• Non ci sono risultati.

L’inviolabilità della smyčka per la sopravvivenza dello Stato proletario

Lo scambio economico e il dibattito sulle vie di sviluppo

1. L’inviolabilità della smyčka per la sopravvivenza dello Stato proletario

Ad un livello prettamente pratico ed economico, la sopravvivenza della smyčka, del legame e dello scambio costanti tra la città e la campagna, veniva presentata come il prerequisito fondamentale dell’esistenza del proletariato. Nel bilancio del XIII Congresso di partito tenutosi nel maggio del 1924, che nella ricostruzione degli storici marca la fine della prima crisi della Nep segnando la prima vittoria della campagna sulla città, della troika contro Trockij e la chiusura delle forbici in favore dell’agricoltura,248 Stalin formulava così la portata dell’interdipendenza economica tra città e

248 Per questa interpretazione del XIII Congresso e in generale degli sviluppi nel partito durante la prima metà del 1924 come prima definitiva svolta della politica sovietica in favore della campagna e di un’interpretazione della Nep in senso

118 campagna in un rapporto ai corsi per i segretari dei comitati circondariali organizzati dal Comitato Centrale:

Che cosa è la smyčka? È il legame costante (postojannaja svjaz’), lo scambio costante (postojannyj obmen) fra la città e la campagna, fra la nostra industria e l’economia contadina, dei prodotti fabbricati dalla nostra industria con le derrate alimentari e le materie prime dell’economia contadina. L’economia contadina non può vivere, non può esistere senza inviare al mercato cittadino derrate alimentari e materie prime e senza ricevere in cambio dalla città i prodotti industriali e gli strumenti di lavoro necessari. Nello stesso modo l’industria statale non può svilupparsi senza inviare al mercato contadino i suoi prodotti, e senza rifornirsi di derrate alimentari e di materie prime dalla campagna. Quindi la fonte dell’esistenza (istočnik

syščestvovanija) della nostra industria socialista è il mercato interno e, innanzi tutto, il mercato

contadino, l’economia contadina. Perciò la questione della smyčka è il problema dell’esistenza (syščestvovanie) della nostra industria, la questione dell’esistenza del proletariato stesso, la questione di vita o di morte della nostra repubblica, la questione della vittoria del socialismo nel nostro paese.249

Stalin ribadiva così la sua aderenza al gruppo del partito che dopo la morte di Lenin predicava l’importanza della smyčka come patto inviolabile tra la città e la campagna e come tratto fondamentale del leninismo, oltre il quale non resta che l’eresia trotskista. Tuttavia, oltre il significato teorico e politico, il segretario del partito insisteva in tono enfatico e drammatico sulla questione della

syščestvovanie che legava la città e la campagna sul piano prettamente materiale. Egli dipingeva un

sistema di mutua sopravvivenza nello scambio economico, che si configurava in una rigida e interdipendente divisione di ruoli: la campagna doveva funzionare come mercato per i prodotti finiti dei centri industriali e cittadini, per i quali forniva allo stesso tempo le materie prime necessarie alla sopravvivenza fisica della popolazione, allo sviluppo di alcuni settori industriali e all’accumulazione di capitale derivante dall’esportazione. Escludendo completamente l’economia contadina di sussistenza, per Stalin i vantaggi dello scambio per i contadini risultavano nella vendita dei loro prodotti al “mercato cittadino”, il che implicava quindi quello spazio di mercato garantito dalla Nep e la possibilità di crescita economica del contadino individuale. Tuttavia, l’accento del discorso era

filocontadino cfr. Carr, Socialismo, I:198. Per i risultati del Congresso v. la risoluzione in Trinadcatyj S’ezd RKP(b), 599– 684.

119 posto decisamente sulla sopravvivenza dell’”altro lato” della smyčka, quello della “nostra industria socialista” del “proletariato stesso” e in ultima analisi “della vittoria del socialismo nel nostro paese” per cui l’economia contadina era essenziale “fonte di sopravvivenza”.

