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Il contadino nella dinamica delle forze sociali dopo la rivoluzione e la definizione di classe a fini egemonic

1. I contadini come classe oscillante

Abbiamo visto nel IV capitolo che la premessa logica da cui discendeva tutta la rappresentazione del mondo contadino e del suo rapporto con il potere sovietico era la negazione di una autonoma agentività politica, il che ne giustificava per il partito la leadership sotto forma di tutela permanente. Nel quadro transitorio della Nep, in presenza cioè di “residui” (ostatki) borghesi sopravvissuti alla guerra civile tollerati e talvolta incoraggiati,337 questa presunta inerente passività

della massa contadina ne determinava fortemente anche la rappresentazione del ruolo storico nella dinamica delle forze sociali dopo la rivoluzione.

158 La massa di contadini era descritta come gruppo sociale relativo alle classi che nell’ideologia di partito detenevano personalità politica secondo le leggi storiche marxiste: la borghesia e il proletariato. Il contadino poteva dunque acquistare una forma politica soltanto in relazione ad una di queste due classi ed agire attraverso il soggetto politico che ne era espressione. Dal momento che il contadino come “tipo sociale” era destinato a scomparire, esso si configurava storicamente come oggetto di competizione tra le due classi in lotta. Inoltre, dal punto di vista politico ma anche significativamente culturale, la massa contadina si trovava quindi nella peculiare posizione di doversi necessariamente trasformare in qualcos’altro, che in ultima istanza avrebbe coinciso con la classe vincitrice nel conflitto strutturale. In questo senso i membri di partito ci si riferivano spesso come il gruppo oscillante (kolebljuščijsja), che poteva diventare proletariato seguendo la guida del partito oppure cedere ai suoi istinti piccolo-borghesi cadendo nelle grinfie dei residui del capitalismo.338

La rappresentazione del mondo contadino come gruppo oscillante nella dinamica delle forze sociali, derivante dalla sua spersonalizzazione ed estrema relativizzazione politica, ha due implicazioni discorsive fondamentali che saranno oggetto del presente capitolo. La prima di queste due implicazioni riguarda l’aspetto politico della funzionalità del contadino e della smyčka, ovvero la necessità di accattivarsi il sostegno della maggioranza della popolazione nella lotta rivoluzionaria e nell'approvvigionamento. Nella fase di transizione questo processo venne crescentemente rappresentato dal partito come una lotta con la classe avversa nella formula leninista del kto-kogo?. La seconda implicazione riguarda l’effettivo progetto di trasformazione della classe contadina in proletariato, come parte della lotta egemonica con la borghesia.

I due piani sono strettamente collegati ed interdipendenti. Come era chiara la funzione pratica della classe contadina per la sopravvivenza e l’esistenza (suščesvovanie) stessa del regime, così essa veniva continuamente riportata logicamente sul piano dell’egemonia culturale da parte della maggioranza del partito. Allo stesso tempo, come l’associazione era chiara sul piano pratico e funzionale essa si riscontra anche sul piano filosofico riguardo al concetto stesso di modernizzazione. Il processo di trasformazione dei contadini attraverso la costruzione economica socialista si

338 Sul riferimento continuo alla classe contadina come gruppo oscillante, che è in gran parte l’oggetto di questo capitolo, cfr. anche Ben Lewis e Lars T Lih, a c. di, Martov and Zinoviev: Head to Head in Halle (London: November Publications, 2011), 41.

159 configurava quindi nella mente dei riformatori bolscevichi come una missione civilizzatrice che avrebbe estirpato per sempre i tratti contadini della società russa, da quelli più brutali del kulak all’estrema passività del contadino povero.

Questo nesso tra funzione pratica ed etica della missione storica di trasformazione culturale si ritrova espresso chiaramente nel discorso di Kalinin al XIII Congresso nel maggio del 1924, nel rapporto sul lavoro nelle campagne già menzionato nel IV capitolo. Dopo aver chiarito che, per quanto efficiente, una strada indipendente dalla linea del partito nelle campagne non era contemplata – “rafforzare il socialismo nelle campagne non è un compito contadino autosufficiente” – la logica di Kalinin della spersonalizzazione politica passava direttamente a delineare la dinamica dell’azione trasformatrice eterodiretta, l’unica alternativa per il futuro della massa contadina. In quanto tale, dunque, il contadino non aveva altra scelta che farsi fare borghese o socialista:

