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I contributi di Alexandra Indrieș, Titus Bărbulescu e Corin Braga

LA CRITICA BLAGHIANA E LE DIGITAL HUMANITIES IN ROMANIA

1. La critica blaghiana in Romania

1.1. I contributi di Alexandra Indrieș, Titus Bărbulescu e Corin Braga

Tra la fine degli anni ’60 e la prima metà degli anni ’70 il panorama culturale romeno, che, grazie all’azione combinata della destalinizzazione e dell’avvento al potere di Nicolae Ceaușescu, vive un periodo di relativa “liberalizzazione” rispetto agli anni precedenti (nonché, purtroppo, rispetto all’immediato futuro), vede un fiorire di studi dedicati alla stilistica. Apripista di questo nuovo interesse, e capofila dell’applicazione delle idee strutturaliste, è certamente Tudor Vianu, che nel 1968 pubblica il volume Studii de stilistică74. Seguono poi, pochi anni dopo, tra gli altri, i volumi di Ion Coteanu75, che

presenta la “stilistica funzionale”, la cui unità di base è il messaggio, ovvero la forma concreta dello stile76, e di Ștefan Munteanu77, che illustra una “teoria dell’espressività”

secondo la quale, tra le altre cose, il linguaggio poetico non è un linguaggio maggiormente curato e ricercato ma piuttosto un linguaggio maggiormente espressivo78, entrambi

fortemente influenzati dalle idee strutturaliste. Già qualche anno prima, nel 1967, il volume Structuralismul di Virgil Nemoianu79 aveva chiaramente confermato l’interesse dei critici romeni per questa modalità di approccio al testo letterario: per gli studiosi romeni, in particolare, l’approccio altamente formale dello strutturalismo applicato alla critica letteraria poteva contribuire a circoscrivere una zona di relativa libertà all’interno della quale potersi muovere senza la minaccia della censura. Scrive Alexandru Matei, in un interessante saggio sulla ricezione delle teorie strutturaliste nella Romania socialista80, ricordando la risposta di Nemoianu all’inchiesta “Cos’è lo stutturalismo?” promossa dall’importante quotidiano Scânteia Tineterului, di netta impronta ideologica, nel giugno del 1968:

“[W]hat pleasantly distinguishes structuralism from other past philosophical trends is the fact that it does not oppose anything and anyone. Structuralism is, in fact, a calm and modest movement

74 Tudor Vianu, Studii de stilistică, București, Editura Didactică și Pedagogică, 1968. 75 Ion Coteanu, Stilistica funcțională a limbii române, București, Editura Academiei, 1973. 76 Georgeta Corniță, Manual de stilistică, Baia Mare, Editura Umbria, 1995, p. 55.

77 Ștefan Munteanu, Stil și expresivitate poetică, București, Editura Științifică, 1972. 78 Corniță, Manual, p. 58.

79 Vasile Nemoianu, Structuralismul, București, Editura pentru Literatură Universală, 1967.

80 Alexandru Matei, Roland Barthes and the reception of French Structuralism in Socialist Romania, in

which goes its way without looking too much aside, neither on the left nor on the right” (Nemoianu 1968, 3)81

La funzione di “rifugio” intellettuale e pratico svolta dal formalismo di impianto strutturalista per la critica letteraria sottoposta alle pressioni dell’ideologia del totalitarismo risulta in tutta la sua pregnanza nelle esplicite dichiarazioni rilasciate da questo stesso studioso dopo la caduta del regime, nel 1994. Ricorda Nemoianu:

“The structuralist episode was a form of auto-defense, fleeing in a protected area, relatively autonomous. It was for me part of some dilettante but benevolent attempts to find a rational idiom through which I could communicate my traditional-sentimental values” (Nemoianu 1994, 328)

L’aspetto più rilevante è quindi che il formalismo strutturalista poteva mettere a disposizione della critica romena, sottoposta al controllo e alla censura dell’ideologia, delle forme di “linguaggio” ideologicamente neutro. Come osserva Al. Matei, infatti, in Romania lo strutturalismo subisce un chiaro processo di “depoliticizzazione”, l’aspetto della corrente accolto con maggiore interesse essendo invece l’avocata natura “scientifica” dell’approccio strutturalista, che doveva apparire particolarmente gradita a un regime che promuoveva il mito del “socialismo scientifico”. Praticando in Romania una simile versione anideologica e altamente formalista dello strutturalismo di importazione “occidentale”, “an intellectual […] would not be suspected of “subversive” behavior by the political authorities of the regime”82.

