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Dalla prospettiva giuridico-privata, le prime visioni che si offrono su quale dovrebbe essere la natura giuridica delle prescrizioni contabili, sono quelle che la considerano una carica oppure un obbligo. Entrambe le visioni, nonostante ciò, risultano oggi poco adeguate alla realtà della contabilità imprenditoriale.

Considerare la contabilità come un obbligo dell’imprenditore deve essere rifiutato perché, come si è giustificato115, l’obbligo è un vincolo giuridico116 che

determina doveri, comportamenti giuridici, insieme all’acquisto di diritti, facoltà. Si tratta, in conseguenza, della generazione d’una relazione di carattere duale, dalla quale derivano due posizioni giuridiche di segno opposto. Di questo modo, dall’obbligo nasce una relazione interpersonale fra due posizioni, quella del debitore, obbligato a realizzare una prestazione consistente in dare, fare o non fare qualcosa (il cui contenuto necessariamente patrimoniale117, nonostante, è discusso

dalla dottrina); e quella del creditore, come interessato nell’adempimento dell’obbligo, dal quale ottiene alcun beneficio. Il principale motivo per il quale si deve rifiutare questa configurazione e allontanarci dalla considerazione di che le prescrizioni contabili costituiscono propriamente degli obblighi, è il carattere dell’esigibilità: si considera che un obbligo è una reazione logica fra un diritto diritti dei soggetti particolari nell’antica concezione il contenuto di questo diritto –la stessa relazione obbiettiva che stabilisce la norma-, nel caso dei diritti dello Stato, l’interesse della collettività è il mezzo che permette di giustificare la decisione dello Stato di giuridificare una determinata situazione, BISBAL, J., “El interés público...”, Op. cit., p. 273.

Infatti, da un determinato momento, che la dottrina trova nella IV Direttiva, la tendenza verso lo pubblico esprime una notabile accentuazione. L’avanzamento è significativo. Il carattere strumentale della disciplina contabile si mette al servizio della giuridificazione dell’attività dello Stato, íbid., p., 286.

115 MARINA GARCÍA-TUÑÓN, A., Régimen jurídico de la contabilidad..., Op. cit., p. 64.

116 Si abbia presente l’origine etimologico della parola obbligo, derivato dei termini latini ob- e

ligare, il cui senso letterale alluse alle idee di unire, legare intorno.

117 Per contro al silenzio del Código civil spagnolo, il Codice italiano, nel suo art. 1174 afferma che

«La prestazione che forma oggetto dell’obbligazione debe essere suscettibile di valutazione económica e debe corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore».

soggettivo –d’un creditore- ed un dovere giuridico –che pesa sul debitore- per la quale il primo può richiamare dal secondo l’adempimento della prestazione118,

oppure, in caso del suo inadempimento o la sua negativa a farlo, la soddisfazione alle sue spese, o invece l’ottenimento d’un indennizzo per danni e pregiudizi119.

Come si può dedurre, nel dovere di contabilità manca questa nota di esigibilità, giacché di fronte all’inadempimento degli obblighi contabili da parte dell’imprenditore nessun soggetto è legittimato –ed anzi, non esistono neanche i meccanismi legali che lo consentono- per esigere il suo forzoso adempimento120. Il

dovere di tenuta di contabilità non conferisce sotto nessun presupposto un diritto soggettivo dei terzi a esigere l’adempimento dal imprenditore di queste prescrizioni121. Dunque, l’imperatività della normativa contabile si trova

118 Il concetto appare ben definito dal professore DIEZ-PICAZO, L., Fundamentos del Derecho Civil

Patrimonial, Vol. II, Las relaciones obligatorias, Civitas, Madrid, 1996, p. 89, dove considera che l’obbligo si concepisce tradizionalmente come una situazione bipolare formata da una correlazione d’un diritto soggettivo e d’un dovere giuridico. In quella si legano il diritto del creditore, che è, secondo la tesi tradizionale, un diritto soggettivo che tiene per oggetto la persona del debitore ed un dovere giuridico, il debito, che è un dovere d’adottare un determinato comportamento o condotta di prestazione.

119 Ex arts. 1089 e 1101 C.c. esp. e arts. 1218 e 1223 C.c. ita.

120 GARRETA SUCH, J.M., Introducción al derecho contable, Marcial Pons, Madrid, 1994, p. 112;

MARINA GARCÍA-TUÑÓN, A., Régimen jurídico de la contabilidad..., Op. cit., p. 64.

