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Natura giuridica delle dichiarazioni contabil

S IGNIFICAZIONE DELLA C ONTABILITÀ NELLE S OCIETÀ DI C APITAL

B. Natura giuridica delle dichiarazioni contabil

i. Natura giuridica dei libri contabili

a) Valore materiale dei libri di contabilità

b) Valore dei libri dalla prospettiva processuale generale: funzione probatoria c) Valore di fronte ai procedimenti concorsuali

d) Valore dei libri all’interno dell’impresa: il segreto della contabilità

Le modifiche legislative che si sono introdotte negli ultimi anni nella regolamentazione della contabilità degli imprenditori permette di osservare una nuova configurazione del ruolo che questa gioca nella struttura dell’impresa, ove i fini che è chiamata ad adempire e degli interessi che dipendono dal suo corretto sviluppo. Rimangono ormai lontane le prime concezioni che intendevano la contabilità come uno strumento ausiliare dell’imprenditore, che era totalmente libero nella sua tenuta perché soltanto su di lui ripercuoteva l’informazione contenuta nei suoi libri, e il cui contenuto, d’altronde, rimaneva riparato da un segreto contabile forse troppo ampiamente inteso. I primi trattati e metodi di contabilità, il cui più remoto precedente si trova nell’opera di Luca Paccioli, Summa de arithmetica, geometria, proporcioni et proporcionalita, si limitavano ad offrire ai commercianti medioevali raccomandazioni su come dovevano tenere la documentazione dei suoi affari affinché questa risultasse utile e loro potessero estrarre da quella l’informazione necessaria per l’adozione delle sue decisioni18.

Con lo sviluppo e l’espansione delle relazioni commerciali, e nella stessa misura in cui si sviluppa la regolamentazione dell’esercizio dell’attività commerciale, i

18Pacioli si pronuncia in questo senso all’iniziare il congiunto d’istruzioni che offre nella sua opera

ai mercanti affermando che, come è ben saputo, quelli che volessero dedicarsi al commercio ed agire con la efficacia dovuta, ha bisogno fondamentalmente di tre cose. La principale di queste è il denaro in contanti (pecunia numerata) o qualsiasi altro bene patrimoniale riducibile a denaro, perché senza denaro o mezzi di pagamento difficilmente si può negoziare. Nonostante, non si deve sconoscere che c’è chi si dedica agli affari senz’altro che la sua buona fede e che, pur avendo iniziato a negoziare sulla base di crediti scrupolosamente rimborsati, sono riusciti ad accumulare grandi ricchezze. La seconda cosa che si precisa per il traffico commerciale è essere un bravo contatore e sapere fare i conti velocemente. La terza è ultima cosa necessaria è quella di registrare ed annotare tutti i negozi in modo ordinato, con l’obbiettivo di poter avere notizia di ognuno di quegli con velocità, sia per quanto riguarda ai debiti come ai crediti, perché il commercio non sa d’altro. E quest’ultima cosa è fra tutte la più utile, perché sarebbe impossibile gestire bene gli affari se non si registrassero disciplinatamente le operazioni. Senza questo registro, la mente dei mercanti non avrebbe riposo e dovrebbe essere continuamente in attivo. Perciò, ho composto la presente trattazione (...) al obbietto di spiegare, capitolo per capitolo il modo di effettuare ogni sorte di annotazioni ed scritture. (Stratto da PACIOLI, L., Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalita, Título Noveno, Tratado XI, De Computis et Scripturis, Venecia, 1494; versión en castellano preparada por HERNÁNDEZ ESTEVE, E., De las cuentas y las Escrituras, AECA, 1994, pp. 149-151).

legislatori prendono coscienza dal rilievo che le scritture contabili spiegano nel esercizio del commercio e dall’utilità di questi, non solo per l’imprenditore stesso, ma pure per l’insieme delle relazioni che questi ordino nel mercato. Dunque, si offre una prima configurazione positiva dei più essenziali doveri contabili. Da questo modo, sebbene l’impiego dei libri e le tecniche contabili abbi inizio come una pratica libera, volontaria e generalmente accettata dai commercianti19, fu

conformando un uso del commercio che permetteva agli imprenditori avere notizia minuziosa sul andamento dei suoi affari, finché, alla fine, quest’attività viene positivizzata, generandosi un autentico dovere per quei che si dedicano a attività commerciali. Questa tendenza compie il paradigma evolutivo generalmente eseguito dalla normativa commerciale, che passa dei fatti agli usi del commercio che, quando sono percepiti dal legislatore e considerati degni di positivazione, finiscono plasmati in leggi che offrono sicurezza giuridica e permettono una più adeguata protezione degli interessi implicati nel suo adempimento.

