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CONCRETO, PARABOLICO, ASTRATTO PERCENTUAL

LE FUNCTION WORDS: COMPARAZIONE E DEITTIC

3. Perché la comparazione?

Nel suo saggio Il potere della comparazione, la studiosa Eleonora De Conciliis illustra come l’attività comparativa sia una caratteristica ascrivibile esclusivamente all’essere umano, una sua attività fondante e distintiva che non si interrompe mai, contribuendo attivamente alla creazione di quella significazione che l’essere umano dà alla sua propria esistenza all’interno del mondo:

L’operazione che eseguiamo è sempre la stessa, incessantemente e senz’averla mai coscientemente decisa: confrontiamo e valutiamo persone, cose o idee, in silenzio o ad alta voce, in forma attiva o riflessiva [...]. Possiamo anche non fare nulla, ma comunque il confronto continua, senza sosta, nel tempo e nello spazio, al di qua e al di là del linguaggio con cui lo articoliamo a noi stessi e agli altri [...]. Tutta la nostra esistenza reale e immaginaria è intessuta di confronti più o meno rapidi, piacevoli o dolorosi, squallidi o esaltanti, con individui per noi più o meno significativi, a noi più o meno superiori o inferiori, raramente o problematicamente uguali410.

E ancora, “la comparazione è ciò che innesca, genera e complica all’infinito la socialità umana. Sottrarsi alla comparazione è impossibile”411. Secondo De Conciliis, dunque,

l’attività costante di sottofondo dell’intera esistenza umana è quella del comparare. Attraverso la comparazione, infatti, emergono le caratteristiche individuali e non. Attraverso il comparare persone, situazioni e sensazioni, siamo in grado di tessere una rete di significati che ci consente di muoverci all’interno dell’esistenza, interpretando la vita e noi stessi attraverso ciò che abbiamo avuto modo di conoscere in una lunga catena a ritroso di confronti. La nostra intera conoscenza, il nostro intero universo dialogico e significante è, di fatto, secondo De Conciliis, tessuto, maglia dopo maglia, comparazione dopo comparazione, confrontando tutto quello che giunge ai nostri sensi. La studiosa parla di “struttura comparativa del nostro pensiero”412 e spiega:

Selezionando gli stimoli provenienti dall’esterno, il nostro cervello funziona e si potenzia proprio grazie alla comparazione astrattiva: giunge a confrontare grandezze, forme e concetti perché percepisce prima oscuramente, poi con sempre maggiore precisione, somiglianze e differenze; ritaglia e combina parti del percetto in base alla loro omogeneità o viceversa alla loro eterogeneità, produce artificialmente nuove differenze e nuove somiglianze, elaborando precedenti percezioni semplici413.

410 Eleonora De Conciliis, Il potere della comparazione. Un gioco sociologico, Milano, Ed. Mimesis, 2012,

pp. 9-10.

411 Ibidem, p. 10. 412 Ibid., p. 11. 413 Ibid., p. 11.

Si parla, dunque, di un’arte del confronto tipica del funzionamento del pensiero umano: “l’uomo è un animale che confronta”414 scrive ancora De Conciliis. E così come

Paolo Virno, nel suo Saggio, rifletteva su come la negazione sia un’operazione intellettuale specificamente umana, che rende l’essere umano quello che è, così De Conciliis considera l’attività comparativa il fulcro del pensiero umano: “è questo atteggiamento a renderlo [l’essere umano, ndA] pensante oltre che senziente, dunque umano: il processo di ominazione non è (non è mai stato altro) che un processo di comparazione, un differenziarsi-assomigliarsi sulla scena protosociale della pluralità”415.

