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patrimoniale – 2.4.1 L’origine – 2.4.2 Il confronto con l’istituto giuridico del trust - 2.5 L’atto di destinazione – 2.5.1 Il confronto tra l’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e il trust – 2.5.2 il giusto collocamento dell’art. 2645-ter c.c. – 2.6 Conclusioni

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2.1 Premessa

Con la diffusione dell’utilizzo del trust interno si è tentato di rinvenire un istituto giuridico, disciplinato nel c.c. italiano, di modo da poterlo impiegare in alternativa all’istituto di origine anglosassone; di conseguenza sono state ricercate delle analogie tra il trust e i vari strumenti giuridici offerti dall’ordinamento italiano.

In riferimento agli elementi strutturali, che caratterizzano il trust, è possibile riscontrare delle analogie con il contratto a favore del terzo, con il contratto di mandato senza rappresentanza, con il fondo patrimoniale ed, infine, con l’atto di destinazione ex art. 2645-ter. Nel primo istituto richiamato è presente un soggetto terzo rispetto alle parti, che ricalca la figura del beneficiario del trust, terzo rispetto al settlor e al trustee; mentre il contratto di mandato senza rappresentanza103 costituisce l’emblema della gestione nell’interesse altrui, che sostanzialmente riassume ciò che avviene con la costituzione di un trust. Infatti nell’istituto di origine anglosassone il trustee gestisce e amministra i beni per il raggiungimento di un determinato scopo o comunque nell’interesse di uno o più beneficiari, sia nel caso in cui il soggetto che ricopre tale funzione sia distinto dal settlor sia in quello dove tali figure corrispondono (c.d. trust auto- dichiarato).

Sia nel fondo patrimoniale sia nell’atto di destinazione ex art. 2645-ter sono rinvenibili molteplici analogie con il trust.

103 È preso in considerazione il contratto di mandato senza rappresentanza perché,

come sarà specificato meglio nel paragrafo 2.3 di questo capitolo, nel trust il trustee agisce per conto del settlor, ma non anche in nome dello stesso.

Di conseguenza, il parallelo tra trust e contratto di mandato può avvenire soltanto nel caso in cui sia preso in considerazione il mandato senza rappresentanza, dove il mandatario agisce per conto del mandante, ma non anche in nome a causa della mancanza della procura, che lo abiliti a ciò.

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Infatti in entrambi gli istituti sono presenti la separazione patrimoniale di alcuni beni per il raggiungimento di un determinato scopo, che comporta la distinzione degli stessi dal patrimonio di colui che si occupa della loro gestione e amministrazione; la limitazione di responsabilità patrimoniale, che deriva dalla segregazione patrimoniale, consistente nel fatto che solo i creditori del fondo/atto di destinazione possono volgere le proprie azioni esecutive sui beni segregati; e infine nella presenza di regole specifiche riguardanti l’amministrazione e la gestione dei beni stessi.

Inoltre, il fondo patrimoniale presenta la caratteristica della gratuità dell’atto costitutivo, così come il trust è gratuito per presunzione. Nel corso di questo secondo capitolo sarà possibile compiere un’analisi dei singoli istituti sopracitati, ponendoli a confronto con il trust, di modo da verificare se le analogie, elencate precedentemente, possano essere sufficienti a determinare l’utilizzo di uno di essi come alternativa al trust, oppure se invece la presenza di altrettante differenze conduce a concludere per l’inutilizzabilità degli stessi e per la conseguente necessità di cercare altrove una soluzione al problema.

2.2 Il contratto a favore del terzo

Il contratto a favore del terzo104 costituisce una deroga legale al principio della relatività degli effetti del contratto, enunciato all’art. 1372, 2° comma c.c., a tutela dell’intangibilità in peius della sfera giuridica altrui per mezzo di atti di autonomia privata; l’eccezione a tale principio è giustificata dall’attribuzione in capo al terzo, nei confronti del quale gli effetti del contratto si dovrebbero produrre, del

104 Per una ricostruzione del contratto a favore di terzi: F. Messineo, Contratto nei rapporti col terzo, in Enciclopedia del diritto, volume X, Milano, 1962, pp. 196 –

209 e U. Majello, Contratto a favore del terzo, in Digesto civile, volume IV, Torino, 1989, pp. 235 – 250.

