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129 BLANCO CAMPAÑA, J., El derecho contable en España, Op. cit., p. 28, lo categorizza come un

«dovere giuridico particolare», nel senso che si tratta d’osservare un comportamento, ma è un dovere attraverso il quale non si scopre, almeno in modo immediato, un correlativo diritto soggettivo, fermo restando che la sua violazione sia sanzionabile in determinati casi e costituisca un atto illecito rispetto delle persone a cui si protegge. Similare considerazione di dovere la offre LÁZARO SÁNCHEZ, M.J., “La contabilidad como obligación profesional del empresario”, in Anales de Derecho de la Universidad de Murcia, num. 12, 1994, pp. 427-428.

130 «Con una espressione, trapiantata dal diritto pubblico, la dottrina parla, a proposito della

normativa sulle scritture contabili, di normativa imperativa di organizzazione a carattere strumentale», RACUGNO, G., L’ordinamento contabile…, Op. cit., p. 73.

131 Si può considerare, in conseguenza con quello che affermavamo al analizzare i fini, che le norme

contabili sono norme d’organizzazione e che in quanto tali «non hanno tanto lo scopo di costruire un apparato, ma piuttosto quello di darvi evidenza giuridica, di renderne le strutture giuridicamente rilevanti di fronte ad altri soggetti: esse non hanno finalità meramente «descrittive» ma traducono sul piano organizzativo dei valori che si vogliono proteggere. In altri termini, l’emersione a livello giuridico di una struttura organizzativa avviene nel momento in cui si innestano, sull’interesse proprio di colui (o coloro) che agisce (agiscono) attraverso l’organizzazione, interessi altrui», NIGRO, A., “Le scritture contabili”, Op. cit., p. 302.

Se si continua con questa logica nell’indagine sulla natura giuridica delle imposizioni contabili, presto si sboccherà nel punto in cui si abbandona l’ambito del privato, per entrare in un terreno più pubblico. Se si considera il Diritto privato come quello che si occupa d’arbitrare le relazioni giuridiche fra particolari132, non

sarà estraneo che il dovere di contabilità non si fondamenta in una relazione inter pares –ben si in una carica, in un obbligo-, ma più precisamente nell’imposizione di un dovere a un soggetto, che nasce dalla forza imperativa d’una norma in favore della protezione d’interessi che oltrepassano l’ambito delle relazioni inter privatos. Questo potrebbe, dunque, significare che ci addentriamo nell’ambito della regolamentazione di carattere pubblico133.

Le impostazioni sulla natura giuridica del dovere di contabilità devono essere ripensate da un ottica un po’ più pubblicista alla quale si sta facendo riferimento134. Da questa prospettiva, la contabilità avrebbe una vocazione di

132 Infatti, sebbene risulta abbastanza complesso stabilire in modo dogmatico la differenza fra

Diritto pubblico e privato, si può affermare che in ogni caso sono note caratteristiche di quest’ultimo (1) essere orientato all’utilità dei particolari, (2) essere conformato da regole arbitrate da loro stessi all’oggetto di regolare le sue specifiche relazioni fra di loro, (3) che i soggetti implicati si trovano in posizioni d’uguaglianza, creandosi relazioni di coordinazione, (e 4) l’autonomia della volontà è la fonte ultima di questa categoria giuridica. Queste note sono stato considerate in DÍEZ- PICAZO, L./GULLÓN, A., Sistema de Derecho Civil, Volumen I, Tecnos, Madrid, 2004, pp. 45-47.

133 Parte della dottrina più autorevole si posiziona favorevole a quest’opinione. Così, LEÓN SANZ,

F.J., La publicidad de las cuentas..., Op. cit., p. 40, considera che si qualifica l’obbligo di Diritto pubblico nel senso che non si tratta di un’ordinazione delle relazioni intersoggettive. Comunque, la finalità pressa in considerazione è quella del sostegno istituzionale agli interessi del traffico privato imprenditoriale.