È in questo clima culturale che si colloca la pubblicazione da parte di Alexandra Indrieș, nel 1975, del saggio Corola de minunii a lumii, interpretare stilistică a sistemului poetic a lui Lucian Blaga83, uno studio di stilistica di impianto formalista in cui, pazientemente e meticolosamente, la studiosa pone le basi per una interpretazione a base linguistica dello stile poetico blaghiano. Lo studio si apre con una considerazione sul campo semantico che, secondo Indrieș, è in grado di assumere significati personali che appartengono esclusivamente all’universo poetico di un autore. A suffragio del suo intento di estrapolare interpretazioni da uno studio rigoroso dell’utilizzo del linguaggio, la studiosa paragona il campo semantico a un “campo magnetico”84 all’interno del quale

81 Ibidem, p. 68. 82 Ibid., pp. 74-75.

83 Alexandra Indrieș, Corola de minuni a lumii, interpretare stilistică a sistemului poetic a lui Lucian Blaga,

Timișoara, Editura Facla, 1975.

ogni parola, oltre a possedere i “normali” sensi denotativi, può “attirare” continuamente a sé nuove connotazioni e sfumature di senso, il valore estetico della parola (e quindi il suo ruolo stilistico) essendo così “direttamente legato alla ricchezza, all’originalità e al carattere sistematico delle connotazioni di un termine”85.

Il linguaggio poetico, dunque, è un linguaggio che ha acquisito all’interno del suo “campo magnetico” determinate connotazioni e che è in questo modo riconoscibile da tutti i facenti parte di un dato paradigma culturale86. Allo stesso tempo, secondo Indrieș, il campo semantico di un determinato poeta tende ad “accumularsi” nel tempo: secondo la studiosa, infatti, chi leggeva Poemele luminii nel 1919, l’anno della loro prima apparizione, disponeva di un campo semantico molto più povero rispetto a quello di cui dispone chi si appresta a leggerlo oggi: la sincronia del campo semantico è, di fatto, un effetto della sua accumulazione diacronica87. Solo con uno sguardo “da lontano”, dunque, parafrasando, è possibile avere un quadro completo dell’idiostile di un autore (e questo è il motivo per cui, spesso, i primi critici di un poeta prendono degli abbagli, in quanto il campo semantico di quello specifico poeta non ha ancora “attirato” a sé tutte le connotazioni osservabili solo una volta che l’opera si è conclusa e la sua conoscenza è diventata collettiva: ad es. nel linguaggio poetico romeno postblaghiano la parola mister ‘mistero’ è saldamente ancorata, a livello connotativo, alla poesia e alla poetica blaghiana). Inoltre, secondo Indrieș, un poeta che non voglia semplicemente essere un epigono ma che voglia modificare il campo semantico del linguaggio che usa deve compiere uno sforzo concreto, utilizzando diverse tecniche, di “poetizzazione” di termini che normalmente non sono percepiti come “poetici”88.

Nel caso di Blaga, tuttavia, la specificità del lessico e del suo “campo magnetico” non proviene unicamente dai termini utilizzati, ma anche dall’atteggiamento specifico che, all’interno del testo, il poeta ha nei confronti di tali termini. Ad es., a proposito dei versi “Tâlcul flăcării nu-i fumul,/ Tâlcul vetrei nu e scrumul” [“Il senso della fiamma non è il fumo/ il senso del focolare non è la cenere”] (Nebănuitele trepte, 1943), Indrieș osserva:

85 Ibid. p. 6. “Valoarea estetică este direct legată de bogăția, originalitatea și caracterul sistematic al

conotațiilor unui termen”.

