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L’alleanza tra città e campagna nella rappresentazione bolscevica

4. Il dibattito sulla sottovalutazione dei contadin

Il dilemma della conciliazione della teoria marxista – basata sull’azione del proletariato urbano nei paesi industrializzati dell’Europa occidentale, in un paese prevalentemente agricolo, afflisse tutte le manifestazioni e le anime del socialismo russo fin dalle sue origini. Come si è detto, la smyčka tra città e villaggio all'interno delle concessioni all'economia di mercato garantite nel quadro nella Nep era il compromesso escogitato da Lenin all’indomani della guerra civile, che avrebbe permesso di percorrere contemporaneamente la strada dell’industrializzazione e della conciliazione con la campagna per un certo periodo di tempo. Le divergenze nel partito sulle linee di sviluppo che si erano delineate già dal 1923 riguardo alla risoluzione della crisi delle forbici, e che erano rimaste in sospeso negli ultimi mesi della malattia del leader bolscevico, emersero violentemente all’indomani della sua morte. La maggioranza del partito si impegnò allora nella costruzione di un’ortodossia leninista della quale si diceva custode, squalificando ogni altra posizione come deviazione ideologica, inaugurando così una prassi che strozzerà sempre di più ogni pluralismo nel partito.226 La cosiddetta “troika”

costituita da Stalin, già segretario generale del partito, e dalla coppia Zinov’ev e Kamenev intorno alla quale si era costituita la maggioranza, in opposizione a Trockij, elesse la sopravvivenza della

smyčka come il tratto essenziale che distingueva l’aderenza al leninismo ortodosso. Bucharin, poi,

divenne il teorico economico di maggiore spicco della posizione “filocontadina” contro quella industrialista. Dentro questo primo dibattito all’indomani della morte del leader si possono ricavare elementi importanti della costruzione del sistema rappresentativo e immaginario che caratterizzerà tutto il discorso sul contadino negli anni fino al 1929. Nel suo significato profondo esso risulta, al di là delle divergenze sul breve termine, condividere un piano comune molto ampio tra i vari partecipanti al dibattito, costituito proprio dagli elementi generali che abbiamo delineato di sopra.

All’interno del dibattito del 1924-1925 sulla natura della smyčka, infatti, si può scorgere un filo rosso che concerne la valutazione profonda del ruolo dei contadini all’interno del processo di evoluzione storica della Russia secondo l’interpretazione della leadership bolscevica – il significato

226 Cfr. Vedi Giuliano Procacci, «Prefazione», in La «Rivoluzione permanente» e il socialismo in un paese solo (Roma: Editori Riuniti, 1970), 9–23.

106 della ruralità russa nel destino rivoluzionario. Seguendo questo filo rosso, nei paragrafi che seguono verranno esaminate le basi discorsive che sottendono ed emergono da questa valutazione, relativamente alla natura del rapporto politico tra il partito e la campagna. In particolare, verranno considerati il fondamentale dibattito tra la tesi del socialismo in un paese solo e della rivoluzione permanente, e la questione delle potenzialità rivoluzionarie del contadino russo che ne è alla base.

La maggioranza di partito accusava Trockij di negare, o sottovalutare, queste potenzialità, volendo fare la “rivoluzione senza i contadini”, allontanandosi dalla teoria del blocco operaio- contadino, “il tratto più sostanzialmente originale del leninismo”.227 Trockij si difese da questi

attacchi in varie occasioni e in vari articoli tra il 1923 e il 1924, raccolti nella pubblicazione de il

Nuovo corso. Sulla questione della sottovalutazione (nedoocenka) egli scrisse un intero articolo in

cui argomentava le sue posizioni sulla base della rappresentazione dei contadini come classe relativa: Il termine sottovalutazione in sé stesso non significa niente, né teoricamente né politicamente,

poiché questa non è una questione del peso assoluto dei contadini nella storia, ma del loro ruolo e della loro importanza relativamente alle altre classi: da una parte la borghesia, dall’altra il proletariato.228

Un ragionamento simile si ritrova nel famoso scritto polemico delle Lezioni dell’Ottobre, in cui Trockij accusava la posizione dei menscevichi nei mesi rivoluzionari del 1917. Egli fece esplicito riferimento alla lettera Il momento presente, che Zinov’ev e Kamenev avevano inviato alle principali organizzazioni di partito due settimane prima della rivoluzione contro la decisione del Comitato centrale sulla rivolta armata, sostenendo che il partito non godesse allora dell’appoggio della maggioranza della popolazione contadina e che pertanto la rivolta sarebbe stata destinata al fallimento. Trockij sosteneva nelle Lezioni che proprio Zinov’ev e Kamenev, gli stessi che nel 1924 lo accusavano di sottovalutare i contadini, avevano frainteso la classe contadina nel momento cruciale della rivoluzione, sottovalutando le loro potenzialità rivoluzionarie e sovrastimando la loro autonomia politica rispetto a quella del proletariato:

227 Iosif V. Stalin, Opere complete, vol. VI (Roma: Rinascita, 1952), 365–66; Bucharin, «Bol’ševik», 10 dicembre 1924, 10.