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potere di rifiutare. Di conseguenza, il contratto a favore del terzo rientra nella categoria più ampia dei negozi a favore del terzo soggetti a rifiuto; ma la sua disciplina (artt. 1411 – 1413 c.c.) non ricomprende tutti i contratti che esplicano effetti anche nei riguardi di soggetti terzi, dato che prevede dei ruoli specifici per le parti, ovvero lo stipulante e il promittente.

La presenza di un soggetto terzo rispetto alle parti ha condotto a considerare la tipologia contrattuale in esame come possibile alternativa all’utilizzo del trust interno, dato che anche nell’istituto di origine anglosassone è presente un beneficiario, terzo rispetto al trustee e al settlor.

Nonostante tale similitudine i due istituti presentano molteplici differenze, che conducono a escludere la loro intercambiabilità105. Innanzitutto, il trust è un atto unilaterale che produce effetti reali, ovvero il trasferimento del diritto di proprietà dal disponente al trustee e al beneficiario, mentre l’istituto italiano è un contratto e produce effetti obbligatori. Infatti il promittente si obbliga a compiere una determinata prestazione nell’interesse dello stipulante106 verso un

soggetto terzo.

105 Per la ricostruzione delle differenze vedi: V. Salvatore, Il trust. Profili di diritto

internazionale e comparato, Cedam, Padova, 1996, pp. 40 – 41; L. Ragazzini, Trust «interno» e ordinamento giuridico italiano, in Rivista del notariato, n. 2, 1999, pp.

291 – 292; S. Bartoli, Il trust, Giuffré, Milano, 2001, pp. 310 – 314; A. Polimeno,

Verso la trascrizione del trust, in I contratti, n. 11, 2006, p. 1001.

106 L’interesse dello stipulante alla contrattazione è da intendere nel senso di un

interesse meritevole di tutela ex art. 1322, 2° comma c.c. e non come mero interesse del creditore alla prestazione ex art. 1174 c.c.

U. Majello, lc. cit.: “La dottrina meno recente e la stessa relazione del Guardasigilli

identificavano l’interesse dello stipulante con l’interesse del creditore della prestazione, di cui all’art. 1174 c.c. La precedente opinione traeva origine nel fatto che molto spesso la fattispecie veniva individuata principalmente nelle ipotesi in cui l’obbligo del promittente di eseguire la prestazione al terzo veniva assunto soltanto nei confronti dello stipulante, senza che al terzo ne derivasse pretesa alcuna. In tal

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Un’ulteriore differenza risiede nella figura dello stipulante, che non viene meno una volta avvenuta la stipulazione del contratto. Infatti il potere di revoca o di modifica della stipulazione, che gli permette di eliminare completamente la clausola a favore di terzo oppure di compiere una nuova designazione in sostituzione della precedente107, è da quest’ultimo mantenuto fino che non viene a conoscenza della dichiarazione di voler profittare della prestazione da parte del soggetto terzo, salvo il caso in cui tale potere sia condizionato alla morte dello stipulante108.

Nel trust invece il ruolo del disponente consiste nel trasferimento del diritto al trustee e ne sono una conferma le obbligazioni di quest’ultimo, dato che sono rivolte verso il beneficiario e non verso il

caso, però, trattandosi di contratto a favore di terzi con efficacia meramente interna tra le parti contraenti, si è al di fuori dell’ipotesi normativa dell’art. 1411, che ipotizza invece – come elemento essenziale di qualificazione – l’acquisto del diritto da parte del terzo, dando luogo a quell’ipotesi che viene indicata come contratto a favore di terzi con efficacia esterna”.