86 Ibid. p. 8. 87 Ibid. p. 10. 88 Ibid. p. 11.

I versi sono essenziali per la decodificazione dei simboli cinerei e dei termini attinenti e sinonimi […]. In Blaga la noosfera è costituita non dalla descrizione e dalla presentazione emblematica dei simboli in quanto tali – simboli che stanno alla base, oltretutto, della poesia e della mitologia europea – ma piuttosto dal giudizio, dall’enunciato che li accompagna. L’atto effettuato metaforicamente da questi simboli e l’attitudine del poeta chiaramente espressa in codice sono essenziali. Solo in e attraverso questa dinamica dell’azione e dei valori attribuiti, i simboli esistono e acquisiscono le note semantiche che li contraddistinguono, la loro impronta individuale89.

Nel suo studio Indrieș si occupa primariamente di simboli (come il fumo e la cenere appena visti) e di motivi (il dor, la morte ecc), i quali, secondo la studiosa, rappresentano dei campi semantici più grandi90, dei macro-campi semantici, che rappresentano “i principali costituenti del codice blaghiano”91. Date queste premesse, la

studiosa analizza in dettaglio alcuni emblematici micro-testi poetici blaghiani allo scopo di fornire una lettura inedita delle “connotazioni” specifiche dell’idiostile blaghiano e trovare così, osservando da vicino le strutture linguistiche e le procedure stilistiche utilizzate dal poeta, nuovi significati che, con i metodi della critica letteraria tradizionale, non erano emersi.

Nella seconda parte del lavoro, Indrieș si concentra poi su elementi quali i grafemi, gli spazi bianchi all’interno dei singoli testi e le opposizioni, che secondo lei afferiscono al macro-tema blaghiano dell’opposizione identità vs alterità: aici vs acolo, acum vs atunci ecc. Le conclusioni dell’indagine di Indrieș sono che lo studio ravvicinato della regia testuale blaghiana evidenzia come la già citata opposizione “identità-alterità” sia quella che più afferma la creatività del poeta92, e che a determinare lo stile blaghiano non è solo l’utilizzo di elementi linguistici ma anche la specifica scelta di elementi paralinguistici quali la lunghezza plastica dei versi e l’utilizzo degli spazi bianchi. Dunque, l’aspetto grafico, in Blaga, secondo Indrieș, va a potenziare l’effetto estetico del linguaggio.

89 Ibid. p. 18. “Un exemplu: “Tîlcul flăcării nu-i fumul/ tîlcul vetrei nu-i scrumul”. Versurile sînt esențiale

în decodarea simbolurilor cenușii și ai termenilor încevinați și sinonimi [...] nu trebuie să pierdem din vedere că la Blaga noosfera se constituie nu din descrierea, din prezentarea emblematică pur și simplu a simbolurilor – simboluri de bază, dealtfel, ale poeziei și mitologiei europene – ci din judecata, din predicația asupra lor. Actul efectuat metaforic de aceste simboluri și atitudinea poetului clar explicată în cod sînt esențiale. Numai în și prin această dinamică a acțiunii și valorii atribuite, simbolurile există și își primesc notele semantice distinctive, amprenta individuală”.

90 Ibid. p. 20.

91 Ibid. p. 20. “principalii contituenți ai codului blagian”. 92 Ibid., p. 242.

Corola de minuni a lumii risulta quindi essere uno studio particolarmente interessante che si propone, a partire dall’assunto del campo semantico allargato dalla dimensione diacronica, di poter formulare nuove interpretazioni critiche ai versi blaghiani proprio grazie all’utilizzo di strumenti mutuati dalla stilistica di ispirazione strutturalista. L’osservazione ravvicinata delle strutture testuali e paratestuali permette a Indrieș di implementare le analisi effettuate secondo i metodi classici del close reading.