107 L’errore principale e fondamentale, che scaturisce dal fallimento nel comprendere che i

contadini hanno potenti interessi rivoluzionari e possono dimostrare un forte desiderio perché essi si realizzino, ma non possono assumere una posizione politica indipendente (samostojatel’nyj): essi possono о votare per la borghesia, attraverso l’agenzia socialista- rivoluzionaria della borghesia, о unirsi (primknut’) di fatto al proletariato. Proprio dalla nostra politica dipendeva l’attuazione dell’una о dell’altra possibilità. […] Per usare un’espressione tanto corrente fra di noi in questo periodo, questa lettera esprime allo stesso tempo sia una sottovalutazione e una sopravvalutazione dei contadini. Questa sottovaluta il potenziale rivoluzionario dei contadini (sotto la leadership proletaria!) e sovrastima la loro indipendenza politica. Questo duplice errore di sopravvalutazione e sottovalutazione dipende, a sua volta, da una sottovalutazione della nostra stessa classe e del suo partito, il che corrisponde all’approccio socialdemocratico verso proletariato.229

Sulla stessa logica si basava Stalin, all’epoca in piena polemica con Trockij, in un discorso al Plenum di ottobre in cui offrì la sua interpretazione della “componente contadina” che aveva preso parte alle rivolte estive in Georgia, in particolare nella regione di Guria. Nonostante la rivolta georgiana fosse considerata nel suo insieme non più di una fabbricazione menscevica, secondo il Segretario generale la rivolta di Guria meritava particolare attenzione poiché aveva in effetti avuto “carattere di massa”. La narrazione di questo episodio servì a Stalin per sottolineare, da una parte, la sua argomentazione sui compiti del partito nelle campagne e, dall’altra, per declassificare sottilmente la rivolta attraverso l’argomentazione della congenita irresponsabilità politica della massa contadina. Inizialmente, il contadino veniva elevato ad attore razionale dal momento che la scintilla per la ribellione veniva fatta risalire effettivamente al prezzo del grano, che Stalin riconosceva come la “nuova questione essenziale della relazioni di mercato tra la città e la campagna”. Si tracciava un ritratto lusinghiero del nuovo contadino russo, non più “schiacciato, terrorizzato dall’idea di perdere la sua terra e disposto ad ogni sacrificio pur di liberarsi dal proprietario terriero”. Tuttavia, il contadino di Guria non si sarebbe mai ribellato se non istigato dai kulaki, “gli ispiratori di questa nuova battaglia, nel mercato e nella campagna, contro la politica dei prezzi sovietica”. In questo modo, Stalin riportava indietro l’immagine appena delineata del nuovo contadino alle inevitabili dipendenze di un’altra classe – poiché il kulak era di fatto il borghese delle campagne nella

108 rappresentazione bolscevica.230 Esattamente come quello vecchio, neanche al nuovo contadino uscito

rafforzato dalla rivoluzione, elevato ad alleato imprescindibile del proletariato, era riconosciuta un’autonoma voce politica per esprimere le sue istanze. Anche nella rivolta egli rimaneva soltanto uno strumento passivo nelle mani del kulak, propagandato come nemico giurato del partito nelle campagne.231 Pertanto, anche quando le sue istanze erano considerate legittime o comunque motivate,

il contadino non aveva altra scelta che cadere nelle mani del partito o del kulak, le uniche forze politicamente attive.

Gli scambi e gli scontri sulla valutazione delle potenzialità rivoluzionarie dei contadini non avevano come soggetto la campagna, ma l’azione di altre classi su di essa e in particolare del proletariato. Di fatto, a livello puramente astratto e teorico, si discuteva sulla valutazione della

rukovodstvo proletaria, il che aveva ed avrebbe avuto una serie di importanti ricadute a livello pratico.