Oltre all’enfasi sulla syščestvovanie, un’altra cosa che si nota è la natura dei ruoli dello scambio e la loro rigida funzionalità, che ricorda e ricalca sorprendentemente lo schema coloniale in contesti di scambio diseguale basati sulla fornitura di materie prime. Questo era lo schema denunciato in gioventù dallo stesso Lenin come essenza dell’imperialismo occidentale, poi entrato a far parte delle analisi economiche dei cosiddetti “teorici della dipendenza” a partire dagli anni ‘50.250 A parte il fatto

che l’economia contadina e quella “cittadina” dell’industria venissero costantemente presentate come due entità rigidamente separate come funzione e caratteristiche,251 nel contesto della Russia sovietica

della primavera-estate del 1924 era ovviamente improprio parlare di colonialismo economico. Tuttavia, tutto dipendeva dai termini dello scambio tra i due settori, che fu oggetto di dibattito intenso in seno al partito fino alla “grande svolta” del 1929-1930 e che per le sue forti implicazioni discorsive costituisce il punto di partenza della nostra analisi in questo capitolo. Al momento basti dire che l’enfasi sulla syščestvovanie legata alla campagna sarà onnipresente nel dibattito, soprattutto come animatore sotterraneo delle posizioni più estreme riguardo al “pompaggio” (perekačka) di risorse, ma anche come argomento a favore di una maggiore integrazione tra la città e la campagna a tutti i livelli, venendo a mancare la nazionalità come principio unificante.

250 Vedi soprattutto Vladimir I. Lenin, L’imperialismo fase suprema del capitalismo (Roma: Editori riuniti, 1970); Vincent Ferraro, «Dependency theory: An introduction», in The development economics reader, a c. di Giorgio Secondi (New York: Routledge, 2008), 58–64. Lenin poi applicò lo stesso schema per la sua analisi dello sviluppo industriale e la sua denuncia del capitalismo predatore e “coloniale” delle zone centrali della Russia zarista risetto alle regioni agricole produttrici di grano. Vedi Lo Sviluppo del Capitalismo in Russia, III:284.

251 La stessa critica fu presentata da Bucharin durante la controversia con Preobraženskij sull’accumulazione primitiva socialista. Vedi per esempio «Bol’ševik», 10 dicembre 1924, 22–23; «K kritike ekonomičeskoj platformy oppozicii»,

Bol’ševik 1 (15 gennaio 1925): 30; Nekotorye voprosy ekonomičeskoj politiki: sbornik statei (Moskva, 1925), 6. Sebbene,

come si vedrà, la tendenza a considerare in modo nettamente separato l’economia contadina da quella statale, soprattutto in senso sociale più che economico, apparteneva allo stesso Bucharin.

120

2. Il dibattito sull’accumulazione primitiva e la via buchariniana della

peredelka

La controversia economica sull’accumulazione primitiva socialista (pervonačal’noe

nakoplenie) intorno alla quale si polarizzò il partito dopo il XIII congresso, rappresenta sicuramente

il dibattito più significativo sui modelli di sviluppo e sulle relazioni di scambio tra città e campagna che si ebbe negli anni di ridefinizione ideologica dopo la morte di Lenin. Com’è noto questo riguardava, in condizioni di isolamento internazionale dove perciò la strada degli investimenti stranieri era impercorribile, l’identificazione delle fonti interne da cui accingere per lo sviluppo industriale e la determinazione dei tempi e dei modi di tale sviluppo. La questione, che non era affatto nuova e che anzi evocava nodi lasciati irrisolti nell’ultima fase dello zarismo e nella prima fase del potere sovietico, accumulatisi e complicatisi nel tempo, si presentò con forza dopo la pubblicazione dello studio dell’economista indipendente, ma molto vicino alla sinistra di partito, Evgenij Preobraženskij, La legge fondamentale dell’accumulazione socialista. Quella che doveva essere nelle intenzioni un contributo relativamente limitato all’ambito accademico, venne colto dalla maggioranza del partito come un’occasione di scontro politico e portato sul piano pubblico come “piattaforma economica del trotskismo”.252 Fu Bucharin, allora il più convinto sostenitore della ricetta

filocontadina della Nep e unico economista fra i massimi dirigenti di partito a cui spettò il compito di rispondere a Preobraženskij, di difendere la linea della maggioranza e darle una coerenza teorica fino ad allora inesistente.253 Su questa elaborazione si fondò la retorica e la letteratura di partito

almeno fino al 1927, lasciando poi la sua scia negli anni avvenire.

Sperando di non snaturare il contenuto del dibattito, si cercherà di limitare l’esposizione degli aspetti prettamente tecnici e le divergenze di politica economica, già ampiamente analizzati in profondità dalla storiografia economica sul tema, alla semplice contestualizzazione, concentrando la

252 Za leninizm, 285. Vedi nota 259 sul carattere improprio di questa associazione sul piano teorico.

253 Come ha fatto notare Stephen Cohen, fu la circostanza della diatriba con Preobraženskij fra il 1924 e il 1926 a far sì che Bucharin formulasse un coerente programma economico della maggioranza e una spiegazione teorica di come questo avrebbe portato alla costruzione del socialismo, elaborando una “teoria generale” dello sviluppo economico, politico e sociale. Bucharin e la rivoluzione bolscevica, 166.

