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LA CRITICA BLAGHIANA E LE DIGITAL HUMANITIES IN ROMANIA

1. La critica blaghiana in Romania

1.2. La ricezione dell’opera blaghiana in Italia

Secondo quanto riportato da Pasquale Buonincontro120 nel suo studio sulla

presenza della cultura romena in Italia tra il 1900 e il 1980, le prime poesie di Blaga tradotte in italiano risalgono agli anni ’30: il poeta viene infatti tradotto una prima volta nel 1932 insieme ad A. Maniu e A. Cotruș121, e ancora nel 1938 di nuovo insieme ad altri

autori di stretta attualità (T. Arghezi, V. Gheorghiu, A. Maniu, I. Minulescu, I. Pillat, V.

118 Ibid., p. 7, “Întreagă biografie a poetului și filosofului urmează a fi marcată dramatic, uneori chiar brutal,

de acest eveniment care îi precede îi-ființarea. Corin Braga explică muțenia autistă de până la patru ani prin identificarea copilului cu sora moartă. Refuzul cuvântului va fi, astfel, refuzul intrării în ființă, percepută ca anulare vinovată a dublului thanatic”.

119 Ibid., p. 7.

120 Pasquale Buonincontro, La presenza della Romania in Italia nel secolo XX. Contributo bibliografico

1900-1980, Napoli, De Simone Editore, 1988.

Voiculescu)122. In un articolo che esplora la storia delle traduzioni italiane di opere

romene, R. Merlo ricorda anche le prime traduzioni di poesia blaghiana presenti in contesti antologici, rispettivamente nel 1941 e nel 1946123. Nel 1956, poi, compare la

prima traduzione in volume di una delle opere filosofiche di Lucian Blaga, Orizont și stil (1936)124.

Nel 1941 Ramiro Ortiz, nel suo volume Letteratura romena125, segnala Lucian

Blaga tra i “più importanti rappresentanti della poesia romena d’avanguardia”126 insieme,

tra gli altri, a G. Bacovia, A. Maniu, I. Voronca ecc. La parte trattatistica del volume è accompagnata da una breve selezione antologica, senza ulteriori commenti se non la sintetica dicitura “poeta e filosofo”127, nella quale ritroviamo in traduzione italiana e

senza testo a fronte le poesie Crepuscolo autunnale (Amurg de toamna), Aratri (Pluguri) e Il cieco (Orbul)128. Sempre nello stesso volume, Blaga viene inserito tra i modernisti129, almeno per quanto riguarda la sua produzione teatrale, citando Maestro Manole (Meșterul Manole), del quale segue la traduzione di un brano130.

Nel 1953 è il turno di Giacomo Prampolini, che, nel paragrafo sugli autori romeni del Novecento nella sua vasta storia della letteratura mondiale131, dedica a Blaga qualche riga definendolo “nietzschiano cantore della vita gioiosa nel volume Pasii profetului”132,

per poi passare a descrivere la sua evoluzione poetica in direzione di una “metafisica tristezza”. L’autore passa infine in rassegna le opere teatrali di Lucian Blaga e accenna ai suoi lavori filosofici. Nel 1958 G. Caragață inserisce il poeta “Luciano” Blaga all’interno del capitolo dedicato alla letteratura romena nella Storia delle letterature moderne d’Europa e d’Americadell’editore Vallardi133, inquadrandolo tra gli “ortodossisti”134 e

122 Ibid., p. 94.

123 Roberto Merlo, Un secolo frammentario: breve storia delle traduzioni di poesia romena in italiano nel

Novecento, in “Philologica Jassyensia”, An I, nr. 1-2, 2005, pp. 197-246, p. 212.

124 L. Blaga, Orizzonte e stile, a cura di A. Banfi, Milano, A. Minuziano Editore, 1946.. 125 Ramiro Ortiz, Letteratura romena, Roma, Angelo Signorelli Editore, 1941.

126 Ibidem, p. 221. 127 Ibid., p. 234. 128 Ibid., pp. 234-236. 129 Ibid., p. 245. 130 Ibid., pp. 249-251.

131 Giacomo Prampolini, Storia Universale della Letteratura, Vol. VII, Letterature Ibero-Americane, Slave,

dell’Europa Orientale, Indigene, Torino, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1953.