Anche nelle parole della maggioranza, allora impegnata appassionatamente nella difesa della smyčka e quindi della rappresentazione del contadino come alleato, la campagna non venne mai elevata oltre la definizione delle capacità di guida del proletariato, mai emancipata dalla sua condizione naturale di classe passiva. Ciò risulta evidente dalla continuazione di questo discorso all’interno del dibattito tra socialismo in un solo paese e rivoluzione permanente.

Dopo la pubblicazione delle Lezioni la troika si scagliò contro Trockij con vigore.232 Zinov’ev,

la cui aderenza con la tattica di Lenin ai tempi dell’Ottobre era stata messa in discussione, dopo i primi articoli più duramente polemici, cominciò a ristabilire il suo posto tra i detentori della verità leninista. Questa produzione maggiormente teorica ebbe come punto di partenza il suo intervento alla una conferenza all’Istituto dei professori rossi dell’Accademia comunista il 15 dicembre 1924, poi pubblicato come capitolo ottavo dell’opera Leninizm due anni più tardi. Nell’intervento, Zinov’ev basava la sua critica della teoria della rivoluzione permanente sulle “conclusioni assolutamente

230 Sulla categorizzazione del kulak rispetto all’universo sociale delle campagne e la sua rappresentazione rispetto all’autorità sovietica sarà dedicato un intero capitolo.

231 Stalin, Sočinenija, 1947, VI:314–17.

232 Per una raccolta degli scritti polemici in risposta all’articolo di Trockij vedi Grigorij E. Zinov’ev, Lev B. Kamenev, e Iosif V. Stalin, Bol’ševizm ili trockizm: Sbornik statej Zinov’eva, Kameneva, Stalina (Kursk: Knigoizdatel’skoe T-vo pri Gubkome RKP(b), 1925).

109 inesatte” di Parvus e Trockij derivate da “l’errore essenziale” compiuto nella “valutazione concreta delle forze motrici (dvižuščie sily) della rivoluzione russa”, oltre che della rivoluzione mondiale. Secondo Zinov’ev essi travisavano Marx e deviavano dal leninismo, si basavano su una “spiegazione inesatta dei rapporti di classe in Russia” e su “deduzioni assolutamente false sulla genealogia storica (istoričeskaja rodoslovnaja) della classe operaia russa”. Partiamo, per spiegare la critica di Zinov’ev, dal secondo punto.

L’operaio russo era diverso dall’operaio europeo, aveva una storia diversa legata al diverso sviluppo economico che in Russia non aveva visto la medesima crescita dell’artigianato a partire dal medioevo. Da questo fatto, che Lenin aveva messo in luce già nello Sviluppo del Capitalismo in

Russia, derivava che “da un punto di vista genealogico, egli è molto più vicino al contadino di quanto

non lo sia l’operaio d’occidente”. “Il nostro operaio russo è separato dal contadino da meno generazioni”, con questo condivide rapporti di “prossimità” (blizost’) più stretti e da ciò deriva la sua diversità:

L’operaio russo ‘discende’ (tečёt)233 più direttamente dall’ambiente contadino: verso il 1890, esisteva da noi un forte strato di operai-contadini; l’operaio russo è legato ai contadini da migliaia di filamenti (nit’), molto più di quello di qualsivoglia paese. È così perché il nostro sviluppo non è stato identico a quello dell’Europa occidentale.234

Zinov’ev riproponeva qui la questione onnipresente nel pensiero russo della originalità dello sviluppo della Russia rispetto a quello occidentale. Gli operai russi da contadini si erano ritrovati a lavorare in “fabbriche immense”, senza passare dallo stadio artigianale, ed erano rimasti attaccati alle loro origini:

Una volta capitati nelle condizioni della grande industria centralizzata, essi cominciarono ad adottare la psicologia proletaria. Tuttavia, non persero il loro legame organico con la campagna. È tutta qui la diversità dell’operaio russo rispetto ai proletari dell’Europa occidentale, i quali, per lo più, sono ex-artigiani. Il contadino, i cui antenati aspiravano al possesso della terra e odiavano il grande proprietario fondiario, si trovò incorporato all’industria moderna. Si formò

233 La parola è tradotta dal verbo russo teč’ significa letteralmente “scorrere”, “fluire”. In questo caso dovrebbe evocare la continuità con l’ambiente contadino.

110 un rivoluzionario che univa in sé la fermezza (ctojkost’) l’energia (energija) del proletario di

città alla spontaneità (stichjinost’) e al viscerale spirito di rivolta (nutrjanoe buntarstvo) del contadino affamato (izgolodavšeesja) di terra.235

Sottolineare la stretta parentela tra l’operaio e il contadino russo serviva a Zinov’ev per affermare che sottovalutare il ruolo del contadino nella rivoluzione equivaleva a sottovalutare anche il proletariato, poiché negava le sue stesse origini.

