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Il contadino nella dinamica delle forze sociali dopo la rivoluzione e la definizione di classe a fini egemonic

5. La lotta di classe come strumento discorsivo di intervento

Quello della differenziazione dei contadini, strettamente legato a questioni di dottrina, fu una delle “questioni di principio” più importanti che il partito dovette affrontare nella seconda metà degli anni ’20.393 Nonostante ciò, la dottrina di partito non riuscì mai ad elaborare una teoria della

differenziazione sociale con categorie condivise e che fosse veramente corrispondente alla realtà della campagna russa. Questo prevalentemente per due ragioni, una storica ed una contingente. Da una parte, la tradizionale distanza fisica e culturale che separava l’intellighencija di città dal mondo contadino toccava in modo significativo la mentalità dei nuovi capi bolscevichi, che si erano formati più sui testi di Marx e di Lenin che sul campo, perdendo così di vista il contatto con la realtà. Per ignoranza e pregiudizio si sentivano quindi più a loro agio nell’adattare la teoria alla pratica, tanto più quando un approccio contrario avrebbe potuto comportare uno stravolgimento delle basi socialiste di quella teoria su cui la leadership basava il suo scopo e il suo potere. Dall’altra parte, in questo periodo turbolento in cui la relazione con la campagna era diventata di importanza vitale, proprio la necessità di fronteggiare le oscillazioni della politica fece sì che tali divisioni fossero spesso definite a scopo demagogico più che fondarsi su dati e categorie trasparenti. La teoria veniva qui subordinata alle necessità economiche e politiche, ma rimanendo sempre distante dall’oggetto del dibattito.

393 Come si è accennato anche nel III capitolo, il problema della differenziazione dei contadini aveva interessato intellettuali e sociologi russi fin dagli anni ‘70 del XIX secolo. La visione bolscevica della differenziazione a seguito dello sviluppo del capitalismo in Russia si basava sull’analisi di Lenin compiuta alla fine del secolo, che aggiungeva alla tesi marxista della divisione dei contadini in piccoli proprietari capitalisti (kulaki) e proletari salariati (benjaki e batraki) una categoria sociale intermedia, il contadino medio o serednjak. Cfr. Lenin, Lo Sviluppo del Capitalismo in Russia. Molti studiosi hanno fatto notare come quello di Lenin fosse di fatto più un modello a scopo di analisi che la descrizione di uno stato di cose esistente. Inoltre, la tesi della differenziazione serviva a Lenin per giustificare la politica dell’alleanza con i contadini poveri nella lotta di classe: in quanto proletariato rurale il contadino povero diveniva così l’alleato naturale proletariato urbano nelle campagne. Cfr. Nirmal Kumar Chandra, «The Peasant Question from Marx to Lenin: The Russian Experience», Economic and Political Weekly 37, n. 20 (2002): 1927–38.

Dopo la rivoluzione del 1917 e la redistribuzione delle terre la situazione sociale tese a livellarsi e la figura caratteristica della campagna russa divenne quella del serednjak, la più ambigua e fruibile delle definizioni. Almeno fino al 1925 nei circoli del potere sovietico circolava la tendenza a sminuire la questione del rinnovato sviluppo capitalistico nelle campagne. Cfr. Terry Cox e Gary Littlejohn, a c. di, Kritsman and the Agrarian Marxists (London: Frank Cass, 1984); Terry Cox, Rural Sociology in the Soviet Union: Its History and Basic Concepts (London: Hurst & Company, 1979).

182 Nel novembre del 1924, Zinov’ev dichiarava che nel paese esistevano “due classi e un ‘frammento’ (drob’)”, alludendo alla classe operaia e ai contadini come le classi principali e al “residuo” rappresentato dalla vecchia e dalla nuova borghesia.394 I contadini venivano quindi

considerati come un’unica classe legittimamente alleata e fedele al potere sovietico, ad eccezione ovviamente del kulak, che però faceva parte del frammento. Cinque anni dopo, alla Conferenza degli agrari marxisti si lanciava la politica di dekulakizzazione che avrebbe di fatto coinvolto strati molto maggiori di quelli ufficialmente definiti kulaki. Come si passò dal frammento alla minaccia? In questa parte esamineremo come la logica della rappresentazione sociale delineata finora si riflesse nell’evoluzione del discorso sulla differenziazione e la lotta di classe nelle campagne. A tal proposito si affronterà la questione della definizione delle categorie sociali parallelamente allo sviluppo della situazione politica ed economica.395

