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ii Natura giuridica del bilancio

A TTRIBUZIONE S OGGETTIVA DEL D OVERE

D. Funzione di Controllo Legale: la revisione legale dei conti E Competenze dell’Assemblea generale

I. S OGGETTO DEL DOVERE DI CONTABILITÀ

Prima di procedere all’analisi sistematica delle condotte in cui il dovere di contabilità viene concretato, risolta necessario delimitare il suo ambito soggettivo. Si tratta d’individuare i soggetti che sono sottoposti alle prescrizioni giuridiche- contabili e analizzare il motivo per il quale quest’obbligo è stato loro imposto. Allo stesso modo, in un secondo momento analizzeremo l’ambito di distribuzione dei s’applicano in tutta la sua estensione il contenuto delle norme contabili perché gli interessi implicati in essa sono superiori a quelli propri della contabilità di gestione.

compiti contabili nelle società di capitali, cioè, si studierà come ha luogo il riparto delle competenze contabili dentro degli organi societari.

Su questo punto svolge i suoi effetti la distinzione fra la regolazione del dovere di tenuta dei libri contabili ed il dovere di elaborare e pubblicare il bilancio proprio del diritto dei bilanci. Così, mentre la tenuta e conservazione dei libri di contabilità è un obbligo generico che s’impone ad ogni imprenditore, l’elaborazione del bilancio, la sua verificazione e pubblicità s’impongono soltanto agli imprenditori che adottano la forma di società di capitali.

La giustificazione dell’esigenza di questo plus si è fatta sulla base tanto del maggiore rilievo economico di questo tipo di società, più propensi a stabilire rapporti economici di una certa dimensione nel mercato; come nella limitazione stessa della responsabilità per i debiti sociali che caratterizza a questi tipi societari e che fanno richiedere una maggior informazione. Le società di capitali, in generale, portano a termine un maggiore numero di transazioni economiche nel mercato, le quali hanno pure una maggiore entità e coinvolgono maggiori rischi. Allo stesso tempo la garanzia dei creditori rimane limitata al patrimonio proprio della società, senza che, per la soddisfazione dei suoi crediti si possa aggredire il patrimonio personale dei soci. Entrambi i due fattori fanno salire il logico interesse dei soggetti, che interagiscono con quelle nel mercato in disporre di dati sulla situazione economica e finanziaria, interesse che il legislatore considera degno di protezione.

L’esigenza legale di tenere una contabilità ordinata implica necessariamente che questa sia adeguata alle caratteristiche di struttura, dimensione ed attività dell’impresa194. I fini organizzativi ed informativi che la contabilità deve svolgere,

194 Quest’osservazione si vede chiaramente nella normativa spagnola che stabilisce che «Todo

empresario deberá llevar una contabilidad ordenada, adecuada a la actividad de su Empresa que permita un seguimiento cronológico de todas su sus operaciones (....)» (art. 25.1 C. de c.) [ogni imprenditore dovrà tenere una contabilità ordinata, adeguata all’attività della sua Impresa che permetterà un tracciato cronologico di tutte le sue operazioni]. La stessa interpretazione si deve estrarre dal Diritto italiano, sebbene il supporto normativo in questo caso risolta meno espressivo:

così come il criterio della proporzionalità, richiedono che la struttura contabile sia più o meno complessa in funzione delle necessità concrete. È evidente che alle imprese di maggiore complessità, per la loro stessa struttura o per il settore al quale si dedicano, vengono imposti obblighi contabili più severi.

A garanzia di ciò, nel sistema italiano il dovere di garantire che l’assetto contabile sia adeguato all’attività e alle caratteristiche della società forma parte dei doveri essenziali del Collegio sindacale ex art. 2403 C.c., che deve garantire che il sistema organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società sia adeguato e funzione correttamente195.

Oltre all’adempimento dei doveri contabili generici, le imprese più complesse rimangono normalmente soggette all’adempimento di altre esigenze addizionali. In modo esemplificativo, questo succede quando s’impone attraverso leggi speciali il dovere di tenere altri registri contabili secondo la natura o la dimensione dell’impresa196; nei casi in cui legalmente s’impone di sottomettere il

bilancio a revisione contabile; oppure quando si devono adempiere certi requisiti speciali di pubblicità dei suoi documenti contabili197. A causa del regime proprio al

quale ogni impresa si sottopone in funzione delle sue caratteristiche e settore d’attività, le nostre riflessioni si incentrano –salvo quando specificamente indicato- nel contenuto dei doveri contabili delle società di capitali che si prendono come paradigma di regolazione, cioè, quelle di grande dimensione –perché sono soggette «Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità (...)» (art. 2219 C.c. ita.).