121 trattazione sugli aspetti discorsivi e le pratiche rappresentative che si possono ricavare da alcuni passaggi della diatriba negli scritti dei suoi protagonisti.254

Lo studio di Preobraženskij, letto in estate all’Accademia Comunista, fu pubblicato nella rivista

Vestnik Kommunističeskoj Akademii nell’autunno del 1924. La questione che poneva l’economista

era semplice, diretta e più che mai di attualità: dove reperire le risorse necessarie all’industrializzazione, ora che finalmente era stato conquistato il potere politico e “la lotta si era spostata sul piano economico”? A livello teorico e metodologico, lo scritto partiva dall’analogia con l’esperienza delle economie capitaliste per identificare le opzioni dell’avanzata verso il socialismo, un periodo che nella teoria marxista si chiamava “accumulazione primitiva capitalistica”. Prima che potesse essere messo in moto il processo di accumulazione automatica proprio di un’economia capitalistica matura, era stato necessario passare attraverso un periodo di accumulazione forzata del capitale in poche mani. Questa era stata la fase dell’aperta costrizione e sfruttamento dell’operaio, che aveva dovuto essere strappato dalla terra e immesso nelle fabbriche, la fase della “separazione dei produttori dai mezzi di produzione”. Allo stesso modo, “perché il complesso dell’economia statale potesse essere in grado di sviluppare tutti i suoi vantaggi economici e costituirsi una nuova base tecnica”, anche il socialismo doveva passare attraverso uno stadio preliminare di “accumulazione primitiva”. Questa consisteva in una “accumulazione nelle mani dello stato di risorse materiali provenienti prevalentemente da fonti al di fuori del complesso economico statale (iz istočnikov

ležaščich vne kompleksa gosudastvennogo chozjajstvo).”255

L’analisi delle condizioni particolari dell’economia sovietica, e del suo carattere prevalentemente rurale, portava Preobraženskij a identificare queste fonti nelle “risorse dell'economia piccolo-borghese e in particolare contadina” e a fare la sua diagnosi:

254 Cfr. Erlich, Il dibattito sovietico sull’industrializzazione 1924/1928; Lisa Foa, a c. di, La strategia sovietica per lo

sviluppo economico, 1924-1930: la discussione degli anni Venti nell’URSS (Torino: G. Einaudi, 1970); Lewin, Contadini e potere sovietico, 111–43; Alec Nove, «Economia sovietica e marxismo: quale modello socialista?», in Storia del Marxismo, vol. III (Torino: Einaudi, 1980), 605–34.

255 Evgenij A. Preobraženskij, «Osnovnoj zakon socijalističeskogo nakoplenija», Vestnik Kommunističeskoj Akademi VIII (1924): 54.

122 Nel periodo dell’accumulazione socialista l’economia statale non ce la può fare (ne možet

obojtic)’ senza lo sfruttamento (ekspluatacija) della piccola produzione, senza l’espropriazione

di parte del surplus della campagna e dell’artigianato e infine senza operate prelevamenti dall’accumulazione capitalistica a vantaggio dell’accumulazione socialista. […] un paese come l’Unione Sovietica, con la sua economia distrutta e in generale alquanto arretrata (octaloe), deve percorrere la fase di accumulazione originaria attingendo molto generosamente dalle fonti rappresentate dalle forme economiche pre-socialiste. […] Il compito dello stato socialista consiste qui non nel prendere ai produttori piccolo-borghesi meno di quanto prendesse il capitalismo, ma nel prendere di più dal reddito ancor più alto che sarà assicurato al piccolo produttore dalla razionalizzazione di ogni cosa.256

Ciò che proponeva Preobraženskij era di fatto di ritoccare il compromesso della Nep, di ribaltare l’attuale equilibrio tra stato ed economia contadina instaurato dopo il XIII Congresso al fine di crearne un altro basato sul trasferimento di risorse (perekačka) tra due economie considerate aliene, inconciliabili e concorrenti, volgendo i termini di scambio più chiaramente a favore di quella statale. Sebbene a seguito delle critiche della maggioranza del partito Preobraženskij riformulò l’articolo in una seconda versione cercando di attenuarne il linguaggio, il senso rimase alterato.257 Pur respingendo

i saccheggi e le razzie e limitando la sua analisi soprattutto alla politica fiscale e dei prezzi, di fatto ciò che l’economista proponeva era una deliberata politica di “scambi non equivalenti” (neekvivalentnyj obmen) in cui lo “sfruttamento” di qualunque contadino avesse qualcosa da dare era espressamente previsto ed auspicato, e doveva essere attuato ad opera del partito attraverso le relazioni di mercato garantite dalla Nep.258 Questo linguaggio valse a Preobraženskij, allora come

