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L’alleanza tra città e campagna nella rappresentazione bolscevica

2. La metafora del moto rivoluzionario

La rukovodstvo del proletariato, seppure come vedremo nella sua impostazione morbida applicata alla Nep, implicava per il partito, sua avanguardia, il monopolio dell’azione politica. A livello ideologico e nella esegesi dell’opera di Lenin che venne compiuta all’indomani della sua morte dalla maggioranza del partito, questo monopolio fu teorizzato attraverso la riproposizione della “dottrina delle forze motrici della rivoluzione” elaborata da Vladimir Il’ič. Durante questi anni di ridefinizione ideologica, questo aspetto venne spesso elevato a uno dei tratti più caratteristici del leninismo, “una delle questioni centrali del bolscevismo”.193 Riferendosi alla drastica situazione

dell’educazione politica nelle campagne nel suo intervento al XIII Congresso di partito, nel maggio del 1924, Nadežda Krupskaja spiegava così la dinamica del moto rivoluzionario, e quindi dell’azione politica prima di tutto, ma anche economica e culturale:

Lenin ha dimostrato che esiste una spinta propulsiva (privod) esercitata dall'avanguardia sulla classe operaia, tra il partito e la classe operaia, e che questa pulsione è già ben avviata. Vladimir Il’ič parlava di questo sistema di spinte, che devono trasmettersi dall'avanguardia alla classe operaia, e da questa, dal proletariato, al contadino medio e agli strati contadini poveri. Qui abbiamo la prima spinta, ma dobbiamo ancora lavorare sulla realizzazione della seconda, dalla classe operaia ai contadini.194

La dinamica dell’azione rivoluzionaria doveva quindi rimanere la stessa anche dopo la presa del potere. In un articolo pubblicato alla fine del 1924 in forte polemica con Trockij, Zinov’ev elevava oltre il caso russo la teoria delle forze motrici come massimo contributo di Lenin alla questione agraria internazionale, valido soprattutto per i domini coloniali delle nazioni occidentali. In questo modo si affidava ai contadini di tutto il mondo un ruolo determinante nella lotta rivoluzionaria, ma che poteva svolgersi soltanto seguendo la gerarchia delle forze sociali:

193 Grigorij E. Zinov’ev, Leninizm: Vvedeniye v izučeniye leninizma (Leningrad: Gospolitizdat,

1926), 136.

194 Trinadcatyj S’ezd Rossijskoj Kommunističeskoj Partii (bol’ševikov). Stenografičeskii Otčet (Moskva: Gospolitizdat, 1963), 460.

93 Si può convenzionalmente definire il leninismo anzitutto come dottrina delle forze motrici

(dvižuščie sily) della Rivoluzione russa, poi come dottrina delle forze motrici della rivoluzione proletaria mondiale. Più in breve, si può dire che il leninismo è la teoria e la pratica della rivoluzione proletaria mondiale che sta iniziando, della quale le forze principali sono: 1) il proletariato, 2) i tre strati principali della popolazione rurale in tutto il mondo, 3) le nazioni oppresse. Inoltre, bisogna tener conto del fatto che la questione delle nazioni oppresse e del loro movimento di liberazione è per la massima parte una questione contadina.195

Nel suo famoso articolo che conteneva lo slogan del “volgere il volto alla campagna” (licom k

derevne), lo stesso Zinov’ev insisteva sul ruolo dirigente del partito nell’azione politica dopo la presa

del potere e spiegava come questo dovesse evolversi nelle varie fasi.196 Proprio nel momento in cui

si concedevano importanti spazi economici e si faceva appello all’integrazione di contadini senza partito nei Soviet locali, l’accento sulla rukovodstvo del proletariato diveniva particolarmente forte.

Una condizione preliminare è necessaria alla politica della classe operaia di fronte ai contadini, politica senza la quale la vittoria finale è impossibile Questa consiste nella vera unità del partito sotto le insegne del leninismo e nel mantenimento del ruolo dirigente del partito negli organi di Stato e negli organi economici. Ridurre anche di poco l’agitazione e la propaganda del partito, vuol dire spezzare l’equilibrio fra la classe operaia ed i contadini. La minima concessione all’emancipazione dei Soviet dal partito sarebbe un colpo diretto all’egemonia del proletariato.197

