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Il contributo al raggiungimento di un obiettivo di interesse comune

5 Le tipologie di aiuti e le condizioni di compatibilità

5.1. Il contributo al raggiungimento di un obiettivo di interesse comune

La Disciplina si concentra preliminarmente sull'analisi del contributo dell'aiuto al raggiungimento di un obiettivo di interesse comune e precisa che «l'obiettivo generale degli aiuti di Stato per l'ambiente» è quello di «produrre un livello di tutela dell'ambiente più elevato di quanto sarebbe possibile in assenza degli aiuti»520.

A sua volta, la nozione di “tutela dell'ambiente” accolta dalla Disciplina (e anche dal GBER) comprende «qualsiasi azione volta a porre rimedio o a prevenire un danno all'ambiente fisico o alle risorse naturali causato dalle attività del beneficiario, a ridurre il rischio di un tale danno o a promuovere un uso più razionale delle risorse naturali, ivi incluse le misure di risparmio energetico e l'impiego di fonti di energia rinnovabili»521.

Due sono le considerazioni che, a me pare, tale definizione induce; la prima attinente alla nozione di ambiente contenuta nella Disciplina e la seconda relativa al rapporto tra ambiente ed energia.

Quanto al primo profilo, si può osservare che quella dettata dalla disciplina è una definizione manifestamente lacunosa, che richiede, ai fini della sua applicazione, di essere integrata attingendo altrove. È quindi indispensabile, per

520 Cfr. Comunicazione della Commissione 2014/C (200/01),cit.,punto 30.

521 Cfr. Comunicazione della Commissione 2014/C (200/01),cit.,punto 1 delle definizioni, contenute nella sezione 1.3, punto 19 della Disciplina.

definire più precisamente i confini dell'oggetto di tutela verso cui la Disciplina cerca di orientare le politiche di spesa degli Stati, richiamare la nozione di danno che viene fornita da altre norme.

Nell'ambito del diritto europeo una definizione di danno si può rinvenire nella direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che definisce lo stesso come «un mutamento negativo misurabile di una risorsa naturale o un deterioramento misurabile di un servizio di una risorsa naturale, che può prodursi direttamente o indirettamente»522.

Ciò su cui mi pare opportuno in questa sede soffermare l'attenzione non è tanto la nozione in senso tecnico di danno accolta dalla direttiva (che richiede l'accertamento di un mutamento/deterioramento negativo e misurabile) quanto, piuttosto, il bene giuridico su cui lo stesso danno insiste, che è costituito dalle risorse naturali e dai servizi dalle stesse offerti. Il combinato disposto delle due definizioni ci restituisce un concetto di ambiente inteso come bene complesso, dinamico e sistemico523.

L'oggetto di tutela è infatti costituito non solo dalle risorse naturali atomisticamente e disorganicamente considerate, ma anche e soprattutto dalla loro capacità di continuare a fornire servizi (“ecosistemici”) alla collettività. Ciò che la Disciplina pare tutelare, accogliendo così indirettamente un approccio sistemico al bene ambiente, è la resilienza, cioè la capacità degli ecosistemi «di continuare ad

522 Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e e riparazione del danno ambientale, art.2, par.2.

523 Sulla nozione di ambiente come bene unitario complesso e sistemico cfr. G. ROSSI, Situazioni

giuridiche soggettive, danni e tutele, cit., pag.105. L'A. prende in considerazione l'ambiente come bene unitario «ontologicamente diverso dagli elementi materiali che lo compongono, in quanto questi non sono considerati nella loro accezione statica, ma nella prospettiva dinamica propria del sistema». Più specificamente, Rossi precisa che «i singoli beni che possono essere oggetto di autonome situazioni soggettive, se globalmente considerati, non si esauriscono in una mera somma algebrica di elementi, ma vengono riconosciuti per la loro capacità di vivificare un autonomo valore espressivo dell'ambiente in sé. Il valore aggiunto sotteso ad una visione globale del fenomeno, scaturisce dagli elementi di carattere relazionale, che non sono apprezzabili sotto un profilo materiale, ma entrano ugualmente a far parte della nozione come elemento coagulante della stessa, conferendogli così una naturale consistenza “immateriale”».

offrire i propri servizi essenziali pur in presenza di azioni di disturbo da parte di altri sistemi»524.

Quanto al secondo profilo, emerge dalla definizione una stretta interconnessione tra i due “settori” oggetto di disciplina, cioè l'ambiente e l'energia, interconnessione che viene ulteriormente esplicitata dalla Commissione attraverso il richiamo agli obiettivi promossi dalla strategia Europa 2020525, che

mirano in particolare alla «crescita sostenibile, al fine di agevolare la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse, competitiva e a basse emissioni di CO2»526. Per la realizzazione di tali obiettivi, sottolinea ancora la

Disciplina, è necessario promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili e procedere ad un adeguamento del sistema energetico, il quale ultimo richiede ingenti investimenti infrastrutturali527.

Sulla base di tali considerazioni è possibile evidenziare, con attenta dottrina, da una parte, la “naturale” trasversalità della materia ambientale che «fonda ed articola, al tempo stesso, la portata del canone dell'integrazione»528 e, dall'altra

parte, una certa convergenza tra la politica ambientale e quella energetica, fondata sulla «consapevolezza che la produzione di certe forme di energia non risponde soltanto ad esigenze di carattere economico ma costituisce condizione essenziale per assicurare la preservazione delle possibilità di sopravvivenza della nostra specie»529.

Occorre tuttavia tener presente che, anche se strettamente connessi, ambiente ed energia sono due ambiti materiali distinti, alla cui base è possibile individuare interessi differenziati e, come vedremo, talvolta anche confliggenti. Proprio in ragione di tale autonomia la Commissione provvede ad individuare, accanto

524 Cfr. F. LA CAMERA, Sviluppo sostenibile: origini, teoria e pratica, Roma, Editori Riuniti, 2005, pag.31.

525 Comunicazione della Commissione Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM(2010) definitivo del 3.3.2010.

526 Cfr. Comunicazione della Commissione 2014/C (200/01),cit.,punto 30. 527 Cfr. Comunicazione della Commissione 2014/C (200/01),cit.,punto 30.

528 Sul punto cfr. C. BUZZACCHI, Aiuti di Stato in forma di incentivi ed esenzioni fiscali: il nuovo

paradigma della politica ambientale europea, cit., pag.332.

all'obiettivo generale proprio degli aiuti di Stato a favore dell'ambiente, anche un ulteriore obiettivo collegato stavolta ai soli aiuti nel settore energetico, consistente nell'obbligo di «garantire un sistema energetico competitivo, sostenibile e sicuro in un efficiente mercato dell'energia dell'Unione»530.

Alla luce di ciò, nella progettazione delle misure di aiuto gli Stati, come sottolinea la Disciplina, non solo dovranno definire con precisione l'obiettivo perseguito, essendo peraltro lo stesso funzionale all'accertamento delle altre condizioni di compatibilità, ma dovranno anche «illustrare il contributo atteso della misura a tale obiettivo»531.

Nel precisare tale condizione, la Disciplina introduce un elemento di semplificazione per la definizione degli obiettivi perseguiti per l'ambiente o per l'energia nell'ambito di misure cofinanziate dai fondi strutturali e d'investimento dell'UE, prevedendo che in tali casi «gli Stati membri possono basarsi sulle motivazioni esposte nei pertinenti programmi operativi»532.

Tra le condizioni supplementari (per gli aiuti soggetti a notifica individuale) la Commissione individua una serie di indicatori funzionali alla dimostrazione che gli aiuti contribuiscono ad aumentare il livello di tutela ambientale533.