Nel 1981, presso l’Editura Minerva di Bucarest, Indrieș pubblica Sporind a lumii taină. Verbul in poezia lui Lucian Blaga93, che continua e idealmente completa il

precedente concentrandosi specificamente sull’utilizzo e sulla funzione del verbo nell’opera del poeta94. Partendo dall’assunto che per consolidata tradizione i linguisti

accordano una minore importanza al verbo in favore del sostantivo95, Indrieș sottolinea come, di fatto, attraverso la mera analisi dei sostantivi “non si possa attraversare quella soglia miracolosa oltre la quale il mutare dei segni che compongono un testo si trasforma effettivamente in poesia, intendendo con poesia non un momento di incanto passeggero, bensì un sistema a sé stante che permetta di cogliere il senso del mondo”96, in quanto il

verbo – afferma Indrieș – “svolge un ruolo coesivo di prim’ordine, sfumando al contempo esteticamente l’espressione poetica”97.

In questo volume la studiosa implementa decisamente metodi di analisi quantitativa, redigendo una statistica delle frequenze verbali, per poi concentrarsi su alcuni verbi da lei ritenuti particolarmente significativi, quindi non necessariamente i più frequenti. Indrieș commenta infatti anche verbi poco frequenti ma ritenuti fondamentali quali chiavi interpretative dell’opera blaghiana, come ad es. a spori ‘accrescere,

93 Indrieș, A., 1981, Sporind a lumii taină. Verbul în poezia lui Lucian Blaga, București, Editura Minerva. 94 Pochi anni prima dell’uscita del secondo lavoro di Indrieș il poeta Ion Caraion pubblica uno studio

dedicato a George Bacovia, Bacovia. Sfîrșitul continuu (1977) che va in direzione di una integrazione dell’approccio quantitativo in una interpretazione che resta, essenzialmente, qualitativa: Caraion indica quante parole (oggi diremmo token) il poeta utilizza all’interno del suo corpus poetico, così come quanti sono i verbi utilizzati dal poeta e quanto spesso (243 utilizzati in totale 385 volte; Caraion 1979, p. 31). In seguito a queste analisi quantitative, Caraion osserva che 1/5 del lessico bacoviano è composto di verbi, a indicare l’inalterato valore nel tempo della sua lirica: la presenza così forte del verbo rappresenterebbe infatti una sorta di struttura in “cemento armato” che rende la poesia bacoviana praticamente indistruttibile (Caraion 1979, p. 32).

95 Ibid. p. 7.

96 A. Indrieș, Sporind a lumii taină. Verbul in poezia lui Lucian Blaga, București, Editura Minerva, 1981,

p. 7. “[…] nu se poate pătrunde peste acel prag miraculos, de pe care mutația semnelor dintr-un text se transformă cu adevărăt în poezie, înțelegînd prin poezie nu un moment de trecătoare încîntare, ci un sistem aparte de a pătrunde sensu lumii”.

aumentare’, che conta una manciata di occorrenze ma che “appare nelle fasi essenziali della creazione attraversando l’universo poetico blaghiano e unificandone momenti vari […]”98. L’autrice passa quindi a suddividere in tre macrocategorie i verbi meritori di una

indagine e un’osservazione particolarmente attente, vagliandoli con l’ausilio di una griglia interpretativa appositamente approntata99.

Indrieș conclude che è possibile individuare una tipologia poetica, che include sei tipi diversi di poesia, determinata della correlazione fra tempo e modo verbale100. Secondo la studiosa, l’osservazione puntuale dei diversi aspetti verbali contribuisce a determinare la realtà viva del testo e ad articolare la noosfera della poetica blaghiana. Quello che si propone di fare è “studiare gli elementi lessicali quali termini di una cifra, di un codice”101. Le analisi di Indrieș, pur partendo da metodi quantitativi (applicati senza alcun ausilio di tipo tecnologico) si rivelano essere di fatto una lettura che possiamo spingerci a definire “estremamente da vicino”, in quanto si spinge non solo all’osservazione del testo, ma all’osservazione minuziosa e dettagliata degli elementi che strutturano il testo, dei micro-testi, e al contempo l’osservazione dell’atteggiamento che, all’interno stesso dei testi, l’autore ha nei confronti degli elementi che decide di utilizzare. Si tratta quasi di una lettura con la lente d’ingrandimento, che, al pari della lettura da lontano, diventa talmente specifica da risultare (in certi suoi aspetti) altamente tecnica.