195 Questo dovere si riflette in forma ancora più evidente per le società quotate nell’articolo 149

TUF, quando si stabilisce nell’elenco dei doveri del Collegio sindacale la vigilanza «c) sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile nonché sull’affidabilità di quest’ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione».

196 Così si pronunciano l’art. 2214 C.c. ita. nel determinare che l’imprenditore «Deve altresì tenere le

altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa (...)», e l’art. 25.1 C. de c. quando elencando i libri obbligatori si specifica che la sua tenuta s’intende senza pregiudizio da quanto stabilito dalle leggi o disposizioni speciali («sin perjuicio de lo establecido en las leyes o disposiciones especiales»).

197 Questo è il caso delle società quotate, che devono dare pubblicità al loro bilancio attraverso la

a maggiori prescrizioni che le PMI-, non quotate in mercati secondari (salvo quando verrà indicato perché le istituzioni del mercato finanziario risultino specificamente interessanti nella trattazione) e che non svolgono la sua attività nell’ambito dei mercati finanziari.

Un’altra manifestazione concreta della necessità d’adeguamento delle strutture contabili alla natura e dimensioni della società è la possibilità di tenere, in modo congiunto alla tenuta dei libri contabili obbligatori richiesti dalla normativa, quei libri di carattere volontario che l’imprenditore considera conveniente. Così, quando le necessità di gestione di un determinato tipo di negozio richiedano un registro dettagliato di determinati aspetti dell’attività dell’impresa, si potranno portare avanti questi supporti che si considerano utili. La volontarietà che caratterizza questi registri richiede di situarli dentro della contabilità di gestione e, dunque, fuori dall’ambito regolatorio del Diritto contabile. Ugualmente, giacché sono frutto di una decisione volontaria dell’imprenditore in ordine alla più ordinata gestione della sua impresa, senza essere costretti alla sua tenuta da nessuna norma, pensiamo che, in via di principio, non potrebbe derivare responsabilità dalle irregolarità nella tenuta di questi registri. Nemmeno quando questi siano la base di determinate decisioni di gestione sbagliate, giacché in questo caso la responsabilità sarebbe conseguenza della decisione da per se e non delle motivazioni che hanno dato luogo alla sua adozione.

A. Questione previa: la necessità d’adeguamento del

sistema contabile alle caratteristiche dell’impresa

Precisamente, la necessità d’adeguare il dovere di tenuta della contabilità alle necessità derivate della dimensione e dalle caratteristiche dell’impresa è il motivo che ha fatto al legislatore spagnolo, all’ora di redigere la nuova Pianificazione Generale di Contabilità (Plan General de Contabilidad – PGC), creare due sistemi differenziati: uno di carattere Generale ed altro adattato alle necessità

specifiche delle Piccole e Medie Imprese198. Con questo si pretende, da un lato

adeguare il contenuto dei doveri alle più modeste strutture organizzative e alle minori necessità d’informazione delle PMI; d’altro, si tratta di non estendere determinate norme imperative di valutazione imposte dagli IAS/NICs a società che non si trovano dentro dell’ambito che il legislatore europeo pretende di o può armonizzare199. Nonostante ciò, malgrado la buona intenzione di quest’opzione,

l’impiego dei due quadri normativi diversi per lo sviluppo della contabilità in funzione della dimensione dell’impresa rende difficile la comparabilità dell’informazione, la quale è uno degli scopi fondamentali che si pretendono di raggiungere con la regolazione della contabilità finanziaria. Accanto a questo, se si analizza l’evoluzione legislativa degli ultimi anni, la tendenza è precisamente quella di stabilire due sistemi contabili considerevolmente diversi in funzione dell’entità dell’impresa. Alla differenza inizialmente esistente fra l’imprese che elaboravano i loro bilanci di modo completo e quelle che lo elaboravano in modo abbreviato –il quale suppone, semplicemente, una maggiore o minore aggregazione delle partite-, s’aggiunge dopo la riforma della legislazione spagnola del 2007 il dovere delle società grandi d’includere dentro il loro bilancio due nuovi documenti addizionali: uno stato che riflette i cambiamenti nel patrimonio netto (estado de cambios en el patrimonio neto – ECPN) ed uno stato di flussi effettivi (Estado de Flujos de Efectivo – EFE).