Questa particolare “genealogia sociale” del proletariato russo, che i “permanentisti” non riuscivano a comprendere, ci porta al secondo punto della critica di Zinov’ev a Parvus e Trockij, ovvero la questione dei rapporti di classe in Russia e del ruolo dei contadini dopo la rivoluzione. Prima della rivoluzione il proletariato aveva bisogno delle masse contadine per costruire una maggioranza schiacciante e prendere il potere, mente i contadini avevano bisogno del proletariato per emanciparsi dal proprietario terriero. Così si caratterizzava la “comunione di interessi” che aveva portato all’alleanza durante la rivoluzione. Ma soltanto dopo la presa del potere da parte del proletariato, quando i contadini “vedranno di avere un difensore fermo e quando i grandi proprietari fondiari saranno inesorabilmente schiacciati”, i contadini saranno in grado di sostenere il proletariato in modo davvero risoluto. Pertanto, Zinov’ev non solo sosteneva l’inviolabilità della smyčka nel periodo post-rivoluzionario, ma si diceva particolarmente ottimista sulle possibilità di trascinare i contadini tra le fila del proletariato. Tuttavia, l'alleanza sarebbe stata effettivamente “grande” soltanto se il proletariato avesse svolto il suo compito di rukovosdstvo nella nuova situazione di presa del potere: emancipare le masse dall’ignoranza ed educarle a una vita attiva. Combinando un articolo di Lenin del 1905 e il suo discorso al II Congresso dell’Internazionale Comunista, Zinov’ev parlò della necessità dell’esperienza rivoluzionaria per educare le classi non proletarie a diventare socialiste e costruire così una coscienza politica. Una trasformazione aveva già avuto luogo a seguito della seppur

235 Zinov’ev, 143–44. È evidente la presenza delle contrapposizioni accennate nel paragrafo precedente: fermezza/spontaneità, energia/viscerale spirito di rivolta. L’istinto rivoluzionario esiste nel contadino, ma è disordinato e incontrollato, scaturisce non dalla ragione, ma dalla “fame” di terra.

111 tardiva incorporazione nella fabbrica e grazie all’esperienza rivoluzionaria. Tuttavia, essa doveva proseguire fino alla totale distruzione dei tratti contadini.236

Seppure calcando meno la mano sulla vicinanza genealogica tra proletariato e contadini, anche Stalin insistette sulla questione dell’originalità dello sviluppo del socialismo in Russia legato alle relazioni con la campagna. Di fatto, è così che alla fine del 1924 venne presentata la teoria del socialismo in un paese solo. Secondo Stalin, la valutazione del ruolo dei contadini incarnava la riflessione sulla “natura del nuovo stato proletario, sorto dalla rivoluzione d’Ottobre. Si tratta del carattere del potere proletario, delle basi della dittatura stessa del proletariato.”237 Anche per Stalin,

sottovalutare i contadini significava sottovalutare il proletariato russo, che aveva già vinto in un paese arretrato e in condizioni di isolamento. La rivoluzione non doveva per questo rinunciare del tutto all’internazionalismo, anzi, per Stalin la teoria leninista della dittatura del proletariato, basata su una corretta valutazione del ruolo dei contadini, “non è una teoria solo russa” ma “obbligatoria (objazatel’naja) per tutti i paesi” perché “riguarda tutte le masse lavoratrici delle classi non proletarie guidate dal proletariato” nelle quali rientravano tutte le masse lavoratrici delle colonie, peraltro prevalentemente contadine. La specificità dello sviluppo russo, l’originalità derivata dalla componente sociale contadina era quindi ciò che lo rendeva esportabile:

La vittoria del socialismo in un solo paese non è fine a sé stessa. La rivoluzione vittoriosa in un paese deve considerarsi non come un’entità a sé stante, ma come un contributo, come mezzo

per affrettare la vittoria del proletariato in tutti i paesi. Poiché la vittoria della rivoluzione in un solo paese, in Russia nel nostro caso, […] è in pari tempo l’inizio e la premessa della rivoluzione mondiale. […] L’immenso paese dei soviet, situato tra l’occidente e l’oriente, tra il centro dello sfruttamento finanziario del mondo e l’arena dell’oppressione coloniale, e questo paese, per il solo fatto che esiste, stimola la rivoluzione nel mondo intero.238