134 Sulla base della natura privata del pubblico dovere risultano interessanti le riflessioni di SANZ

GADEA, E., “El resultado contable en el marco del Derecho contable”, Revista de Contabilidad y Tributación, núm., 189, p. 209, chi considera che si potrebbe pensare che esiste una certa contradizione fra la partenenza del Diritto contabile al Diritto privato ed il dovere pubblico di tenuta di contabilità, perché, infatti, è un carattere del Diritto privato l’autonomia della volontà individuale nella conformazione delle relazioni giuridiche, in quanto nel Diritto pubblico la volontà individuale ha una funzione molto più ristretta. Il dovere pubblico di tenere contabilità non configura una relazione giuridica fra lo Stato ed i cittadini inquadrata nelle funzioni del potere pubblico e sovrano di questo. Su quest’ affermazione, nonostante, dobbiamo manifestare il nostro disaccordo giacché è precisamente questo pubblico potere uno dei principali interessati nell’informazione contabile, così come essendo la regolazione di questa sottoposta in certi aspetti all’esercizio di funzioni proprie dell’amministrazione, tali come la consegna registrale dei bilanci delle società di capitali o la pubblicazione nella Gazzetta questo deposito. Allo stesso tempo, la tenuta d’una contabilità adeguata ed ordinata è il presupposto basico per l’ulteriore calcolo della base imponibile per l’imposta sulle società.

BLANCO CAMPAÑA, J., El derecho contable en España, Op. cit., p. 28, considera che ci troviamo di fronte ad un dovere giuridico-pubblico degli integranti d’un gruppo sociale –la classe

servire al interesse pubblico, configurandosi come un elemento essenziale di funzionamento del Mercato, e interessandosi in quella l’insieme dell’andamento dell’economia135. Allo stesso tempo, le norme contabili si configurano come

presupposto richiesto dalla normativa per l’esercizio dell’attività imprenditoriale, requisito minimo di esigenza legale per la costruzione della struttura dell’impresa. Tutto questo conduce a inserire questa condotta dentro della nozione di «pubblico dovere»136, categoria che supera le premesse privatiste e che fa riferimento alle

precisioni d’interesse pubblico che si trovano sotto la sua imposizione, mostrandosi, in conseguenza, più vicina ai concetti di «esigenza d’ordine pubblico» che alle nozioni privatiste di «obbligo»137.

imprenditoriale- che si deriva d’un ordine superiore e che si traduce in una condotta. Questo impone un comportamento regolato in parte e pure libero in un'altra parte.

135 Questa visione è mantenuta pure dal BUTTURINI, P., L’impugnazione del bilancio d’esercizio, en

Trattato di Diritto Commerciale e di Diritto Pubblico dell’Economia, Dir. F. Galgano, CEDAM, Padova, 2007, pp. 19-20, il cui partendo dell’esistenza d’un pubblico interesse nel regolare svolgimento delle attività economiche, considera il carattere pubblico degli interessi protetti dall’istituto.

136 Questo concetto, con altri caratteri, fu già adottato previamente da VICENT CHULIÁ, F., “En torno

al concepto y fuentes...”, Op. cit., p. 616, considerando che questo dovere ha come presupposto costituzionale la libertà d’impresa nel contesto di un’economia di mercato, riconosciuta nell’articolo 28 della Costituzione Spagnola.

La Costituzione conforma pure la fondamentazione positiva ultima del cambiamento nella forma di capire il Diritto contabile. L’articolo 28 della Magna Carta spagnola, nel cui viene riconosciuta la libertà d’impresa nel contesto d’un economia di mercato, dovendo i pubblici poteri garantire e proteggere il suo esercizio e la difesa della produttività sulla base delle esigenze dell’economia in generale ed, in caso, della pianificazione, cosa che mette già di rilievo che l’impresa è una realtà che produce effetti al di là della sua stessa struttura. È ormai evidente il fatto che, uguale che il diritto alla proprietà privata –consacrato nell’articolo 33 di questo testo-, la libertà d’impresa è soggetta alla sua finalità sociale, ed i poteri pubblici hanno il dovere di tutelare quest’attività d’impresa con il fine di fomentare, in questo modo, il buon andamento dell’economia. Questo ci fa arrivare al riconoscimento della possibilità, ed anzi, della necessità che si stabiliscano delle norme imperative attraverso le quali si modula l’esercizio dell’attività d’impresa in modo tale che da questo si derivino dei profitti che si ripercuotano sul migliore andamento del Mercato come insieme. Tutto questo perché, a volte, la mano invisibile smithiana ha bisogno d’una mano visibile che tutele gli interessi sociali implicati.

Questo senso è ugualmente condiviso dalla dottrina spagnola più recente. Così, ALONSO ESPINOSA, “El deber de documentación de la empresa y de llevanza de contabilidad tras la ley 16/2007, de 4 de julio”, RMV, num. 5, 2009, p. 2, considera che si tratta d’un dovere legale di carattere pubblico il cui fondamento ultimo si trova nella promozione dell’adeguato funzionamento del sistema dell’economia di mercato.

