzare dalla loro oggettività. E, in secondo luogo, che i difetti di

292 Cifr. art. 902 C.c. sp. ed art. 703.4º C.c. ita., che impone all’esecutore testamentario il dovere

d’amministrare l’eredità come un buon padre di famiglia, cosa che, pensiamo, implica l’adempimento di questo dovere.

293 Per una visione più dettagliata di questo discorso, vid. DIEZ PICAZO, L., “La sucesión por causa de

muerte y la empresa mercantil”, RDM, num. 96, 1965.

294 Vid. PANUCCIO, V., La natura giuridica…, Op. cit., pp. 14-18; BOCCHINI, E., Scritture contabili, Op.

cit., p. 91.

295 Questa situazione fu considerata da PANUCCIO, V., Íbid, p. 123, il quale ritiene che «La violenza e

il dolo operano sulla volontà, e in materia di dichiarazioni di scienza l’elemento psichico, la volontà, è confinato in ultimo piano; le sue anomalie e i correlativi rimedi non hanno alcuna importanza indipendentemente dall’errore».

capacità o i vizi del consenso –che sono applicabili ai contratti-, non producono degli effetti nella valutazione dei registri contabili.

Solo nel caso in cui si osserva una falsità oggettiva, nel senso che i registri contabili non siano veri, acquisiranno rilievo l’incapacità, la violenza o il dolo296,

ma non come elementi per l’interpretazione di quello che si riflette nella documentazione, ma come possibili elementi per esonerare l’imprenditore della responsabilità che possa derivare dalla mancanza di verità di questi dati. Così, quando soffrendo di qualche vizio di sua volontà, l’incaricato della tenuta della contabilità registra fatti contabili veridici, questa circostanza non svolge nessun rilievo. Invece se, come conseguenza della volontà viziata si portano a termine delle registrazioni inesatte su fatti contabili, questi sì possono –ed anzi devono- essere corretti nei registri contabili attraverso la loro rettificazione. Le dichiarazioni contabili si producono in modo dilatato nel tempo e si trovano caratterizzate dal dovere di rettificazione. Da entrambe le cose si deduce che, in caso che abbia sofferto alcun vizio della volontà all’ora di realizzare i registri contabili, l’imprenditore sarà obbligato a correggerli nello stesso momento nel quale percepisca gli errori oppure quando questo vizio sparisca.

Questione diversa è che la mancanza di capacità o i vizi del consenso non si producano nella scrittura contabile come documentazione di secondo grado, e nemmeno sulla documentazione di secondo grado che giustifica un negozio giuridico (fattura, ricevuta, scontrino…); ma che tali vizi della capacità ed il consenso riguardano lo stesso negozio giuridico. In questo caso, sí potrebbero impiegarsi i meccanismi giuridici della nullità o annullabilità di questo negozio, i quali, nel caso che tale soluzione sia corretta, produrranno i loro effetti sulle documentazioni (anche quella contabile) che da questo negozio derivino.

II. A

TTRIBUZIONE ORGANICA DEL DOVERE NELLE SOCIETÀ DI CAPITALI

A. Considerazioni generali

L’adempimento dei doveri contabili conforma un’ amalgama di attuazioni d’indole diversa, nella quale si intrecciano gli interventi reciproci degli organi che compongono le società di capitali. Così si configura un procedimento nel quale si mettono in relazione l’organo d’amministrazione e l’Assemblea generale che si distribuiscono le competenze d’ognuno dei fatti che hanno luogo nell’adempimento del dovere di contabilità. Avranno pure intervento in questo procedimento gli organi di supervisione di quei sistemi giuridici che configurano le loro società di capitali secondo una struttura complessa – come succede nei sistemi tedesco e italiano. Quindi, interverranno ugualmente soggetti esterni alla società, com’è il caso dei revisori legali, nel loro ruolo di esperti estranei ed indipendenti alla società, che emettono un parere neutrale sull’adeguamento del bilancio formulato dalla normativa e dalla propria pubblica amministrazione, sia nella sua vertenza di fede pubblica, giacché per offrire pubblicità all’informazione contabile che s’elabora nella società, si utilizzerà il deposito del bilancio nel pubblico ufficio; come nella sua versante d’ispezione, che avrà luogo solo in una prospettiva tributaria e non sostantiva, quando si verifica l’adeguato adempimento delle attuazioni imposte dalla normativa dell’Imposta sulle Società.

Nelle società, e specificamente nelle società di capitali nelle quali si centra la nostra analisi, l’imprenditore come titolare del dovere di contabilità non può procedere al suo adempimento diretto trattandosi di una persona giuridica ed implicare la tenuta di contabilità e la realizzazione continuata di un complesso di attività di carattere materiale297. È per questo che la responsabilità per l’adeguato

297 Ci troviamo di fronte alla situazione alla quale BOCCHINI, E., Scritture contabili, Op. cit., p. 67,

denomina «personalità dell’obbligo di tenuta delle scritture contabili» e sulla quale il punto fondamentale d’interesse si centra nell’«individuazione del soggetto persona fisica sul quale grava

svolgimento del processo ricade nella figura degli amministratori della società298,

sebbene non come titolari di questo, giacché è un dovere dell’imprenditore, ma come soggetti responsabili di garantire la sua osservanza.