132 Ibidem, p. 704.

133 George Caragața, Letteratura romena, estratto dalla Storia delle letterature moderne d’Europa e

d’America, Milano, Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, 1958.

dando una lettura in chiave fortemente “spirituale” della poesia blaghiana. Pur ammettendo, in particolare per la produzione giovanile, la forte influenza dall’espressionismo tedesco, l’autore afferma a proposito della produzione successiva a Pașii profetului (1921) che

[I]l peccato consumato da Eva tende le sue insidie all’uomo che solo ora comincia a compenetrarsi del suo significato mistico. Pan e il Cristo, come simboli di vita spirituale diversa, generano i lati opposti del suo lirismo, fino a che insensibilmente la luce interiore risplenderà solo dell’immagine mistica del Verbo135.

Nel 1955 esce la prima edizione della storia della letteratura di Gino Lupi, ripubblicata nel 1968 in una nuova edizione dal titolo La letteratura romena136, nella quale l’autore dedica a Blaga una pagina all’interno del capitolo sul periodo interbellico e in particolare all’interno del sotto-capitolo dedicato ai tradizionalisti, inscrivendosi nella scia inaugurata da Nicolae Iorga e poi da Eugen Lovinescu, che, nel 1937, aveva collocato l’opera di Lucian Blaga nel panorama della poesia tradizionalista137. Lupi apre il suo

paragrafo su Blaga illustrandone molto brevemente le teorie filosofiche per passare poi ad accennare alle raccolte poetiche fino a Lauda somnului, affermando però che “l’opera poetica è legata alla filosofica, pur essa essenzialmente lirica”138, e perpetrando dunque quella tradizione critica che vedeva la lirica blaghiana come una sorta di appendice artistica della più grande opera filosofica. Con i contributi di Caragață e Prampolini, tra i pochi in Italia a parlare del poeta durante il lungo periodo di interdizione, si interrompono per qualche anno i riferimenti e le traduzioni, che riprenderanno solo dopo la morte del poeta. È infatti sull’onda della sua risonante riscoperta in Romania che l’opera di Blaga ricomincia a suscitare interesse anche in Italia. Scrive Merlo:

Solo all’inizio degli anni ’60, precedendo di poco il lento e attentamente programmato recupero della poesia di Blaga operato in Romania, che culminerà solo dopo la caduta del ceauscismo (con la pubblicazione del romanzo di ispirazione autobiografica Luntrea lui Caron [La barca di Caronte], nel 1990), e in concomitanza con la candidatura al Nobel, abbiamo una prima «restituzione» italiana del teatro (Mititelu 1960) e alcune, timide presenze poetiche (Mariano 1961, De Micheli/Vrânceanu 1961). Una reale mediazione dell’opera blaghiana in Italia avverrà solo in seguito al primo, cauto «sdoganamento» della poesia di Blaga in Romania (1962), con le 10 poesie trad. da Marcello Camillucci in “Persona”, IV (1963), 3, p. 10-11, seguita dalla presenza in De

135 Ibid., p. 344.

136 Gino Lupi, La letteratura romena, Milano, Sansoni-Accademia, 1968.

137 Marco Cugno, La poesia romena del Novecento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, p. XXVIII 138 Lupi, La letteratura, 1968, p. 343.

Micheli 1967 (che recupera parzialmente lo squilibrio tra caratura degli autori e presenza antologica evidente in De Micheli/Vrânceanu 1961) e dalle «restituzioni» di Popescu 1969 e 1970b139.

Nel 1970 compare poi l’antologia di Mircea Popescu140, sopra ricordata da R.

Merlo. In un breve passaggio, Popescu definisce Lucian Blaga come “filosofo originale, con una visione tutta romena dell'essere, dell'arte e della cultura, drammaturgo lirico e di idee, poeta virgiliano in principio, che a mano a mano si spiritualizza, fino ad approdare a una tristezza metafisica molto simile al popolare”141. E dunque, notiamo, anche Popescu

sottolinea in prima istanza la natura di filosofo di Lucian Blaga, per poi passare a parlare della sua attività di drammaturgo e soltanto infine di poeta. Poco più avanti, poi, anche Popescu si rifà allo spiritualismo di Blaga: “insieme con l'archeologo Vasile Pârvan (1882-1927) e ai già ricordati Blaga e Nae Ionescu, C. Rădulescu-Motru (1868-1957), critico del pensiero kantiano, imposta filosoficamente il fenomeno spirituale romeno”142.