Dopo la rivoluzione e nel contesto economico della Nep, la maggioranza del partito cominciò a propagandare una maggiore disponibilità verso il contadino medio che rientrava nella strategia di puntare maggiormente sulla ricchezza prodotta nelle campagne. Puntare sul serednjak, la più ambigua di tutte le definizioni di classe nel villaggio, significava dunque scommettere sul fatto che la maggioranza della popolazione contadina oscillasse verso il fronte sovietico, e quindi alla lunga verso la sua proletarizzazione, beneficiando allo stesso tempo dei frutti della ricchezza accumulata grazie alle concessioni della Nep da parte dei contadini più agiati. Per di più, puntare sul serednjak significava allargare la base di consenso nelle campagne, il che grazie all’ambiguità delle definizioni

394 Grigorij E. Zinov’ev, «Vnimanie vsej partii - derevne!», in Licom k derevne. Stati i reči (Leningrad; Moskva: Gosudarstvennoe Izdatel’stvo, 1925), 93.

395 Dal momento che il presente lavoro riguarda l’evoluzione ideologica dell’atteggiamento del partito rispetto ai contadini e i suoi legami con la questione chiave dell’egemonia, ci si concentrerà anche in questo caso esclusivamente sulla letteratura della leadership del partito, tralasciando dunque la significativa mole di produzione teorica specializzata sull’argomento, alla quale si ricorrerà solo in via ausiliaria per illustrare le differenze significative i legami tra la classe politica e la comunità scientifica. Riguardo a ciò, basti adesso dire che l’ambiguità sul concetto di classe nella realtà rurale russa e sulla delimitazione dei confini delle categorie sociali tipica del dibattito politico si riscontrava anche maggiormente nell’ambiente accademico. Per una riassuntiva esposizione delle ricerche sulla realtà socioeconomica del villaggio russo e sulla questione della differenziazione in questo periodo, sull’ascesa della scuola marxista rispetto alla scuola degli economisti agrari vedi Cox, Rural Sociology in the Soviet Union; Cox e Littlejohn, Kritsman and the Agrarian Marxists.

183 di classe permetteva alla leadership ampio spazio di manovra. Sul piano politico, questa retorica aveva il doppio obiettivo di salvare la maggioranza del partito dalle critiche di fare gli interessi dei contadini ricchi, poiché veniva presentata come parte della politica di isolamento del kulak, e di presentare una copertura teorica accettabile sotto cui mascherare le concessioni economiche.

Così Zinov’ev giustificava tale cambiamento di politica sul piano sociale nel 1924: Il numero dei serednjaki aumenta a vista d’occhio. Ciò è confermato da tutti i dati per il 1924. ‘Lo sguardo verso le campagne’ non significa che dobbiamo rivolgerci solo verso il contadino mezzano, ma ‘anche’ verso di lui, e a qualunque costo. La rivoluzione di ottobre è avvenuta sotto lo slogan: ‘Potere degli operai e dei contadini poverissimi’. Ciò però non vuol dire affatto che i contadini debbano rimanere poverissimi per sempre. Senza dubbio le due classi estreme del villaggio stanno crescendo; il kulak in alcune zone sta crescendo e guadagna forza. Contro di lui dovremmo organizzare la lotta in modo più sistematico, specialmente in campo economico. In condizioni sfavorevoli questo conflitto potrebbe persino riempire il palcoscenico della lotta politica per un certo numero di anni. Ma per poter vincere dobbiamo a tutti i costi superare la tendenza esistente a dichiarare come kulak qualsiasi contadino laborioso (ispravnyj) che risolleva la sua economia e tende ad accumulare qualcosa. Ricordiamoci che i seredniaki costituiscono la stragrande maggioranza del villaggio e che nel loro insieme sono ancora poverissimi. […] Lo Stato operaio deve isolare il kulak, raggruppare contro di lui tutti i lavoratori rurali, compreso pure il serednjak.396

Con questo ottimismo e questa copertura teorica sulla spinosa questione della differenziazione nelle campagne venne affrontato il periodo della fase “filocontadina” della politica di partito. Tale scelta di orientamento aveva ovviamente anche delle ricadute sul piano discorsivo riguardo alla definizione di tutte e tre le categorie sociali del villaggio secondo la ripartizione di Lenin. Almeno fino all’autunno del 1925, per esempio, il termine kulak venne utilizzato dalla maggioranza del partito soltanto in termini molto vaghi, per lo più quando c’era bisogno di denigrare la minoranza o in relazione ad un nemico internazionale, mentre ne veniva minimizzata la presenza ed il potere nelle campagne. Durante il periodo più intenso delle riforme in favore dell’imprenditoria contadina, ci si riferiva ai beneficiari esclusivamente come “contadini benestanti” (zažitočnye) e talvolta “diligenti, laboriosi” (ispravnye), mentre si evitava del tutto il termine kulak, che veniva usato sempre in termini dispregiativi come nemico del regime ma senza alcuna maggiore connotazione socioeconomica. Allo