Nei primi risultati codificatori della materia commerciale, nonostante, si offre una configurazione dei doveri contabili come un obbligo essenziale da sviluppare per tutti quanti esercitano il commercio, conformandosi così, i primi rudimenti dello statuto giuridico dell’imprenditore, come un complesso di norme di carattere imperativo al quale si devono sottomettere quelli che svolgono un’attività commerciale. Questo passo suppone qualcosa di più che la semplice evoluzione d’una norma consuetudinaria a una legale, poiché comporta pure il riconoscimento da parte del legislatore della necessità dell’istituto e dell’importanza che la sua garanzia implica per il corretto funzionamento del

19 Come si vede, la contabilità non ha avuto sempre un carattere imperativo per l’imprenditore.

Così, quando «nelle loro origini storiche le scritture contabili avevano per l’imprenditore commerciale una pura funzione mnemonica, la documentazione continuata di attività mancava di rilevanza giuridica e in linea di fatto la relativa tenuta non costituiva un obbligo del commerciante. Solo nel momento in cui si riconosce l’esistenza di interessi alieni che possono comunque essere coinvolti nello svolgimento della attività sorge l’esigenza di rappresentare simbolicamente e fissare a futura memoria, quanto meno, quelle vicende a cui più particolarmente sono legati interessi alieni e donde più facilmente potrebbero sorgere lesioni (in atto o in potenza) di tali interessi», PANUCCIO, V., La natura giuridica delle registrazioni contabili, Jovene, Napoli, 1964, pp. 164-166.

mercato20. Prescindendo da un’analisi in dettaglio dell’evoluzione normativa della

contabilità commerciale fino ai nostri giorni21, quello che bisogna notare è che nel

processo evolutivo si percepisce un’alterazione sostanziale del ruolo che si da alla contabilità nella struttura dell’impresa.

Si è affermato che il Diritto Commerciale conforma una categoria storica e non una categoria logica. La sua configurazione, le sue strutture, fini e oggetto si sviluppano man mano che si sviluppa la società e la realtà economica22. Non

possiamo sconoscere nemmeno questo fenomeno per quanto riguarda all’ambito della regolazione della contabilità imprenditoriale. Così le cose, il Diritto Commerciale ha trafitto diverse tappe nella sua storia, passando dall’epoca dei

20 In Spagna, la tenuta dei libri veniva già delineata come obbligo nelle Ordenanzas de Bilbao di

1737, il cui Capitolo Nono aveva la rubrica “De los mercaderes, libros que han de tener, y con que formalidad”, e dentro di questo capitolo si stabiliva nella sua prima sezione che «Todo Mercader Tratante, y Comerciante por mayor, deberá tener, a lo menos, cuatro libros de cuentas, es a saber: un Borrador, o Manual, un Libro mayor, otro para el asiento de cargazones, o facturas, y un Copiador de cartas, para escribir en ellos las partidas correspondientes, y demás que en cada uno respectivamente se deba, según, y de la manera que se declarará, y prevendrá en los números siguientes». Sembra che da questo testo si deriva l’obbligo dei commercianti di tenere certi libri, il quale, nonostante, soltanto comportava delle sanzioni indirette in caso di necessità probatoria ante lite o nel caso di fallimento.

In seguito, il Codice di Commercio di 1829 insisteva su l’obbligatorietà della contabilità commerciale, collocando la sua regolazione dentro del Capitolo Secondo del Libro Primo, sotto la rubrica “De las obligaciones comunes a todos los que profesan el comercio”, per considerare nel suo articolo 32 che ogni commerciante è obbligato a tenere i conti delle sue operazioni in al meno tre libri, che sono: il libro diario, il libro maggiore o di conti correnti, il libro degli inventari. Questo Codice –redatto da Pedro Sáinz de Andino-, sebbene suppone una riduzione in quanto al numero dei libri obbligatori, incrementa l’imperatività delle disposizioni contabili, stabilendo una penale «che non sarà inferiore ai reali mille, ne superiore ai ventimila» ai commercianti i cui libri si trovino inattendibili o difettosi (art. 43), e quello sebbene le eventuali sanzioni criminali in caso di falsità (art. 44). A questo s’aggiunge la penale di trai reali seimila e trentamila al commerciante che omette nella sua contabilità alcuno dei libri obbligatori (art. 45).