Si scopre, così, che a livello strutturale negazione e comparazione sono operazioni affini: entrambe, infatti, servono a marcare una differenza, a mettere in luce uno specifico aspetto, lasciando il resto nell’ombra. Negando e comparando, costruendo una narrazione fatta di confronti e negazioni, l’essere umano si attribuisce una specificità, delle caratteristiche sue proprie, costruisce scale di valori in opposizione a quanto non ritiene adeguato al proprio essere, fa di sé un individuo. Aggiunge poi De Conciliis che, di fatto, questa attività di metretica (ovvero secondo Platone416 l’arte del misurare) “è intrinsecamente metaforica, simbolica, connotativa, mai letterale o denotativa, perché non quantificabile”417. Ecco dunque che nella vita quotidiana, gli esseri umani costruiscono

continuamente narrazioni costituite da metafore, simboli, narrazioni soggettive: esattamente ciò che fa il poeta, il quale, in questo senso, si fa ancora una volta portatore di significati. Egli diventa l’essere umano che assume su di sé il compito di dipanare il pensum, che in latino rappresentava il quantitativo di lana grezza da filare. Come la filatrice, questi si fa carico di filare questa massa aggrovigliata che è il caos universale, e, filandolo, attribuisce un senso, un ordine, una misura, un’interpretazione alle grandi questioni che affollano la mente umana, offrendo ai suoi simili una chiave di lettura del sé, dell’altro da sé e delle relazioni tra i due. Da un punto di vista linguistico-retorico la particella ca assume dunque una grande importanza in quanto spia e indice di un meccanismo di costruzione del pensiero e del discorso del poeta con sé e con l’altro.

414 Ibid., p. 18. 415 Ibid., p. 19. 416 Ibid., p. 42. 417 Ibid., p. 23.

Tale operazione di “filatura”, ovvero di significazione (interpretazione) non è scevra di difficoltà, ed è proprio tramite una comparazione che Blaga lo esplicita nel celeberrimo verso della poesia Autoportret “Lucian Blaga è muto come un cigno”418, e

continua, nello stesso testo:

[...]

Sufletul lui e în căutare, în mută, seculară căutare, de totdeaună,

și până la cele din urmă hotare. El căuta apa din care bea curcubeul. El căuta apa din care curcubeul Își bea frumsețea și neființa419.

Le sue parole non sono le parole quotidiane, vanno al di là del mondo fenomenico e si fanno inudibili come quelle del cigno, che però ricerca costantemente, dall’inizio alla fine dei tempi, la «fonte dell’arcobaleno», il senso del tutto. Il poeta, dunque, è colui che, per eccellenza, interpreta, produce senso attraverso la comparazione, e tramite questo costante e perpetuo esercizio tesse la rete interpretativa da offrire ai suoi pari.

L’operazione del comparare, inoltre, presuppone anche un notevole sforzo emotivo. Sempre secondo De Conciliis, infatti:

[…] pur essendo il più razionale, l’uomo è allo stesso tempo il più emotivo tra i primati: nessuno di noi può rapportarsi all’altro senza compararsi sentimentalmente a lui e percepire, ‘misurare’ una qualche differenza. Sulla scena sociale, in cui ognuno riveste un ruolo specifico o indossa una differenza artificiale come identità riconoscibile e riconosciuta, questa viene misurata e agita sempre già a partire da terzi, ovvero percepita all’interno di una pluralità – in un sistema di personaggi420.

In quest’ottica, il poeta, facendosi carico di dipanare il pensum da offrire poi al resto dell’umanità, affronta certamente un carico emotivo di intensità aumentata. In questo senso, dunque, sempre seguendo il fil rouge delineato dall’analisi di De Conciliis, egli, esercitando un suo potere specifico che lo pone su un piano diverso rispetto a quello della piccola vita quotidiana, è in un certo senso assimilabile alle figure che la studiosa individua nel mago e nel sacerdote.

418 Lucian Blaga e mut ca o lebădă.

419 Opere, vol. I., p. 338. “[…] La sua anima è in ricerca/ da sempre,/ e fino ai confini supremi./ Cerca egli

l’acqua a cui beve l’arcobaleno./ Cerca egli l’acqua,/ da cui l’arcobaleno/ attinge la bellezza e il non essere” (Del Conte, p. 221).