L’anno successivo Ioan Guția pubblica la sua Introduzione alla letteratura romena143, che oltre a una prima parte teorica contiene anche un’antologia di testi non tradotti in italiano. Guția dedica a Lucian Blaga quattro pagine, collocandolo nel capitolo dedicato al tradizionalismo (inserito a sua volta nella sezione dedicata al Novecento). Addirittura, secondo Guția, Blaga è “il maggiore poeta tradizionalista”144 e le pagine a lui

dedicate si aprono con una descrizione della “partecipazione mistica che spiritualizza le cose cui conferisce una vera realtà ontologica”145. A differenza dei predecessori e forte

ormai di un ventennio circa di riscoperta e rilettura dell’opera di Blaga poeta, Guția si dedica principalmente alle raccolte poetiche – toccando solo marginalmente le opere teatrali e filosofiche – citando tutte le raccolte antume (termine adottato dal romeno, per indicare le opere pubblicate in vita) e le postume pubblicate nel 1962, che, secondo l’autore, rappresenterebbero “una continuazione della poesia di prima”146.

139 Merlo, Un secolo frammentario, cit. p. 213.

140 Mircea Popescu, Antologia della Letteratura Romena, in Letteratura Universale, a cura di Santucci, L.,

XXXIV, Antologie del sud-est europeo, Milano, Fabbri Editore, 1970, pp. 105-204.

141 Ibidem, p. 66. 142 Ibid., p. 69.

143 Ion Guția, Introduzione alla letteratura romena, Roma, Bulzoni Editore, 1971. 144 Ibidem, p. 85.

145 Ibid., p. 85. 146 Ibid., p. 88.

Rifacendosi alla critica blaghiana romena affrontata nel paragrafo precedente, anche la critica di Guția inizia parlando dell’espressionismo della poesia blaghiana, che vira poi, secondo il critico, verso il panteismo di Pașii profetului147 per poi virare

nuovamente verso una dimensione maggiormente filosofica nelle raccolte “centrali” (În marea trecere, Lauda somnului, La cumpăna apelor), all’interno delle quali, nelle parole di Guția “il motivo principale è la speculazione metafisica: registrazione di stati d’animo suscitati dal contatto con i segni del mistero”148. Infine, nell’analisi di Guția, le ultime due

raccolte antume (La curțile dorului e Nebănuitele trepte) sono rispettivamente dedicate alla “ricerca del pittoresco, del colore, della musicalità e un maggiore uso della rima”149

nel caso della penultima raccolta e “centrato sull’avvicinarsi della morte, intesa come discesa negli elementi primordiali”150 nel caso dell’ultima. Usando le parole dello

studioso, “nella poesia di Blaga riscontriamo l’aspirazione alla fusione col divino e, nello stesso tempo, l’impossibilità da parte dell’uomo di realizzarla”151, la sua poesia seguendo

in sostanza un percorso che porta in direzione di una caratteristica “tristezza metafisica”. Nella parte antologica sono presenti le poesie Eu nu strivesc corola de minuni a lumii, Somn, Boală e Din adânc152.

Negli anni successivi alla pubblicazione del volume di Guția sono stati pubblicati anche tre volumi di traduzioni, spesso preceduti dalla pubblicazione in rivista di una parte delle poesie tradotte153.

Il primo volume d’autore dedicato alla poesia di Blaga è quello di Rosa Del Conte, pubblicato nel 1971154, che conta la traduzione di novantaquattro poesie con testo a fronte,