195 Grigorij E. Zinov’ev, Leninizm: Vvedeniye v izučeniye leninizma (Leningrad: Gospolitizdat, 1926), 19.

196 Lo slogan del “volgere il volto alla campagna” fu lanciato da Zinov’ev nell’agosto del 1924 in un articolo sulla

Lenigradskaja Pravda. Esso si inseriva nella generale difesa pubblica dell’inviolabilità della smyčka da parte della troika

e di Bucharin, come corollario politico della tendenza economica favorevole al settore agricolo. In pratica, si tradusse in una serie di misure per una maggiore integrazione e penetrazione del potere sovietico nelle campagne. L’articolo si trova in Grigorij E. Zinov’ev, «Proletariat i krest’janstvo: čto označaet lozung “licom k derevne”?», in Licom k derevne. Stat’i

i reči: Sbornik (Leningrad: Gosudarstvennoe Izdatel’stvo, 1925), 5–35. In generale vedi Edward H. Carr, Il socialismo in un solo paese, vol. I (Torino: Giulio Einaudi Editore, 1968), 780–806; Lewin, Contadini e potere sovietico, 74–75. Per

un recente studio dettagliato di queste politiche per la provincia di Riazan vedi Tracy McDonald, Face to the Village: The

Riazan Countryside under Soviet Rule, 1921-1930 (Toronto: University of Toronto Press, 2016).

94 La ragione profonda di questo monopolio dell’azione politica Zinov’ev l’aveva già spiegata un anno prima, nell’ottobre del 1923, al Congresso fondatore dell’Internazionale contadina rossa (Krestintern). L’organizzazione era stata istituita dal Kominten sotto idea del comunista polacco Tomasz Dąbal, per seminare le idee comuniste tra le numerose fila dei contadini dell’Europa orientale che in quel periodo si stavano organizzando in partiti contadini autonomi. In particolare, il Krestintern doveva avere l’obiettivo di competere con la cosiddetta Internazionale verde, fondata dall’allora primo ministro bulgaro Stambolijski, che riuniva partiti e movimenti a base contadina.198 Nel suo

discorso di apertura Zinov’ev spiegò, negando così l’autenticità dell’Internazionale verde, perché fino ad allora non era esistita nessuna organizzazione contadina internazionale e i contadini erano rimasti disuniti. Ciò era dovuto

al fatto che i contadini di tutto il mondo sono dispersi (raspyleno), meno competenti (gramotno), meno capaci di agire organizzandosi, quindi questo non poteva verificarsi finché il proletariato non è stato in grado di organizzarsi non soltanto su scala internazionale, ma prima su base nazionale. Il contadino per molti anni e per molte decadi è rimasto polvere umana (ljudskaja pyl’); i contadini hanno vissuto disordinatamente (vrazbrod), non avevano la loro organizzazione politica e quindi non pensavano a un’organizzazione su scala internazionale. Ma ora, sessanta anni dopo, sono sopraggiunti tempi nuovi. Qui viene posta la prima pietra nella fondazione dell’Internazionale contadina rossa.199

Tuttavia, per Zinov’ev l’iniziativa del proletariato non era stata totalmente calata dall’alto, ma avveniva come risultato dell’educazione politica dei contadini attraverso la loro integrazione nella lotta rivoluzionaria della classe operaia. La rivoluzione in Russia e soprattutto la guerra imperialista in Europa avevano cambiato i contadini. Soprattutto, la loro irreggimentazione in un esercito aveva accresciuto le loro capacità organizzative. Il contadino era “rinato” (pererodilsja).200 Questa era

opinione comune all’epoca, Trockij in particolare ripeteva spesso, riferendosi alla sua esperienza di capo dell’Armata Rossa, la tesi per cui solo la pratica della disciplina militare poteva insegnare ai

198 Vedi George D. Jackson, Comintern and Peasant in East Europe (New York: Columbia University Press, 1966). 199 Grigorij E. Zinov’ev, «Privet Krasnomu Krest’janskomu Internacionalu», in Krest’jane i rabočie (Moskva: Novaja derevnja, 1925), 10.

95 contadini alcune delle basi razionali dell’associazione e dell’organizzazione, esercizio che poteva comunque svolgersi unicamente sotto la leadership del proletariato.201

Anche secondo Zinov’ev, infatti, la rinascita del contadino europeo non significava la rinuncia alla rukovodstvo. Prima della guerra “il contadino era più incline a supportare il sistema borghese” di quanto non fosse allora:

Molto spesso laddove il contadino votava docilmente per la borghesia, seguiva il partito del prete o del proprietario terriero, adesso, dopo la guerra, sta cercando una strada diversa e non è lontano il momento in cui verrà dalla parte della classe lavoratrice, in cui gli stringerà la mano.202

Rinunciando alla leadership borghese il contadino finiva di fatto solo per seguire il proletariato in posizione subalterna, in una internazionale contadina rossa. Non esistendo come forza politica indipendente, ai contadini era negata ogni vitalità anche come gruppo sociale. Essi non avevano scelta se non aderire al campo della borghesia o del proletariato, non poteva sussistere iniziativa politica che non si iscrivesse in una di queste due alternative. Da questa rappresentazione dicotomica dell’agentività politica derivava anche l’interpretazione dell’Internazionale verde, la cui leadership veniva fatta risalire ai proprietari terrieri e alla borghesia che, percependo la metamorfosi del contadino europeo cercavano di mantenere la loro posizione dominante su di esso come il macellaio con la bestia:

Egli [il contadino] non è più la vecchia bestia grigia (prežnjaja ceraja skotinka), non la puoi portare più così facilmente al macello come si faceva prima. Hanno cercato di sellarlo, di farlo abboccare, attirarlo in un’organizzazione che doveva sembrare l’Internazionale, ma in realtà è un mezzo nelle mani dei partiti dei sacerdoti e dei proprietari terrieri.203

Un perfetto esempio della spersonalizzazione politica dei contadini nella rappresentazione del partito è offerto dal rapporto di Kalinin Sul lavoro nelle campagne al XIII Congresso di partito. Egli,

201 Cfr. Lev D. Trockij, Socinenija, vol. 3, 1 (Leningrad; Moskva: Gosizdat, 1924), XX. 202 Zinov’ev, «Privet Krasnomu Krest’janskomu Internacionalu», 12–13.

96 come Zinov’ev al Congresso fondatore del Krestintern, derivava il suo ragionamento da alcuni cambiamenti occorsi durante la Nep nella psicologia contadina, che però non risparmiavano la campagna dalla necessità della rukovostvo proletaria. Secondo Kalinin, l’aumentata differenziazione sociale nelle campagne (rassloenie) stava accrescendo il potere del kulak, il contadino ricco. Tuttavia, l’aumentata coscienza politica del contadino semplice (prostoj) lo stava portando a cercare ed intraprendere soluzioni cooperative per contrastare il potere degli strati agiati delle campagne:

Osserviamo che il bednjak [contadino povero] è politicamente più sviluppato (razvityj) e formato (vospitanyj) di quanto non fosse prima, è più capace di combattere, cerca di liberarsi dalla schiavitù del kulak e cerca quei sentieri che possono aiutarlo a venire fuori dalle sue grinfie. E quindi, per evitare queste insidie borghesi, si sta organizzando in comuni, collabora in varie cooperative (arteli) per aumentare il suo potere economico.204

Nel suo discorso, Kalinin dipinse un quadro roseo di queste comuni agricole, argomentando che rispetto ai sovchozy (fattorie statali) essi risultavano molto più efficienti dal punto di vista economico e godevano maggiormente del sostegno della popolazione. Egli ammise inizialmente che attraverso queste forme di cooperazione i contadini stavano “indirizzando l’agricoltura verso il sentiero dello sviluppo socialista”. Tuttavia, anche se il contadino evolveva in senso sempre più cooperativo, questo socialismo era da considerarsi soltanto presunto poiché si verificava fuori dalla guida del proletariato e quindi dall’interdipendenza con il settore industriale:

Sarebbe ingenuo stare troppo tranquilli su questo cosiddetto (tak nazivaemyj) sentiero socialista. Rafforzare il socialismo nelle campagne non è un compito contadino autosufficiente (samodovlejuščaja krest'janskaja zadača) che si risolve senza contatto con l'industria socialista, con la circolazione delle merci, con il corso della produzione e della vita commerciale in generale, perché la cooperazione contadina, se è indipendente dallo sviluppo del socialismo di stato, si risolverà rapidamente nella cooperazione piccolo-borghese. Il motore principale del socialismo nel villaggio al momento attuale è ovviamente lo sviluppo della commerciabilità (tovarnost’) nella produzione agricola, […] Sforzarsi per il livellamento, per l'agricoltura di sussistenza (natural’noe chozjajstvo) è un passo indietro sul fronte economico. Questa è solo un’uguaglianza esterna; tale uguaglianza non contribuisce alla cooperazione, ma al contrario

97 spinge queste economie di sussistenza verso un’economia chiusa puramente di sussistenza, cioè

non solo non ci avvicina, ma ci toglie dal socialismo.205

Per quanto efficiente, una strada indipendente dall’industria e dallo Stato non era contemplata nella visione di Kalinin, che secondo la tradizione bolscevica riportava ogni progetto contadino autogestito sulla strada del capitalismo piccolo-borghese e lo squalificava di conseguenza. Il contadino, da solo, non poteva percorrere la strada del socialismo. Si vedrà più avanti quanto questo pensiero sulle forme cooperative di produzione agricola autosufficienti fu determinante nella svolta del 1929-1930 verso la collettivizzazione forzata. Ancora una volta, quindi, al contadino non rimaneva altra scelta che farsi fare borghese o socialista. “Il mondo capitalista lascia un’impronta (otpečatok) borghese sul contadino. Il nostro Stato lascerà la sua impronta sovietica”, disse Kalinin alla fine del suo discorso al Congresso.206