Nel caso italiano, il Codice Commerciale di 1866 fissava nei suoi articoli 16 e 17 che «Il commerciante deve tenere un libro giornale (…), conservare in fascicoli le lettere e i telegrammi che riceve, e copiare sopra un libro le lettere e i telegrammi che spedisce (…) [e] fare in ciascun anno un inventario (…) copiarlo d’anno in anno e firmarlo sopra un libro a ciò destinato». Il Codice italiano, pese a l’imposizione di questo “dovere”, lo vincolava soltanto con la sua utilità come mezzo di prova.

21 Per un’analisi più dettagliato dell’evoluzione storica della regolamentazione della contabilità

rinviamo a MARTÍN MOLINA, P.B. /VEIGA COPO, A. B., “Los libros de contabilidad: un apunte histórico”, Boletín de la Facultad de Derecho UNED, 1998, núm. 13, págs. 395-414.

22 Sembra obbligatoria la referenza al padre di queste idee nella sua costruzione della storia del

Diritto Commerciale, il professor GALGANO, F., Lex Mercatoria, il Mulino, Bologna, 1976 (quinta edizione del 2010), con traduzione allo spagnolo a cura di BISBAL, J., Historia del Derecho Mercantil, Ed. Laia, Barcelona, 1981.

mercanti alle rivoluzioni industriali, dovendo adattare le sue strutture ai bisogni d’ogni momento. Oggigiorno si osserva che il Diritto Commerciale deve fare fronte ad un nuovo paradigma di configurazione, il quale deriva dalla rivoluzione tecnologica e dalla società dell’informazione. Diversi caratteri definiscono questa tappa, fra i quali spiccano la maggiore rilevanza che assume l’informazione dentro l’attività commerciale (e, dentro di questa, anche l’informazione contabile), la celerità del traffico giuridico derivata delle nuove possibilità che offrono le tecnologie dell’informazione, la dematerializzazione nella prestazione dei beni e servizi e l’innalzamento di un nuovo «Mercato» (nel senso materiale del termine), un nuovo ambito di relazioni di carattere immateriale ed immanente qual è Internet. Tutte queste dinamiche colpiranno necessariamente l’adempimento degli obblighi contabili ed al modo in cui si deva elaborare e diffondere l’informazione delle imprese23.

Nelle società di capitali la contabilità imprenditoriale è in procinto di occupare un ruolo centrale nella sua struttura. La limitazione di responsabilità che caratterizza queste società rende necessario estremizzare la cautela sulla determinazione quantitativa delle risorse di cui dispone l’imprenditore. La società risponderà dai suoi debiti solo con il suo proprio patrimonio, senza che si possa estendere questa responsabilità ai soci; ma, allo stesso tempo, risponderà con tutto il suo patrimonio. Da questo si devia la necessità di delimitare quali sono le risorse che conformano la società, nel doppio senso di esigere che la società abbia le risorsi sufficienti per lo sviluppo della sua attività, e di permettere la delimitazione chiara del montante patrimoniale che è proprietà della società e quello che è proprio dei soci. D’altro canto, di fronte all’attuale dibattito sulla funzione che il

23 In quest’ambito sono di grande interesse le riflessioni di BOCCHINI, E., Diritto Commerciale nella

società dell’informazione, Op. cit., il cui afferma che, «(…) il diritto commerciale, come il fiore dell’ibiscus, muore come diritto dell’impresa della società industriale, per rivivere come “diritto dell’informazione” nella società post-industriale, perché il mercato è un sistema di informazioni decentrate e spontanee che può fallire per asimmetria informativa e solo il diritto può salvare l’economia dal fallimento (…)», en este marco, «Lo ius novum (si pensi solo per fare qualche esempio alla disciplina della firma digitale o delle azioni dematerializzate o del registro delle imprese informatizzato o della contabilità informatizzata, ecc.), che ogni giorno viene fuori nel segno dell’informatica e della dematerializzazione, manca, invero, di ogni disegno organico che, partendo dal dato esteriore della informatizzazione, sappia scoprire il dato strutturale secondo il quale il mercato è, in primo luogo, un sistema informativo» (pp. 4-5).

capitale sociale deve svolgere nell’ambito del Diritto societario europeo, al nostro avviso, come posteriormente verrà trattato, l’informazione contabile debba giocare un ruolo centrale nella definizione di un nuovo sistema di responsabilità e garanzie che supera a quello in cui la cifra del capitale sociale, più formale che protettrice, serve a poco ai creditori24.