Per il tentativo di coniugare quantitativo e qualitativo nello studio della poesia blaghiana il lavoro di Alexandra Indrieș rappresenta un precedente delle analisi presentate nella seconda parte del presente lavoro. Sebbene l’aspetto quantitativo costituisca più che altro un “fondale” relativamente inerte sul quale si proietta un’analisi qualitativa che resta, in ultima istanza, di stampo fortemente “intuitivo”, Indrieș è certamente la prima studiosa dell’opera blaghiana a introdurre in modo sistematico e organico elementi di analisi quantitativa nel proprio percorso critico.

98 Ibid., pp. 105-106, “[…] apărînd în faze esențiale de creație, traversează universul poetic blagian,

unificînd momente variate ale acestuia [...]”.

99 V. p. 53, ibid. 100 Ibid., p. 111.

Di stampo linguistico è anche lo studio di Titus Bărbulescu, pubblicato nel 1997, Lucian Blaga. Teme și tipare fundamentale102. Si tratta di un brevissimo studio linguistico

concentrato in particolar modo sul vocabolario, comprendente anche uno spoglio non quantitativamente puntuale – nel senso che lo studioso non ci fornisce dei dati e dei numeri precisi – delle figure di stile presenti nella poesia di Blaga. Lo studio non si concentra esclusivamente sul linguaggio poetico, ma, nella seconda parte, analizza anche le sue opere teatrali. Lo studio è tuttavia caratterizzato dalla brevità e da una mancanza di approfondimenti dettagliati, e dunque alcune questioni (come ad es. l’analisi quantitativa della frequenza di certi termini) vengono di fatto solamente accennate o presentate molto sinteticamente.

Anche Bărbulescu, pur con metodi analogici e senza riportare cifre puntuali, rimanda alle frequenze e si colloca dunque nel filone di critica letteraria che fa riferimento anche a dati quantitativi, pur mantenendosi principalmente lungo il côté del close reading. Il suo obiettivo è però quello di ricercare le “parole-tema”, ovvero parole intorno alle quali il poeta “organizza” il proprio pensiero103, ad es. “campana”, “silenzio”, “luce”,

“buio”, “seme” ecc., e le “parole-chiave”104, ossia parole che all’interno del corpus

poetico blaghiano ricorrono con frequenza anomala rispetto alla frequenza che hanno nell’utilizzo corrente, ad es. “arcobaleno”, “fanciulla”, “seme”, “nulla”105 ecc. Si potrebbe

certamente definire l’analisi di Bărbulescu un grande elogio della parola e del linguaggio blaghiano, che, secondo lo studioso, nella loro plasticità, ricordano l’opera Pasărea Măiastra di Brâncuși106: “se non esistesse il linguaggio, non esisterebbe nemmeno la

poesia”107, e ancora “la lingua costituisce la sostanza dell’opera”108 e “l’opera poetica di

Lucian Blaga celebra l’avventura della parola”109. Pur senza citare il lavoro di Indrieș,

Bărbulescu riprende idealmente il concetto – pur espresso in termini molto diversi – secondo il quale il poeta ha di fatto creato un suo proprio linguaggio, che alla

102 Titus Bărbulescu, Lucian Blaga. Teme și tipare fundamentale, București, Editura Saeculum, 1997. 103 Ibidem, 27.

104 Ibid., pp. 27-28. 105 Ibid., p. 28. 106 Ibid., p. 23.

107 Ibid., p. 8, “Dacă nu ar fi existat limbaj, nu ar fi fost nici poezie”. 108 Ibid., p. 45, “Limba constituie substanța operei”.

connotazione “tradizionale” attira a sé, come il campo magnetico descritto da Indrieș, sfumature del tutto nuove e peculiari:

Il poeta utilizza un altro linguaggio, un linguaggio secondo. Possiamo applicare a Lucian Blaga quel che Paul Valéry affermava a proposito di Charles Baudelaire: “Il poeta si consacra e si sforza per definire e costruire un linguaggio all’interno del linguaggio.” Blaga stesso si definisce fonte e creatore di linguaggio […]110.