De Conciliis scrive infatti che:

La magia e la religione aiutano l’uomo a governare il confronto con la differenza reale per eccellenza, quella tra vivo e morto. In tal senso va evidenziato il carattere doppiamente comparativo dei riti magici e di quelli religiosi: da un lato, essi distinguono chi li compie dai profani, identificando la categoria dei maghi e dei sacerdoti come diversa e superiore: dall’altro collegano e nello stesso tempo separano - cioè confrontano, mettono in comunicazione, scambiano – il mondo dei vivi e quello dei morti.421

Tale assunto può in questa sede essere applicato anche alla poesia, terreno sospeso a metà fra due mondi, orizzonte all’interno del quale il poeta si fa interprete di istanze superiori e le traduce attraverso il suo linguaggio «di cigno» per gli altri. Anche lo studioso Corin Braga, nella sua opera Lucian Blaga. Geneza lumilor imaginare afferma che “l’intera creazione di Blaga è, in un modo o nell’altro, una modalità di riconnessione al fondo magico”422 e lo stesso Blaga, nel suo saggio Despre gândirea magică, afferma “nell’idea del magico prende consistenza, come in una sua lucida appendice, il mistero in sé medesimo”423. La magia, dunque, e per associazione la poesia, sono le modalità

attraverso le quali il poeta/mago/sacerdote accede a quel mistero che è il nucleo fondante dell’intera esistenza per offrirne ai propri simili una chiave interpretativa. La forza della poesia è rappresentata dalla forza universale della parola. Nell’opera poetica di Lucian Blaga la forza della parola intesa come parola-creatrice compare in svariati testi, e Blaga stesso lascia molto spazio al concetto di parola creatrice all’interno delle proprie opere filosofiche. Leggiamo in Trilogia valorilor: “[…]ma il verbo iniziale «sia la luce» e il potere attribuito alla parola, grazie alla quale fu creato il mondo, sono elementi magici”424. Fra i molti esempi di questo concetto trasposti all’interno dei testi poetici che si potrebbero citare, iconico è quello della poesia Pan, nella quale il risveglio al mondo del dio Pan, prima addormentato, si compie di fatto nel momento stesso in cui egli attua l’articolazione del pensiero in parole attraverso una domanda (Să fie primăvară?425),

421 Ibidem, pp. 99-100.

422 Braga, Lucian Blaga. Geneza lumilor imaginare, cit.p. 128. “întreaga creație a lui Blaga este, într-o

formă sau alta, o modalitate de reconectare la fondul magic”.

423 L. Blaga, Despre gândirea magică, in Trilogia Valorilor, București, Humanitas, 2015, p. 141. “în ideea

magicului prinde consistență, ca într-un apendice lucid al său, însuși misterul ca atare”.

424 Ibidem, p. 142. “[…] dar porunca inițială: «să se facă lumină», și puterea atribuita cuvântului, datorită

căruia lumina s-a făcut, sunt elemente magice”.

simbolo anche di un atteggiamento di meraviglia e costante ricerca nei confronti del mondo. Continua De Conciliis:

Il potere comparativo si concentra […] in grado eminente nella parola; è in essa, concepita come discorso condensato e quindi come sorgente di senso sociale, che si manifesta il kudos, la forza soprannaturale. In quanto performativo, il potere della parola consiste più nella forza di far esistere davanti agli altri (e fintanto che questi ci credono), che non nel potere di farli crescere426.

E ancora, nel passaggio che segue, De Conciliis conferma l’ipotesi che avevamo ormai delineato e che vede nel poeta la figura sacra alla quale è affidato il compito di creare la realtà attraverso l’utilizzo del potere del linguaggio:

Soltanto la letteratura può fare più del potere in termini di equivalenza tra immortalità e memoria: lo scrittore possiede la capacità comparativa per eccellenza, che è quella di osservare i corpi vivi e di trasformarsi in essi; se il segreto della sopravvivenza sta nel confronto, egli è il custode delle metamorfosi427.

Ecco dunque che, alla luce della bella interpretazione offerta da De Conciliis, la forza della comparazione acquista un significato di particolare importanza in riferimento alla nostra analisi e soprattutto in relazione alla figura del poeta in quanto poeta.