147 Ibid., p. 86. 148 Ibid., p. 87. 149 Ibid., p. 88. 150 Ibid., p. 88. 151 Ibid., p. 87. 152 Ibid., pp. 155-156.

153 Inoltre, scrive Merlo: “I due decenni successivi segnano il passo, con 12 poesie trad. di Mariano Baffi

(già trad. di Blaga 1971b) per l’Annuario dell’Accademia di Romania in Roma (“Columna”, 1972, p. 156- 163), la trad. di Meşterul Manole, 1927 (Blaga 1974), una scelta di 4 poesie trad. da Marco Cugno su “L’Europa letteraria”, I (1975), 2, p. 30-32 (prestigiosa rivista che di lì a poco avrebbe ospitato la prima antologia italiana dell’avanguardia romena, firmata dallo stesso curatore) seguite da un decennio di silenzio (a parte la presenza in antologie di minore rilevanza, come Baffi/Gligora 1981 e Mitescu 1984), che si chiude però con una terza antologia (Blaga 1989 – 112 poesie), pubblicata da una nota casa editrice milanese. Nel periodo postdecembrista si segnala soprattutto la pubblicazione di due opere filosofiche,

Spaţiul mioritic, 1936 (Blaga 1994) e Artă şi valoare, 1939 (Blaga 1996)”. Merlo, Un secolo frammentario,

cit. p. 213.

tutte tratte dalle raccolte antume (tranne che per Cânele din Pompei). Da ogni volume è stata tradotta una selezione che va dalle tredici alle sedici poesie, con l’eccezione di Pașii profetului, raccolta dalla quale Del Conte traduce solo sei testi. Le traduzioni sono precedute da una prefazione di una trentina di pagine, da una tavola biografica cronologica e da una nota bibliografica.

Del Conte individua nel “mistero” il nucleo a partire dal quale si sviluppa tutta la creatività del poeta: “il «mistero» non sarà soltanto per il Blaga una vera e propria categoria esistenziale, ma rappresenterà la ‛conditio sine qua non’ per qualsiasi creazione culturale”155. Nella puntuale analisi della poesia giovanile di Lucian Blaga, Del Conte

commenta, quasi parafrasando i versi di Eu nu strivesc corola de minuni a lumii: “la poesia del Blaga tende ad essere rivelazione del mondo, in quanto non ne uccide e distrugge, ma ne approfondisce il mistero, arricchendo di nuova magia l’incanto dell’impenetrabile”156. Il mistero, dunque, inteso come meraviglia, come atteggiamento

di stupore nei confronti della vita, un atteggiamento puramente filosofico che Del Conte riscontra anche nel portamento fisico di Blaga, che conosceva personalmente, e che ritroviamo nella sua descrizione degli occhi del poeta: “e quel che di statico ed assente è in tutta la sua persona, pur così classicamente statuaria, s’illuminava come di una rivelazione improvvisa, quando tu incontravi i suoi occhi, assorti e chiari occhi, aperti sulle cose – gioia e dolore del mondo – come in un ininterrotto stupore”157.

Del Conte percepisce nell’opera giovanile del poeta quel “brivido gioioso”158 di chi è capace di meravigliarsi:

Questo poeta [...] sa dire con una parola che può farsi pacata, e distendersi in un respiro melodico ampio e grave, la vasta bellezza del mondo, lo splendore dell’azzurro che trascorre, come un fiume, sulle stoppie abbaglianti e, insieme, le inattese comunicazioni del nostro io profondo con le cose, in una ritrovata unità159.

Prosegue poi descrivendo le successive raccolte poetiche, sempre cogliendo in maniera puntuale e delicata le caratteristiche dell’opera più profondamente allacciate alla personalità del poeta – “è sofferenza, per il poeta, sentire la materia troppo angusta

155 Ibidem, p. 9. 156 Ibid., p. 12. 157 Ibid., p. 11. 158 Ibid., p. 12. 159 Ibid., p. 13.

rispetto all’illimite slancio di cui è capace l’anima”160 – per documentare infine l’evidente

passaggio di toni e temi che avviene già in parte in Pașii profetului, ma che si fa definitivamente evidente a partire da În marea trecere e Lauda somnului:

Alle domande che cercano di spezzare la compatta volta di cristalli del cielo, con il segreto sgomento, diresti, che questa volta possa veramente offrire uno spiraglio allo sguardo umano, viene sostituendosi un appagamento conoscitivo d’ordine ‛paradisiaco’, e perciò inerte e passivo. All’ansia che denunzia la nostra vocazione rivelatrice, segue la pausa della contemplazione pacata; all’invocazione al cielo fa eco la lode della terra buona161.

e ancora:

Il progresso [dell’attività poetica di Blaga, ndA] infatti è confermato dalla forma, che non è più descrittiva, né imaginifica sino al decorativismo barocco, né faticosamente interrogativa, sino all’enfasi. Di raccolta in raccolta il poeta è venuto approfondendo la sua ispirazione assecondando l’autenticità del nisus formativo sino a rifiutarsi ogni sovrastruttura artificiosa162.