Ciò che Bărbulescu si propone di fare è affrontare lo studio sull’opera poetica blaghiana lavorando su due diversi livelli: quello del “contenuto” (conținutul), ovvero tutto quanto concerne i temi e i motivi letterari, e che tratta anche spesso materie astratte e irrazionali, e quello della “scrittura” (scriitura), che concerne invece la forma, le strutture lessicali ecc.111 Anche qui, dunque, assistiamo a un’opera di mediazione tra

lavoro statistico e quantitativo e analisi interpretativa e qualitativa. Se però l’analisi di Indrieș era molto rigorosa e approfondita, quella di Bărbulescu, pur partendo spesso da indagini stilistiche, si concede soprattutto toni narrativi e lirici.

Preme notare come, fino a questo momento, nessuno studioso dell’opera poetica blaghiana abbia adottato una prospettiva strettamente cronologica e diacronica per approcciare l’analisi linguistica del corpus, operazione che sarebbe stata impossibile o perlomeno estremamente laboriosa (dovendo risalire alle pubblicazioni originali in rivista e alle editio princeps) almeno fino alla metà degli anni ’70, quando, presso l’Editura Minerva di Bucarest comincia la pubblicazione dell’edizione critica definitiva delle opere di Blaga, uscita in 12 volumi pubblicati tra il 1974 e il 1995. L’opera poetica è contenuta nei primi due volumi (1974, 1976), a cura della figlia del poeta, Dorli Blaga, in cui sono indicate le date di prima pubblicazione o di prima stesura delle poesie postume o espunte da Blaga stesso dai volumi pubblicati prima della sua interdizione, nel 1947. Anche dopo la pubblicazione dell’opera critica non si è praticata molto la variantistica blaghiana, la sua poesia essendo trattata come una monade atemporale, probabilmente anche sotto l’influenza dell’atteggiamento di Blaga stesso, che tendeva a guardare più al trascendente che all’immanente, e della volontà autoriale restituita nell’edizione Minerva.

110 Ibid., p. 9 “Poetul folosește un al doilea limbaj, un limbaj secund. Putem aplica la Lucian Blaga ceea ce

Paul Valéry zicea despre Charles Baudelaire: «Poetul se consacră și se mistuie deci să definească și să construiască un limbaj în limbaj». Blaga însuși se definea ca fântânar și făuritor de limbaj [...]”.

Un primo tentativo di approccio diacronico, in chiave però non linguistica e stilistica ma biografica e “psicocritica”, è quello di Corin Braga, il quale, nel suo lavoro ermeneutico del 1998 Lucian Blaga. Geneza lumilor imaginare112 – che non tratta

esclusivamente della poesia ma dell’intera opera blaghiana – ricerca negli episodi biografici del poeta (in particolare gli episodi infantili) le fonti delle sue teorie. Braga va difatti cercando nell’esperienza stessa di Blaga le chiavi interpretative dell’opera: “secondo il principio dell’autoconsistenza, la via più diretta verso una visione immaginaria deve partire dall’interno del sistema”113. La domanda che Braga si pone, e

alla quale cerca di rispondere con la propria analisi, è: “Blaga può essere osservato con i suoi stessi occhi? Si può ricostituire la sua Weltanschauung a partire dalla teoria della conoscenza e della creazione ideate da lui stesso?”114. L’approccio di Braga – che, nelle

parole di Călin Teutișan ha “un incontestabile valore di novità all’interno del panorama