121 Così è stato sottolineato da RACUGNO, G., L’ordinamento contabile…, Op. cit., p. 3, al considerare

che «la giurisprudenza, seppure risalente, ha avuto modo di affermare che la norma che pone all’imprenditore l’obbligo di tenuta della contabilità non è costitutiva di un diritto soggettivo del terzo a che l’imprenditore provveda alla trascrizione dell’affare compiuto nella sua contabilità e, quindi, il fatto che l’imprenditore non assolva l’obbligo di regolare tenuta dei libri contabili non implica, di per sé, una violazione dell’altrui sfera giuridica ai sensi dell’art. 2043». Ugualmente, la sentenza app. Firenze del 21 giugno 1950, in Giur. Tosc., 1950, p. 332. Su questo punto incide ugualmente (sebbene facendo riferimento in concreto a certe prescrizioni contabili) LEÓN SANZ, F.J., La publicidad de las cuentas..., Op. cit., p. 40, chi considera che si tratterebbe propriamente d’un obbligo di Diritto pubblico, perché non si riconosce un diritto soggettivo d’un particolare che possa esigere il suo adempimento. Quest’autore (íbid. nt. 10) esemplifica questo carattere confrontandolo con altri diritti soggettivi che sì sorgono nel ambito della contabilità, tali come il dirito ad ottenere informazione che hanno gli azionisti, così come il suo diritto ad ispezionare i documenti; di fronte a questi, la società è obbligata a proporzionare quest’informazione ed a mettere alla sua disposizione questi documenti. In questo caso, come si considera, sì ci troveremmo di fronte alle strutture archetipiche dell’obbligo. Negare la considerazione d’obbligo, ugualmente, implicherebbe in nostra opinione –condividendo la visione de LEÓN- il fatto che l’adempimento concreto di certe prescrizioni contabili (pubblicazione del bilancio, ad esempio) non potrà essere eseguita in via giudiziaria attraverso un procedimento civile, perché se la Legge non riconosce diritto soggettivo alcuno ai particolari, non ci sarà nemmeno azione per esigere il suo adempimento (íbid. p. 41). Radicalmente diverse saranno le azioni giudiziarie che s’articolino rispetto alla comunicazione e l’esibizione dei libri contabili (ambiti nei quali, come sosteniamo, sí hanno i soci un diritto

configurata, come si vedrà, di forma indiretta, in modo tale che soltanto riesce a costringere all’obbligato in sede fallimentare.

Nonostante questa considerazione, sembra che la configurazione giuridica della contabilità nel Código de Comercio spagnolo del 1829 rispondeva alle strutture obbligazionali. Così, nel suo articolo 49 si stabiliva che non si può fare inchiesta d’ufficio da tribunale né autorità alcuna, per indagare se i commercianti tengono o meno i suoi libri in modo ordinato. Scomparisce, dunque, qualsiasi sfumatura di carattere pubblico nell’imposizione. Ugualmente, in questo Codice si prevedeva per l’inadempimento dei doveri contabili una sanzione diretta attraverso l’imposizione di multe pecuniarie122. Lontana da questa visione, la

redazione originaria del Código de Comercio spagnolo attuale –di 1885-, considera la contabilità come uno strumento al servizio esclusivo dell’imprenditore, consacra il segreto della contabilità ed allo stesso tempo cancella ogni sanzione diretta dal inadempimento delle prescrizioni contabili, giacché le considera contrarie al fomento del commercio (R. E.). Queste prime visioni positive ci offrono delle configurazioni di carattere radicalmente privato, che difficilmente si può conservare nell’attualità.

soggettivo), così come le azioni dirette ad esigere resposnabilità, che saranno il nucleo centrale del nostro studio. Quest’opinione dell’assenza d’azione per esigere in via giudiziaria l’adempimento, nonostante, è controversa vid. ILLESCAS ORTIZ, R., Auditoría, aprobación, depósito y publicidad de las cuentas anuales, in Comentario al régimen legal de las sociedades mercantiles, Dir. Uría/Menéndez/ Olivencia, Tomo VIII: Las cuentas anuales de la Sociedad Anónima, Volumen 2º, Civitas, Madrid, 1993.

122 Disponeva l’articolo 43 del testo di Sáinz de Andino che incorrerà anche il commerciante i cui

libri, in caso d’una occupazione o riconoscimento giudiziario si trovino informali o difettosi, in una multa che non starà sotto i mille reali, ne sopra i ventimila. I giudici la gradueranno prudenzialmente, attendendo tutte le circostanze che possano aggravare o attenuare l’infrazione in cui ne sia incorso il commerciante titolare dei libri. Analoga regolazione si poteva contemplare nell’articolo 45 per il caso in cui non si tenesse alcuno dei tre libri obbligatori. La dottrina, nonostante, ha fatto una critica di questa situazione perché considerava insoddisfacente una sanzione diretta di questo stilo, la quale poteva risultare, secondo spiega la Relazione Illustrativa del Código de Comercio vigente, depressiva per il commercio, così, DE LA CUESTA RUTE, J.M., “La contabilidad en el Código de Comercio”, Revista Española de Financiación y Contabilidad, Vol. II, num. 4, 1973, p. 330. Un’analisi in profondità sulla regolazione della materia contabile nel primo Código de Comercio spagnolo si può trovare in BERNAL LLORÉNS, M., “En torno a la regulación contable en el Código de comercio de 1829”, Revista Española de Financiación y Contabilidad, Vol. XXVII, num. 97, 1998, pp. 887-912.

Comunque, la risoluzione dogmatica della questione sembra più chiara in Italia, dove l’attuale redazione dell’articolo 2214 C.c. utilizza la parola «deve», sistemando la configurazione della materia più vicina alle strutture proprie del dovere che a quelle dell’obbligo. Similare visione offriva il Codice di Commercio di 1865, che considerava che il commerciante deve tenere una serie di libri contabili obbligatori, impiegando sempre il verbo «dovere». Il termine «obbligo», da altra parte, è presente nella normativa tedesca, disponendo il § 238 HGB, che ogni commerciante è obbligato (ist verpflichtet) a tenere in modo ordinato dei libri di commercio.

Seguendo questi ragionamenti, dobbiamo scartare l’adeguazione delle prescrizioni contabili dentro delle strutture obbligazionari.