137 Su quest’aspetto considera LEÓN SANZ, F.J., La publicidad de las cuentas..., Op. cit., p. 42, che in

Germania, l’opinione prevalente afferma che l’ordinazione giuridica della contabilità ha la considerazione di norma di Diritto pubblico. In Spagna, Blanco Campaña e Vicent Chuliá, il quale sebbene afferma che l’obbligo di tenere la contabilità ha la natura di pubblico dovere considera pure che le norme contabili contenute nel Código de Comercio s’integrano come una parte del

La visione pubblica dell’imposizione del dovere di contabilità la possiamo giustificare ugualmente, allontanandoci da una logica giuridica e optando per una economica. La regolazione dei Mercati ha come uno dei suoi fini primordiali la riduzione dei costi di transazione138. Se non ci fosse un dovere pubblico di

contabilità, le imprese dovrebbero investire risorse ogni volta che volessero stabilire rapporti di una certa entità –incrementando, con quello, i costi di transazione- in rilievare un’immagine reale della sua solvenza e della sua situazione finanziaria. La regolazione del dovere di contabilità come requisito che devono adempiere le imprese per accedere al mercato, ha come obbiettivo ridurre questi costi di transazione, i quali, allo stesso tempo, devono essere osservati sia dalla prospettiva dell’imprenditore, sia dall’ottica dei soggetti che hanno rapporti con essi.

Un maggiore approfondimento nelle concezioni pubbliciste potrebbe avvicinarci a considerare che, effettivamente, la contabilità nasce come una esigenza essenziale per l’esercizio dell’attività d’impresa nel Mercato. In questo modo, si riaffermerebbe il suo rilievo all’interno dello «statuto giuridico dell’imprenditore», inteso come l’insieme degli obblighi professionali ai quali se ne deve sottoporre l’imprenditore commerciale come soggetto integrato nel

Diritto commerciale in quanto Diritto privato speciale, vid. l’interessante e dettagliata analisi che fa di questa concezione come Diritto pubblico nella dottrina tedesca.

Infatti, VICENT CHULIÁ, F., Las cuentas anuales de la Sociedad Anónima…, Op. cit., p. 9, afferma che il pubblico dovere di contabilità costituisce il vertice della piramide del Diritto contabile, il cui, ciò nonostante, è Diritto privato perché regola relazioni inter privatos».

138 Come non può essere in modo diverso, si deve fare riferimento su questo punto agli apporti di

Coase. Nella sua visione sui costi di transazione considera che «for anything approaching perfect competition to exist, an intrincate system of rules and regulations would normally be needed». E optando per questa necessità di regolare certe condizioni d’accesso delle imprese al mercato, aggiunge che queste regolazioni «exist in order to reduce transaction costs and therefore to increase the volume of trade», COASE, R.H., “The firm, the market and the law”, in The Firm, the Market and the Law, The University of Chicago Press, Chicago, 1988, p. 9. Con questo si può osservare che quando s’impone dal pubblico potere il dovere di tenuta di contabilità si riducono i costi transazionali nel mercato e con quello si favoriscono gli intercambi. Disporre d’informazione economica sull’impresa con la quale si contratta, se i doveri di disclosure dell’informazione contabile sono stato adeguatamente articolati, sarà più semplice e ridurrà i costi di contrattare, avvicinando sempre più le strutture del mercato a quelle proprie della concorrenza perfetta.

Mercato139. Forse sarebbe consigliabile, de lege ferenda, dotare di maggiore

rotondità al sistema coercitivo nel adempimento del dovere di contabilità, in modo che si configurasse effettivamente come un presupposto necessario per l’accesso al Mercato140.Fondamentalmente, nel mercato dei capitali si arbitra una serie di

norme essenziali sulla diffusione dell’informazione contabile dei soggetti che ne partecipano: le transazioni portate a termine nel mercato mobiliare, ad esempio, devono svolgere in un contesto d’informazione, che è offerta in modo generalizzato ed omogeneo a tutti i suoi destinatari –corollario logico dal quale si afferma il divieto dell’informazione privilegiata-.