Tuttavia, l’elemento contadino continuerà ad essere prevalentemente un problema nel dibattito sulla costruzione del socialismo in Russia. Sebbene nel biennio di massimo ottimismo

236 Zinov’ev, 147, 153.

237 Stalin, Sočinenija, 1947, VI:363. 238 Stalin, VI:396–97.

112 “filocontadino” e di critica del trockismo (1924-1926) questo fosse presentato come una risorsa, di fatto nessuno metteva in discussione il carattere esclusivamente proletario che avrebbe dovuto avere il nuovo stato. Le divergenze si limitavano ai tempi e ai modi e nascevano prevalentemente dai posizionamenti delle varie correnti del partito. L’ostilità contro il contadino e tutto ciò che rappresentava nell’immaginario bolscevico era unanime, soltanto il livello della sua dichiarazione propagandistica aumentava o diminuiva a seconda della fiducia che si riponeva nelle possibilità di assimilarlo.

Lo stesso Zinov’ev, per esempio, a solo un anno dalle sue dichiarazioni sull’inviolabilità della

smyčka e dopo essersi esposto con lo slogan del “volgere il volto alla campagna”, interpretava la

questione dell’elemento rurale in modo del tutto diverso, anche se non contraddittorio, a seguito della svolta come capo della “nuova opposizione”.239 Preoccupato per la crescente differenziazione nelle

campagne, Zinov’ev usava allora l’argomento della particolare “genealogia” sociale delle masse lavoratrici in Russia per sottolineare la potenziale minaccia per la rivoluzione rappresentata dall’elemento contadino. L’antidoto a questa minaccia si individuava nella sintesi delle due posizioni del socialismo in un solo paese e della rivoluzione permanente: l’alleanza con la campagna russa doveva coesistere con la rivoluzione socialista in occidente, per evitare che la classe contadina prendesse troppo peso. “Nessuna di queste due condizioni può essere sostituita dall’altra, per ottenere la vittoria completa sono necessarie entrambe”, ma è necessario un equilibrio di forze a favore del proletariato:

Ogni nuova fabbrica costruita, ogni vittoria dell’elemento socialista su quello capitalista, ogni colpo di martello sull’incudine della nostra industria sovietica, deve fare dei nostri operai e dei membri del nostro partito dei rivoluzionari proletari internazionali sempre meglio temprati. Solo in questo modo eviteremo il pericolo di trasformarci nel regno della limitatezza contadina (krest’janskaja ograničennost’).240

239 La cosiddetta “nuova opposizione” o “opposizione di Leningrado” si formò a partire dall’autunno del 1925. Capeggiata inizialmente da Zinov’ev e in seguito anche da Kamenev, essa riuniva le istanze del partito che erano preoccupate per la crescente differenziazione sociale che si stava delineando nelle campagne come conseguenza della politica economica del partito a favore degli strati agiati delle campagne, ma che non condividevano la strada “industrialista” della sinistra trotskista. Sulla genesi della nuova opposizione e le sue istanze nel dettaglio vedi Carr,

Socialismo, I:269–97.

113 Secondo questa logica, la rivoluzione in Europa avrebbe quindi salvato la Russia dalla sua anima contadina che rischiava di prevalere e di invalidare l’intera rivoluzione, “contadinizzarla” compromettendo la natura socialista a cui aspirava. Nell’idea di costruzione del nuovo stato non c’era posto per la contadinità, in quanto tratto culturale alternativo e contrario alla rappresentazione bolscevica della rivoluzione proletaria. Questo perché la valutazione del ruolo del contadino risentiva fortemente del vero collante che teneva insieme la smyčka, la funzionalità dell’alleanza.

I riferimenti alla smyčka nella letteratura di partito erano infatti continuamente accompagnati da enunciati sulla natura utilitaristica dell’alleanza. In modo trasversale tra le varie correnti e nei vari periodi, si riscontra la medesima insistenza sulla funzione pratica del contadino nel giustificare il compromesso della Nep, sia a livello nazionale che internazionale.

In tutti e due i casi la necessità dell’appoggio delle campagne veniva giustificato soprattutto in termini politici determinati dalla numerosità della popolazione contadina nei paesi agrari, che se contraria avrebbe compromesso la rivoluzione nelle sue varie fasi:

La rivoluzione proletaria in un paese agrario può perire senza il sostegno dei contadini. […] L’assolo proletario, senza il coro dei contadini, nei paesi agrari si trasforma in canto del cigno.241

Anche considerando le voci più “filocontadine” all’interno del partito, questo concetto come base della smyčka non veniva contestato. Così si evince, per esempio, dalla critica di Bucharin alle