Ma la contabilità non spiega efficacemente al livello esterno, ma, internamente, i propri organi incaricati della gestione societaria hanno bisogno dell’informazione contabile per l’adozione di decisioni e l’organizzazione della stessa struttura della società, lo quale ci mette di fronte al prisma della Corporate Governance.

La correlazione d’interessi interni ed esterni giustifica le vicissitudini che caratterizzano lo sviluppo della normativa regolatrice della contabilità

24 Senza occorrenza di esaustività, si può affermare che nello svolgimento di questo dibattito, la

dottrina italiana adotta una posizione centrale, sia per la sua implicazione nella materia, sia per la qualità dei contributi. Per capire i profili della questione sembra interessante la discussione dottrinale tenuta fra i professori Denozza ed Enriques, che non è altro che lo scontro fra i sistemi di protezione anglosassone e quello dell’Europa continentale. Vid. ENRIQUES, L./MACEY, J., “Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale”, Rivista delle Società, 2002 (47), p. 78 e ss.; articolo criticato da DENOZZA, F., “A che serve il capitale? (Piccole glosse a L. Enriques-J.R. Macey, Creditors versus capital formation: the case against the European legal capital rules)”, Giur. Comm., 2002, I, p. 585 e ss; così come la contro- critica di ENRIQUES, L., “Capitale sociale, informazione contabile e sistema del netto: una risposta a Francesco Denozza”, Giur. Comm., 2005, I, p. 607 e ss. Nella dottrina spagnola, vid. ALONSO LEDESMA, C., “Algunas reflexiones sobre la función (la utilidad) del capital social como técnica de protección de los acreedores” en Estudios de Derecho de Sociedades y Derecho Concursal: Libro homenaje al profesor Rafael García Villaverde, Vol. I, Marcial Pons, Madrid, 2007, pp. 127-157; ugualmente, da una prospettiva più generale, LLEMBOT MAJÓ, J. O., “La geometría del capital social”, RDM, 1999, num. 231, pp. 37-89. Dalla prospettiva anglosassone, FERRAN, E., “The place for creditor protection on the agenda for modernisation of company law in the European Union”, European Corporate Governance Institute (ECGI) Law Working Paper No. 51/2005, University of Cambridge; PELLENS, B. / SELLHORN, T., “Improving creditor protenction through IFRS reporting and solvency test”, European Company and Financial Law Review, Special Issue 1/2006; SCHÖN, W., “The Future of Legal Capital”, EBOR, num. 5, 2004, pp. 429-448; ARMOUR, J., “Legal Capital: An Outdated Concept?”, EBOR, núm. 7, 2006, pp. 5-27; SANTELLA/TURRINI, “Capital Maintenance in the EU: Is the Second Company Law Directive Really That Restrictive?”, EBOR, num. 9, 2008, pp. 427-461.

Può essere anche interessante considerare l’analisi fatto per incarico degli organismi europei alla consulente KPMB sulla possibilità di sistemi alternativi a quello del capitale sociale nell’ambito della Seconda Direttiva, vid. KPMG, Feasibility study on an alternative to the capital maintenance regime stablished by the Second Company Law Directive 77/91/ECC of 13 December 1976 and an examination of the impact on profit distribution of the new EU-accounting regime, Contract ETD/2006/IM/F2/71, Main Report.

imprenditoriale, che la guidano verso l’esigenza di una maggiore pubblicità dell’informazione e di un maggiore controllo degli atti con trascendenza economica nel interno dell’impresa. Questo bisogno si collega con la coscienza sul nuovo ruolo che l’informazione contabile deve disimpegnare nel sistema socio-economico attuale. Questa evoluzione demanda la coordinazione fra le misure destinate a proteggere gli interessi interni ed esterni ad essa, cercando con quello, di raggiungere un equilibrio25. Solo attraverso l’analisi di questa relazione d’interessi

sarà possibile individuare il limite di penetrabilità nell’interna corporis dell’impresa, che si svolgerà attraverso il veicolo dell’informazione contabile, che serve allo stesso tempo come istrumento di pubblicità e di controllo26. In questa

sede potremmo avvertire conflitti fra la protezione degli interessi esterni all’impresa e la protezione dei diritti alla libertà d’impresa ed alla autodeterminazione informativa dell’organizzazione imprenditoriale.