Il mondo capitalista lascia un’impronta (otpečatok) borghese sul contadino. Il nostro stato sovietico lascerà l’impronta dello stato sovietico. E non c'è dubbio che lo stato, attraverso i suoi organismi commerciali, avrà una potente leva di influenza sui produttori contadini.339

L’appello allo sviluppo della commerciabilità (tovarnost’) tra città e campagna, 340 che

costituiva il contenuto programmatico dell’intervento di Kalinin al Congresso, acquistava a partire da questo passaggio una forte connotazione etica spostando la questione dello sviluppo del socialismo nelle campagne dal piano pratico a quello dell’egemonia culturale. Tutta la seconda parte del rapporto di Kalinin è una testimonianza di questa compenetrazione, nella logica di integrazione (vrastanie) socialista della classe contadina attraverso il mercato tipica della visione della maggioranza di partito favorevole ad una estensione della Nep. L’aumento della commerciabilità sotto l’egida del partito, infatti, veniva presentata come parte di un lento cambiamento dei rapporti economici da attuarsi

339 Trinadcatyj S’ezd RKP(b), 441.

340 Il concetto di tovarnost’ fu estensivamente usato nei dibattiti degli anni ‘20. Sul piano prettamente economico esso stava ad indicare non tanto la produzione quanto l’effettiva quantità di grano e di prodotti agricoli in generale effettivamente messa sul mercato. Per una definizione della commerciabilità del raccolto e sul suo sviluppo come parola chiave ricorrente nelle discussioni del periodo vedi Carr e Davies, Pianificazione, Agricoltura e industria (1926- 1929):437–40, 5; Carr, Socialismo, I:226–27.

160 attraverso un dialogo sempre maggiore tra il settore privato e socialista, come parte di un processo di civilizzazione che solo poteva estirpare la naturale kulačnost’ contadina:

In sostanza, la famosa kulačnost’ – che per la precisione è l’essenza piccolo borghese, il desiderio di sfruttare le circostanze, di sfruttare il tuo vicino o una persona in generale, è ovviamente una caratteristica inerente di ogni contadino. Naturalmente al più ricco riesce più spesso, mentre il povero ha raramente occasione di dimostrarlo, oppure anche mai. Tuttavia, in virtù della sua essenza contadina, la sete di sfruttare chiunque non si placherà neanche per un minuto. La kulačnost’ tipica del contadino in generale, non si debella immediatamente. Essa è determinata dall’economia, dalla vita stessa del villaggio, e combattere con essa è molto difficile. Va combattuta non con interventi amministrativi nelle relazioni quotidiane tra contadini, ma cambiando gradualmente le fondamenta dell’economia contadina.341

Secondo questo ragionamento, ogni contadino in cuor suo sperava di diventare kulak, ovvero uno sfruttatore, non per accrescere il suo potere economico data la sua posizione nella scala sociale, ma perché questa tendenza allo sfruttamento gli era caratteristica, derivava dall’ambiente e dalla cultura del villaggio che egli aveva assimilato e che aveva determinato la sua indole, adesso difficile da debellare. La tendenza all’arricchimento che gli veniva attribuita non era quindi rappresentata come il risultato di un calcolo razionale, ma come l’appagamento di un naturale istinto immorale dilagante nelle campagne. In questo senso, è significativo l’accostamento tra le proprietà del contadino e le proprietà della natura:

Noi dobbiamo fare i conti con le proprietà del contadino siberiano, così come con la massa contadina in generale, grosso modo come facciamo i conti con certe proprietà della natura. Questi tratti possono essere estirpati solo attraverso un cambiamento lento e graduale dell’economia agricola.342

L’impegno dell’uomo di partito per modificare i brutti tratti contadini che sono in contradizione con lo sviluppo di uno stato socialista corrispondeva dunque all’ancestrale lotta dell’uomo contro la natura. Com’è stato ampiamente riportato nella letteratura relativa al discorso coloniale e in generale all’incontro dell’occidente con popolazioni “altre”, il tema della lotta dell’uomo contro a natura è uno

341 Trinadcatyj S’ezd RKP(b), 442. 342 Trinadcatyj S’ezd RKP(b), 442.

161 dei leitmotive della missione civilizzatrice.343 Esso ha radici antichissime e si basa su una concezione

unilaterale dello sviluppo economico e culturale che è all’origine della dicotomia civilizzato/selvaggio.344 Il contadino russo rappresenta la parte selvaggia, animale, della società

sovietica che i bolscevichi devono estirpare come parte della missione modernizzatrice del socialismo.

2. Il dilemma leninista del

kto-kogo?