256 Preobraženskij, 58–59.

257 La seconda versione dell’articolo fu pubblicata come secondo capitolo del libro Novaja Ekonomika (Moskva: Izdatel’stvo Kommunističeskoj akademii, 1926), 88–163. In particolare, furono omesse tutte le espressioni che rimandavano a sfruttamento (ekspluatacija) e espropriazione (ekspropriacija), sostituite prevalentemente con il termine più morbido di “alienazione” (otčuždenie), altre espressioni crude furono eliminate o modificate. Le citazioni qui riportate si riferiscono alla prima versione del Vestnik, poiché fu su questa che si basò poi la critica di Bucharin.

123 oggi, la nomea di primo teorico sovietico di una politica di “colonialismo interno” in riferimento alle relazioni tra partito e classe contadina.259

In realtà, come è stato ampiamente fatto notare dalla storiografia, Preobraženskij rifiutava l’uso di metodi violenti caratteristici delle politiche coloniali, non chiese mai l’applicazione di metodi amministrativi e non parlò mai di requisizioni del grano, prassi invece estensivamente applicate da Stalin dal 1928 in poi. Le misure da proposte dall’economista si limitarono da una parte all’utilizzo dello strumento fiscale, ma soprattutto e sempre di più negli anni successivi all’imposizione di una politica dei prezzi favorevole all’economia statale, che permettesse di accumulare il nuovo capitale. Facendo leva sulle proprie prerogative di forza e di monopolio, lo Stato avrebbe potuto trasferire valori oggettivati nelle merci dal versante privato a quello nazionalizzato statale, semplicemente praticando prezzi più alti per i propri prodotti nello scambio con quelli della sfera non socialista della campagna. Tale scambio di valori non equivalenti, di fatto, si sarebbe tradotto in una sorta di tassazione dell'economia privata, mentre il sistema di tassazione diretta, sosteneva, avrebbe di certo alienato i contadini dalle autorità e causato quella rottura della smyčka che il partito lo accusava di voler provocare.260

Preobraženskij giustificava la crudezza dell’articolo con la presunzione di scientificità dovuta all’ispirazione prettamente accademica e tecnica che egli gli attribuiva, tirandosi decisamente indietro sul piano politico e considerando la sua proposta una verità scientifica che toccava ad altri abbellire sul piano comunicativo.261 Tuttavia, nonostante la sua pretesa di scientificità c’era comunque una

forte connotazione valoriale nel suo ragionamento, che è significativa riguardo alla forma mentis dell’autore riguardo ai rapporti tra partito e contadini e che fornisce indicazioni preziose riguardo all’oggetto dello studio, poiché condivisa da gran parte dell’intelligencija di partito.

259 Vedi per esempio, oltre alla critica di Bucharin che tratteremo dopo, Love, «Modeling Internal Colonialism: History and Prospect»; Gouldner, «Stalinism»; Evgenij A. Preobraženskij, The New Economics (Oxford: Clarendon Press, 1965). 260 Cfr. Evgenij A. Preobraženskij, «Chozjajstvennoe ravnovese v sisteme SSSR», Vestnik Kommunističeskoj Akademi XXII (1927): 123. Sulla strumentalizzazione e il fraintendimento di Preobraženskij vedi Erlich, Il dibattito sovietico

sull’industrializzazione 1924/1928, 65, 71; Cohen, Bucharin e la rivoluzione bolscevica, 168.

261 Come ha fatto notare Edward Carr, l’aggiramento del problema politico rappresentò una delle più grandi debolezze della posizione di Preobraženskij durante il dibattito con la maggioranza del partito, che invece concentrò tutta la sua critica su argomentazioni fortemente ideologiche e demagogiche. Carr, Socialismo, I:194.

124 Una parte significativa di questa etica preobraženskiana dei rapporti città-campagna si può evincere dalla sua analogia con il periodo capitalista, poiché qui viene chiarita la sua immagine del nuovo Stato e della posizione che in esso avrebbe dovuto assumere il mondo coontadino. Enumerando le varie forme di espropriazione messe in pratica dal capitalismo nel processo di accumulazione originaria – espropriazione del lavoro di piccoli produttori operanti in forme di produzione precapitalistiche, sfruttamento di colonie, espropriazione mediante imposte e prestiti di stato – Preobraženskij rifiutava come inaccettabile per un governo socialista il metodo del colonialismo:

Per quanto concerne la rapina coloniale (kolonial’nogo grabeža), lo Stato socialista, perseguendo una politica di eguaglianza dei diritti nei confronti delle nazionalità e del loro ingresso volontario in una qualche forma di associazione nazionale, respinge in linea di principio ogni metodo violento in questa sfera. Adesso e per sempre, questa fonte di accumulazione primitiva gli è categoricamente preclusa.