Il richiesto adeguamento della contabilità alle dimensioni dell’impresa suppone una concretizzazione dei fini organizzativi che la contabilità è chiamata a svolgere. Così, una maggiore complessità dell’impresa domanda che gli obblighi in materia di contabilità ai quali deve fare fronte l’imprenditore siano anche

198 Rispettivamente approvati dai Reales Decretos 1514/2007 e 1515/2007, entrambi del 16

novembre.

199 Parte della dottrina, non sprovvista di ragione, si è mostrata critica a questa duplicità dei criteri

valutativi, perché contribuisce a perturbare in modo significativo la comparabilità dell’informazione contabile fornita da una ed altre imprese di diversa dimensione, FERNÁNDEZ DEL POZO, L., “El nuevo “test de balance” bajo las normas contables internacionales: ajustes valorativos e intangibilidad del capital social”, RDM, num. 279, enero-marzo 2011, p. 61 nt. 52; questa opinione è ugualmente manifestata in, Id., El Derecho contable de fusiones y escisiones, 2ª Edición, Marcial Pons, Madrid, 2008, p. 7.

maggiori. E, ragionando in contrario, quando la struttura e le implicazioni dell’impresa siano ridotte, l’organizzazione contabile della stessa si ridurrà e si sottometterà a minori norme imperative. Questo motivo giustifica, come si vedrà, che determinati tipi d’imprenditori non si trovino sottomessi al dovere di contabilità200.

Ciò nonostante, sebbene è logica la necessità di semplificare il contesto normativo alle società piccole perché il contrario implicherebbe di imporle costi che superano le loro potenzialità; non è meno vero che in questo tipo di società la struttura dell’impresa è più instabile e le possibilità di deviazioni patrimoniali sono più alte. Consideriamo forme imprenditoriali che presentano un maggiore rischio d’insolvenza e che, essendo il loro funzionamento meno regolato, contano con un margine di libertà maggiore d’adottare decisioni che affettano alla loro struttura patrimoniale. È perciò che, in ogni caso, è loro imposto il dovere di dare pubblicità annualmente –sebbene con un contenuto minore e, normalmente, senza essere soggette al dovere di revisione legale- ai loro bilanci201.

Si potrebbe, ugualmente, riflettere sui parametri adottati dal legislatore per considerare che una società è grande o piccola agli effetti contabili. Pensiamo che i parametri del volume totale delle cifre d’attivo, della cifra degli affari e del numero

200 Le ragioni per esigere meno alle piccole società sono ovvie. LEÓN SANZ, F.J., La publicidad de las

cuentas…, Op. cit., p. 58, si riferisce a due motivi fondamentali: da una parte, si tratta d’evitare i pregiudizi concorrenziali che si derivano della pubblicazione di un informazione molto dettagliata nel bilancio a quelle società che, per la scarsa dimensione della sua organizzazione imprenditoriale, hanno una protezione minore e si possono vedere affettate dalla rivelazione di questa classe d’informazioni alla concorrenza, fino al punto di vedere compromessa la sua posizione concorrenziale nel mercato. Allo stesso tempo, si pretende di ridurre i costi che suppone la sua elaborazione. In questa classe di società la capacità di credito si sostiene fondamentalmente nella fiducia sulle persone che dirigono l’impresa più che sulla struttura imprenditoriale stessa.

201 Come osserva LEÓN SANZ, F.J., Íbid., p. 61, l’estensione nel diritto tedesco del dovere di dare

pubblicità al bilancio attraverso la BiRiLiG (Bilanzrichtliniengesetz), fu considerato da alcuno autori di quel contesto che vulnerava la libertà d’impresa, perché si compromette seriamente il suo esercizio senza un’adeguata giustificazione, come conseguenza dei pregiudizi che s’originano dal punto di vista concorrenziale. Si considera che le società piccole non dispongono di una struttura adeguata per l’adempimento di questi doveri, che fa incorrere in costi maggiori, facendole più competitive. Secondo me non possiamo condividere questo ragionamento, giacché, come si è considerato nel capitolo anteriore, disporre di un sistema d’informazione contabile adeguato costituisce un elemento essenziale alla struttura d’ogni società, e necessario per che questa possa operare in modo informato, evitandosi rischi inutili nella sua gestione.

medio dei lavoratori conformano semplicemente una presunzione di complessità della struttura dell’impresa; presunzione, d’altro lato, necessaria se si vogliono stabilire dei parametri oggettivi di delimitazione fra le società che possono abbreviare i loro bilanci e quelle che non possono. Si tratta, nonostante, di criteri categorici che non ammettono prova contraria sulla complessità della struttura economica e patrimoniale della società202.