Per risolvere questi conflitti ci vuole una certa regolazione giuridica di questa informazione, così come dei metodi impiegati per l’elaborazione e rappresentazione dei dati. Si collega di questo modo la scienza contabile con la necessità della sua regolazione giuridica, sorgendo così la necessità di articolare un Diritto della contabilità dell’imprese che si occupi di regolare di una forma giuridica i criteri secondo i quali si possa considerare che l’informazione contabile offerta da un imprenditore risponde a certi parametri che consentono di confidare nella sua veracità, che sono generalmente accettati in modo di garantire la sua comparabilità, e che sono stato sufficientemente consensuati in modo da

25 Come osservato dalla dottrina, a maggiore trasparenza informativa delle società dovrebbe

rimanere un minore spiraglio per l’esigenza di responsabilità agli imprenditori per gli atti realizzati sulla base di quest’informazione. In questo senso si pronuncia BOCCHINI, E., Introduzione al diritto commerciale nella new economy, CEDAM, Padova, 2002, p. 20, quando afferma che «Il principio di responsabilità informativa, secondo il quale a minor trasparenza e simmetria informativa deve corrispondere maggiore responsabilità, onde la responsabilità deve essere il surrogato della mancanza di informazione, in una filosofia di trasparenza».

26 NIGRO, A., “Le scritture contabili”, in L’impresa, Trattato di Diritto Commerciale e di Diritto

permettere la sua comprensione dai soggetti estranei alla struttura dell’impresa alla quale vengono riferiti27.

Sull’autonomia, contenuto e caratteri del Diritto contabile si è discusso parecchio28. In questo piano risulta necessario fare un approccio al concetto

giuridico di contabilità. Non si tratta di riflettere un concetto tecnico-economico su questa scienza, ma di sottolineare le note giuridiche che caratterizzano il fenomeno della contabilità. Così, si può considerare la contabilità come il complesso delle norme e tecniche imperative che reggono in modo obiettivo il procedimento di selezione dei dati, la sua quantificazione, registro, analisi, rappresentazione e creazione documentale in registrazioni che permettano, dopo la sua analisi, ottenere informazione su fatti con trascendenza economica relativi al patrimonio e l’attività dell’impresa. Per considerare completa l’informazione proporzionata dalla contabilità, questa deve essere riferita ai tre versanti economiche che affettano all’attività del soggetto, vale a dire il versante patrimoniale riflesso dall’insieme dei beni e diritti che sono titolarità di questo, la struttura finanziaria che determina le fonti di finanziamento ovvero di conseguimento delle risorse impiegate e l’ambito dei risultati indicativi dei guadagni o le perdite che, nello svolgimento della sua attività, ha subito il soggetto29.

27 Ciò nonostante, non mancano le voci rinomate che relativizzano l’importanza dell’utilizzazione di

parametri standardizzati nell’elaborazione dell’informazione contabile. In questo senso, MACEY J.R., Corporate Governance..., Op. cit., p. 156, avverte che «those who argue in favor of uniform formatting focus, obsessively in my view, on the concern that uniform presentation of accounting information is necessary to permit investors to make “apples and apples” comparisons of financial results across various companies. This argument fails to comprehend that competition among rival methods of presenting accounting information would be a good thing, and that deviation from conformity with existing norms sometimes reflects useful innovation rather than harmful obfuscation».

28 Su questo punto in particolare troviamo una delle migliori contributi nell’opera di VICENT

CHULIÁ, F., “En torno al concepto y fuentes del Derecho contable”, in Estudios Jurídicos en homenaje al profesor Aurelio Menéndez, Tomo I, Civitas, Madrid, 1996, pp. 605-649.

29 Si sono elaborati diversi approcci sul concetto di contabilità da un punto di vista giuridico. Fra

queste spicca l’offerta dal professore GIRÓN TENA, J., “Las cuentas anuales de la SA”, RdS, num. 1, 1993, p. 13, il quale afferma che in un senso dinamico e cronologico la contabilità, attraverso la costatazione in rilevazioni o registrazioni sui libri e i conti adeguati, esprime il movimento patrimoniale di valori che nell’impresa si produce; cambi che, in ragione dell’attività economica di questa, si producono in quello. Ogni registrazione è una costatazione d’un fatto economico espressivo d’una mutazione nel patrimonio. Statica e sistematicamente con l’ordinazione dei conti e poi con la sistematizzazione di questi e delle sue registrazioni si fa possibile quello di grande rilievo che si

Su questa concezione in lettura giuridica della contabilità, la definizione del