184 stesso modo, il pericolo o talvolta anche l’esistenza stessa della differenziazione sociale nelle campagne erano fortemente minimizzati, o si puntava l’accento sulla capacità del regime e del partito di governare e fronteggiare il fenomeno. Kalinin, per esempio, in un articolo sul quotidiano Izvestija del marzo 1925, negava addirittura l’esistenza dei kulaki come classe o come strato sociale nella Russia della Nep, a meno di non indicare come tali “per inerzia del comunismo di guerra” “ogni contadino laborioso” che cercasse di migliorare la sua condizione:

Il kulak è una tipologia di individuo prerivoluzionaria. Il kulak è uno spauracchio (župel), è un fantasma del vecchio mondo. In ogni caso, non è uno strato sociale, nemmeno un gruppo, nemmeno una manciata di persone. Essi si stanno già estinguendo.397

Questa dichiarazione inaugurò una discussione sulla definizione di kulak che accompagnò tutto il periodo di discussione delle riforme nella primavera e nell’estate di quello stesso anno, e che terminò in autunno con la creazione della nuova opposizione di Zinov’ev e Kamenev sul tema. Il primo leader di primo piano a rispondere a Kalinin fu Rykov nel suo discorso alla XIV conferenza di partito, in aprile. Egli sosteneva che impegnarsi in una distinzione tra kulak e contadino benestante fosse “completamente sbagliato”, significava eludere la questione distogliendo l’attenzione da una disputa politica importante “occupandosi di scolastica”. Per contestare i tentativi di distinzione di Kalinin, Rykov ricorse a una vecchia citazione di Lenin che criticava il “pregiudizio del populismo”, secondo cui “il ‘kulak’ e il mužik intraprendente rappresentano non due forme dello stesso fenomeno economico, ma tipi di fenomeni del tutto slegati e opposti tra loro”. Secondo Rykov, sia che fosse un commerciante, un imprenditore o un usuraio, il contadino ricco “rappresenta un unico tipo economico le cui operazioni si riducono, fondamentalmente, a un medesimo rapporto economico” ovvero l’”appropriazione del plusvalore di qualcun altro”.398 Questa definizione di fatto identificava ogni

contadino ricco come kulak, e quindi lo riportava alla sua funzione di nemico e di concorrente capitalista per la conquista del villaggio. Tuttavia, questi era un nemico che andava sconfitto

397 Michail Ivanovič Kalinin, Izvestija, 22 marzo 1925.

398 Četyrnadcataja konferencija Rossijskoj Kommunističeskoj partii (bol’ševikov). Stenografičeskij otčet (Moskva: Gosudarstvennoe Izdatel’stvo, 1925), 84–85. La citazione di Lenin è da Lo Sviluppo del Capitalismo in Russia, III:173.

185 attraverso il mercato, un tollerabile e necessario avversario nella competizione economica che avrebbe portato il partito alla vittoria, vista come inevitabile data la superiorità del sistema socialista.

Le risoluzioni dei comitati centrali e i decreti attuativi dei mesi successivi rappresentano il culmine della politica della scommessa sul kulak e la ratificazione delle riforme che estendevano le possibilità della Nep nelle campagne.399 Al III Congresso dei Soviet nel mese di maggio, in un

discorso che è stato definito “il canto del cigno di Kamenev sulla questione contadina”,400 egli

dichiarò che si rifiutava di “considerare un kulak quel contadino che, servendosi del potere sovietico, del credito e delle cooperative, migliora la sua azienda elevandone il livello tecnico.”401 Nella stessa

occasione, Zinov’ev fu meno cauto, ammettendo che per via dell’inaffidabilità e dell’immaturità politica della campagna il kulak nel villaggio rappresentava “un pericolo maggiore del nepman in città”, ma che con la politica di aiuto ai contadini poveri e di appoggio al serednjak il partito non correva alcun pericolo.402 Ovviamente, dal punto di vista della maggioranza del partito sarebbe stata

una follia definire kulaki coloro che proliferavano attraverso la Nep e i provvedimenti di espansione della medesima, tuttavia si avvertivano i primi tentennamenti.