Nel diritto spagnolo, l’articolo 258 LSC considera che possono elaborare il bilancio in modo abbreviato le società che obbediscano due di questi tre criteri: che il totale delle partite d’attivo non superi gli 11.400.000 euro; che l’importo netto della sua cifra di negozio non superi i 22.800.000 euro o che il numero medio dei lavoratori impiegati durante l’esercizio non sia superiore a 250. Questi criteri si combinano con un fattore temporale, fissato dalla IV Direttiva, che complica la situazione. Così, una società che riunisca due di questi parametri durante due esercizi economici –oppure, dalla sua costituzione- potrà elaborare il bilancio abbreviato, però perderà la possibilità di farlo quando trascorrano due esercizi economici senza riunirle; dunque, se l’esercizio seguente a quello che soddisfi i parametri, non li soddisfi più, potrà continuare elaborando il bilancio abbreviato, sempreché non siano trascorsi due esercizi successivi nella stessa situazione. A questa norma dobbiamo aggiungere quanto stabilito nell’articolo 53bis della IV Direttiva, che stabilisce che questa possibilità di elaborare il bilancio non avrà luogo per quelle società che abbiano i loro valori ammessi a quotazione in un mercato regolamentato.

Da parte sua, l’ordinamento italiano, nell’articolo 2435bis C.c., impiega similari criteri, sebbene con altre cifre. Così, il totale delle partite dell’attivo dello stato patrimoniale non può superare i 4.400.000 euro; i ricavi delle vendite e delle prestazioni non potranno essere superiori a 8.800.000 euro; o i dipendenti

202 Questa situazione è stata soggetta alle critiche in Spagna, così PÉREZ-SERRABONA GONZÁLEZ,

J.L., “Sobre las reformas legislativas…”, Op. cit., p. 2982, nt. 20, il quale afferma che data la struttura attuale delle società spagnole o si dovrebbe avere taciuto la questione sulla legge, cosa che è permesso, o si dovrebbe avere considerato altre cifre, in modo che “piccole” società, o “eccezioni alla regola generale”, non fossero la maggior parte di quelle costituite ed esistenti in Spagna.

occupati in media durante l’esercizio non sarà superiore a 50. Si eccettuano dalla possibilità di redigere lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa in questo modo semplificato le società che abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati.

Spagna Italia IV Direttiva

Totale attivo 2.850.000 4.400.000 4.400.000

Cifra degli affari 5.700.000 8.800.000 8.800.000

Numero medio di lavoratori 50 50 50

Da questa comparazione possiamo dedurre che il sistema spagnolo adotta un criterio più ampio per considerare la possibilità d’abbreviare i bilanci – estendendosi alle società piccole e medie- che l’italiano, il quale solo permetterà la redazione del bilancio abbreviato alle società piccole, con la trasposizione diretta del criterio dell’art. 11 della IV Direttiva.

L’articolo 27 della IV Direttiva, e l’articolo 258 LSC fanno riferimento alla possibilità d’elaborare il conto economico in modo abbreviato quando si superino i parametri in questi precetti indicati. L’ordinamento italiano, che semplifica meno il contenuto di questa versione del conto economico, mantiene gli stessi criteri che aveva impiegato per lo stato patrimoniale e la nota, sebbene, la semplificazione che si deduce dal terzo e il quarto comma dell’art. 2435bis C.c. non implica una semplificazione di notevole entità.

Spagna Italia IV Direttiva

Totale attivo 11.400.000 4.400.000 17.500.000

Cifra degli affari 22.800.000 8.800.000 35.000.000

Numero medio di lavoratori 250 50 250

Un’altra presunzione di complessità o, almeno, dell’esistenza di certi interessi che richiedono una maggiore protezione, è quella che deriva dal fatto che, indipendentemente della sua dimensione, dal totale del suo attivo o dal numero dei dipendenti, qualsiasi società che abbia emesso titoli negoziati in mercati regolamentati, dovrà elaborare in forma completa la sua informazione finanziaria senza possibilità d’abbreviare i suoi dati.

B. La configurazione della contabilità come dovere

dell’imprenditore

Giacché ogni impresa presuppone un’organizzazione di elementi orientati al conseguimento di un fine, la corretta gestione di questa richiede di disporre d’informazione adeguata su questi elementi e il loro valore, come sui risultati della sua attività. Questo giustifica che, in via di principio, le legislazioni commerciali impongano l’adempimento del dovere di contabilità a ogni imprenditore.