Dunque, nella dinamica delle forze sociali in atto dopo la rivoluzione, il contadino era rappresentato come l’oggetto della competizione tra il partito e gli elementi capitalisti sopravvissuti, crescentemente identificati nella figura del kulak di villaggio. Questa logica non era un prodotto originale della leadership post-leninista che stiamo trattando, ma costituiva bensì la nuova versione della formula leninista del kto-kogo?.345 Essa si riferiva in origine all’inevitabilità del conflitto di

classe tra proletariato e borghesia nella transizione rivoluzionaria come gioco a somma zero. Questi elementi di base permasero anche dopo la morte di Lenin. Tuttavia, l’insistenza sulla necessità di portare i contadini dalla propria parte in questa lotta si accrebbe esponenzialmente fino a che la conquista della campagna non diventò nel discorso del partito l’unico e fatale fattore per assicurarsi la vittoria. Parallelamente, negli anni tra il 1924 e la svolta verso la dekulakizzazione, il riferimento al kto-kogo? si spostò sempre di più dal piano della pacifica competizione economica, maggiormente

343 Vedi, per esempio, Mary Gilmartin, «Colonialism/Imperialism», in Key Concepts in Political Geography, a c. di Carolyn Gallaher et al. (Los Angeles: SAGE, 2009), 115–23; Robert Young, Postcolonialism: An Historical Introduction (Oxford; Malden: Blackwell, 2001); Hall, «The West and the Rest».

344 Cfr. Gilbert Rist, Lo sviluppo: storia di una credenza occidentale (Torino: Bollati Boringhieri, 1997); Ashcroft, Griffiths, e Tiffin, Postcolonial Studies, 235–36.

345 Questa era stata espressa da Lenin per la prima volta nell’ottobre del 1921 in occasione di un Congresso dei centri di educazione politica di tutta la Russia nel contesto di instaurazione della Nep. Il discorso di trova in Lenin, Sočinenija, 1970, XXXXIV:155–76. Per il passaggio sul kto-kogo? cfr. pag. 161.

162 affine alla formula leninista, a quella politica, fino a giustificare la politica di coercizione di massa che venne attuata a partire dalla fine del 1929.

I riferimenti al tema in questi anni sono tali da potersi interpretare come un vero e proprio “dramma dell’egemonia”, dove gli attori acquistano sempre di più le caratteristiche di personaggi teatrali, con dei ruoli e una trama definiti. 346 Secondo questa rappresentazione il partito, avanguardia

del proletariato agiva nel bene della campagna contro la leadership alternativa del kulak per l’influenza sulla oscillante massa di contadini, definita secondo la categorizzazione triclasse leninista. All’interno di questa narrazione, il kulak aveva sostituito il proprietario terriero nella battaglia per conquistare i contadini del villaggio dopo la guerra civile. Egli non soltanto si presentava come un rivale economico, ma con subdole manovre politiche contribuiva a seminare discordia nel partito e nella massa di contadini, impedendogli di diventare autenticamente comunista. Questa fu da sempre la posizione delle voci nel partito più allarmate dalla questione della differenziazione. Così Trockij per esempio interpretava pubblicamente i dissensi che lo riguardavano nel 1924, riferendosi a coloro che lo accusavano di un atteggiamento anti-leninista riguardo alla campagna:

Certo ora queste voci non fanno più il gioco dei proprietari terrieri e dei capitalisti, dal momento che il numero di queste onorevoli persone è diminuito considerevolmente dal 1919. In compenso, ora abbiamo il nepman e, in campagna, il mercante (torgaš)347 e il kulak. Non c’è dubbio che questa gente ha interesse a seminare discordie e confusione nell’atteggiamento del partito comunista nei confronti dei contadini. Sono proprio il kulak, il rivenditore (skupščik), il nuovo mercante, l’intermediario (posrednik) di città che cercano di mettersi in contatto diretto con i contadini, in quanto produttori di grano e acquirenti di prodotti industriali, e che cercano in questo modo di scalzare gli organi del potere sovietico. Ed è proprio su questo terreno che si svolge oggi la principale battaglia. Anche in questo caso la politica serve gli interessi

346 Il riferimento al teatro e in generale alla creazione di ambientazioni e personaggi teatrali è molto frequente negli studi sulla rappresentazione, poiché si tratta di un aspetto tipico delle pratiche rappresentative. Esso ricorre specialmente nei casi di incontri con l’altro con implicazioni particolarmente traumatiche sul piano identitario, per creare delle immagini si ricorre a categorizzazioni stereotipate e cariche di contenuto morale. Cfr. Stuart Hall, a c. di, Representation: Cultural

Representations and Signifying Practices (Sage in association with the Open University, 1997); Michel Foucault, L’archeologia del sapere: una metodologia per la storia della cultura (Milano: Bur Saggi, 2015). Per il riferimento al

teatro vedi gli studi citati teoricamente rilevanti per questo studio Frierson, Peasant Icons; Said, Orientalismo.