Del Conte passa poi a commentare le ultime raccolte antume. A proposito di La cumpăna apelor scrive:

La raccolta [...] conferma l’immagine che ci siamo venuti facendo del mondo ideale del poeta. Ma in essa lascia la sua traccia la malinconia tutta umana delle stagioni che passano; recandoci il senso di una esistenza, la nostra, tradita o delusa; la tristezza degli amori perduti e rimpianti, la gioia delle improvvise rinascite che sono della natura e dell’uomo163.

A proposito di Nebănuitele trepte, invece, Del Conte nota, tra le altre cose, “lo stesso sentimento di gioiosa sorpresa con cui egli aveva accolto il ridestarsi dell’ispirazione”164 sottolineato anche, secondo la studiosa, dal “raffinarsi del sentimento

musicale”165 all’interno dell’ultimo volume di poesie antume. La dettagliata prefazione

ala ricca antologia si chiude con un breve cenno all’interdizione del poeta, il “Pasternak rumeno”166 e alla sua morte che “ha avuto un’eco profonda di commozione, specie nel

cuore dei giovani”167.

160 Ibid., p. 15. 161 Ibid., p. 19. 162 Ibid., p. 26. 163 Ibid., p. 31. 164 Ibid., p. 32. 165 Ibid., p. 33. 166 Ibid., p. 36. 167 Ibid., p. 36.

Sempre nel 1971 escono, presso l’editura Minerva di Bucarest, novanta poesie blaghiane tradotte da Mariano Baffi e accompagnate da una prefazione di Edgar Papu168. Anche in questo caso le traduzioni provengono prevalentemente dai volumi antumi, con l’eccezione di diciassette testi postumi tratti dal volume pubblicato nel 1962. L’intero volume è bilingue, non solo nella parte antologica ma anche la prefazione e la nota del traduttore compaiono sia in romeno che in italiano. Nella sua prefazione, Papu, distaccandosi dalla posizione di tutti quei critici che vedevano la poesia blaghiana quale riflesso o appendice delle sue idee filosofiche, afferma “l’espressione [...] più ampia ed essenziale della sua creazione rimane la lirica [...]”169. Scrive Papu, commentando la lirica

blaghiana:

Qui non ci interessano più le soluzioni, come nella filosofia, ma il fatto in sé, l’irrequietezza che le precede – come anche la zona profonda dell’essere da dove si alza questa irrequietudine. L’agnosticismo filosofico diventa meraviglia lirica di fronte ai misteri dell’esistenza [...] Perciò, la lirica di Blaga riesce effettivamente problematica, ma non intellettualistica, come venne considerata ad un certo momento, soltanto in base alla concomitanza in lui del filosofo e del poeta170.

e continua: “Blaga deve essere collocato all’antipode dei poeti cerebrali, i quali, come Vàlery, mirano a chiarire i loro tormenti senza uscire dalle categorie accettate. Un tale chiarire distruggerebbe la sostanza stessa della sua lirica, che è la meraviglia”171.

Infine, nel 1989 viene pubblicata una terza antologia monografica, curata da Marin Mincu e con le traduzioni di Sauro Albisani172, che raccoglie centododici poesie

tradotte (di cui dieci provenienti dai volumi postumi). Il volume presenta anche una corposa prefazione a cura di Marin Mincu, una tavola cronologica e una postfazione a cura di Albisani. La prefazione di Mincu si apre così: “Anticiperemo le conclusioni, dichiarando subito che Lucian Blaga è stato il primo, grande poeta romeno che abbia saputo coniugare le forme poetiche della tradizione romena con quelle delle avanguardie europee”173, e continua: “Lucian Blaga rimane il poeta più rappresentativo per quanto

168 L. Blaga, Nouăzeci de poezii. Novanta liriche, a cura di Mariano Baffi e Edgar Papu, București, Editura

Minerva, 1971.