Questa esigenza si trova pure sostenuta attraverso i codici di buone pratiche nel governo delle società, che si battono in favore dell’importanza della trasparenza o –facendo uso del termine anglosassone più diffuso- disclosure sulla gestione. Da questa prospettiva, il Código Olivencia sobre el buen gobierno de las sociedades stabilisce che la politica di trasparenza informativa impone a queste società l’obbligo di somministrare al mercato un informazione precisa ed affidabile sulle sue attività e risultati, completando questa considerazione, per quanto riguarda all’informazione finanziaria considerando che l’informazione finanziaria annuale costituisce un elemento fondamentale nella politica di trasparenza e, per questa ragione, la Legge circonda la sua elaborazione di ogni sorte di cautele, inclusa la sua verificazione da un revisore legale esterno. Nonostante, i mercati di capitali hanno bisogno d’un flusso informativo più frequente, ed è aldilà che la normativa dei mercati finanziari imponga anche l’obbligo d’informare semestralmente e pure trimestralmente e che, in tanti casi, la propria prudenza esiga che l’organo di

139 Vid. ILLESCAS, R., “El empresario mercantil individual...”, Op. cit., p. 107. Dalla sua parte, MARINA

GARCÍA-TUÑÓN, A., Régimen jurídico de la contabilidad..., Op. cit., p. 119, afferma su questa premessa che i libri di contabilità costituiscono praticamente l’unico degli elementi di carattere strutturale che i legislatori hanno considerato necessario per l’imprenditore, con indipendenza della sua concreta configurazione organizzativa, integrando allo stesso modo una parte del suo statuto giuridico. Allo stesso modo, NIGRO, A., “Le scritture contabili”, Op. cit., p. 215.

140 Questa pretensione aveva ormai stato osservata da MARINA GARCÍA-TUÑÓN, A., Régimen

jurídico de la contabilidad..., Op. cit., p. 66, considerando che questo può far pensare che in un futuro più o meno vicino, il legislatore si trovi obbligato a revisionare in profondità la materia oggetto di commento, nella linea di stabilire un vero e proprio obbligo di contabilità dell’imprenditore, se, si pensi, sul suo risultato si deposita l’efficacia d’uno strumento di controllo come l’attività di revisione legale oppure la difesa d’un pubblico interesse come nel caso delle situazioni fallimentari.

governo della compagnia offra informazione finanziaria in periodi ancora più brevi. Appare qui evidente questa configurazione della contabilità come esigenza del mercato, che deve pure rispettare i criteri contabili, perché si consiglia nel informe che l’informazione finanziaria messa a disposizione dei mercati si elabora secondo gli stessi principi, criteri e pratiche professionali con la quale si elaborano i bilanci, per garantire così la trasparenza all’ora di trasmettere ai mercati ed investitori “l’immagine sull’attività, i risultati e la razionabilità nella continuità” della compagnia.

Dalla sua parte, l’Informe Aldama para el fomento de la transparencia y la seguridad en los mercados y en las sociedades cotizadas si mostra più consapevole sul rilievo dell’informazione contabile, anche le sue previsioni sulla trasparenza vanno al di là dalla semplice offerta d’informazione finanziaria e patrimoniale. Così, malgrado il manifestato dissenso sul cambiamento dei criteri di valutazione adottati per la normativa comunitaria dopo l’adozione delle Norme Internazionali di Contabilità, considera che il nostro sistema di trasparenza è essenzialmente orientato all’informazione quantitativa (economica e contabile) ed a quella d’impatto più immediato (fatti rilevanti), ma che ancora si deve sviluppare di più in relazione all’informazione qualitativa e, specificamente, in materia di corporate governance. Si deriva da questo informe che l’informazione finanziaria offerta deve raccogliere un insieme di caratteri:

a) Deve essere un’informazione completa. Lo sviluppo dei mercati e delle società fanno che nell’attualità gli investitori hanno bisogno di più chiarezza e quantità d’informazione per potersi formare una “immagine fedele” di una società quotata. Non è sufficiente che si abbia accesso all’informazione contabile della società; è preciso, ugualmente, avere accesso ai dati che nei mercati attuali hanno un rilievo sempre maggiore e fra i quali distaccano tutti quei riferiti al governo delle società. Perciò, un’informazione realmente completa è quella che offre più dati di quei che generalmente sono richiesti dagli obblighi contabili.

b) L’informazione contabile deve essere corretta, perché l’esperienza recente degli Stati Uniti ha dimostrato che la contabilità, il linguaggio

finanziario delle imprese, deve servire per trasmettere un’informazione corretta al mercato, e non per occultare o distorcere quest’informazione. Scandali come il caso ENRON o Parmalat in Italia esemplificano che se l’informazione contabile non si aggiusta alla realtà o non è elaborata secondo dei modelli adeguati, perde tutta la sua effettività. L’informe difende l’estensione di questa garanzia di correzione a le altre forme d’informazione che le società sono tenute ad offrire.

c) Alla fine, l’informazione deve essere equitativa e simmetrica, permettendo che tutti i partecipanti nel mercato abbiano accesso ad un’informazione sostanzialmente uguale nello stesso orizzonte temporale.