347 Torgaš in russo ha una connotazione molto dispregiativa, con riferimento sia alla merce venduta sia al piano personale del mercante. È usata per indicare una persona che antepone il suo profitto a tutto e a tutti. Ožegov e Švedova, Tolkovyj

163 economici. L’intermediario, nel suo tentativo di legarsi ai contadini e di guadagnare la loro

fiducia, accoglie di buon grado e rivolge a suo le vecchie balle dei proprietari terrieri – solo lo fa con un po’ più di prudenza dal momento che da allora il potere sovietico si è fatto più forte.348

La lotta con il kulak da questo passaggio risulta essere quindi per lo stesso fondamentale scopo economico, per la stessa visione dell’agricoltore dal punto di vista funzionale come produttore di grano e acquirente di prodotti finiti. Su questo e anche sul piano politico, il tema della lotta era onnipresente nei riferimenti al kulak. Nel suo rapporto politico al XIII Congresso del partito Zinov’ev, sebbene si presentasse all’epoca come uno dei più ferventi sostenitori della politica di conciliazione con i contadini, non si risparmiò da usare toni drammatici nel raffigurare il conflitto:

Esiste il pericolo di un'eccessiva crescita della borghesia che, ovviamente, comincia a crescere dalla campagna, dal nepman del villaggio, dal kulak, dall’usuraio, dal samogonščik. Questo è il motivo per cui la risposta alla seconda domanda [kto kogo?] è lungi dall’essere così calma e sicura, qui dobbiamo applicare tutte le nostre forze. La lotta tra noi e ‘loro’ (la nuova borghesia) è appena agli inizi.349

Un mese più tardi, in un discorso sul bilancio del suddetto congresso, l’alleato Stalin approfondì il significato economico di tale lotta utilizzando gli stessi toni. La lotta per la “conquista del mercato” che secondo le previsioni di Lenin non poteva avvenire in modo pacifico era “divampata” e si sarebbe realizzata mediante “una lotta fra gli elementi socialisti e gli elementi del capitalismo privato”. Tuttavia, nonostante i toni bellicosi, Stalin rassicurava che il processo dovesse effettuarsi esclusivamente sul piano economico, “sotto forma di una concorrenza spietata fra questi elementi opposti della nostra economia nazionale”.350

Oltre al piano economico certamente preponderante nell’analisi bolscevica, c’era anche un significativo elemento politico nella narrazione della lotta contro i kulaki per la conquista della campagna. Nella prima fase “filocontadina” della politica del partito dopo la morte di Lenin fu

348 Lev D. Trockij, «O smyčke», in Novyj kurs (Moskva: Krasnaja nov’, 1924), 94.

349 Grigorij E. Zinov’ev, Kak bol’ševiki strojat gosudarstvo rabočich i krest’jan. Po otčetu Central’nogo komiteta XIII

s’ezdu Rkp(b) (Moskva: Krasnaja nov’, 1924), 40–41.

164 certamente Bucharin a formulare un discorso in tal senso. Si potrebbe dire che gran parte dell’ideologia buchariniana si fonda sulla questione del kto-kogo?. Su questa si basava infatti quella che Stephen Cohen ha chiamato la tesi politica, “l’obiezione politica” di Bucharin nella diatriba con Preobraženskij sulla questione dell’accumulazione primitiva, così fondamentale nella formulazione del pensiero del maggiore teorico di partito di questi anni.351 Il blocco operaio-contadino doveva

tenere per evitare che i contadini cadessero nelle grinfie degli elementi capitalisti non solo nazionali ma anche internazionali. L’appello alla necessità delle concessioni economiche ai contadini di cui Bucharin divenne gradualmente il massimo sostenitore deve essere inquadrato in questo contesto di competizione con gli elementi capitalisti delle campagne, per quanto all’epoca minimizzati. Come si vedrà nel prossimo paragrafo, a questo scopo Bucharin riponeva cieco ottimismo sull’esito dello sviluppo del socialismo, ma nel caso in cui esso non avesse avuto luogo