Nel frattempo, l’ala del partito che più aveva caldeggiato le riforme si apprestava a consolidare i suoi risultati anche sul piano teorico della questione della definizione del kulak. Nel numero di giugno del Bol’ševik uscì un articolo di un giovane redattore di riviste economiche, Vladimir Boguševskij, che da allora fu preso come capro espiatorio ed etichettato come esponente di una “deviazione kulak” all’interno del partito. In realtà nell’articolo non si ripetevano che le argomentazioni di Kalinin di tre mesi prima, ma si proponeva di eliminare completamente il termine

kulak dal vocabolario di partito.403

399 Per un resoconto dell’iter decisionale delle riforme della primavera del 1925 vedi Carr, Socialismo, I:236–44. 400 Alexis Pogorelskin, «Kamenev and the peasant question: the turn to opposition, 1924-1925», Russian History 27, n. 4 (2000): 391.

401 Lev B. Kamenev, «Sovetskaja vlast’ i krest’janstvo», in Kuda i kak vedet sovetskaja vlast’ krest’janstvo? (Leningrad: Gosudarstvennoe Izdatel’stvo, 1925), 130.

402 Grigorij E. Zinov’ev, «Važnejšie čerty sovremennogo perioda», Pravda, 26 maggio 1925.

403 Cfr. Vladimir S. Boguševskij, «O derevenskom kulake ili o roli tradicii v terminologii», Bol’ševik 9–10 (1 giugno 1925).

186 Da allora fu proprio sulla questione della definizione del kulak che si ebbero i primi accenni pubblici di dissenso ai vertici di partito. In un discorso a Leningrado alla fine di giugno, senza citare direttamente Boguševskij, Zinov’ev affermò che negare l’esistenza della differenziazione era sintomo di una “ideologia kulak” che dilagava all’interno del partito e si distanziò dall’ala più favorevole alle concessioni ribadendo che lo slogan che chiamava a “volgersi verso la campagna” doveva indirizzarsi soltanto verso i contadini poveri e medi.404 A settembre l’Istituto Lenin, diretto da Kamenev, pubblicò

un articolo del 1918 rimasto escluso dalle Opere pubblicate del defunto leader bolscevico, contenente accuse durissime contro i kulaki. Essi erano descritti come “bevitori di sangue che approfittavano dei bisogni del popolo... ragni ingrassati alle spese degli altri contadini... sanguisughe e vampiri che bevono il sangue dei lavoratori”, contro i quali andava condotta una “spietata guerra” e ai quali si augurava la morte.405 In ottobre, Zinov’ev pubblicò una grossa raccolta di articoli sotto il titolo di Il leninismo, nella quale erano contenuti sia gli articoli del 1924 che meglio rappresentavano la sua

critica al trotskismo in quanto parte della troika, sia una parte più recente che attaccava l’attuale politica del partito. Citando l’articolo di Lenin da poco pubblicato, Zinov’ev in questa parte riprendeva l’argomento della lotta di classe, che il partito era responsabile di aver abbandonato, e per la prima volta criticava la politica del socialismo in un solo paese, data l’impossibilità di poter contare sull’alleanza con i contadini in un paese arretrato. In questo modo, Zinov’ev rivolgeva la sua critica contemporaneamente a Bucharin e a Stalin senza mai nominarli direttamente, ma attraverso l’attacco al potere del kulak nelle campagne e a coloro che “negandone l’esistenza pretendono che l’accumulazione nei villaggi si verificherà quasi in virtù di una immacolata concezione”.406

Al XIV Congresso di partito a dicembre, la definizione di kulak come spauracchio del passato attribuita a Boguševskij venne definitivamente condannata come “deviazione” a favore degli strati agiati delle campagne. Allo stesso tempo si condannava come tale anche la posizione di coloro nel

404 Grigorij E. Zinov’ev, «Ešče o politike partii v derevne», Pravda, 30 giugno 1925. Questo era l'inizio del dissenso di Zinov'ev all'interno del partito sulla questione della differenziazione e della creazione della cosiddetta “nuova opposizione” con Kamenev.

405 L’articolo fu poi incluso nelle Opere Complete. La citazione è da Vladimir I. Lenin, Sočinenija, 5o ed., vol. XXXVII (Moskva: Gospolitizdat, 1969), 40–41.