169 Ibidem, p. 32. 170 Ibid., pp. 32-33. 171 Ibid., p. 33.

172 L. Blaga, I poemi della luce, a cura di Marin Mincu, Sauro Albisani, Milano, Garzanti, 1989. 173 Ibidem, p. 5.

riguarda il manifestarsi, in uno spazio strettamente autoctono, di una fra le più notevoli tendenze rivoluzionarie: la tendenza poetica espressionista”.

La prefazione prosegue con un accurato excursus sul panorama della letteratura romena aggiornato al 1919, anno del debutto poetico di Lucian Blaga. Mincu sottolinea quanto le tendenze letterarie europee (l’espressionismo innanzitutto) abbiano dato un contributo fondamentale alla stilistica di Poemele luminilor174. Citando un passo

autobiografico tratto da Hronicul și cântecul vârstelor, nel quale il poeta ricorda il suo primissimo impatto con un manifesto espressionista mostratogli da un conoscente a Vienna, Mincu prosegue nel sottolineare quanto l’influenza dell’espressionismo di matrice europea e tedesca in particolare avesse contribuito alla “riscoperta organica della propria ricerca artistica”175. Di fatto l’intero saggio di Mincu si basa sulla premessa che

la critica precedente non avesse accordato sufficiente attenzione al peso dell’influenza dell’espressionismo sulla poetica blaghiana176 e passa a commentare l’evoluzione artistica del poeta alla luce di un’analisi che tenga invece conto della centralità di tale fondamentale influenza: “l’allontanamento totale dal concreto, la spiritualizzazione estrema del paesaggio, plasticizzato in modo vangoghiano: ecco le coordinate secondo le quali Blaga aderisce all’espressionismo”177 e continua, commentando il manifesto

mutarsi di tono che, come già si è detto, è percepibile a partire da Pașii profetului per farsi via via più evidente nei volumi cosiddetti “centrali”:

Partendo inizialmente da una breve fase espressionista, Blaga indossa per di più le ali metafisiche che nessun poeta espressionista europeo ha avuto; con notevole esemplarità, sia teorica che pratica, il poeta romeno realizzerà la ‛blaghianizzazione dell’espressionismo’. Essa si configura tramite l’allontanamento definitivo dal reale; il poeta costruisce un universo immaginario nel quale i motivi e le figure espressionisti si possono ancora intercettare come delle calamite nascoste, intorno alle quali si è condensata una materia tangibile, seppure di identità blaghiana, che ha la funzione di velare e di oscurare la materia iniziale178.

E ancora: “la coscienza poetica e filosofica blaghiana dà un senso nuovo al mondo, all’esistenza, e alle forme poetiche; il sistema di Blaga rappresenta proprio la manifestazione dell’espressionismo in una esperienza culturale e artistica massima”179.

174 Ibid., p. 6. 175 Ibid., p. 11. 176 Ibid., p. 6. 177 Ibid., p. 21. 178 Ibid., p. 25. 179 Ibid., p. 26.

Nel 1996 M. Cugno pubblica la ricchissima antologia La poesia romena del Novecento che include, oltre a un profilo biobibliografico di Lucian Blaga180, ben ventidue poesie tradotte dallo stesso Cugno con testo a fronte181. In particolare, Cugno

esplora le categorizzazioni che sono state assegnate alla poesia blaghiana nel corso della ricezione critica della sua opera, sostenendo che “la definizione che Lovinescu aveva dato del modernismo appare restrittiva se riferita a Blaga, il cui modernismo, di matrice espressionista, non poteva rientrare, a rigor di termini, in tale corrente”182, per poi sottolineare che lo stesso Lovinescu, infine, aveva optato per “una collocazione [dell’opera di Blaga, ndA] nell’ambito della «poesia tradizionalista»”183. Cugno riporta

poi le parole dello stesso Blaga, che, in un’intervista concessa a I. Valerian nel 1926184 sosteneva che non fosse possibile eludere il modernismo in quanto fenomeno tipico di quell’epoca: “il modernismo non è un fenomeno locale, ma una caratteristica della nostra epoca, del ritmo contemporaneo della vita. In questo concerto ogni poeta ha portato qualcosa di suo”185. Il breve – ma molto denso – paragrafo prosegue con una piccola

panoramica in senso diacronico dell’evoluzione e della maturazione della poetica