la divisione tra classe operaia e contadini permetterà alla borghesia di assumere la direzione della campagna contro il proletariato. Si spezzerà la smyčka sotto l’egemonia del proletariato e la dittatura del proletariato sarà rovesciata. Può anche succedere che il blocco della classe operaia e dei contadini sia esposto di tanto in tanto al pericolo di grosse crisi, ma che la linea generale possa essere mantenuta e complessivamente il blocco si consolidi e la borghesia debba ripiegare. In ogni caso la linea per cui dobbiamo combattere e che dobbiamo difendere è la linea del blocco operaio-contadino sotto l’egemonia della classe operaia quale forza dominante e dirigente del blocco. Questa lotta deciderà quale sarà l’esito effettivo, quale alternativa del “dilemma” leninista verrà effettivamente messa in atto.352

Il conflitto contro i kulaki nelle campagne era presentato come la declinazione russa della lotta di classe internazionale, nella quale la conquista dei contadini di tutto il mondo veniva posta come condizione fondamentale per la vittoria di una o di un’altra forza storica. Si è evidenziato come all’indomani della morte de leader bolscevico, nella diatriba ideologica con il trotskismo, l’attenzione rivolta alle classi contadine e la tesi della necessità di un’alleanza con la campagna fossero state elette

351 Cfr. Cohen, Bucharin e la rivoluzione bolscevica, 169.

352 Bucharin, «Bol’ševik», 15 gennaio 1925, 29. Nella versione originale russa sarebbe letteralmente “duplice esito” leninista (dvojakij ischod), si è però scelto di tradurre con “dilemma” in continuità con il titolo di questo capitolo.

165 dalla maggioranza del partito come “tratto essenziale del leninismo”.353 In questi anni gli stessi leader

di partito estesero questa concezione, e la strategia politica della smyčka che ne fecero derivare, al piano internazionale proprio nella formula del kto-kogo?. In particolare, furono Bucharin e Zinov’ev i maggiori teorici di questa esportazione.

L’analogia politica tra la situazione russa e quella internazionale riguardo alla questione contadina era stata già operata da Bucharin negli anni tra il 1921 e il 1923, con la formulazione della sua tesi sulla “città-modo” e sulla “campagna-mondo”.354 Al XII Congresso del partito nell’aprile del

1923 dove presentò il rapporto sulla rivoluzione internazionale, egli insistette a lungo sul valore internazionale delle lezioni della smyčka russa e sulle potenzialità della “gigantesca fanteria rivoluzionaria” rappresentata dalla popolazione contadina delle colonie, di cui il proletariato avanzato dell’Europa doveva farsi leadership.355 Dopo la morte di Lenin egli rinforzò ulteriormente questa

concezione nel senso della lotta di classe internazionale e nella primavera del 1925, in un discorso al IX Congresso del Komsomol di Mosca sulla situazione internazionale, Bucharin ne espresse la portata storica riassumendo così le sfide politiche internazionali del momento:

Con una certa dose di correttezza si può caratterizzare questo periodo come una lotta di classe accanita (otnošennaja klassovaja bor’ba) per la conquista del mondo contadino, tra la borghesia dominante insieme ai proprietari terrieri da una parte e la classe lavoratrice dall’altra. […] In una parola, è adesso in corso una battaglia tra la classe lavoratrice e la borghesia per le anime (za duši) di una riserva (rezerva) colossale di miliardi di persone: la popolazione contadina.356

Dunque, l’influenza e l’egemonia sui contadini di tutto il mondo era la posta in gioco decisiva nel conflitto fondamentale tra il socialismo e la borghesia ed ogni coinvolgimento diretto negli affari

353 Vedi paragrafo 4 capitolo IV.

354 Cfr. Cohen, Bucharin e la rivoluzione bolscevica, 153. Anche se più ampiamente sviluppata in relazione ad atteggiamenti filocontadini questa analogia era già stata elaborata all’indomani della rivoluzione. Vedi il saggio edito nel 1917 e tradotto in italiano come Bucharin, L’economia mondiale e l’imperialismo.

355 Dvenadcatyj s’ezd rossiiskoj kommunističeskoj partii (bol’ševikov): stenografičeskij otčet (Moskva: Gospolitizdat, 1923), 169.

356 Il discorso fu poi pubblicato sul giornale di partito come «Meždunarodnoe položenie i zadači komsomola», Pravda, 26 marzo 1925.

166 di stati terzi doveva interpretarsi come una “battaglia per l’influenza (bor’ba za blijanie) sul contadino