107 Ibidem: “Quanto agli effetti, occorre precisare che la modifica della stipulazione riguarda unicamente la individuazione del destinatario.

La modifica si risolve pertanto nella revoca della precedente designazione e contestuale nuova designazione.

La revoca della stipulazione implica invece l’eliminazione della clausola a favore del terzo e la conseguente eliminazione della vicenda attributiva”.

108 L’art. 1412 c.c. prevede in questo caso il mantenimento del potere di revoca o di

modifica fino alla morte dello stipulante, al di là dell’intervento della dichiarazione di voler profittare della prestazione a proprio favore da parte del soggetto terzo. Tale ipotesi di mantenimento del potere di revoca o modifica da parte dello stipulante secondo F. Messineo, lc. cit.: “…deriva dal caso specifico

dell’assicurazione sulla vita (dello stipulante) a favore di un terzo – beneficiario, dove la prestazione al terzo non può avvenire, se non dopo la morte dello stipulante”.

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settlor; di conseguenza solo il beneficiario è legittimato a utilizzare gli strumenti di tutela109.

Infine in entrambi gli istituti è prevista la possibilità per il beneficiario/terzo di scegliere se rinunciare al diritto oppure dichiarare di volerne profittare, ma la loro disciplina prevede conseguenze diverse, derivanti dalla scelta compiuta dal soggetto110 .

Infatti, nel caso di dichiarazione di volerne profittare111, in entrambi si verifica il consolidamento di un acquisto già avvenuto in

109 A. Polimeno, lc. cit.: “La struttura del trust differisce anche dallo schema del contratto a favore del terzo, perché il trustee non assume alcuna obbligazione nei confronti del costituente ed anzi le obbligazioni del trustee sono funzionali al conseguimento dello scopo voluto, perciò la loro esecuzione può essere richiesta dal beneficiario, che ha azione verso il trustee, ma non dal costituente, mentre nella previsione di cui all’art. 1411 Codice civile lo stipulante ha azione contro il promittente, se questi resta inadempiente nei confronti del terzo, infatti può modificare o revocare la stipulazione, finche il terzo non abbia dichiarato, anche nei confronti del promittente di volerne profittare”.

110 S. Bartoli, lc. cit: “…se tanto nel trust…quanto nel contratto a favore di terzo… l’accettazione del beneficiario consolida (cioè rende definitivo) un acquisto già verificatosi, con riguardo al trust a siffatta accettazione non sembrano attribuibili effetti del tipo di quelli della norma codicistica: se ad esempio, il disponente si è riservato il potere di revocare il trust, riterrei che egli possa esercitarlo anche dopo che sia intervenuta l’accettazione del beneficiario dell’attribuzione.

Analogamente, tanto nel trust…quanto nel contratto a favore di terzo…è ipotizzabile una rinunzia abdicativa al diritto acquistato da parte del beneficiario, ma nel caso del trust a tale rinunzia non paiono conseguire effetti assimilabili a quelli previsti dalla norma codicistica”.

111 Nel contratto a favore del terzo tale dichiarazione deve essere resa nota non

soltanto allo stipulante, ma anche al promittente, dato che entrambi hanno un interesse a conoscerla, ovvero il primo in conseguenza della stessa perde il diritto di revoca o modifica (salvo quanto disposto dall’art. 1412 c.c.) mentre il secondo acquista una certezza sulla propria posizione giuridica.

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precedenza112, ma nel trust non è prevista la conseguenza della perdita del potere di revoca da parte del disponente.

Nel caso invece il soggetto terzo decida di rifiutare la prestazione, l’art. 1411, 2° comma c.c. prevede che la stessa rimanga a beneficio dello stipulante, salvo che sia disposto diversamente dalle parti oppure dalla natura del contratto113; tale conseguenza non è rinvenibile nella disciplina dell’istituto di origine anglosassone.