In questo senso si pronuncia l’articolo 2214 C.c. ita. il quale stabilisce che «L’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari» e, in forma più espressiva, l’articolo 25.1 C. de c. spa. che stabilisce che «Todo empresario deberá llevar una contabilidad ordenada, adecuada a la actividad de su Empresa…» (ogni imprenditore dovrà tenere una

contabilità ordinata, adeguata all’attività della sua Impresa)203. Nell’imposizione

del dovere di contabilità le normative italiana e spagnola impiegano un sistema basato su una clausola generale, imponendo all’imprenditore il dovere di tenere un registro contabile del suo patrimonio e della sua attività204.

Nonostante ciò, se si entra nei dettagli, entrambe le due clausole sembrano avere una portata diversa. In questo modo, l’obbligato, secondo la normativa italiana, sarebbe «l’imprenditore che esercita un’attività commerciale», mentre, secondo la normativa spagnola, l’obbligo s’impone ad «ogni imprenditore» senz’altra specificazione al riguardo205. Ugualmente, la normativa italiana dispensa

dal dovere di tenuta della contabilità il piccolo imprenditore; mentre la normativa spagnola non riconosce nessuna eccezione a questo generico dovere206. Dunque, si

203 In senso similare si pronunciano il HGB tedesco, nel suo § 238, il quale stabilisce che «Ogni

commerciante è obbligato a tenere ordinatamente dei libri di commercio…», e l’art. L123-12 del Code de Commerce francese, il quale stabilisce che «Toute personne physique ou morale ayant la qualitè de commerçant doit proceder à l’enregistrement comptable des mouvements affectant le patrimoine de son entreprise».

204 Come si è affermato, da un esame iniziale dell’articolo 2214 C.c. ita. –deduzione ugualmente

applicabile all’art. 25 C. de c. spa.- «sembrerebbe del tutto agevole concludere che la necessità delle scritture contabili si riconnette all’oggetto (natura) dell’attività economica: attività commerciale», NIGRO, A., “Le scritture contabili”, Op. cit., p. 288. Sebbene la necessità della loro tenuta rimanga legata con l’esercizio di un’attività commerciale e con la complessità strutturale dell’organizzazione d’impresa, un’analisi in profondità dell’imposizione imperativa del dovere da parte del legislatore – soprattutto nel caso italiano- ci fa raggiungere conclusioni diverse.

205 Ciò implica che il C. de c. si riferisce in modo diretto ed assoluto ai «commercianti» che

riuniscono i requisiti dell’art. 1. In questo senso, BLANCO CAMPAÑA, J., Régimen jurídico de la contabilidad…, Op. cit., p. 155.

In modo similare si pronuncia il Tribunal Supremo spagnolo, nella sentenzia del 16 marzo 1966, che afferma che la normativa contabile del C. de c. stabilisce in modo generale, senza distinguere fra i commercianti modesti e le grandi entità commerciali, che i commercianti terranno necessariamente i libri che lì si specificano.

206 Questa circostanza ha dato luogo alla dottrina spagnola a qualificare il dovere come «assoluto» -

orientamento seguita da BLANCO CAMPAÑA, J., El Derecho contable en España, Op. cit., p. 39-, integrativo di un sistema contabile «assolutista e tutelare» -GARRIGUES, J., Curso..., Op. cit., p. 641-. Questa situazione, ciononostante, non è stata estranea alle critiche, vid. inter alia, DE LA CUESTA RUTE, J.M., “La contabilidad en el Código…”, Op. cit., p. 331; MARINA GARCÍA-TUÑÓN, A., Régimen jurídico de la contabilidad..., Op. cit., p. 79; ROJO FERNÁNDEZ-RÍO, A., “La contabilidad…”, Op. cit., pp. 139-140.

Ugualmente, come si è considerato, nel Diritto spagnolo non si fa eccezione per i piccoli commercianti, a differenza, in parte, dal nostro diritto storico e d’alcune legislazioni comparate, BLANCO CAMPAÑA, J., Régimen jurídico de la contabilidad…, Op. cit., p. 155. Nonostante, dobbiamo dissentire dal professore Blanco per quanto riguarda il nostro diritto storico giacché né le Ordenanzas de Bilbao, né il Código de Comercio di 1829 esimevano da questo dovere il

deve ora fare un’individuazione concreta dei soggetti ai quali il dovere viene