Nonostante Preobraženskij facesse espressamente rientrare in questa categoria “tutti i metodi di violenza e di rapina applicati nei confronti della popolazione contadina in tutte le metropoli” a vantaggio dell’accumulazione capitalista, la stessa obiezione non valeva nel caso dello sfruttamento dell’economia contadina a vantaggio dell’accumulazione primitiva socialista:

Assolutamente diverso [rispetto alla soluzione coloniale] è il caso dello sfruttamento in favore del socialismo di tutte le forme economiche presocialiste. La tassazione delle forme non socialiste non solo è inevitabile (neizbežno) nel periodo di accumulazione originaria socialista, ma essa deve assolvere necessariamente una funzione enorme, decisiva in paesi contadini come l’Unione Sovietica.262

Pertanto, le stesse considerazioni etiche riguardo allo sfruttamento e alla spoliazione delle nazionalità non si applicavano quindi in egual misura quando si trattata di popolazione contadina, poiché considerata nella sua configurazione di “forma economica presocialista”. Nonostante Preobraženskij si sforzasse il più possibile di mantenere la sua analisi sul piano strettamente tecnico, in questa diversità di trattamento traspariva un giudizio di valore per cui ne deriva che lo sfruttamento

125 dell’economia contadina, seppure applicato con metodi non violenti e attraverso un “prelevamento” determinato della politica dei prezzi, non solo era necessario sul piano pratico, ma anche accettabile su quello morale.

È possibile interpretare questa conclusione e la sua genesi attraverso due ordini di ragioni fortemente interconnesse, una di natura retorica e l’altra teorica. In primo luogo, l’espediente di identificare il contadino con la sua forma economica ne favoriva la de-umanizzazione, il che permetteva a Preobraženskij di escludere dalla sua argomentazione ogni scrupolo morale che invece si applicava nel caso dello sfruttamento delle nazionalità. Questa tendenza fondava le sue radici nella teoria marxista-leninista all’interno della quale Preobraženskij si era formato e su cui basava il suo pensiero e le sue teorie. La nazionalità, seppure rappresentando una forza storica destinata a scomparire nel lungo termine in un mondo socialista, doveva essere tollerata ed esaltata nel breve periodo secondo gli insegnamenti di Lenin sull’autodeterminazione.263 Sebbene anche questa

aspettativa si sarebbe scontrata molto presto con la realtà, trascinando fino ad oggi le sue conseguenze, negli anni della Nep essa era questione molto meno spinosa rispetto a quella dei rapporti tra città e campagna. A livello teorico non esisteva gerarchia tra le nazioni secondo i bolscevichi, ma piena uguaglianza di diritti.264 Al contrario, esisteva un chiaro ordine e una esacerbata conflittualità

tra i sistemi economici caratteristici delle fasi storiche della dialettica marxista. Come si è detto, la coesistenza del settore statale socializzato con l’economia contadina in quanto sfera non-socialista dell’economia era pienamente di attualità nel sistema ibrido e ambiguo della Nep.

Nell’analisi di Preobraženskij questa convivenza era considerata nel lungo periodo impossibile e perfino pericolosa:

Considerare normale una situazione del genere [scambi equivalenti tra industria statale e agricoltura privata] significa supporre che il sistema socialista e il sistema di produzione privata di merci possano coesistere uno accanto all’altro, integrati nello stesso sistema economico nazionale, sulla base di un perfetto equilibrio economico. Un equilibrio del genere non può

263 Per un esame della politica sovietica delle nazionalità negli anni della Nep cfr. Slezkine, «USSR as a Communal Apartment».

264 Cfr. Iosif V. Stalin, Il marxismo e la questione nazionale (Mosca: Edizioni in lingue estere, 1950); Vladimir I. Lenin,

126 sopravvivere a lungo perché un sistema divora (požirat’) necessariamente l’altro. Ci sono due

possibilità: la degradazione о lo sviluppo in avanti; non è possibile rimanere fermi allo stesso punto. […] Una delle due cose: о la forma capitalistica erode rapidamente il blocco monolitico dell’economia statale che fu formato dalla lava della rivoluzione di ottobre e della guerra civile, о la forma socialista si sviluppa a spese sia della propria accumulazione sia della sfera non- socialista, alimentandosi anche del suo succo.265

Pertanto, mentre non sussisteva conflitto tra il fattore nazionale e l’instaurazione di una