Nel caso italiano, il Codice di Autodisciplina elaborato dal Comitato per la Corporate Governance centra la sua attenzione nello stabilimento di un sistema di controllo interno e di gestione dei rischi (art. 7), lavoro normalmente sviluppato dal comitato di controllo e rischi. Stabilisce la norma l’obbligatorietà di dotarsi d’un insieme di norme, provvedimenti ed strutture d’organizzazione che permettano l’identificazione, misura, gestione e monitoraggio dei principali rischi ai quali l’impresa deve fare fronte. Questo sistema, contribuisce ad una gestione dell’impresa coerente coi suoi obbiettivi e favorisce l’adozione di decisioni informate.

Ma questa configurazione esterna come dovere giuridico carente di contropartita attiva in favore d’un terzo in ordine alla sua esigibilità, deve essere precisata in un piano interno, nel seno della società. Qualunque sia la forma in cui l’organo di amministrazione si organizzi, il vero è che questo è vincolato alla società per una relazione –che personalmente consideriamo più organica che contrattuale, come lo fa la nostra dottrina da ormai qualche decade141-, di modo

che, sebbene di fronte ai terzi le prescrizioni contabili si mostravano come un

141 Ci rimettiamo qua alle considerazioni sulla natura dell’organo d’amministrazione mantenute da

GARRIGUES, J., “Órganos de la Sociedad. De los Administradores”, en Comentarios a la Ley de Sociedades Anónimas, Vol. II, Garrigues/Uría, Madrid, Imprenta Aguirre, 1ª Ed., 1953, pp. 14-20.

dovere giuridico inesigibile coercitivamente, nel ambito intrasocietario, in quanto questa formulazione serve alla ricapitolazione della gestione svolta, si traduce nella rendicontazione del lavoro che si ha fatto di fronte alla società142, obbligo

inerente al carico di amministratore della società.

Come conclusione di tutto ciò fin qui esposto, si può capire che le disposizioni legali sulla contabilità conformano un autentico dovere che, in funzione degli interessi generali che tratta di proteggere, adotta certi tracci di pubblico. La categoria dei doveri, come si è affermato, si mostra molto diafana, risultando la nota più essenziale di questa precisamente la responsabilità dei soggetti sui quali s’impongono. Ogni soggetto, di per se, è libero nel suo comportamento, essendo soggetto per l’imperatività delle leggi al adempimento di certe prescrizioni. Queste prescrizioni lo leggeranno nella sua attuazione dal punto che l’inadempimento delle medesime gli può arrecare una responsabilità – pecuniaria, penale...-, che si deriva sia dalla sanzione che questo dovere ha adatto – quando questo succeda-; o bene, da un danno che il suo inadempimento abbia occasionato ad un altro soggetto, danno che genererà, a causa del dovere di risarcimento, una responsabilità di riparare il pregiudizio che si è irrogato.

Partendo dalla tesi del professore Vicent, affermeremo che il dovere di contabilità ha un carattere pubblico nella sua configurazione, ma sulla base di questo non solo si costruiscono delle relazioni inter privatos, e dunque, di carattere privato; ma che si svolgono anche sulla base del dovere pubblico di contabilità altre relazioni di carattere pubblico, ad esempio, nel ambito della responsabilità penale originata per i reati contabili, oppure nella responsabilità amministrativa da cui si deriva, nel piano dei mercati finanziari, dalla diffusione dell’informazione contabile inesatta.

142 VÁZQUEZ CUETO, J.C., Las cuentas y la documentación contable en la Sociedad Anónima, Marcial

B.

Natura giuridica delle dichiarazioni contabili

Abbiamo appena considerato che l’osservanza delle prescrizioni in materia contabile implica l’adempimento d’un dovere di carattere pubblico, perché questo risponde alla soddisfazione di un insieme di fini che oltrepassano la stessa