187 partito che “gonfiavano” il ruolo del kulak nelle campagne e inneggiavano ad una “seconda rivoluzione” e che pertanto negavano le basi della politica di conciliazione con i contadini.407

Tuttavia, come ha fatto notare anche Edward Carr, erano presenti già allora segnali che presagivano una svolta più aggressiva nei confronti della questione della differenziazione408 e ciò partiva

ovviamente dal piano discorsivo della definizione del kulak. Molotov, per esempio, usò toni bellicosi esortando il partito alla lotta contro i kulaki,409 mentre Stalin, con la sua abituale equivocità, sostenne

nel suo discorso che “alcuni contadini poveri avrebbero potuto pensare che l’attenuazione della repressione nei confronti dei kulaki con metodi amministrativi significasse abbandonare i contadini poveri e tralasciare i loro interessi”.410 Anche se il Congresso sancì di fatto la sconfitta

dell’opposizione, ciò non significava necessariamente il rifiuto delle sue critiche e del suo linguaggio, che sarebbero state riprese dalla maggioranza. Ciò avvenne in modo eclatante a partire dalla crisi degli ammassi, che esacerbò il connubio ideologico tra l’edificazione economica del socialismo e la lotta contro il kulak.

Nella risoluzione del Plenum congiunto del Comitato Centrale del 9 agosto 1927 si sosteneva che era necessario un “completo rafforzamento delle sviluppo degli elementi socialisti nell’intera economia nazionale”, il che comprendeva la messa in pratica di un programma di industrializzazione, l’innalzamento del “peso specifico” della classe lavoratrice. Nella campagna questo significava “aiutare gli strati medi e poveri, attraverso la massima limitazione delle tendenze sfruttatrici (ekspluatotorskie tendencii) del kulak”.411 Questo era l’ennesimo riferimento al nesso logico tra

407 L’argomento delle due deviazioni era già stato affrontato al Comitato Centrale di ottobre. La seconda deviazione tuttavia non era attribuita a Zinov’ev e Kamenev, che allora ne condivisero la condanna, ma a Larin. Cfr. la risoluzione in KPSS v rezoljucijach, II:54–71.

408 Cfr. Carr, Socialismo, I:295.

409 Cfr. XIV s’ezd Vsesojuznoj Kommunističeskoj partii(b), 476–77. 410 Stalin, Sočinenija, 1952, VII:331–32.

188 accelerazione economica (costruzione del socialismo) e la demonizzazione del kulak che, come si è introdotto nel V capitolo, si instaurò nel discorso del partito a partire dalla primavera del 1927.

I due argomenti divennero imprescindibili a partire dall’ottobre successivo, quando al congresso del partito di Mosca fu proprio Bucharin, il teorico della linea della conciliazione con i contadini agiati, a lanciare la “offensiva forzata contro i kulaki”. La svolta economica veniva presentata infatti come logica conseguenza del consolidamento della posizione politica del partito nelle campagne e dell’accresciuto benessere del contadino medio, grazia ai quali era ora possibile e necessario “aumentare la pressione sui kulaki” e intraprendere “un’offensiva forzata contro gli elementi capitalistici e, soprattutto, contro i kulaki”.412 Due settimane dopo, in un discorso

all’organizzazione del partito di Leningrado, Bucharin chiarì meglio la sua posizione presentando un excursus sul lavoro sociale nelle campagne dal XIV Congresso, in cui si ribadiva la proverbiale “oscillanza” dello strato dei contadini medi che però il partito era riuscito a portare dalla sua parte elevandone lo stile di vita e questo ne aveva garantito la fedeltà. Seppure ancora temporanea, questa fedeltà permetteva adesso di avviare un “attacco organizzato contro gli elementi capitalistici delle campagne”, sul piano sia economico che politico. Se nel primo caso esso si traduceva di fatto nell’annullamento delle concessioni varate nella primavera del 1925,413 nel campo delle misure

politiche Bucharin proponeva la “privazione del diritto di voto ai kulaki nelle comunità agricole” per chiudere con la stagione del “doppio potere” negli affari agricoli.414

A dicembre, la risoluzione del XV Congresso del partito gli faceva eco ratificando l’offensiva contro i kulaki attuabile allora a seguito del “consolidamento dell’alleanza con il contadino medio” come risultato della politica decisa al congresso precedente contro la “sottovalutazione dei contadini” e la “deviazione anti-serednjak” nel partito.415 Solo pochi mesi più tardi, invece, durante la fase

412 «K desjatiletiju oktjabr’skoj revoljucii», Pravda, 16 ottobre 1927.

413 Nello specifico, nel suo discorso Bucharin parlava di modificare la tassazione progressiva sul reddito, le direttive sulla compravendita, la donazione e la trasmissione della terra in via ereditaria, la limitazione delle concessioni sull’affitto della terra, della partizione della terra comunitaria.

414 «Ob itogach ob’edinjonnogo plenum CK i CKK VKP(b)», Pravda, 4 novembre 1927. 415 XV S’ezd VKP(b), 1293–94, 1312.

189 conflittuale con le campagne derivante dalla crisi degli ammassi, ci si cominciò a riferire in modo del